In Xenetianulla da dichiarare |
Post n°15 pubblicato il 09 Luglio 2012 da L.Onely
* David Ho * * Artista "digitale". David Ho è un artista-illustratore che ama giocare con il dolore, la disperazione e l'isolamento, prendersene gioco e trattare questi temi con ironia, mostrandoci, attraverso dei toni grigi e metallici, la sottile linea che separa il mondo dei sogni idilliaci da quello degli incubi più oscuri. Uno dei suoi lavori più conosciuti è la serie di Candice che narra le vicende del fantasma di una ragazzina "unica".
Riuscito ed apprezzabile questo video che sposa immagini di alcuni lavori di David Ho con la musica dei Radiohead. *
Intorno al suo lavoro David Ho afferma che la tecnologia digitale è “un box dove cadono tutte le inibizioni, lasciando totale spazio all’immaginazione, la follia, le paure e rabbie che ognuno si porta dentro”. * * * David Ho * * * |
Post n°14 pubblicato il 09 Luglio 2012 da L.Onely
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* Più di così, La bambola meccanica * * * E questa sono io, Dissi a mia madre: Buongiorno mia strana solitudine, Crediamo pure da Crediamo pure all’inizio della stagione fredda * * * Ho peccato, peccato, quanto piacere In quel luogo di buio silenzio appartato In quel luogo di buio silenzio appartato Gli sussurrai piano piano la melodia dell’amore: Il desiderio nei suoi sguardi fiamme avvampava, Ho peccato, peccato, quanto piacere Peccato * Quando la mia fede era impiccata alle fragili corde della giustizia * Forugh Farrokhzad
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Post n°12 pubblicato il 07 Luglio 2012 da L.Onely
* Sono le cinque del pomeriggio: da ora fino al momento di dormire sarò solo, perché ai miei amici ho detto che sono stanco e non voglio vedere nessuno. La signorinella a cui ho strenuamente riservato queste ore di libertà non si è neanche data la pena di telefonare per dirmi che non veniva. * Lettera a una sconosciuta _ Antoine de Saint-Exupéry * "Aspetterò la notte, se posso vivere ancora, per andarmene poco a poco sulla strada che attraversa il nostro villaggio, avvolto nella mia amata solitudine, per capirvi perché io debba morire" (da uno degli ultimi articoli pubblicati di Saint- Exupéry. Come un epitaffio)
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Post n°11 pubblicato il 06 Luglio 2012 da L.Onely
* Cirque Calder [ In_CanTe_Volé ] * *
Alexander Calder * * |
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In cucina _ Vladimír Holan * |
Post n°9 pubblicato il 05 Luglio 2012 da L.Onely
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. una macchia così il garofano i m i t a linguaggio l’avamposto dallo nel un rigo d’aria nasconde l’aiuola . * (al solito posto)
al crepuscolo in viale intento a narrare l’una.
due fiati & un paltò.
verbi equi–distanti stropicciati da corpi di celeste ingenuità.
(al solito posto) * Daìta Martinez * * |
Post n°8 pubblicato il 05 Luglio 2012 da L.Onely
* * * Lo so. So che non incontrerò mai più niente né nessuno che m’ispiri della passione. Lo sai, mettersi ad amare qualcuno, è un’impresa. Bisogna avere un’energia, una generosità, un accecamento… c’è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa. Io so che non salterò mai più. *
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* Avrei voluto non avere visto dell’uomo, la prima volta che entrò nel negozio, nient’altro che le mani; lente, inti midite e goffe, con movimenti senza fiducia, affilate e ancora non scurite dal sole, quasi a voler chiedere scusa per il loro gestire disinteressato. Mi fece alcune domande e prese una bottiglia di birra, in piedi all’estremi tà più in ombra del bancone, con il viso – sullo sfondo del calendario, dei sandali e dei salami imbiancati dagli anni – rivolto verso l’esterno, verso il sole dell’im brunire e il viola sfumato delle montagne, mentre aspetta va l’autobus che lo avrebbe lasciato davanti ai cancelli dell’alber go vecchio. ... ... ... Non posso dire se l’avevo vista prima o se la scoprii in quel momento, * Gli addii _ Juan Carlos Onetti * Juan Carlos Onetti (1909 - 1994) * * |
"Se ora le dicevo ‘addio per sempre’ era perché volevo assolutamente che tornasse entro una settimana; se le dicevo ‘sarebbe pericoloso vederti’, era perché volevo rivederla; se le scrivevo: ‘hai avuto ragione, saremmo infelici insieme’, era perché vivere separato da lei mi pareva peggiore della morte. "
da “La fuggitiva” _ Marcel Proust
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* A n i m a r i s *
* * * Theo Jansen, nato nel 1948, ha studiato Fisica all’Università di Delft in Olanda dal 1968 al 1975. In seguito ha abbandonato l’Università per divenire un artista. Nel 1980 decide di costruire un disco volante, accessoriato di luci lampeggianti ed in grado di emettere sinistre sonorità. Dal 1990 ha cominciato a lavorare su una nuova creazione artistica che prevede la realizzazione di “creature” capaci di camminare. Theo ha battezzato il genere delle proprie creature fantastiche come animaris. Una volta realizzate le sue creature, Theo le abbandona sulle spiagge olandesi, dove cominciano a vivere una vita propria, fagocitando ed immagazzinando vento ... che come il soffio primordiale gonfia di vita i leggerissimi meccanismi in bambù. * * Theo Jansen * |
Ci sono libri che si posseggono da vent’anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sé di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent’anni, viene un momento in cui d’improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri d’un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione. Ora sappiamo perché lo abbiamo trattato con tante cerimonie. Doveva stare a lungo vicino a noi; doveva viaggiare; doveva occupare posto; doveva essere un peso; e adesso ha raggiunto lo scopo del suo viaggio, adesso si svela, adesso illumina i vent’anni trascorsi in cui è vissuto, muto, con noi. Non potrebbe dire tanto se per tutto quel tempo non fosse rimasto muto, e solo un idiota si azzarderebbe a credere che dentro ci siano state sempre le medesime cose.
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* * * Paul Octavious * *
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Ascolta, il più lontano uccello del mondo canta. La notte è fluida, estesa, integra. I gerani e le fronde più chiassose di stagione, ascoltano la luna. Le scale sono di fronte al palazzo la porta ha il lume in mano e la brezza è in profusione, ascolta, lontano, la strada chiama i tuoi passi. I tuoi occhi non sono l’ornamento dell’oscurità. Scuoti le palpebre, indossa le scarpe, e vieni. Vieni fin dove le ali di luna toccano le tue dita dove il tempo si siede con te sulla roccia d’argilla E i salmi notturni, chiamano a se, come un canto, il tuo corpo. Lì, troverai il vecchio pio che ti dirà: la miglior cosa è giungere a un sguardo irrorato da vicenda d’amore. Notte di buona solitudine _ Sohrab Sepehri * Opera di Sohráb Sepehri
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