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Un blog creato da Virplatonicus il 19/06/2006

Smisurata preghiera

Vita di un aspirante filosofo, disputazioni e dialoghi, alla ricerca costante di verità e virtù, viaggiando in direzione ostinata e contraria

 
 

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LAO TZU

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SCHOPENHAUER

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FOR EMILY, WHENEVER I MAY FIND HER

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What a dream I had
Pressed in organdy
Clothed in crinoline
Of smoky burgundy
Softer than the rain

I wandered empty streets
Down past the shop displays
I heard cathedral bells
Tripping down the alleyways
As I walked on

And when you ran to me
Your cheeks flushed with the night
We walked on frosted fields
Of juniper and lamplight
I held your hand

And when I woke
And felt you warm and near
I kissed your honey hair
With my grateful tears
Oh I love you girl
Oh I love you

Simon & Garfunkel

 

 

Elogio del sacrificio

Post n°137 pubblicato il 28 Gennaio 2010 da Virplatonicus
 

Amore e PsichePerché ogni cosa che vive è sacra! (W. Blake)

Sacrificio, ovvero, rendere sacro. Prendere qualcosa di profano, ovvero di impuro e mortale, ucciderlo, renderlo pari e gradito agli dèi. O forse, la vittima da immolare è già sacra, ma macchiata d'una impurità tutta strana, la vita?

Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per chi si ama. Un brivido mi percorre ogni volta che lo leggo. Quanto coraggio, dare la vita. Ma che vuol dire? Morire, forse?

A cosa si è disposti, in nome dell'amore. Al sacrificio. Ci si priva della vita, e non in senso materiale. Si diviene ombre di sé, ridicole comparse della propria vita. Ci si affanna in nome dell'amore, si gioca alle sue regole. Si desidera che l'altro sia felice, assolutamente. E forse qui si sbaglia. Ci si priva della stessa aria che i polmoni da molti anni oramai respirano, solo per far respirare polmoni altrui. E respirare di quell'armonia che ci pervade tutti, sempre. Si è disposti a sparire, a mutarsi in neve, in acqua, in niente. Pur di vedere, anche solo per un momento, gli occhi dell'amata ridere davvero, ridere di sempre.

Sono la vittima immolata ai malati pensieri di me stesso, pensieri d'amore.

 

 
 
 

Del perder tempo

Post n°136 pubblicato il 14 Novembre 2009 da Virplatonicus
 

clessidra

Mentre aspettiamo di vivere, la vita passa (Seneca)

In fondo, non abbiamo poi tutto questo tempo. O meglio, lo spendiamo male, come disse Seneca nell’epistola I, il famoso vindica te tibi. E consigliava di comportarsi come uno spendaccione a cui poi tornino i conti, paradossalmente.

Io dico che non ci sia nulla di più bello di poter perdere tempo. O meglio, di usarlo in altri modi. Di recuperare per sé quel tempo che siamo soliti buttare via, usandolo per il futuro. Non v’è nulla di più bello che sedersi su un muretto, fumare la pipa e osservare la gente che passa. Lo faccio spesso, assorto nei miei pensieri, o meno. O fermarsi a guardare la pioggia, perdendosi fra le gocce. Che importa se, come dice De Gregori, il tram di mezzanotte se ne va?

Sono sinceramente sgomento di fronte al mistero del tempo. Non so da dove venga, né dove vada, so che esiste, e tanto basta. E so bene che mi è concesso di usufruirne per poco, tanto vale che cerchi me stesso fra le sue pieghe. Chissà mai che, nella ricerca, non mi capiti di vivere in autenticità.

 
 
 

Vento d'autunno

Post n°135 pubblicato il 18 Ottobre 2009 da Virplatonicus
 

autunnoDov'è silenzio, dov'è silenzio, dove? (R. Vecchioni, El bandolero stanco)

Mi rendo conto che un post ogni autunno rischia di essere banale, forse persino rasenta la noia. Ma non posso farne a meno, non sono io a scrivere, è l'autunno perenne che è in me.

Molti pensano che l'autunno sia solo un periodo stanco, in cui la natura chiede solo di riposare, preparandosi al lungo sonno dell'inverno. E tutto pare diventare malinconico e desolato. I campi rigogliosi si tingono di bruno, la terra secca, e si scorgono solo fumi e freddo.
Pure, è il tempo del vino, delle castagne. E' il tempo dell'armonia silenziosa. Quando si può cercare il silenzio, nella presunta desolazione della natura. E' il tempo in cui si ritrova sé stessi nei piatti caldi, nel brulé, nei cappotti che infagottano non solo il corpo.
E' il tempo del buio precoce, delle città illuminate, dei treni presi la sera che sembra sia notte inoltrata. E' il tempo delle poesie lette di sfuggita, degli sguardi cui si risponde con gli sguardi. Dei mercatini, delle domeniche sonnacchiose. Della serenità, dentro i giardini dei morti. Dell'empatia con gli scrittori, quando pare di capire tutto quello che volevano dire, sentendosi come loro.

Mi piacerebbe non scrivere dell'autunno. Ma il mio paesaggio interiore è sempre quello autunnale. E ora sono in sintonia con me stesso.

 
 
 

Notturno # 1

Post n°134 pubblicato il 31 Agosto 2009 da Virplatonicus

Paul Gaguin, Chi siamo? Da dove veniamo? Doveandiamo?, 1897

“ e tu, tu che ne sai della vita?”

“Io l’ho vista, la vita. Mi aspettava, di notte. Non si muoveva. Respirava e basta. Appoggiata a un delirio di onnipotenza, distesa lungo l’asfalto di un viale alberato. Ma tu, ma tu lo sai che cosa si prova ad accendere un sigaro alle due di mattina, quando, con un atto di maschia volontà, sembri voler soggiogare la tua stessa esistenza? Quando all’entusiasmo si mischia il timore, e il silenzio e il freddo ti bloccano le ginocchia? E camminare in mezzo alla strada, da solo.

Hai mai passato una notte su qualche sperduto santuario, con neve e whisky, leggendo le parole dei poeti? L’hai mai fatto? Hai mai trascorso lunghe giornate oziose di agosto leggendo Joyce quando tutto attorno a te sempre riecheggiare l’oblio di Dublino? E aspettare, aspettare, aspettare. L’epifania. Che dia un senso alla tua vita. O meditare sui versi della Dickinson, in un fremito di liquida semplicità.

Questo è quello che so della vita. Che non ci chiede nulla, se non di esistere. Certo, tiranneggia su di noi, con il tempo, ma non se ne avvede. Ma credo sia un prezzo da pagare. In fondo, che dai, tu, a lei? Te stesso? Ma quante volte ti sei negato a lei, attendendo qualcos’altro? Che altro? Se lo avessi saputo, forse, non lo avresti atteso. Bisogna rinascere dall’alto diceva qualcuno. Io dico, bisogna rinascere in noi.

Ho imparato questo, dalla vita, sinora. O forse non era la vita, era qualche pazzo parolaio, qualche teoreta da strapazzo, di quelli che con qualche sillaba ti legano l’anima a loro stessi. Quelli di cui non puoi più fare a meno. Forse perché nei loro vaneggiamenti hanno compreso la natura più profonda dell’Essere. L’essere, appunto”

 
 
 

Κρήτη*

Post n°132 pubblicato il 07 Agosto 2009 da Virplatonicus

 I ricordi e le sensazioni si affastellano... tanto da non poter percepire nulla di ciò che è stato se non nell'ordine dell'oblio...

Frammenti, e poco più.

 
 

Come i deliri politicheggianti prima di partire. Il senso civico non serve e il modello Tonga è l’unica soluzione.

I fallimentari tentativi di parlare il greco con i monaci cretesi.

Almeno sapevamo chiedere il conto, tuttavia.

Anche se spesso arrivavano brutte sorprese, come il ritorno dalla signora di Armeni, dove cercavamo il monastero inesistente.

Lo tzatziki mangiato alle 8 di mattina, dopo una notte di lucide follie causate da vino. Ma era tutta colpa di Arnaldo. Quello con la esse bolognese.

La cartola di Matala. Che ci spedisce sull’Everest. Ups, Red Beach. Lei sapeva l’inglese, durante gli anni ’60, quando ci venivano gli hippies. Poi l’ha scordato. Ma gli hippies sono rimasti.

Il caffè ellenico, ce non ci ha fatto per nulla rimpiangere il caffè italiano. Almeno a me.

E il monastero di Preveli, con le capre mangia-cappelli. Sempre meglio dei monaci che vanno a mare di mercoledì mattina.

Lingue parlate a Creta: il calabrese, il bolognese e il veneto. Spesso il romano. Occasionalmente il greco.

La spiagga di Granvoussa, coi ricci che solo B. poteva beccarsi in modo tanto copioso.

I forti veneziani, soprattutto quello di Rethymno, coll’unico vero e inimitabile videoggioco. Con due gg, detto alla romana.

Le super bazze della tessera studentesca. E quelle solo per i fan dei Motörhead.

La gyros pita andata a male e il pane del monaco. Aghios artos.

Il kairos perennemente in ritardo e Murphy, epico guastafeste.

Gli intermezzi fantozziani e il platanos erotico, quello sbagliato.

Zeus e le giovenche, le pecore di Afrodite, la sigaretta di consolazione e il festival del doppiosenso, di cui onoriamo B., la sua imperatrice incontrastata.

La guida che diceva tutto. Ma proprio tutto. Pure troppo.

Ghiannis lo stregone, misogino e meghetofobico.

La grotta di Zeus, i muli, i canti alpini e i benzinai inesistenti.

Ottantamila Klerkos alle 8 di mattina al porto di Iraklio. In realtà, arrivò l’indian boy.

847 km fatti con una macchina gialla improbabile su strade ancora più improbabili.

 

Alle mie compagne di viaggio B. e C.

*a molti saranno oscuri i riferimenti di questo post. Me ne scuso.

 
 
 

De constantia sapientis

Post n°131 pubblicato il 11 Luglio 2009 da Virplatonicus

desertoHad I not seen the Sun
I could have borne the shade
But Light a newer Wilderness
My Wilderness has made -

(E. Dickinson, J 1233)

 

 
 
 

"Aut bibas aut abeas" (Cic.)

Post n°130 pubblicato il 19 Maggio 2009 da Virplatonicus

Ti guardiamo noi, della razza / di chi rimane a terra (E. Montale)

Da troppo tempo, da Praga, non scrivevo più qui. Non perché mi fossi dimenticato di questo "luogo", seppur virtuale, ma perché il tempo della vita mi scorreva via senza che potessi fermarlo. E forse era un bene, ritengo di aver usato il tempo di questi mesi in modo proficuo. Ho in mente, oltre che ovviamente la prima epistola di Seneca a Lucilio (vindica te tibi), la poesia Falsetto di Montale. La dicotomia fra chi vive e chi guarda vivere forse non è così netta, il tempo per la meditazione può essere tempo di vita. Vivere è anche questo, è anche perdersi nel mare senza averlo mai toccato, e in questo oblio scordare la nostra identità e trovarci armonicamente in-seriti nel cosmo.

Vivere è anche leggere il Don Chisciotte, e sognare di diventare cavaliere errante, ricordarsi dei propri sogni, e vedere sempre il mondo con occhi nuovi. E che importa se andiamo a cozzare contro i mulini a vento, con noi c'è il buon Sancio che ci aiuta. E la ricerca del sogno, di qualcosa che ci riempia di senso; questa è la nostra vita, ricerca. E la ricerca si svolge sempre, ed ovunque. 

C'è una regola che vigeva nei banchetti Greci. "Aut bibas, aut abeas" (era oggetto della versione dell'ultimo Certamen Ciceronianum Arpinas, al quale ho evidentemente partecipato). O bevi, o te ne vai. Ma nessuno ci obbliga a tracannare. "Non pratichiamo la bevuta scitica" diceva Anacreonte. Infatti. A tratti si sorseggia, a tratti, quando la sete è più intensa, si può bere di più. L'importante è non smettere mai di bere.

 
 
 

Praga "magica"

Post n°129 pubblicato il 22 Marzo 2009 da Virplatonicus

"E dunque: alla malora gli aruspici e le puttanesche sibille. Non avrà fine la fascinazione, la vita di Praga. Svaniranno in un baratro i persecutori, i monatti. Ed io forse vi ritornerò. Certo che vi ritornerò. [...] Vi porterò i miei nipoti, le donne che ho amato, i miei amici, i miei genitori risorti, tutti i miei morti. Praga, non ci daremo per vinti. Fatti forza, resisti. Non ci resta altro che percorrere il lunghissimo, chapliniano cammino della speranza" (A. M. Ripellino, Praga magica, Einaudi , 1973, pg. 350)

Ripellino aveva ragione. Praga ti colpisce. Non si possono percorrere la sue vie senza provare qualcosa. Come definirlo? Un sentimento di malinconia, di dignitosa signorilità, di una storia mai finita. Nemmeno colla Montagna Bianca. Praga è come Cenerentola. Che le matrigne la facciano sgobbare, Jan è stata la sua scarpa di cristallo, presto arriverà un principe. Che la salverà. Le farà ritrovare l'identità che Praga ha avuto senza averla. La sua identità panottica.
Vorrei essere un filo d'aria di quel vento che scompiglia i capelli dei praghesi e non, che va a trovare quotidianamente S. Venceslao, che si aggira per i vicoli di Malà Strana, che si incunea fra le guglie di S. Vito. O un fiocco di quella neve che si adagia sul ghetto ebraico, sulla tomba di Franz Kafka, che onora il martirio sacrificale di Jan Palach. O una stella, per godere delle notti su Ponte Carlo, o su Piazza della Città Vecchia.

Praga mia, io ho sentito quello che avevi da dirmi. Il tuo era il lamento di una città colpita, ma non a morte. Amata da tutti, ma sposa di nessuno. Nessuno di toglierà la tua fierezza, la tua aria birrosa, il tuo essere dignitosa e turlupinesca. La tua identità ambigua e signorile. Nessuno mai cancellerà le parole di Kafka o Hasek. Nessuno dimenticherà il Golem, Faust, Rodolfo II, Rabbi Low, Brahe.

Na shledanou, Praha.

 
 
 

Protesta?

Post n°128 pubblicato il 08 Marzo 2009 da Virplatonicus

Che cosa ti fa protestare? L'invidia? Dedichi a tutti ma non a me. Sbagliato! Ecco qui qualche riga anche per te. Le hai chiamate, e le parole escono dalle mia dita con estrema facilità. Forse perché è da tanto che penso di scriverti qualcosa, ma non trovavo lo spunto adatto. Eccolo qui. Guarda il quadro che ho scelto. Lo ricordi? A qualcuno suscitava inquietudine, a qualcun altro ricordava la Bellezza, tu avresti semplicemente voluto staccarlo e portarlo via. E vabbé, metaforicamente, ora è tutto per te.

Sei la persona più puntigliosa e testarda che conosca, l'unica che trova il coraggio di contestare tesi che a me sembrano scontate e inviolabili. Mi hai fatto condividere in toto il tuo mondo E non so come ringraziarti. Direi di essere quasi più legato a tua mamma che a te. Lo direi, se non fosse falso.


Le tue malinconie e le tue incertezze svaniranno. Ti fidi? Guarda il quadro ancora. Lì si annida la soluzione a tutti i tuoi problemi. Inquietudine? Io dico serenità. Quella che presto troverai.

Ti voglio bene.

Per B.

Immagine: Veduta della Chiesa della Madonna della Salute a Venezia, W. Turner, 1840-45, Londra, Tate Britain.

 
 
 

Alle mie donne

Post n°127 pubblicato il 08 Marzo 2009 da Virplatonicus
 

A una passante

La strada assordanta urlava attorno a me.
Lunga, sottile, in lutto, dolore maestoso,
una donna passò, con la mano fastosa
sollevando, oscillando l'orlo ed il merletto;
agile e nobile, con la gamba da statua.
E io bevevo, teso come un folle,
nei suoi occhi, cielo livido dove germina l'uragano
la dolcezza che affascina e il piacere che uccide.
Un lampo... poi la notte! - Fuggitiva bellezza
il cui sguardo m'ha fatto d'improvviso rinascere
non ti rivedrò più che nell'eternità?
Altrove, lontano da qui! forse mai?
perché ignoro dove fuggi, tu non sai dove vado,
o tu che avrei amata, o tu che lo sapevi!

C. Baudelaire (da Le fleurs du mal)

Da quanto adoro tutto ciò che parla delle passanti. Di queste anime in fuga, di queste brevi epifanie, di queste ninfe evanescenti. Le passanti. Nulla più di un breve secondo d'eterno. Indelebile. E oggi, Giornata della donna, io ricordo le mie passanti. Le donne che ho visto, di cui ho ammirato lo splendore per pochi istanti, con cui ho condiviso viaggi in treno, che hanno addolcito i miei giorni. Che avrei voluto fermare per sempre, ma che invece - ahimé - sono passate. Ma io non le dimentico.

Dedico tuttavia questa giornata a quelle passanti che si sono fermate. Alle donne cui ho voluto, voglio e vorrò bene. Che hanno segnato la mia esistenza, quelle cui io ho segnato la loro esistenza. Quelle che mi sono vicine, e quelle che mi sono lontante. Quelle che conosco, e anche quelle che non conosco.

A tutte voi.

 
 
 

La Bellezza

Post n°126 pubblicato il 01 Marzo 2009 da Virplatonicus
 

La Bellezza non ha causa - esiste
Inseguila, e sparisce
non inseguirla, e rimane

Sai  afferrare le creste
del prato, quando il vento
vi avvolge le sue dita?
Iddio provvederà-
che tu non vi riesca mai.

(E. Dickinson, 516)

Emily ha ragione. La Bellezza esiste. Dice che Dio ce la leva: io dico piuttosto che la sua infinità è troppa per noi. Col nostro secchiello non possiamo travasare tutta l'acqua del mare in un buco sulla spiaggia. I nosti occhi, le nostre anime non posso che scorgere la Bellezza. "I poeti, di fronte alle mie grandi pose,/ [...] consumeranno i giorni in austeri studi" (C. Baudelaire, La Bellezza, da I fiori del male). Non possiamo che lasciarci carezzare. Perché la Bellezza non si coglie, ci coglie.

...che tu venga dal cielo o dall'inferno, che importa,
o Bellezza, mostro enorme, spaventoso, ingenuo!
se i tuoi occhi, il sorriso, il piede m'aprono la porta
di un Infinito che amo e che non ho mai conosciuto?

(C. Baudelaire, Inno alla Bellezza, da I fiori del male)

 
 
 

Compleanno

Post n°125 pubblicato il 08 Febbraio 2009 da Virplatonicus

Chagall - Marié a la luneLa distanza che ci separa è aumentata oggi. Metaforicamente. Il fatto che non sia riuscito a contattarti, pur avendoci provato 96 volte, ti allontana sempre di più.

Puoi perdonarmi? Con la testa e il cuore sono lì vicino a te. E se fossi non certo che le onde sonore non possono attraversare l'Oceano, griderei sino a ridurmi sola voce, come la ninfa Eco. Ma la mia è più la voce di uno che grida nel deserto.

Sono sicuro, tuttavia, che, il mio pensiero ti è arrivato, in qualche modo. Buon compleanno.

Per L.

 
 
 

Per un'amica

Post n°124 pubblicato il 29 Gennaio 2009 da Virplatonicus

Le mani scorrono rapide sulla tastiera, io sono qui, ma il cuore è fermo. E' fermo a ieri sera. Il tempo stesso mi si è fermato ieri sera. Il tempo trascorso con te, la serata di ieri è stata la più significativa della mia vita. Mai nessuno mi aveva detto tali cose. Mai nessuno.

Ma tu sì. Perché tu, nonostante non ci creda, sei importante per me. Ho timore di dirlo, ma forse sei la persone più importante della mia vita. Anche solo pensarti cambia l'umore di una giornata. Da quando ti conosco, molte cose sono cambiate, in meglio. Sto crescendo, con te, forse stiamo crescendo insieme.

Una famosa canzone dice "siamo due anime perse in una boccia per pesci". Abbiamo nuotato, fin ora, tanto forte che non ci siamo accorti che l'altro c'era. Ma ora che ci siamo visti... possiamo nuotare assieme.

Ti voglio bene. Tanto.

Per E.

 
 
 

Passato e presente

Post n°123 pubblicato il 01 Gennaio 2009 da Virplatonicus
 

Accolgo le energie naturali, lascio che parlino a caso, nel bene e nel male (W. Whitman)

Anno nuovo. Nuovo? Serve proprio il calendario per ricominciare? Io penso di no. Il passato non si taglia. Non si dimentica. Non si deve né si può dimenticare. Ogni volta che battiamo le palpebre affermiamo il nostro passato. Ci segna il presente. Siamo quello che abbiamo fatto e pensato, e quello che facciamo e pensiamo.

Non voglio che il 2008 giaccia nell'oblio. Voglio portarlo con me. Anno nuovo? No. Un altro anno. Che è ben diverso, se è lecito dirlo. Una frase di un film dice "Andai nei boschi perché volevo vivere con semplicità, e succhiare tutto il midollo della vita". Ieri sera ho realizzato questa frase. E voglio farlo ancora, e ancora, e ancora.

Buon anno a tutti.

 
 
 

La pipa

Post n°122 pubblicato il 10 Novembre 2008 da Virplatonicus
 

Voi, volgari fumatori di sigaretta

per voi una vale l’altra

tutte uguali, hanno il medesimo sapore;

merci della società,

schiavi del capitalismo,

con questo fumo la società vi vince.

Un pugno di secondi, non di più,

poi, tutto finisce, tutto si estingue

e il mozzicone cade a terra,

raggrinzito e calpesto da tutti.

Nervi a fior di pelle, come prima.

Viziosa reificazione.

 

Io no. Scelgo una sola compagna,

la carezzo, immergo la sua testa

nell’odoroso tabacco puro

ne tocco il forno con dita d’angelo

raccolgo i filamenti ribelli1

lascio che il dono degli dèi lentamente

bruci, restituendone in parte2.

kantiana esperienza estetica.


1.: i filamenti di tabacco

2.: secondo la sua etimologia, il fumo è ciò che del sacrificio (gr. thuo) saliva agli dèi


Magritte aveva ragione. Questa non è solo una pipa. E' il bastone che ci sorregge lungo la via per il monte degli dèi.

 
 
 

Per un'amica

Post n°121 pubblicato il 16 Ottobre 2008 da Virplatonicus

Molto presto, avevo detto. Eccolo qui. Tutto tuo. Non me lo merito. Pensi davvero così? Lascia che decida io, ti ho detto. Ed ecco qui. Non sono in grado di commentare le tue riflessioni. No? Le mie riflessioni sono monche senza i tuoi commenti; perché poi, sei una tra le pochissime che davvero legge quello che c'è scritto. Ma non stiamo mica parlando di Orazio... e meno male! Mica si può sempre parlare di Orazio. Preferisco che si parli di te. Già. Del teatro, di Saffo. E dell'Estasi. Il pomeriggio passato alla sua spasmodica ricerca è stato incantevole. Anche se non l'abbiamo trovata.

Del teatro. Qualcun altro, se non il supereroe, vuol fare l'attore con te. A me basta essere spettatore. Nel senso latino, uno che guarda. Ti prego, lascia che ti guardi. E tu recita la tua parte, che è perfetta così com'è. La vita è un palcoscenico dice Macbeth. Continua a recitare, ti prego. Io non ho niente di speciale. A me non interessa quello che hai. Interessa quello che sei. E sei meravigliosamente perfetta così.

Per S.

 
 
 

La solitudine del filosofo

Post n°120 pubblicato il 16 Ottobre 2008 da Virplatonicus
 

L'uomo è per natura un animale politico (Aristotele)
Solitudo mea iocundissima (Petrarca)

E' davvero così? Quale delle due frasi è vera? Siamo soli o uniti? L'umanità è un solo Spirito come dice S. Paolo ai Corinzi o siamo tanti uomini soli? Davvero non lo so. A che serve conoscere i versi di Milton, o tutte e dieci le categorie di Aristotele, apprezzare le poesie di Orazio considerando il testo latino, se non c'è poi nessuno con cui condividere? Hadot diceva che questa frattura è insanabile: il filosofo vede il mondo come dovrebbe essere, il non-filosofo come è. E voglio estendere il termine filosofo a chiunque si elevi dalla massa e abbia coscienza di ciò.
Quanto sembrano inutili, se visti così, gli studi! E allora ci si butta su Seneca, Platone e Montaigne, tentando di trovare conforto. Come Petrarca: stare con i morti. Ma questi morti, alla fine, non aiutano. Intellettuali frustrati, ecco cosa sono i filosofi. C'è poco da dire: è così.
Che imparino a godersi la propria solitudine. Perché davvero la frattura è insanabile.

Che tristezza, però.

P.S.: chiedo scusa a tutti i lettori se questo post sembra uno sfogo. Il fatto è che non sembra, é uno sfogo. Mille scuse.

Immagine: H. Fussli, Solitudine all'alba

 
 
 

Per Judith

Post n°119 pubblicato il 21 Settembre 2008 da Virplatonicus

Il tuo nome echeggia quello dell'eroina Giuditta, donna che pungola gli uomini per la loro poca fede. Così tu pungoli l'ordine costituito, i benpensanti, perché tralasciano valori primari. L'individuo contro la società, Antigone che rivendica il diritto di piangere il proprio fratello.

Vite precarie, hai detto oggi, a Pordenone. Sì, siamo tutti in bilico, i confini del corpo ci limitano ma ci danno senso. Parlavi, e tutti in silenzio ascoltavano. Emanavi dolcezza infinita, con quale semplicità scostavi la ciocca di capelli che ti copriva la fronte! Affetto, poesia e identità sessuale.
Hai saputo fondere questi elementi per creare un discorso unico e indimenticabile. Grazie, Judith.

 
 
 

Are you frightening of dying?

Post n°118 pubblicato il 16 Settembre 2008 da Virplatonicus
 

And I am not frightened of dying, any time will do,
I don’t mind. why should I be frightened of dying?

There's no reason for it, you’ve gotta go sometime.















...I never said I was frightened of dying.

 
 
 

Vivere davvero?

Post n°117 pubblicato il 01 Settembre 2008 da Virplatonicus
 

Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano-
se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena-

o aiuterò un pettirosso
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano.

(E. Dickinson)

 
 
 
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SMISURATA PREGHIERA (DA “ANIME SALVE”, 1996)

Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità

Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie

Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine

per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità

per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità

ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere

Fabrizio Dé André

 

SHIVA

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SOCRATE

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PLATONE ED ARISTOTELE

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BUDDHA

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DORME, DORME PLACIDO SULLA COLLINA

“… E dov’è Jones, quel vecchio suonatore
che giocò con la vita per tutti i suoi novant’anni,
affrontando la tormenta a petto nudo,
bevendo e facendo chiasso,
senza mai un pensiero né a moglie, né a parenti,
non al denaro, non all'amore, né al cielo?
Eccolo! Ciancia ancora delle porcate di tanti anni fa
delle corse bel boschetto di Clary
di ciò che Abe Lincoln disse una volta a Springfield

(da “La Collina” di E.L. Masters)

 
 
 
 

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