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IL SAPERE KOLLETTIVO a cura dei G.C. di Cinquefrondi

 

 
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Post N° 197

Post n°197 pubblicato il 04 Luglio 2008 da gc.5frondi

Ingrid Betancourt è libera. Ora tocca al popolo colombiano







ingrid_betancourt.jpgE'
finito un incubo, Ingrid Betancourt è libera. Ma ora non si spengano i
riflettori sulle atrocità che accadono in Colombia e che tengono in
ostaggio un intero popolo. Nell'ultimo Foro di San Paolo, insieme alla
sinistra latinoamericana, ci siamo presi un impegno: lottare insieme
per la pace e la ibertà del popolo colombiano



 di Fabio Amato, Responsabile Esteri Prc


 


 








Finalmente Ingrid Betancourt è libera.
E' una bella notizia, che mette fine ad una prigionia lunga e dolorosa.
Liberata attraverso un'operazione fortunatamente incruenta (anche se
molto rischiosa), che ha evidenziato l'appoggio politico militare di
Washington al governo Uribe e la progressiva difficoltà della
guerriglia, debilitata in pochi mesi da colpi durissimi, dalla perdita
del suo comandante e fondatore, all'assassinio del suo braccio
diplomatico, dalla resa di importanti comandanti, alle infiltrazioni ai
massimi livelli.

Una volta espressa la soddisfazione per la fine di un sequestro,
la domanda che va posta è se ora sarà più o meno semplice raggiungere
una pace in Colombia.

Un rilascio unilaterale da parte delle Farc, o uno scambio umanitario,
avrebbero indubbiamente contribuito a far avanzare un processo di pace.

Il rischio è che ora questo processo venga sepolto dalla volontà
di continuare a risolvere militarmente il conflitto politico armato che
da decenni caratterizza il paese, dal momento che ora il governo di
Bogotà può avvalersi del prestigio che questa operazione consegna ad
Uribe, sia al proprio interno che a livello internazionale.

Ma senza un riconoscimento della natura politica del conflitto
colombiano, delle sue ragioni strutturali, difficilmente si potrà
arrivare ad una pace, né è sufficiente una brillante operazione di
intelligence a cambiare la natura nefasta del governo Uribe, ostile a
qualsiasi trattativa. Continuiamo a credere che l'unica via per porre
fine al conflitto non sia quella militare, ma quella politico negoziale.

 
Una volta liberato l'ostaggio più famoso, capace di suscitare
campagne internazionali e di attrarre l'attenzione dei media sul paese
sudamericano, i riflettori rimarranno accesi o si spegneranno su ciò
che realmente accade in quel paese? Oppure i paramilitari e l'apparato
poliziesco militare potranno continuare ad uccidere e a terrorizzare
impunemente, come fanno da sempre, sindacalisti, giornalisti,
contadini, attivisti dei diritti umani? Pochi sanno per esempio che
proprio poche settimane fa sono stati incriminati anche diversi
senatori di tutte le fazioni dell'opposizione, che si erano spesi a
favore dello scambio umanitario, con l'accusa inventata di essere
fiancheggiatori delle Farc.

 
La violenza endemica della società colombiana non è frutto della
guerriglia, ma del suo modello sociale,del latifondismo criminale, del
narcotraffico dominante, di secoli di arbitrii e soprusi di una delle
oligarchie più feroci del continente. Liberata la Betancourt, i media
internazionali parleranno della violenza quotidiana del regime,  del
terrorismo di Stato, dei tanti anonimi contadini, dirigenti sindacali,
studenti che scompaiono o vengono uccisi per le loro idee o per
difendere i loro diritti?
 

Leggeremo
pagine intere del Corriere o di Repubblica
sulla realtà di  uno Stato oligarchico dove il 4 % della popolazione è
padrone del 67 per cento delle terre coltivabili?

 
José Steinsleger, scrittore e giornalista argentino, in articoli
apparsi su La Jornada del Messico nel Giugno 2006, tradotti in italiano
da Tlaxcala, ci racconta qual è la Colombia di Uribe, di un governo
complice di paramilitari e narcotrafficanti.
 

Vale la pena riprendere alcuni dei dati che ricorda:


 

"Dati
recenti delle Nazioni Unite stimano che su un totale di 43 milioni di
abitanti, il 31 per cento sussiste nell'indigenza, il 64.2 vive sotto
la soglia di povertà, il 17% è disoccupato (2.5 milioni), il 40 per
cento vive del sottoimpiego (6.8 milioni) e 4.1 milioni si muovono nel
settore cosiddetto ‘informale’.

 

Più della metà dei colombiani economicamente attivi (22 milioni) vive
di essenziale, mentre, secondo la Banca Mondiale, il rapporto
ricchi-poveri è di 1-80, quando nel decennio 1990 era di 1-52. E su un
totale di 8 milioni di lavoratori, solo la metà guadagna il salario
minimo o ha un contratto di lavoro.

 

In un paese celebre per i suoi stregoni e fattucchieri, sembra che i
governanti abbiamo trovato l'alchimia perfetta dell'ingiustizia
strutturale: delega del mandato attraverso congiure "democratiche",
criminalizzazione della protesta sociale, sterminio sistematico di
dirigenti e militanti delle cause democratiche e popolari, massacri
nelle campagne ed in città in pieno giorno e con l'assoluta e totale
impunità degli assassini sono alcune delle forme, misteriose, dello
sterminio sociale.

 

Senza guerre di invasione che giustifichino ciò, le oligarchie
colombiane hanno causato nella scorsa metà del secolo la morte violenta
di 200 mila persone, approssimativamente. Nel 1996, mille e 900
candidati rinunciarono a presentarsi ai comizi elettorali locali, 49
sindaci e consiglieri morirono assassinati e più di 80 vennero
sequestrati

 

La Colombia è leader mondiale negli assassini mirati di dirigenti
popolari e sindacali: 1500 dal 1987 al 1992, 3 000 da allora ad oggi.
Una commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha precisato
che "... nel 2005 si è concretizzata la più grave operazione di
impunità, specialmente per quanto riguarda le migliaia di violazioni
commesse dai gruppi paramilitari". Un rapporto della Croce Rossa
Internazionale stima che nello stesso anno sono stati registrati 55.327
profughi interni e 317 sparizioni forzate (aumento del 13.6 per cento
in relazione al 2004).

 

Secondo la testimonianza di Rafael Garcia, ex direttore informatico del
DAS (sicurezza di Stato), esistono delle liste nere di professori,
sindacalisti ed attivisti per i diritti umani elaborate da tale
istituzione, e quindi assassinati. Alfredo Correa de Andreis, ingegnere
agronomo, sociologo ed ex rettore dell'Università di Magdalena, venne
fatto sparire e quindi ucciso il 17 settembre del 2004 mentre lavorava
ad un'indagine sui rifugiati negli stati Bolivar ed Atlantico.

 

Delle cinque nazionalità che rappresentano la metà dei rifugiati
rilevati nel 2005 dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR,
8.4 milioni), l'Afghanistan occupa il primo posto (2.9 milioni),
seguito da Colombia (2.5 milioni), Iraq (1.8 milioni), Sudan (1.6
milioni) e Somalia (839 mila). Per quanto riguarda i 'profughi interni'
(20.8 milioni), la Colombia occupa il primo posto (2 milioni), seguita
da Iraq (1.6 milioni), Pakistan (1.1 milioni), Sudan (1 milione) ed
Afghanistan (912 000)."


 
Oltre a ciò, sempre grazie a Steinsleger,  vale la pena
ricordare come tutti i processi di pace, non ultimo quello recente
finalizzato allo scambio umanitario, siano stati sistematicamente
boicottati da parte dei governi e dell'oligarchia colombiana, con
assassini ed azioni militari, per mantenere in piedi un sistema di
governo e controllo sociale fondato sul terrore.

 
"Nel 1957 il capo guerrigliero liberale Gustavo Salcedo consegnò le armi, negoziò la pace con il governo e venne assassinato.

E mentre si recava ad un'altra riunione di pace, cadde l'aereo del capo
guerrigliero Jaime Bateman (M-19, Movimento del 19 Aprile).

E nel 1983, il guerrigliero Oscar Calvo (Esercito Popolare di
Liberazione), rappresentante in una commissione per i negoziati di
pace, morì assassinato. 


















I candidati presidenziali Jaime Pardo Leal (1987), Luis Carlos Gal’n (1989) e Bernardo Jaramillo (1990) sono stati assassinati.

Carlos Pizarro, altro capo dell'M-19 propizio al dialogo, è stato assassinato (1990).





In pieno negoziato con il governo, il presidente César Gaviria ordinò il bombardamento dell'accampamento centrale delle FARC.

Nel 2001 l'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) liberò 45 soldati
come gesto di buona volontà, ed il presidente Andrés Pastrana mandò a
bombardare i suoi effettivi.





E nel 2002, al tramonto del suo mandato, Pastrana decise la fine dei negoziati e bombardò gli accampamenti delle FARC."




 


Pochi mesi fa,
Uribe, violando l'integrità territoriale dell'Equador, ha fatto
assassinare Raul Reyes, il numero due delle Farc, uomo chiave nelle
trattative per la liberazione della Betancourt.

 
La Colombia rappresenta un paese chiave in America latina. E'
l'alleato più fedele, nonché uno degli ultimi, dell'amministrazione
nord americana nel conosur. Per questo riceve miliardi di dollari di
aiuti militari, attraverso il plan Colombia. Per questo viene protetto
nonostante l'impresentabilità dei suoi governanti. E' una costante
spina del fianco del tentativo di procedere ad un'integrazione
latinoamericana indipendente da Washington.

 
Insieme alla sinistra latino americana, nel recente Foro di San
Paolo, abbiamo deciso di impegnarci insieme per la Pace in Colombia. E'
un impegno che vale ancora, a maggior ragione oggi,  perché si conosca
ciò che accade in questo paese. Perché possa liberarsi dalle sue
ingiustizie e dalla guerra, da un governo corrotto e violento. Perché
tutto il popolo Colombiano possa, attraverso un processo di pace reale
e giusto, dismettere la sua militarizzazione e riacquistare la speranza
e la libertà, come oggi accade per Ingrid  Betancourt.

 




 
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