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Messaggi di Febbraio 2017

Nemmeno nella morte...

Post n°3941 pubblicato il 27 Febbraio 2017 da ninograg1
 

In questo paese non solo i vivi ma pure chi vorrebbe andarsene in silenzio e senza clamore diventa un problema. DJ Fabo è solo l'ultimo della serie: per poter dire addio in dignità è dovuto emigrare in Svizzera. La vicenda la conosciamo e quindi non sto a raccontarla però segnalo come, ancora una volta, questo paese sa essere veloce se si tratta di qualcosa che interessa chi detiene il potere, e i suoi sodali, e lento se non fermo se si tratta di problemi e vicende che riguardano gente comune o problemi dirimenti, per chi non lo sapesse qui gli do la valenza di "questione che fa perdere voti o nascere polemiche con Chiesa e suoi credenti elettori", che è meglio non dover affrontare: solo che cominciano a essere un pò troppi questi problemi e quello di poter lasciare liberi i cittadini di morire in piena dignità non è certo il meno importante, vero?

Naturalmente si è liberi ognuno di pensarla come si vuole ma ci sono cose che non possono non essere affrontate.. se vogliamo essere annoverati fra i paesi laici dell'occidente e nno uno stato confessionale!!!

 
 
 

Nel paese del tempo perduto e rapinato (Antonio Padellaro)

Post n°3940 pubblicato il 26 Febbraio 2017 da ninograg1
 

Nel Paese del tempo perduto la legge fondamentale non è la Costituzione ma il decreto Milleproroghe. Infatti serve a poco interrogarsi sul perché il governo abbia fatto l’accordo con i tassisti dopo e non prima le cinque giornate di scioperi, bombe carta e tirapugni, se non si ha ben chiaro lo spirito del gioco di ruolo in corso. Io, dice lo Stato al cittadino tassista (o creditore della Pubblica amministrazione o parte civile in un processo o in lista per una tac), lasciando marcire il tuo problema ho rubato il tuo tempo: tu vieni pure a riprenderlo se ne sei capace.

Dai e dai può anche succedere che il cittadino tassista sbrocchi (siamo a Roma) pensando agli Uber che fanno tanto figo o ai noleggiatori venuti da lontano ad accaparrarsi clienti in nero.

E lui che deve finire ancora di pagare la licenza di platino (fino a 400 mila euro) fa casino in piazza (male, malissimo c’indigniamo noi dai nostri divani), però finalmente ottiene l’attenzione del ministro Delrio. Tempo rapinato (spesso con l’aggravante dei futili motivi) è la prescrizione che ogni anno cancella oltre 130 mila processi con altrettante parti lese a cui neppure sarà concesso di scendere in piazza per recuperare con la forza (male, malissimo) ciò che hanno perduto per sempre. Come la donna stuprata vent’anni fa quando era una bambina e che da ieri potrebbe anche incrociare per la strada il suo violentatore. Che condannato in primo grado a 12 anni l’ha fatta franca poiché il fascicolo è riemerso troppo tardi dal pozzo nero del tempo perduto.

E anche se al ministro Orlando “ribolle il sangue”, ci dica a cosa serve ora che il tempo stesso ha sentenziato: sia premiato l’orco? Sarà la festa collettiva dei colpevoli prescritti: vieni a prendermi, così canzoneranno la giustizia con la g minuscola.

Il tempo è denaro ma quello speso dagli americani della Roma per dotarsi di uno stadio non vale più nemmeno la Pizza di fango del Camerun, moneta sgarrupata resa celebre dalla tv di Avanzi. Mai e poi mai alle colate di cemento proclamano oggi i 5Stelle, all’unisono con il noto ambientalista Caltagirone.

Giusto, ma perché far perdere inutilmente tre anni e vagonate di soldi a chi sapendolo prima sicuramente nell’Urbe neppure ci avrebbe portato un pallone? Semplice: come il potere per Andreotti il tempo logora chi non ne ha più voglia dopo essersi macerato nell’attesa. Si potrebbe andare avanti così all’infinito (ideale unità di misura della nostra burocrazia) citando per esempio le porzioni di vita e di salute che nessuno mai restituirà alle moltitudini incolonnate ogni giorno nel traffico della Capitale, poiché il tempo della “Metro C”, come quello del messia si calcola nei secoli dei secoli.

Ci fu, è vero, Matteo Renzi l’ex premier futurista che vrooom accelerò le lancette degli orologi approvando a tambur battente riforme su riforme (stiamo cambiando l’Italia, diceva gioiosamente saltellando sulle vette della modernità). Solo che (le riforme) risultarono tutte sbagliate. Memori della lezione ricevuta nessun politico fateci caso si azzarda più a smuovere una scartoffia. Nell’Italia al rallentatore anche la scissione nel Pd avviene alla moviola e perfino la dinamica Bruxelles adegua i suoi tempi a quelli della nazione debitrice scalando le marce della procedura d’infrazione: tra un mese o forse tra un anno chissà.

Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 23/02/2017.

 
 
 

schiavitù del lavoro e fallimento del job act

Post n°3939 pubblicato il 23 Febbraio 2017 da ninograg1
 

Secondo me son due oggi le news che dovremmo far girare:

una è la prova provata, o pistola fumante, delle balle propinateci dal governo: finiti gli incentivi di Stato l'occupazione crolla a livelli pre-riforme. Lo scorso anno la decontribuzione voluta da Renzi per incentivare i contratti stabili è diminuita dal 100 al 40% e vale solo per due anni. Risultato: dopo il forte incremento dell'anno prima, i nuovi assunti in pianta stabile sono stati addirittura meno di quelli del 2014, quando gli sgravi non c'erano ancora. Giù anche le trasformazioni. E i licenziamenti su rapporti a tempo indeterminato sono saliti da 624mila a oltre 646mila.

L'altra è: possibile che si possa morire di fatica, come risulta essere avvenuto? Le sei persone raggiunte dall'ordinanza di custodia in carceri sono accusate di reati riconducibili al fenomeno del caporalato. I provvedimenti sono stati emessi dalla Procura di Trani in un filone di indagine aperto dopo la morte di Paola Clemente, avvenuta nelle campagne di Andria il 13 luglio 2015. Una bracciante racconta: "Accettiamo perché il lavoro qui non c'è e perderlo è una tragedia".

Due storie raccontate; due aspetti di questi tempi bui dove arraffoni e arruffoni fanno il bello e il cattivo tempo sfruttando proprio le pecche e i dettagli del sistema democratico...... governi e parlamenti sembrano sempre più preda di lobby che fanno i propri interessi a di là di elezioni, interessi collettivi ecc.

Sempre di più i deboli pagano caro la ricerca di un futuro e di una vita migliore..

 
 
 

Una democrazia ridotta a bocciofila (Massimo Fini)

Post n°3938 pubblicato il 22 Febbraio 2017 da ninograg1
 

De hoc satis dicevano i latini nella loro lingua ellittica, insuperabile nella sintesi. Letteralmente: “Di questo abbastanza”. Che può essere tradotto senza forzature in “di questo ne abbiamo pieni i coglioni”. Di quale hoc abbiamo pieni i coglioni? In prima battuta dei nostri quotidiani (dei settimanali cosiddetti politici non vale nemmeno la pena parlare, solo l’Espresso, nella sua spocchia radical chic, crede ancora di esistere) che ogni giorno ci ammanniscono dalle sei alle otto pagine sui fatti interni dei partiti, queste associazioni private, queste bocciofile, i cui ruminamenti non dovrebbero avere alcun interesse né rilevanza pubblica (a meno che, naturalmente, non riguardino fatti penali).

Prendiamo per esempio, a caso, qualche titolo del Corriere di un giorno qualsiasi, o di più giorni, e come partito, in particolare, il Pd. Ma il discorso vale per qualsiasi giornale e, a seconda delle evenienze, per qualsiasi partito. “Congresso Pd, rischio scissione”; “Un partito che si aggroviglia”; “Sfida a D’Alema (senza dirlo)”; “Pd, sì al congresso tra le tensioni”; “Il leader: li seppelliremo con le loro regole. In bilico le urne a giugno”; “Il ‘nemico numero uno’ seduto muto in platea. E Matteo lo provoca (senza mai nominarlo)”; “Il rebus urne. I tre partiti dem”; “Una velocità che strappa l’unità del Nazareno”. Questo il Corriere del 14 febbraio. Dopo è stato un crescendo fino all’apogeo di questi giorni in cui pare (nel momento in cui scrivo nulla è ancora certo) si scinda. Lotte interne al coltello, retroscena, incontri segreti, notizie dettagliate su che cosa hanno mangiato nei loro pourparler o su quali cessi d’oro si sono seduti. Che possono interessare queste cose a una persona normalmente sana di mente? Non c’è da stupirsi se le vendite dei giornali si sono ridotte al lumicino (nostalgia dei tempi in cui il Corriere dedicava solo due colonne, firmate da Luigi Bianchi, ai retroscena della politica; nostalgia delle tribune politiche dirette da Jader Jacobelli che, nonostante il suo aspetto da gallinaceo, era un uomo molto colto).

Ma i giornali hanno altre responsabilità verso se stessi e la collettività. Prima si sono autocannibalizzati dedicando quasi altrettante pagine ai quibusdam che sfilano ogni giorno nelle Tv generaliste, facendo diventare personaggi e opinion maker degli individui che, volendo essere leggeri, sono braccia sottratte all’agricoltura o ai lavori domestici.

Sono costoro che orientano la collettività, che dettano le mode, che impongono i costumi. Non i giornali, che come se ancora non bastasse si sono ulteriormente autocannibalizzati dando un rilievo enorme a quanto accade sui social network dove la prevalenza del cretino, che in linea di massima si esprime in forma anonima dando libero sfogo ai suoi peggiori e bestiali istinti – una sorta di jihadista vigliacco – o più semplicemente alla sua idiozia, è assicurata.

Ma in fondo giornali, Tv, social non sono che delle sovrastrutture, degli epifenomeni. Il vero nocciolo duro della disgregazione italiana, politica, culturale, etica, sono i partiti, queste bocciofile intrinsecamente mafiose e spesso criminalmente mafiose.

I grandi teorici della democrazia liberale, da Stuart Mill a John Locke, non prevedevano la presenza dei partiti. E come nota Max Weber fino al 1920 nessuna Costituzione liberaldemocratica li nominava. E anche la nostra Costituzione, che pur nasce dal CLN, cioè dall’alleanza di tutte le formazioni antifasciste, dai comunisti ai monarchici, cita i partiti in un solo articolo, il 49, che recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. È un diritto, non un obbligo. Partendo da quest’unico articolo i partiti hanno occupato anche gli altri 138. Contro questo pericolo, vale a dire la partitocrazia, avevano tuonato già nel 1960 il grande giurista Giuseppe Maranini e persino lo stesso presidente del Senato Cesare Merzagora, un galantuomo indipendente. Io mi onoro di aver dato battaglia, in solitaire come giornalista (sul versante politico c’erano i radicali di Panella) alla partitocrazia più o meno dagli inizi degli anni Ottanta.

Ma è stato tutto inutile. La degenerazione partitocratica, come un tumore maligno, è andata progressivamente enfiandosi producendo metastasi in ogni settore della vita pubblica e privata. Oggi siamo arrivati al punto che è l’Assemblea della bocciofila Pd a determinare la data del momento più sacrale della democrazia: le elezioni. De hoc satis.

Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 21/02/2017.

 

 
 
 

Fake news: il disegno di legge è pericoloso, inattuabile e inutile

Post n°3937 pubblicato il 21 Febbraio 2017 da ninograg1
 

Ieri l'amico blogger Jigen ha postato sull'argomento bufale, scritti ostili: è di moda è fa audience, ma soprattutto lascia spazio a chi ha tanta voglia di mettere un bel bavaglio a quell'ultimo lembo di libera espressione che è rimasto nella società dell'informazione 'controllata': la rete.

Ecco posto quest'ARTICOLO del Fatto Quotidiano che fa luce negli angoli bui e smachera qualche voglia di maganello di troppo.... qui ve ne posto una parte; il resto lo trovate al link succitato del Fatto

di | 21 febbraio 2017

Obbligo di registrazione e di rettifica entro 48 ore per tutti i blog e siti di informazione, obbligo di sorveglianza generale – o poco ci manca – per i gestori dei social network e delle piattaforme di condivisione di contenuti prodotti dagli utenti, pene pecuniarie e detentive per chi pone in essere una serie di condotte descritte in modo tanto vago ed evanescente da abbracciare al tempo stesso qualsiasi forma di reato di opinione così come ogni forma di esercizio della libertà di manifestazione del pensiero.

Può essere riassunto così – parola più parola meno – il contenuto del disegno di legge (Disposizioni per prevenire la manipolazione dell’informazione online, garantire la trasparenza sul web e incentivare l’alfabetizzazione mediatica) attraverso il quale i senatori Gambaro (Ala), Mazzoni (Ala), Divina (Ln-Aut) e Giro (FI-Pdl) sembrano intendere dichiarare guerra al fenomeno planetario delle cosiddette “fake news”, le notizie false che rimbalzano sul web [e per la verità non solo sul web], influenzando le vicende della politica, dell’economia e della società e distorcendo la percezione della realtà da parte dell’opinione pubblica.

Dell’iniziativa legislativa tripartisan si è già detto e scritto molto e non sono mancate né critiche, né perplessità sollevate da più parti e per ragioni diverse.

E’ buona regola – lo suggeriva già Schopenhauer nel suo “Il mestiere dello scrittore” – scrivere solo quando si ha, per davvero, qualcosa da aggiungere a quanto già scritto da altri e, quindi, a un dibattito in corso. Spero di non tradire questa buona regola aggiungendo una manciata di considerazioni a quelle già fatte, da tanti, sin qui. Tuttavia la questione è centrale per il futuro dell’ecosistema internet e, forse – senza voler abusare del termine – per il futuro della nostra democrazia e, probabilmente, merita qualche parola in più.

E’ ovvio, innanzitutto, che si può scegliere di leggere il testo del disegno di legge in questione e poi lasciarlo scivolare distrattamente sulla scrivania – o addirittura nel cestino – semplicemente scuotendo le spalle e pensando che tanto non esiste nessuna concreta possibilità che, in una stagione politica come quella attuale, questa legislatura darà mai alla luce una legge sul web. Non c’è tempo e, soprattutto, deputati e senatori sono, ormai, in tutt’altre faccende affaccendati.

Ma un disegno di legge è qualcosa di più che una manciata di parole pronunciate da questo o quel parlamentare in un dibattito pubblico e, quindi, sembra opportuno mettere nero su bianco – anche solo a futura memoria – perché quello proposto in Senato nei giorni scorsi è una cura peggiore del male, che nasce vecchia, non risolverebbe alcun problema e, anzi, ne creerebbe a dozzine di nuovi e più perniciosi.

Prima di avventurarsi in questo ragionamento val la pena – per fugare ogni dubbio – chiarire che il problema delle notizie false che rimbalzano online come offline nei cosiddetti “nuovi media” così come in quelli vecchi e meno nuovi è un problema reale, globale, importante anche se né nuovo, né sconosciuto a chi si occupa di media giacché di notizie false – persino di guerre inventate e documentate in studi cinematografici – è piena zeppa la storia.

Le ricette proposte dai quattro senatori firmatari del disegno di legge sono però anacronistiche, inattuabili, inefficaci e, soprattutto ad alto rischio di deriva liberticida.

Un giudizio netto e severo che merita qualche spiegazione.

come detto sopra il resto su Fatto Quotidiano

 

 
 
 

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