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Messaggi di Ottobre 2017

Delitto Jfk, quali verità nascondono i file segreti?

Post n°4102 pubblicato il 31 Ottobre 2017 da ninograg1
 

di | 30 ottobre 2017  Il FAtto Quotidiano

Nel 1992, sull’onda emotiva del film di Oliver Stone, JFK un caso ancora aperto, l’allora presidente George Bush decise di anticipare all’ottobre 2017 (anziché al 2039) i documenti relativi all’omicidio del presidente John Fitzgerald Kennedy, avvenuto a Dallas il 22 novembre 1963. Come noto, il presidente venne colpito sulla Limousine scoperta che percorreva le vie della città.

Negli Stati Uniti è stato l’evento più analizzato e discusso. Oltre all’immediata indagine del Fbi, ci sono state dal 1964 al 1978 ben 4 commissioni di inchiesta. L’omicidio è documentato da due noti filmati amatoriali (quello di Abraham Zapdruder e di Orvill Nix) girati da prospettive opposte.

I momenti successivi all’attentato sono stati altrettanto eclatanti e convulsi con l’arresto quasi immediato di uno dei suoi killer, Lee Oswald, seguito e individuato in un cinema dopo che aveva ucciso anche l’agente di polizia J.D.Tippit.  Due giorni dopo, nei sotterranei della polizia, è lo stesso Lee Oswald a essere eliminato, anche qui sotto gli occhi delle telecamere, da un gestore di locali notturni di Dallas, Jack Ruby, che dichiarò di avere voluto vendicare la morte del suo presidente.

I nuovi documenti sono ora scaricabili on line, che cosa aspettarsi?

Occorrerà tempo e capacità di inserire i dati in un quadro di insieme, senza considerare che molte carte sono incomplete o alterate. A fronte di una dichiarata disponibilità a rendere pubblici tutti i documenti, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha però bloccato la pubblicazione di 300 file per sei mesi, forse per filtrarne contenuti sgraditi.

La prima Commissione Warren aveva stabilito che Lee Oswald, da solo, uccise il presidente e che c’erano stati tre spari. Nessuna congiura, ma l’azione di un individuo squilibrato. Tuttavia, quattro dei sette membri della Commissione hanno manifestato nel tempo perplessità su questa ricostruzione. Innanzitutto gli spari sono stati probabilmente sei anziché tre e la traiettoria del colpo alla gola che raggiunge Kennedy è stato calcolato che sia stata frontale e non proveniente dal sesto piano del Texas School Book Depository dove Oswald era appostato. La presenza di un secondo attentatore è certa.

La quarta commissione del 1978 è giunta a definire un quadro più completo. Le ipotesi più convergenti hanno individuato il secondo uomo in David Ferrie, un pilota che in passato per conto della Cia ha trasportato armi a Cuba, ma che in quel momento lavora come investigatore privato e si occupa di affari legati a Carlos Marcello (nato come Calogero Minacori in provincia di Agrigento) potente boss mafioso del Sud degli Stati Uniti. Ferrie, Marcello e Oswald sono stati visti assieme nell’estate del 1963, inoltre, Ferrie e Marcello conoscono Jack Ruby. Un possibile e coerente quadro del crimine, ma non la soluzione del caso.

Gli aspetti suscettibili di nuova valutazione nei documenti resi noti non sono i rapporti di Oswald con l’Urss, già ampiamente risaputi. Oswald si dichiara marxista, è sposato con una donna di Leningrado – Marina Prusakova -, conosciuta durante il suo lungo soggiorno nell’Unione sovietica. Tornato negli Stati Uniti nel 1962, Oswald partecipa ad attività a favore di Castro, ma al tempo stesso è in contatto con il leader degli anticastristi e con un ex agente del Fbi, Guy Banister, conosciuto anche da David Ferrie. Dai documenti desecretati riemerge un quadro di informative di difficile valutazione, e al tempo ritenute infondate, come le voci che vedrebbero, quale secondo uomo a sparare, l’agente J.D Tippit in contatto con Ruby e ucciso, come fu appurato, da Oswald.

Il lato oscuro della vicenda resta il movente. Kennedy era un uomo tanto amato quanto odiato. Gli anticastristi erano furenti nei suoi confronti e accusavano il presidente dell’insuccesso della missione per rovesciare Fidel Castro: lo sbarco nella Baia dei Porci, organizzato dalla Cia, era stato bloccato da un’inaspettata resistenza cubana e Kennedy si era rifiutato di inviare un appoggio militare, attirandosi il biasimo del direttore della Cia, Allen Dulles, che definì il presidente “un po’ confuso”. Anche la mafia detestava John e Robert Kennedy per il loro impegno nel 1959 nella commissione che indagava sui rapporti tra sindacati e criminalità organizzata. I Kennedy puntavano a eliminare il sistema di potere di Carlos Marcello. Il boss mafioso fu deportato in Guatemala, ma riuscì a tornare e a dare tangibili segni della sua presenza.

di | 30 ottobre 2017

 
 
 

Triste epilogo..

Post n°4101 pubblicato il 30 Ottobre 2017 da ninograg1
 

E' un triste epilogo quella catalano e del suo governo. In punta di piedi la Spagna si riprende i suoi 'possedimenti' catalani mentre il governo  se ne va in Belgio, in esilio. Poteva finire diversasmente? Forse si se fossero ricorse due condizioni:

  1. A Madrid anzichè esserci un isterico ex banchiere di destra ci fossero stati i socialisti;
  2. Se il governo catalano avesse seguito il percorso segnato da decenni.. ossia strappare a forza di negoziati briciole di autonomia sempre maggiore.

Invece, in mancanza di questi due requisiti, si va all'affermazione di un, finora larvato, statalismo autoritario.

Sapete cosa suona strano, a dir poco? Sta nascendo una Unione di Stati dove, in teoria, ogni singolo Stato rinuncia a sempre maggiori fette di propria sovranità ed autonomia a fronte del Moloch UE e invece.. proprio in senso contrario ogni Stato sembra faer il percorso opposto ossia diviene sempre più geloso dei propri confini, prerogative, ecc. convenite con me che c'è qualcosa che non va?

O alla fine nascono gli USE o la UE si rivela un contenitore vuoto, un simulacro dietro al quale c'è il gioco perverso in essere fra gli Stati e le forti lobby economico-finanziarie che ne hanno preso possesso e che usano i primi come bancomat... in mezzo i cittadini che sono sempre più lontani dalla loro diretta espressione democratica e infinitamente lontani dagli organi europei: che possono fare? Riscoprire le proprie storie e tradizioni, non hanno scelta soprattuto perchè non tutti sono disposti ad accettare quel modello unificato fra le due sponde dell'atlantico!!!! Io leggo così l'autonomismo, catalano e non, e leggo così la reazione dello Stato spagnolo: una reazione autoritaria.

Sono convinto che il seme autonomista ormai è sbocciato e le entità stautali, così come sono suonano assolutamente anti-storici, dovranno farci i conti: non può essere eliminato perchè le sue radici affondano in quel globalismo del mercato anomico dove contano i soldi e non la gente; le banche e non le persone: un sistema che ha davanti a se un solo futuro ossia l'autoritarismo.. e come avversario la rpesa di coscienza delle persone che sono stufe di fare bancomat personale dei detentori del potere.

 
 
 

Catalogna proclama indipendenza: è il caos

Post n°4100 pubblicato il 29 Ottobre 2017 da ninograg1
 

WSI 27 ottobre 2017, di Mariangela Tessa

 

Giornata storica e drammatica allo stesso tempo per la Spagna: il governo di Madrid ha fatto ricorso all’opzione nucleare. Il premier Mariano Rajoy ha infatti fatto sapere al Senato che destituirà il presidente catalano Carles Puigdemont, il vicepresidente Oriol Junqueras e tutti i membri del Governo catalano, servendosi dei poteri straordinari che gli saranno concessi oggi dalla camera alta.

Mentre il Senato a Madrid attiva l’opzione nucleare, votando il via libera al commissariamento della Catalogna, il Parlamento catalano ha votato a favore della proclamazione d’indipendenza. Settanta i voti favorevoli, dieci i contrari, due le schede nulle. Sul mercato secondario i bond governativi spagnoli sono sotto attacco dopo il voto del parlamento della regione con mire secessioniste. Anche la Borsa di Madrid accusa il colpo, con l’indice Ibex che al momento cede il 2% dopo l’aggravarsi della crisi costituzionale in Catalogna.

Ieri il presidente catalano Puigdemont ha deciso di non convocare elezioni anticipate, dicendo che non ci sono le condizioni. Secondo il leader indipendentista “mancano le garanzie” da parte del governo di Madrid sul fatto che una volta indetto il voto anticipato, la Catalogna tornerà a essere governata dai suoi politici regionali e non dalle autorità di Spagna.

Stamattina il premier Rajoy è stato accolto da un forte applauso dai parlamentari del Pp, il partito conservatore che ha la maggioranza assoluta, nell’aula del Senato di Madrid. Secondo i media spagnoli, la destituzione del presidente Carles Puigdemont e del suo governo è la prima di una serie di mosse che farà Madrid dopo il via libera previsto oggi del Senato all’articolo 155 della Costituzione.

Le possibilità di trovare un accordo appaiono al momento ridotte al lumicino. Per trovare un’intesa dell’ultima ora e quindi convocare nuove elezioni, il presidente Puigdemont aveva chiesto ieri una doppia garanzia.

  • La prima era che si fermasse subito l’iter per l’approvazione in Senato dell’articolo 155 che sospende l’autonomia amministrativa catalana e concede tutti i poteri al governo centrale.
  • La seconda che fossero rilasciati i due leader indipendentisti in prigione, Jordi Sánchez e Jordi Cuixart.

Le richieste non sono state accolte e dopo che Madrid non ha fatto concessioni, non è stato possibile stringere un accordo. Junts pel Sì, la coalizione che rappresenta i partiti indipendentisti catalani, ha quindi presentato per il voto del Parlamento regionale la risoluzione in cui si dichiara l’indipendenza e si attivano le leggi transitorie in vista di un processo costituente.

L’iniziativa costituisce una rappresaglia alla possibile approvazione da parte del senato spagnolo – a meno di sorprese e novità dell’ultimo minuto – dell’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, che commissarierà di fatto il governo catalano. I ponti del dialogo si sono rotti e la situazione in Catalogna non è mai stata tanto grave quanto lo è in queste ore.

 

 
 
 

Bolzaneto, Italia condannata ancora dalla Cedu.

Post n°4099 pubblicato il 26 Ottobre 2017 da ninograg1

Ancora una volta la l'Italia è stata condannata per i fatti del G8.... per Corte Europea fu TORTURA. La ministra per i rapporti con il Parlamento Pd Anna Finocchiaro ha esultato su Twitter: “Oggi contro fatti così gravi abbiamo la legge che punisce il reato di tortura“. Un’affermazione smentita dallo stesso commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks e dal Cpt, organo anti tortura del Consiglio d’Europa: “Non basta”, è il concetto espresso. Già a luglio, ai tempi dell’approvazione del ddl, pm e giudici titolari dei processi sull’irruzione alla scuola Diaz e sui fatti avvenuti a Bolzaneto avevano definito il reato di tortura introdotto “in concreto inapplicabile”. I 5 stelle contro il Pd: “Parla a vanvera, avendo il partito affossato una vera legge sulla tortura, perché deve barcamenarsi in una maggioranza condivisa con Fi e Lega”, ha detto il grillino Vittorio Ferraresi. La replica del capogruppo in commissione Giustizia Walter Verini: “Perché parlare sempre con astio?”. di | 26 ottobre 2017

 
 
 

In pensione a 67 anni dal 2019. Boeri: “Una bella notizia”

Post n°4098 pubblicato il 25 Ottobre 2017 da ninograg1
 

WSI 25 ottobre 2017, di Alessandra Caparello

Per l’Istat aumenta la nostra aspettativa di vita di cinque mesi e ciò si traduce in un allungamento dell‘età pensionabile che passerà così dagli attuali 66 anni e 7 mesi a 67 anni tondi tondi. Una bella notizia secondo il presidente dell’Inps Tito Boeri che con l’occasione ribadisce il suo fermo no al blocco dell’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita dal 2012 in più, come sostenuto con forza dai sindacati.

“Bloccare l’adeguamento dell‘età pensionabile all’aspettativa di vita dal 2021 in poi costerebbe fino a 140 miliardi fino al 2040: sono costi insostenibili (…) Non vogliamo trasformare la bellissima notizia che ci ha dato oggi l’Istat, che cioè si può contare di vivere cinque mesi in più, in una preoccupazione aggiuntiva per i giovani che altrimenti dovrebbero sostenere sulle loro spalle più a lungo il peso delle pensioni per chi oggi è in pensione o deve andare in pensione”.

Con la diffusione dei nuovi indicatori dell’Istat dal governo sono arrivati segnali di apertura a possibili correttivi. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha spiegato che i tempi per il Parlamento o per le forze politiche che vogliono intervenire ci sono. Dura la reazione invece delle sigle sindacali, Cgil, Cisl e Uil, che hanno espresso dubbi sull’esattezza delle stime Istat e in una nota unitaria hanno ribadito che non tutti i lavoratori sono uguali.

“Serve il blocco dell’adeguamento all’aspettativa di vita e l’avvio del confronto per una modifica dell’attuale meccanismo per superare e differenziare le attuali forme di adeguamento, tenendo conto anche delle diversità nelle speranze di vita e nella gravosità dei lavori”.

Ma oltre ai costi del blocco, La Repubblica scrive che altri pericoli si profilano per la spesa pensionistica: oggi infatti è attesa la sentenza della Corte Costituzionale sulla rivalutazione dei trattamenti previdenziali. Così, spiega La Repubblica:

“Se il provvedimento Poletti del 2015 dovesse essere bocciato, ripristinando il completo sistema di indicizzazione, si rischierebbe, secondo quanto affermato dal legale dell’Inps Luigi Caliulo a margine dell’udienza della Corte, una botta da almeno 30 miliardi sulle casse dello Stato”.


 
 
 

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