Kremuzio

Un bel bagno di folla, tra le file di gente che ti accompagna nelle disastrate stazioni della metropolitana ti fa capire che le cose vanno male. Silenzio, mutismo e rassegnazione sembrano accompagnare la gente nel loro viaggio verso il luogo dove lavorano o studiano. Poche donne intente a leggere libri, molte a leggere giornali che non sono “quelli di famiglia”. Qualcuno con i quotidiani in distribuzione gratuita. Che l’atmosfera sia luttuosa lo vedi anche dai pochi giovani e meno giovani intenti a scambiare messaggi sms. Ognuno appeso alle barre sembra perso in pensieri tristi, mentre coloro che sono riusciti a guadagnare un posto seduto stanno con la testa incassata tra le spalle, lo sguardo basso pensieroso anch’esso.

Tutto appare più sporco e fatiscente. Sembriamo tutti ricoperti da una patina di tristezza polverosa. Si staccano dai visi pezzi di pelle come intonaco scrostato e la muffa esce dagli occhi, adombrandoli. Ci stiamo trasformando. Ci abbiamo messo troppo, forse, ma dopo tutto il tempo in cui ci sembrava di essere forti, la considerazione che non siamo altro che pedine inutili da sacrificare si sta facendo strada tra i nostri cervelli ormai atrofizzati.

Come in “Metropolis” di Fritz Lang le file di uomini e donne, incolonnati in silenzio, con gli sguardi che non si sollevano dalla schiena della persona che precede, strisciano con i piedi rumorosamente ed in sintonia, tutti. Vestiti di grigio.

Come si potrebbe essere diversamente quando ormai è passato il concetto che si può farla franca sempre? Un bel concetto per i mascalzoni, per le nuove schiere di violentatori, ed anche per quelli vecchi che non sono stati presi in passato, per i grandi uomini d’affari intenti a far soldi sull’incolumità altrui. E noi pedine dei loro spostamenti di capitali, sappiamo che il nostro sacrificio servirà solo a far aumentare il PIL. E tutto per uno solo, che ha il grande pregio di pagare sempre, molto, generosamente. Carota e bastone. E tutti e due questi oggetti saremo noi ad infilarceli dove non vorremmo.

Ormai non c’è più niente da fare. Ridicolizzati in campo politico europeo e mondiale, trattati come mafiosi e pecore, dipendenti da logge massoniche e dall’umore ormonale di mandrie di colletti bianchi ed inamidati, intenti a passare notti da maniaci, stretti da cravatte troppo grandi per sembrare nodi scorsoi. Manca l’energia da parte di chi vorrebbe resistere ma, rassegnato, non ce la fa. E se anche uscisse fuori quell’anelito di amor proprio che ti porta a scendere in piazza, magari per protestare davanti ai tribunali per l’oscena profanazione della costituzione, ecco che l’accusa che ti arriva è quella di essere “quelli che hanno ammazzato Mussolini”.

La claque “pro stupro delle istituzioni”, magari poteva essere educata meglio dagli avventori che hanno messo loro in mano una bandiera ed una banconota, un panino una bottiglia d’acqua ed un cappellino. Le strofe da cantare per il loro mitologico condottiero barzellettista sono semplici da ricordare a memoria ed intonare con il lavoro dell’igienista dentale bene in vista (non quello nascosto in posti dove non batte il sole). Poi via, tutti a casa una volta riconsegnate le bandierine d’ordinanza. Il cappellino si può tenere in testa per evitare il rischio di un’insolazione, prima che escano frasi che possano accusare qualcuno di essere stati “quelli che hanno ammazzato Hitler”.