Kremuzio

Ogni tanto mi faccio domande, e quando sono cortese con me stesso, mi rispondo pure, ma ciò capita raramente. La mia parte comunista mi fa 10 domande? L’altra mia parte che non saprei descrivere, per orgoglio e vergogna, non risponde. Ma ora mi costringo. Se non risponderò potrò dire addio alla mia collezione di “Gordon”. So che alle minacce come alla tortura cedo, così risponderò alla domanda: ”ma come ti è venuto in mente di aprire un blog?”

Comincio col bere un bicchiere d’acqua, poi una volta scolato, lo riempio di nuovo. Cosa rispondere? Iniziamo con il classico prologo: “Beh, vedi, questo per me non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza…”, bevo un altro bicchiere d’acqua e riprendo fiato … ed ora cosa mi racconto? Ci penso sopra… Ogni giorno devo impiegare una mezzoretta a scrivere, e per fortuna non mi risulta difficile, visto che la mia testa è piena di cose stupide e meno stupide. Non ho quasi mai avuto il terrore della pagina bianca, e le voci nella mente ogni tanto mi suggeriscono frasi senza senso ma che fanno la loro porca figura, magari lette al contrario come un messaggio dal demonio o dai nostri amici extraterrestri. Ebbene, sono stato sempre interessato dalla scrittura come sfogo, e quando andavo a scuola, potevo farlo con i temi di attualità, e di soddisfazioni me ne ero tolte, oltre a qualche sassolino nella scarpa, non troppo fuori di metafora. C’era sul Messaggero una rubrica che mi sembra si chiama ancora “avventure in città” e praticamente era l’unica rubrica che leggevo da ragazzo. Si leggevano storielle popolane, tratte dalla vita moderna, in cui un po’ in romanesco ed un po’ no, venivano descritti umoristicamente pregi e difetti del romano contemporaneo. E mi chiedevo come facesse lo scrittore ad inventarsene ogni giorno una nuova. Poi leggevo alcuni editoriali romanzati di un personaggio importante per l’elettronica in Italia, il mitico Gianni Brazioli, che su alcune riviste ogni mese descriveva racconti a sfondo tecnico veramente gustosi. Io cercai di fare lo stesso scrivendo e vendendo a quella che una volta era la rivista per radioamatori “Break!” alcune mie storielle a sfondo radiantistico. Mi piaceva da matti, ed in più mi pagavano anche 6mila lire a cartella, giusto per andare avanti con la benzina e qualche sfizietto. Era circa 30 anni fa. Sarà stato allora che imparai ad essere prolisso ed a scrivere quello che mi capitava per la testa, senza timore, bastava facesse un po’ ridere, anche amaramente. Poi rimediavo con qualche vignetta, sempre a 6000 lire l’una per assecondare la mia parte più concentrata di pensiero. Usavo  una vecchia macchina da scrivere portatile che un giorno mio padre mi regalò, e stavo lì a sbatacchiare sui tasti ticche e ticche in triplice copia con foglio extrastrong, due veline e due fogli di carta carbone. Fortunatamente avevamo casa grande e la mia stanza era lontana da quella dei familiari, così potevo scrivere anche di notte.

Le cose non potevano durare, e iniziai a lavorare lasciando in secondo piano le velleità novellistiche. Poi ricominciai con i fumetti disegnati e sceneggiati, ma non era per me, c’era da soffrire troppo, ma la mia voglia di farmi leggere continuava a premere.

Mi feci forza e cominciai a scrivere, ormai è un anno e mezzo, su queste pagine. Ogni giorno perdo quella mezzora per scrivere ed un’oretta per rispondere ai commenti, e mi piace. Senza contare che così facendo ho conosciuta tanta bella e brava gente, simpatica ed interessante, intelligente ed allegra. E non ho ancora litigato con nessuno.

Ma dove voglio arrivare? Ma da nessuna parte… Certo che la favola che mi piacerebbe vivere è quella che qualcuno mi offra un lavoro dicendo? “Uhm, ti pago qualcosa più delle seimila lire a post, ti andrebbe di farmele pubblicare sul mio giornale?”. Si, accetterei, ma poi sarei sicuro che la cosa non andrebbe bene.

Possibile che mi appassiono solo alle cose che non mi fanno entrare un soldo bucato in tasca? Anzi, più spendo e più mi diverto. C’era un amico che mi diceva che il vero successo nella vita di un uomo si misura con quanti soldi riesci ad incassare facendo quello che sai fare e che ti piace fare.

Beh, da questo punto di vista sono sicuramente un fallito!