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Ogni maledetta domenica

Post n°338 pubblicato il 21 Dicembre 2009 da kremuzio
 
Foto di kremuzio

Lasciamo perdere il fatto che tra qualche giorno sarà Natale, e consideriamo che ieri era domenica. Domenica, il giorno in cui Dio si riposò, a prescindere da quale Dio e da quale giorno scelse, se venerdì, sabato o domenica. Lunedì no, che Dio non era un barbiere.

E’ triste quando mentre ti stai svegliando, e con la mente ancora rattrappita cominci a pensare a quale giorno possa essere. La sveglia non ha suonato. Perché si è rotta o perché non è stata caricata? Dal rumore in strada senti passare gli autobus e le auto, e non sono poche. Poi ricordi, dopo aver stirato le assonnate membra e disottenebrata la mente: non ti devi alzare per andare al lavoro. Guardi l’orario e se sei fortunato sono intorno alle 10. Se ti dice iella, sono al solito le ore in cui ti svegli nei giorni feriali. Saltiamo le fasi preparatorie e se vi dovete mettere a pulire casa, scopare i pavimenti, lavare eccetera. Facciamo finta che vogliamo uscire per farci una passeggiata al sole, nel parco più vicino, prendere il giornale e camminare nei viottoli pieni di bambini giocanti e genitori attenti ad essi.

L’ascensore è occupato. Arriva al mio piano e ne esce una signora con le buste della spesa. È domenica ma si fanno compere. La gente lavora tutta la settimana fino a tardi, quale migliore occasione per andare nei supermercati la mattina del dì di festa? Esco dal portone e vedo ovviamente il bar aperto, ma anche il fornaio. Ricontrollo il calendario automatico sull’orologio. Mi conferma che non è un giorno lavorativo, ma si lavora lo stesso. C’è traffico nella strada, auto che scorrono allegramente, o meglio, nervosamente, e caparbiamente si mandano a quel paese neanche stessero facendo tardi in ufficio. Persone attendono la fermata dell’auto. Dai connotati sono tutti stranieri. Gli italiani per etnia sono chiusi in automobile. Mi guardo intorno e vedo tutti i negozi aperti, dal grande magazzino al venditore di scarpe, dall’ottico al videonoleggio, dal pasticciere al giocattolaio. Manca il macellaio ed il ferramenta, che quando ti serve una vite a legno dalla testa bombata te lo devi ricordare il sabato mattina che già il sabato pomeriggio sono chiusi. Ma fanno bene! Ma che casino con i rumori dei motori, i clacson, la metropolitana, le sirene. Guardi nei negozi e vedi commesse e commessi arrabbiati per essere costretti a lavorare con un misero stipendio che ti obbliga a non avere pause.

Non posso fare a meno di fermarmi su di una panchina, una volta raggiunto il parco, a pensare e ricordare.

E ricordo, quando ti svegliavi la domenica e c’era il silenzio, e ti affacciavi alla finestra e vedevi qualcuno che caricava la macchina per andare a fare una gitarella fuori porta, con l’auto lavata e lucida. I negozi erano chiusi tutti. Bisognava sbrigarsi per andare dal giornalaio prima che chiudesse, dato che mi alzavo alle 11-12 che bello. Neanche in casa si accendeva la lavatrice, e qualche volta si accendeva anche la televisione. Alla radio c’erano riviste musicali, gran varietà, c’era Johnny Dorelli e Noschese, Paolo Panelli e Alberto Sordi. Quando ti alzavi presto, si andava a Messa, quando non scappavi a giocare e ti toccava andarci controvoglia, a volte ci scappava a scuola (quando c’era la messa obbligatoria una volta al mese… andavo dai preti) anche un filmone, magari il “colosso di Rodi”, qualche Maciste o qualcosa tratto da Verne. Tornavi a casa a piedi, ovviamente, e c’era pronto il timballo, le lasagne o altre paste al forno buonissime. Ma prima arrivava mio padre con le pastarelle alla panna e le tartine da mangiare come antipasto. In radio c’era Enzo Tortora, e poi quasi subito dopo “tutto il calcio minuto per minuto”. Alla fine si andava dai nonni, si giocava a carte o si vedeva la tv, e la partita, e mi mangiavo di nascosto i cioccolatini, eccetera eccetera. Che belle domeniche erano. Calme, famigliari, rilassanti. Invece adesso non vedo l’ora che venga il lunedì, e con questo triste pensiero mi alzo dalla panchina, torno a casa, mangio il solito pranzo e mi butto sul letto per farmi un bel sonno, sperando di svegliarmi quando la domenica (e le feste) sarà già passata.  

 
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