Kremuzio

Finalmente tra dieci mesi toglieranno dalla circolazione le terribili buste di plastica. Ce n’è voluto perché accadesse, e tutto ciò sarà un romantico balzo indietro verso il vecchio modo di fare la spesa.. Ancora per poco tempo dovremo però conviverci (per poco in relazione alla domanda che ci fanno alla cassa: “buste?”). Poi per altre centinaia di anni, i brandelli di quelle sottili ma indistruttibili compagne degli acquirenti accompagneranno la natura stretta in un abbraccio non dico mortale, ma sgradevole. Tutto cominciò parecchi anni fa, quando si decise che il modo di fare la spesa non dovesse essere più lo stesso. Le buste costavano poco, erano “igieniche” e ci potevi stampare sopra “arrivederci e grazie” oltre al logo del tuo negozio. Poi ad un tratto decisero che dato che inquinavano, e che molti grossi pesci e cetacei e tartarughe morivano perché qualche bastardo le gettava in mare e venivano inghiottite perché sembravano meduse, decisero che si dovesse pagare una tassa. Le cose stanno così. I pesci, i cetacei e le tartarughe continuano a morire, l’inquinamento avanza, e lo stato incassa su questo. Come per le sigarette e gli altri vizi che fanno malissimo, dopotutto. Che poi c’è come al solito il profitto subdolo. Una volta la pubblicità si pagava, ora te la devi pagare per farla agli altri. Per una bella busta pubblicitaria del supermercato, per fare la pubblicità a loro, devi pagare 5 centesimi, che poi sono 100 lire. Io con 100 lire ci pagavo dieci pacchetti delle figurine! O tanta di quella pizza bianca da Basilio il fornaio da arrivare sazio fino a cena. O due coni gelati al bar di Pippo. Vabbè accadeva tanti anni fa… Io che di buste a casa ne ho due cassetti interi, uso portarmeli dietro quando vado a fare la spesa, così che ostento un fiero “NO, grazie” alla fatidica domanda. Poi estraggo da una tasca le buste con la pubblicità dei supermercati concorrenti e le apro con un gesto plateale di fronte al naso allibito della cassiera.

E parto con i ricordi.

Negli anni 60 le buste di plastica non c’erano, ma le borse di plastica o di cotone sì. Poi c’erano delle retine che non occupavano spazio quando vuote, ma che si riempivano ed ingrandivano come un pallone sonda nella bassa pressione delle grandi altezze. Ci mettevi di tutto, e quel tutto ti veniva venduto entro le buste di carta. E le buste le infilavi nella retina, dalla quale sporgevano pezzi di carciofi, sedani lussureggianti e pomodori mezzi spiaccicati. Dal vinaio o dal macellaio compravi le uova fresche, chissà perché. E a seconda di quante ne compravi, prendeva della carta di giornali e ce le avvolgeva a 2 o 3 per volta come fossero caramellose. Purtroppo almeno una si rompeva, mica potevi stare sempre attento a dove sbattevi la retina, e la carta di giornale si sporcava diventando grigio scuro, appiccicosa con macchie giallastre se fuoriusciva il tuorlo. Quando te ne accorgevi si imprecava perché immancabilmente si sporcavano tutte le altre buste di carta grezza, la carne e la verdura. Anche lo zucchero al solito. Incartato nella carta da zucchero color carta da zucchero, ovvio. Le bottiglie di vino erano più difficili da trasportare, come anche le bottiglie di latte che ti portavano però direttamente davanti la porta di casa, neanche fossimo in un film americano. E per porta di casa intendo la porta del tuo appartamento al terzo piano. Anche l’immondizia te la prendevano sul pianerottolo, dove mettevi il secchio mezzo vuoto con sola carta e scarti della mondatura delle verdure. Il secchio foderato della solita carta di giornali vecchi. Ma dicevo, le bottiglie erano scomode da portare, il loro collo fuoriusciva dalle maglie e a volte si toglieva il tappetto di carta che ti costruiva il vinaio se non portavi un turacciolo. L’acqua minerale si comprava solo se c’erano malati in casa… Fiuggi o Sangemini. Costava molto. Poi è arrivato il tetrapak, il primo, quello vero, ovvero un tetraedro regolare che altri non è che una piramide a base triangolare. Tagliavi una punta e schizzava. Versavi e faceva fiotti da centrare tutto meno il bicchiere, lo poggiavi sul tavolo e schizzava. Dalla retina sporgeva e c’era il rischio di un esplosione lattosa.

Non vedo l’ora che tornino le retine! Anche se ti segavano i polsi quando erano pesanti… Però non si rompevano. Ma se uno ci pensa, è meglio un bel carrellino, senza buste.