Kremuzio

Un materiale che si chiama avorio non è solo un colore, ma si tratta di ossa che appartenevano ad un animale intelligente, con una coscienza, memoria, affetto, forza e bellezza. Per averlo si ammazzano gli elefanti, che non sono solamente animali.

30 anni portati bene, abituato a giocare con i bambini in quel villaggio nel parco in Tanzania, quello da cui partono i safari, Costantino viveva là ed era buono.

Un giorno lo vedono arrivare al villaggio pieno di ferite e ricoperto di sangue. Il suo sangue. Costantino era tornato per morire laddove era stato per 30 anni felice, nel suo villaggio. Ed il suo villaggio ha subito cercato di curarlo, ma non ce l’ha fatta. Altri uomini gli avevano sparato per rubargli le zanne, magari gli stessi guardacaccia che di giorno lo proteggono e di notte sparano pagati dagli schifosi commercianti d’avorio cinesi e giapponesi, che per pochi dollari convincono gente disperata a togliere dal mondo esemplari di rara bellezza per un misero paio di ossa. Queste verranno trasformate in oscene statuette o vergognosi oggetti d’arredamento per mentecatti. Magari sono gli stessi che ancora si ostinano ad indossare pellicce.

E forse costoro non hanno mai visto un elefante, la sua regale possanza, forza, potenza, bellezza ed intelligenza. Forse quando vedono i documentari sull’Africa cambiano canale, ma pagano per ossa dello stesso animale morto. Vergogna.

Costantino si fidava degli umani, ci era cresciuto in mezzo agli uomini e sapeva che pur essendo piccoli e fragili, gli volevano bene e lui voleva bene a loro. Ma non è servito. I bracconieri agiscono la notte e sparano ed uccidono. Uomini in cerca di denaro facile, che camminano sopra quanto di bello ci sia, solo per soldi. E non parlatemi di caccia grossa. Infame vigliaccheria. Costantino si fidava degli uomini, ed anche quando è stato tradito da essi, non è andato nel mitico cimitero degli elefanti, è tornato al villaggio dove era cresciuto, dove viveva, dove aveva i suoi amici. Non importa se erano umani anche loro, dello stesso genere che lo stava uccidendo. Forse si sentiva umano anche lui, e magari nel suo cervello aveva cancellato quel pensiero di morte che lo stava portando, per istinto, a compiere l’ultimo viaggio da solo. Si sentiva umano, e forse era qualcosa di più che umano. Chissà se aveva perdonato lui, con la sua umanità elefantina. Chissà se aveva capito il vero squallido motivo dell’agguato.

Ma gli altri elefanti ora sanno che non possono più fidarsi, e capiscono che la presenza di un fucile può significare la loro fine, ed hanno capito la loro forza. Una turista è stata uccisa da loro, l’anno scorso in Tanzania. Avevano visto un fucile e si erano difesi attaccando: un’azione tipica degli umani. Legittima difesa. E quell’incidente è stato solo uno, il più clamoroso, di tanti altri.