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La coalizione dei volenterosi, o qualcosa del genere, l'aveva chiamata W Bush quando otto anni fa diede inizio alla prima guerra planetaria del nuovo millennio. Ora ne siamo tutti coinvolti, gli obiettivi non sono stati raggiunti, i talebani controllano l'80% del territorio (fonti intelligence USA), non si possono tenere libere elezioni (fonti ONU), i presunti responsabili degli attacchi dell'11 settembre continuano ad apparire regolarmente sui media.

L'Italia è dentro fino alla testa in questa guerra sporca. Mentre plotoni di psicologi prendono in consegna le famiglie dei militari morti sul campo per evitare che facciano scenate in pubblico e si strumentalizzano i loro figli, molti si chiedono cosa ci stiamo a fare in Afghanistan. Almeno tre le ragioni possibili:

• molti in Afghanistan parlano di giacimenti di uranio nel deserto della provincia meridionale di Helmand, il cui controllo e sfruttamento sarebbe al centro di un'aspra contesa tra forze britanniche e statunitensi;
• nel 2002 viene ripreso un vecchio progetto (1996) della compagnia petrolifera statunitense Unocal (per la quale lavorava Hamid Karzai, attuale presidente afgano) di costruire una condotta lunga 1.680 chilometri per portare il gas turkmeno di Dauletabad fino in Pakistan attraverso l'Afghanistan occidentale;
• infine, l'Afghanistan ha la sfortuna di trovarsi nel cuore del continente asiatico, in una posizione strategica che consente a chi lo controlla di monitorare da vicino tutte le potenze nucleari della regione, Cina, Russia, India e Pakistan, e di completare l'accerchiamento dell'Iran, che in caso di guerra con gli Usa si troverebbe a fronteggiare un attacco su due fronti: quello iracheno e quello afgano.

Se invece vi fosse qualcuno interessato a chiudere l'inferno per il popolo afgano sarebbe interessante analizzare la proposta avanzata dalla Cina, Il commento è attribuito a Li Qinggong, vicesegretario del China Council for National Security Policy Studies, è lecito quindi supporre che rappresenti una sorta di posizione ufficiale cinese. Peacereporter la sintetizza in alcuni punti:

• per promuovere la riconciliazione, gli Stati Uniti devono arrestare la propria azione militare;
• la riconciliazione deve avvenire tra governo afghano, talebani e i "signori della guerra", cioè gli attori principali (Usa eclusi) del conflitto;
• il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, su pressione dei tre membri europei, potrebbe stendere una roadmap per la questione afghana;
• in assenza degli americani, è necessaria una missione di peacekeeping per l'Afghanistan.

Ma questo vorrebbe dire lasciare militarmente l'asia centrale. C'è qualcuno disposto a farlo?