Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

Messaggi di Marzo 2012

C come cioccolato

Post n°582 pubblicato il 31 Marzo 2012 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Da piccola lo rubavo a mio padre. Lui ne teneva una scorta segreta nel cassetto del comodino. Lo mangiava di notte, non si faceva vedere. Io l'avevo scoperto per caso, stavo cercando Topolino nuovo. Nascondeva anche quello, ma solo fino a che non l'aveva letto lui, poi ce lo passava. Quando uscivano la sera - spesso andavano al cinema o a giocare a carte, aspettavo che la Teresa spegnesse la luce, aspettavo che dormissero tutti e entravo in camera senza fare rumore. C'era quell'odore che sapeva di mamma, se mi concentro posso quasi sentirlo per un attimo, borotalco, acqua di rose più qualcosa che non so definire, forse l'ammorbidente o l'appretto con cui venivano stirate le lenzuola, era un odore che si sentiva solo lì, non ce n'era traccia nel resto della casa. Chiudevo la porta e accendevo l'abatjour  col paralume rosa. Aprivo il cassetto e guardavo per ricordarmi come erano messe le cose. Erano tutte tavolette svizzere, le andavano a prendere apposta a Chiasso perché erano più buone, anche le sigarette ma quelle perché costavano meno. Ne cercavo una già aperta, possibilmente fondente, ne prendevo una fila intera per non far capire. La cacciavo in bocca e poi rimettevo tutto a posto, la stagnola e la carta ben ripiegata sotto. La mandavo giù in fretta e tornavo a letto, il sapore mi rimaneva in bocca anche dopo che mi ero addormentata.

Mia nonna aveva vinto un uovo gigantesco alla riffa in qualche negozio sotto casa. Era alto come me e il cioccolato era spesso un centimetro. La sorpresa era deludente ma il cioccolato tantissimo, chili e chili. Ne metteva un po' di  pezzi dentro una marmitta di cristallo tutta intagliata, una delle poche che è toccata a me ma non la uso mai, ho paura che si rompa. La teneva su un centrino in mezzo al tavolo e io ogni tanto smettevo di giocare sul tappeto e andavo a sceglierne un pezzo di una forma che mi piacesse, stavo lì a ravanare fino a che non ne trovavo uno bello: non erano mica tutti uguali. Quando è arrivata l'estate l'ha messo in frigo perché fuori diventava molle, ma dentro diventava troppo duro, non riuscivo a morderlo. Mangialo col pane! mi diceva, che fai merenda. Col pane non c'è gusto.

A un certo punto ho cominciato a mangiare i boeri con dentro il liquore. Era per consolarmi delle mie pene d'amore. Io e la Giusi passavamo davanti alla seconda C dove c'era uno che mi piaceva. Se si voltava dalla nostra parte scappavo via, se non lo vedevo perché era rimasto in classe o era assente diventavo triste e andavo al bar a comprare i boeri. Ne mangiavo anche quattro o cinque uno dietro l'altro e di notte mi riempivo di puntini rossi che poi mi grattavo a sangue. Mi era venuta un'allergia, o un'intolleranza o forse erano fatti di robaccia, non era cioccolato vero, forse era un surrogato, difatti mi veniva solo coi boeri. Io li mangiavo lo stesso ma mi sentivo in colpa.

Quando il mio moroso era militare mi portava a casa dei mattoni grossi e spessi che c'erano dentro la razione k, glieli davano per andare in trasferta a fare le marce. Sembravano pezzi di lego ma molto più grossi, di cioccolato fondente nero e durissimo, impossibile da addentare, non si scalfiva neanche. Lo rompevamo col martello e dopo aver mangiato tutti i pezzetti e le schegge mi leccavo le briciole, mi leccavo anche il martello. A lui fondente non piaceva, me lo mangiavo tutto io. Mi portava anche il cordiale, che erano sacchettini trasparenti con un liquido ambrato, molto alcolico, ma era imbevibile, sembrava profumo. A lui piaceva il cioccolato bianco e il burro di cacao. La prima volta che me l'ha detto non ci credevo che si potesse mangiare. Quando era piccolo si intrufolava nella fabbrica di medicinali dove lavorava suo padre, c'erano dei barattoli di burro di cacao al naturale che usavano come base per fare le supposte, lui ne rubava dei pezzi enormi e li portava in cortile per i suoi amici, dice che era buonissimo, come il cioccolato bianco ma meno stucchevole perché non era zuccherato.
Finito il militare comprava delle stecche grandi con le nocciole, le mangiavamo per tenerci su mentre studiavamo di notte ma erano al latte, non mi piacevano tanto. Adesso il cioccolato con le nocciole lo fanno anche fondente, adesso fanno un sacco di cose che noi nemmeno ci sognavamo.

Mi piacerebbe procurarmi degli stampini per fare i cioccolatini. Si scioglie a bagnomaria e volendo si possono aggiungere pezzetti di scorza d'arancia candita, o noci, mandorle, uva passa imbevuta di grappa, qualsiasi cosa ti venga in mente come farcitura, perfino il peperoncino - ma senza esagerare. Si potrebbe anche fare a meno degli stampini, dandogli la forma con un cucchiaino sulla carta da forno, però vengono brutti, c'è meno soddisfazione. A Natale facciamo i biscotti a forma di abete e li decoriamo col cioccolato fuso, altro che pan di stelle. La cosa più bella è leccare la pentola, alla fine.

Il testo partecipa all'EDS Il nome della cosa come anche :

 

 
 
 

EDS Il nome della cosa

Post n°581 pubblicato il 29 Marzo 2012 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Le cose sono le cose oppure, detto come una che se la tira, il correlativo oggettivo.

Qui nel mio blog ho usato a volte un tag apposito, le cose sono le cose, per mettere insieme un tot di raccontini che sono partiti da un oggetto materiale qualsiasi e, nel migliore dei casi, sono arrivati a esprimere anche altro, spesso oltre le mie intenzioni. Il bello di questo gioco è che i lettori ci hanno visto molto di più di quello che ci avevo messo, ma pure io, alla fine.

Regole:

- Scrivi un raccontino sul tuo blog che abbia a che fare con uno o più oggetti materiali di qualsiasi genere o specie: valgono anche cose inventate, zombie, creature soprannaturali o fantastiche
- Quando hai finito vieni qui a dirmelo
- Non farla troppo lunga, finiamo entro lunedì 2 aprile alle 22,30.

- Ah, dimenticavo: il nome della cosa deve cominciare per C. (Troppo facile se no, eh.)

Il resto come al solito: se non hai un blog o ce l'hai ma non vuoi che lo sappiano in giro, mandami il racconto via mail che ci mettiamo d'accordo.

 
 
 

Sinistralità, antecedenza e priorità alfabetica

Post n°580 pubblicato il 27 Marzo 2012 da LaDonnaCamel
 

La fine della stradaSoprattutto, agite impulsivamente; non lasciatevi incastrare dalle alternative, o siete perduto. Non siete così forte. Se le alternative sono una di fianco all'altra, scegliete quella di sinistra; se si susseguono nel tempo, scegliete la prima. Se non si può applicare nessuno di questi criteri, scegliete l'alternativa il cui nome comincia con la lettera più vicina all'inizio dell'alfabeto. Questi sono i principi di sinistralità, antecedenza e priorità alfabetica - ce ne sono altri, e sono arbitrari ma utili.

Ho preso questo pezzetto da La fine della strada, un romanzo di John Barth che avevo lì da un po' di anni e che mi si è buttato in mano da solo, mi ha pregato di leggerlo e così ho fatto, rassicurata dalla quarta di copertina che mi prometteva "è il romanzo meno "barthiano" di John Barth: alla tendenza barocca, sperimentale e metanarrativa che contraddistingue la sua opera, qui si sostituisce infatti uno stile asciutto e lineare dallo straordinario mordente." (*)
Che poi, non è che io aborra la tendenza metanarrativa e sperimentale in sé, solo che mi ero imbattuta in - anzi, a dirla tutta ero stata abbattuta da -  un racconto di quel genere, dove appena possibile veniva distrutto tutto quello che nella trama era stato costruito fino a lì per ricordare al lettore che quello non era che un racconto e mi era bastato.

La fine della strada a quanto pare è un romanzo tradizionale ma abbastanza fuori di testa da tenermi lì per vedere come se la gioca. C'è però una cosa che mi infastidisce un po': i personaggi si danno del voi. Questo è dovuto alla traduzione datata, ho pensato, il romanzo è del 1958. E però, accidenti, il © del traduttore, Aldo Buzzi, è del 2004, non vedo il motivo. In ogni modo, sono circa a metà e non ho ancora letto la prefazione, magari un motivo c'è.
Ti farò sapere.

 

(*)Questa frase è stata lasciata volontariamente in sospeso.

 
 
 

L'acqua

Post n°579 pubblicato il 23 Marzo 2012 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Ogni giorno c'è la giornata mondiale di qualche cosa: oggi per esempio è la giornata dell'acqua e se non ci fosse feisbuc non lo saprei neanche. Una volta c'era il calendario con tutti i santi, adesso abbiamo i nostri santini laici e va bene, serve a sensibilizzarci su problemi che magari non ci faremmo caso. Che poi l'acqua è importantissima, per carità, lo è tutti i giorni - come dico ogni otto marzo a chi mi fa gli auguri.
Però. Ho come l'impressione che più commemoriamo e meno concretamente operiamo.
Mah. Non so nemmeno cosa farci. Anzi sì, banalmente, ricito:

Ci sono due giovani pesci che nuotano  e a un certo punto incontrano un pesce  anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: - Salve, ragazzi. Com’è l’acqua? -
I due giovani pesci nuotano un altro po'’,  poi uno guarda l’altro e fa:  - Che cosa cavolo è l’acqua?"

(David Foster Wallace, Questa è l'acqua, trascrizione del discorso per il conferimento delle lauree tenuto al Kenyon College - 21 maggio 2005, Minimum Fax)

 

Edit: la Donna Camél è sempre sul pezzo, veloce come una saetta: era ieri la giornata dell'acqua!

Oggi è la giornata mondiale della meteorologia, domani 24 marzo, si celebra la giornata mondiale contro la tubercolosi, il 25 marzo la giornata mondiale del teatro e il 26 quella della lentezza: mi porto avanti, era questa che avrei dovuto commemorare.

 

 
 
 

Quell'uomo qualunque

Post n°578 pubblicato il 19 Marzo 2012 da LaDonnaCamel
 

 

 

(Però non affondare se si può in nessuna passione no, io non può)

 
 
 

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