Creato da giovannaferrari_1988 il 06/10/2014
 

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I buchi neri che mettono alla prova la relatività

Post n°21 pubblicato il 26 Agosto 2015 da giovannaferrari_1988

 

Nei cent'anni successivi alla sua formulazione, la teoria della relatività di Einstein è stata messa alla prova da numerosi test sperimentali, superandoli tutti. Ma questi esperimenti sono stati eseguiti in condizioni di gravità relativamente debole. I ricercatori hanno così iniziato a domandarsi se la teoria può descrivere l'universo anche in condizioni estreme, come quelle che si verificano nelle regioni attorno ai buchi neri. Uno studio pubblicato da poco su "Physical Review D" suggerisce un modo per raggiungere questo obiettivo verificando i limiti della teoria: se la relatività generale smette di valere in prossimità dei buchi neri, sostengono gli autori dell'articolo, gli effetti potrebbero essere rilevati nei raggi X emessi dalla materia che viene inghiottita dai buchi neri.

Secondo la relatività generale, il fenomeno che sperimentiamo come forza gravitazionale è il risultato della curvatura dello spazio-tempo (una combinazione delle tre dimensioni spaziali con la quarta dimensione temporale) attorno alle masse. Quanto più un oggetto è denso, tanto più deforma la struttura dello spazio-tempo e tanto più è intenso il suo campo gravitazionale.

Attorno a oggetti come i buchi neri, resti di stelle massicce esplose, così compatti che neppure la luce può sfuggire alla loro attrazione gravitazionale, lo spazio-tempo è fortemente distorto. Per formulare una previsione di come lo spazio-tempo sia curvato attorno ai buchi neri, i fisici usano le leggi della relatività e il cosiddetto teorema no-hair, o teorema dell'essenzialità, secondo cui i buchi neri sono definiti da due sole grandezze: massa e rotazione. In termini tecnici, la curvatura è denominata soluzione di Kerr.

Provare che la soluzione di Kerr fornisce un'accurata descrizione dello spazio-tempo in prossimità di un buco nero mostrerebbe che la relatività generale vale anche in ambienti con una gravità estrema. Ma finora nessuno è riuscito a provare la correttezza della soluzione di Kerr. Idealmente gli astrofisici dovrebbero registrare il moto di un oggetto mentre viaggia nella regione attorno a un buco nero per caratterizzare la curvatura dello spazio-tempo. Alcuni buchi neri però misurano solo diversi chilometri di diametro, una distanza assai piccola su scala cosmica: in questo momento non è possibile tracciare singoli oggetti che si muovono in uno spazio così limitato a distanza di anni luce.

 

 

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Commenti al Post:
sannicola_78
sannicola_78 il 27/08/15 alle 18:35 via WEB
I buchi neri sono stelle collassate sotto il peso della propria gravità. Per la relatività generale, cioè per la fisica elaborata da Einstein nel 1915, il campo gravitazionale è così intenso che qualsiasi cosa ci caschi dentro non riesce più a uscirne: nemmeno la luce. Per questo si dice che il buco è "nero". Stephen Hawking, sfidando Einstein ha recentemente affermato che dobbiamo cominciare a pensare che i buchi neri non siano così neri come sono stati dipinti. Per molti scienziati ormai i buchi neri non sono più quei pozzi senza fondo pronti a inghiottire qualsiasi cosa si avvicini. Anzi, <<forse se ne può persino uscire dalla'altra parte>>, ha affermato Hawking. La chiave di tutto è nel destino dell'informazione riguardante quello che ci è finito dentro. Per decenni Hawking e colleghi hanno sbattuto la testa sull'impossibilità di conciliare la definizione di buco nero della relatività generale con i capisaldi della meccanica quantistica. Quest'ultima si occupa del microcosmo, cioè delle particelle, e funziona tanto bene in quest'ambito, come la relatività generale col macrocosmo. Però, quando si cerca di metterle insieme, per esempio per spiegare cosa succede agli oggetti (che sono costituiti da particelle) quando sono inghiottiti da un buco nero, emergono pesanti problemi. Per la relatività generale tutto si perde all'interno del buco nero, e non si sa dove vada a finire. Ma, per la meccanica quantistica non è possibile che si perdano le informazioni, per cui il paradosso è aperto. Hawking ha a lungo sostenuto che il buco nero è "nero" davvero: mangia tutto e alla fine emette una radiazione indistinta da cui è impossibile risalire alla composizione della materia inghiottita. Poi ha cominciato ad ammorbidire le sue convinzioni e dieci anni fa ha dichiarato di aver trovato un modo per salvare l'informazione. Pochi giorni orsono ha completato il suo percorso di ricerca affermando che l'informazione resterebbe in qualche modo aggrappata ai margini del buco nero, al di qua del cosiddetto "orizzonte degli eventi", per poi "stamparsi" sulla sua radiazione.
 
giovannaferrari_1988
giovannaferrari_1988 il 27/08/15 alle 21:43 via WEB
Buon commento, Giovanni!
 
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