Post N° 115

Post n°115 pubblicato il 25 Aprile 2008 da Mc.Wire

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E di nuovo la breccia. Fili di vetro s'intrecciano attorno ad un corpo
scuro; strati trasparenti, nello spessore si distorcono colorandosi
nel breve passaggio. Un gioco di riflessi rifrange la luce, avvolge i
pensieri, dona movimento alle ombre fugaci di un sole che passa,
strappa alla penombra di vallate profonde il suono del torrente che
ha scavato quel dirupo. Il sonno caduto e una miriade di frammenti
colorati corrono tintinnanti sul pavimento illuminato. Li osservo
mentre si fermano nelle scanalature delle pietre, tra i raggi di sole
che a sprazzi attraversano le persiane socchiuse, una nuova forma si
dipana dall'ombra, la riesco ad intravedere sovrapponendosi al
disegno simmetrico e ordinato del pavimento. Pezzi di una scacchiera
sono pronti alla prossima mossa, li sento mormorare una direzione e a
cascata vedo l'immediato come lago fragoroso laggiù in fondo,
oltre la nube d'acqua per accogliere altri passi.


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Post N° 116

Post n°116 pubblicato il 02 Maggio 2008 da Mc.Wire

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Grigia la saggezza, affonda le sue radici nella mente aperta alla luce del mondo. Sono i bagliori argentati del sole sul mare vicino al tramonto, una freccia sospesa tra le onde scagliata all'orizzonte infuocato in un baluginare di stelle. Estreme propaggini del buio profondo illuminate per un attimo dalla luce rossa di un sole poco prima del sonno. Sono le rare perle strappate a conchiglie dipinte, celate nella penombra del fondale, sulla sabbia del tempo, una brama di bellezza che attanaglia lo spirito inquieto, spingendo le membra ad inabissarsi con tenacia tra i taglienti coralli e scavare al limitare delle luce morente nell'ombra quel che di più prezioso custodisce il mare. In quest’affannosa ricerca nei silenziosi luoghi d'ombra della consapevolezza, quando finalmente troviamo quel chiarore nascosto alla vista, dalla nera distesa che ammanta la conoscenza, riemergono per respirare finalmente, come sirene che dalle tenebre emergano verso l'azzurro del mare, inebriando.

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Post N° 117

Post n°117 pubblicato il 11 Maggio 2008 da Mc.Wire

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Fuochi artificiali in lontananza esplodono silenziosi oltre il vetro chiuso. Un arcobaleno freddo rischiara a tratti la notte rinchiusa nelle pareti bianche. Quanti sono i sorrisi strappati dai quei colori, quanti sogni accenderà l'eco di quei colorati bagliori. Il crepuscolo di una stagione mentre s'inoltra in un buio accecante, fragorose luci a rassicurare i viandanti, offuscando il chiarore d'occhi, un faro visibile nella più violenta tempesta. Effimere luci conducono per vie cieche, mentre alti muri proteggono un io ormai intontito dalla vista del mare, dalle sue onde come dai fiori dei campi. Un'autostrada veloce scevra di limiti e senza uscite visibili incita alla fretta, a percorrerla d'un solo fiato, e vederne il termine sul bordo di un dirupo scosceso troppo vasto per costruirvi ponti, ma non per immaginarli mentre congiungono tutto.

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Post N° 118

Post n°118 pubblicato il 15 Maggio 2008 da Mc.Wire


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La stanza è buia, solo una finestra socchiusa lascia intravedere il muro di mattoni segnati dal grigiore del tempo, un intricato nido dove le intemperie hanno lasciato giorno dopo giorno, tracce indelebili del loro passaggio. In alcuni punti la patina di colore è stata trascinata a terra dal vento e dalla pioggia, facendo intravedere il rosso ricordo delle fiamme che hanno indurito la terra, dentro fornaci arroventate dalla fatica dell'uomo, cicatrici che nessun tempo e nessun luogo potrà mai sanare. Di notte quei mattoni feriti si animano della vita riflessa, ombre furtive giganteggiano deformi tra crepe saettanti e mute. Inconsapevole ospiti delle ombre scure, di oggetti ormai familiari e di voci sconosciute di cui non afferro il senso, sfocate nella distanza che priva di significato i sussurri che il vento porta.

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Post N° 119

Post n°119 pubblicato il 17 Maggio 2008 da Mc.Wire

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Dal pontile di pietra guardo le onde mentre sinuose corrono verso la spiaggia infinita, sono perturbazioni nate oltre l'orizzonte che si propagano attraverso lo spazio nel tempo loro concesso. Camminano sulle acque senza apparente motivo se non essere viste da chi vuole guardare, spinte dal vento che al largo, molto oltre la curva disegnata a dividere cielo e mare, le ha lasciate andare. Affondano ad ogni passo nell'ombra profonda di una gola che non sa parlare ma solo scorrere, per poi risollevarsi in spumeggianti cime innevate quando sentono il fondo così vicino da poter essere toccato se solo volessero o ancora quando il vento è teso e con l'immane forza di un respiro cerca di strappare al culmine del moto e tutto si ferma sospeso nell'estasi di un attimo, quella sottile patina che non è più mare ma non ancora cielo. Oscillare continuamente tra luci sfavillanti e fredde ombre, il susseguirsi dei giorni come delle stagioni, il sovrapporsi caotico di spinte aspirazioni sogni e desideri, di vento. Questo movimento faticoso, l'eco di una voce che si propaga amplificandosi nel tempo. Vai, disse, quel primo anelito caldo di aria e rugiada appena posata, diventa; e senza sapere mossi sulle acque i primi leggeri passi. Lunghe onde corrono veloci quando la profondità è incolmabile e non si conosce il cielo ma in vista della costa il verso dei gabbiani attrae l'udito e poi lo sguardo verso quel volo libero senza apparente fatica, mentre gli altri sensi ancorati sotto il pelo dell'acqua ascoltano il silenzio dei pesci galleggiare sotto quella pellicola sottile che separa i densi liquidi che scorrono caldi e le piccole dune che rigano il fondo di sabbia, perché l'acqua è densa e non permette di ergersi sopra il mare mentre l'aria è sottile e rarefatta e non contiene abissi in cui cadere, per questo ogni tanto respiro.

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