Creato da greppjo il 17/09/2009

libertàsindacale

testi di cultura,attualità,sindacale e politica italiana ed internazionale

 

 

« Carniti: Promemoria da M...Il cortonese Marco Manci... »

Carniti: Promemoria da Massa Martana - 4

Post n°169 pubblicato il 02 Settembre 2015 da greppjo
 
Foto di greppjo

PROMEMORIA SU ALCUNI PROBLEMI PRIORITARI PER IL SINDACATO

(4 - seguito)

di Pierre Carniti

3. Il lavoro che manca.

Il problema della disoccupazione, della mancanza di lavoro, è diventato il più acuto e drammatico dal punto di vista politico e sociale. Ciò che preoccupa è che per ora non si intravede alcuna concreta soluzione. Nell’antichità il lavoro era riservato agli schiavi. In Europa fino all’arrivo dei tempi moderni (sulla scia della Riforma) la convinzione prevalente era che il lavoro comportasse una condizione avvilente e  perciò che non si potesse essere pienamente uomo libero se, in una certa misura non si fosse in grado di potersi sottrarre. Quindi è solo la modernità che fa del “lavoro utile” il caposaldo di tutte le virtù. Sicché nella società moderna essere senza lavoro o rischiare di perderlo determina non solo una condizione economica penosa, ma anche una esclusione, una perdita di identità personale, familiare, sociale. Nel nostro tempo essere disoccupati, essere senza lavoro, non significa necessariamente morire di fame. Anche se l’aumento della disoccupazione comporta un parallelo aumento della povertà relativa. In ogni caso determina sempre una esclusione. Un  affievolimento della appartenenza alla comunità. Un indebolimento dei diritti di cittadinanza. Così che mentre ancora nel medioevo il lavoro era  considerato una condizione avvilente, oggi lo è diventata la mancanza di lavoro. Questo spiega perché la disoccupazione, cui ora si somma anche una crescente insicurezza per il lavoro, sono diventati i problemi cruciali del nostro tempo.

Dopo la grande crisi del 1929, che ha prodotto il crollo dell’occupazione ed una dilagante miseria, la politica, non senza contrasti, è riuscita a trovare il bandolo della matassa. Facendo proprie le teorie keynesiane si è convinta che la soluzione andava ricercata nella caduta dei consumi e degli investimenti, che perciò dovevano essere rianimati con interventi pubblici in grado di produrre una crescita del lavoro e dei redditi. A partire dagli Stati Uniti, ha fatto quindi scelte conseguenti. Purtroppo dopo la crisi del 2008 la politica In Europa e soprattutto in Italia è rimasta paralizzata, incapace di reagire. Perché prigioniera dei cascami delle idee liberiste: privatizzazioni, tagli alla spesa, al deficit, al debito. In buona sostanza politiche restrittive e di austerità, mentre  al contrario si sarebbero dovute attivare misure tendenzialmente espansive. Per quel che ci riguarda il risultato è stato che tra tutti i paesi europei della zona euro, esclusa la Grecia, l’Italia è quella che è andata peggio, per la più stentata crescita del reddito con l’effetto di moltiplicare la perdita di posti di lavoro.

Illudendosi di riuscire ad invertire il corso delle cose il governo ha ritenuto che bastasse limitarsi ad un bricolage di politiche del lavoro. Le quali però, come non era difficile prevedere, non sono riuscite a spostare di una virgola i termini del problema. L’aspetto curioso è che, malgrado l’assenza di risultati, questo percorso pare destinato a continuare. Infatti, iniziato a marzo con il primo decreto legislativo che istituiva il contratto tempo indeterminato a tutele crescenti non è ancora finito. Manca infatti il via libera definitivo degli ultimi quattro decreti del Jobs act. Tra l’altro dovrebbe essere completato l’iter per il decreto sulle politiche attive che istituisce l’Agenzia nazionale ed il contratto di ricollocazione per i disoccupati. Da approvare ancora anche il riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro (la cassa integrazione) ed il decreto sulle semplificazioni con la contestata revisione della disciplina sul controllo a distanza sui lavoratori. Anche se queste misure verranno realizzate in tempi brevi di una cosa si può essere certi: il lavoro non è destinato ad aumentare.

Poiché i risultati rimangono irrimediabilmente deludenti e le prospettive alquanto sconfortanti, nella maggioranza parlamentare alcuni stanno escogitando un’altra trovata. Si tratta del piano per sostituire gli sgravi sul lavoro in scadenza a fine anno con altri altrettanto convenienti per le aziende. Soprattutto strutturali. L’idea infatti è di tappare con un “per sempre” gli sconti offerti a chi assume oggi con il Jobs act tramite il contratto a tutele crescenti. Dunque con un tempo indeterminato (depurato dall’articolo 18). Il progetto consiste nel tagliare di sei punti il cuneo contributivo. Tre punti a carico del datore di lavoro e tre del lavoratore. Semplice, permanente e senza oneri per lo Stato. Se non quelli transitori per tamponare nel breve periodo le esigenze di cassa dell’Inps. Il punto è che poiché si parla di contributi previdenziali, non coprire oggi con risorse pubbliche questo taglio, come accede con il bonus in vigore, significa inesorabilmente avere pensioni più magre domani. Per questa ragione, sulla base dell’ipotesi formulata dai consiglieri economici del governo, al lavoratore sarebbe lasciata l’opzione di investire i suoi tre punti in meno nei fondi di pensione integrativi. O di incamerarli in busta paga. Però tassati. Mentre il tagli degli altri tre punti (quelli a carico delle imprese) si tradurrebbero in una diminuzione dei costi ed in una decurtazione secca dell’assegno pensionistico futuro. Senza se e senza ma. Assegno previdenziale calcolato tra l’altro per intero con il metodo contributivo. E perciò tenuto conto dei percorsi lavorativi dominanti, già di per sé ridotto all’osso. Insomma, tradotta in soldoni, soprattutto per i giovani la prospettiva rischia di diventare questa: senza lavoro oggi e sostanzialmente senza pensione domani. Inutile sottolineare che con tali espedienti, con queste scappatoie, la questione della mancanza di lavoro è  destinata a rimanere irrisolta per diversi anni a venire. La conclusione è che, mentre in passato erano le guerre che minacciavano la sopravvivenza e comunque il futuro per una intera generazione oggi è la disoccupazione e la sempre più incerta tutela della vecchiaia. Questo però non è un destino ineluttabile. Ci sono infatti delle cose che possono e dovrebbero essere fatte.

Il dato  da cui partire è che siamo in una situazione (che per il Fondo Monetario andrà avanti per i prossimi 15 – 20 anni) nella quale non c’è abbastanza lavoro per tutti coloro che chiedono di poter lavorare. La prima cosa da fare quindi è cercare di migliorare la crescita, allo stato del tutto insufficiente. La questione non è certo semplice, considerati i vincoli economici interni ed esterni. Tuttavia, in proposito, si sconta anche un serio deficit di elaborazione culturale e politica, in grado di analizzare concretamente i termini dei problemi e cercare di elaborare delle risposte pratiche che siano in grado di fare fronte alla sfida che abbiamo davanti. Al riguardo Cgil, Cisl ed Uil potrebbero dare un contributo mettendo unitariamente al lavoro un gruppo di giovani e capaci economisti per formulare indicazioni su come, nella situazione data, si può accrescere la domanda di consumi interni e di investimenti. Che, malgrado l’attivismo (soprattutto verbale) del governo continuano a languire.

Il  secondo aspetto sul quale intervenire, tenuto conto che il lavoro manca e non ci sono alle porte prospettive realistiche di piena occupazione, è una diversa ripartizione del lavoro disponibile. I modi per realizzare un simile obiettivo sono molteplici. Si va dalla riduzione degli orari in funzione di una diversa organizzazione del lavoro. Alla istituzione del part-time volontario e reversibile. Che, accompagnato da misure appropriate di sostegno, può coinvolgere un numero non piccolo di lavoratori. Inoltre, modificando la legge Fornero, andrebbe introdotto il pensionamento flessibile. Oltre a ciò si dovrebbe finalmente varare il “congedo parentale” ad ore. Introdotto nel 2012 in attuazione di una direttiva del 2010 rimasta però lettera morta. Reintrodotto nel 2015, ed in teoria in vigore dal 25 giugno, a tutt’oggi è ancora inapplicabile perché (cosa da non credere!) manca una circolare Inps, che fin’ora non si è riusciti a vedere. C’è infine il fenomeno dei cosiddetti “disoccupati scoraggiati”. Sulla base dei dati disponibili oltre il 10 per cento degli italiani tra i 15 ed i 24 anni dichiara di non studiare, di non lavorare, né di essere alla ricerca di un lavoro. Due terzi di questi giovani vivono al Sud. Non è escluso che molti facciano lavori irregolari, ma quando vengono intervistati dall’Istat dichiarano di non lavorare e di non cercare lavoro. Se è vero che parecchi di questi giovani in qualche modo sbarcano il lunario essi sono pagati poco e soprattutto vivono in una condizione di persistente illegalità, più esposti di altri ad incidenti, alla perdita di lavoro ed alla collusione con organizzazioni criminali. Questi dati vanno letti assieme ad altri per disegnare la triste condizione dei giovani del Sud d’Italia. La disoccupazione giovanile al Sud supera il 50 per cento. Un livello tra i più alti dell’Europa Occidentale. Assieme agli altri aspetti relativi alla situazione economica e sociale c’è il fatto che la scuola del Mezzogiorno prepara poco e male. Cosa rilevabile da tutti i test nazionali ed internazionali che si occupano  della qualità dell’istruzione scolastica.  Sicché, per “cambiare verso” alla condizione del Mezzogiorno, assieme ad indispensabili interventi pubblici (a incominciare dai trasporti e dalle comunicazioni) per collegare il Sud al resto dell’Italia e del mondo, è essenziale investire maggiori risorse nell’università, nella ricerca ed in generale nella scuola. Si è chiacchierato e si chiacchiera tanto di “buona scuola”. Nel Mezzogiorno questo deve significare scuola a tempo pieno. Cioè sia al mattino che al pomeriggio. Con l’obiettivo di migliorare la qualità dell’istruzione, soprattutto di offrire ai giovani una alternativa alla situazione attuale che li vede spesso bighellonare nell’impossibilità di darsi alcuna meta positiva.

Insomma, per fare del lavoro una priorità ci sono diversi interventi che dovrebbero essere attivati. A scanso di illusioni è bene dire subito che non ci si deve attendere immediati risultati miracolistici. Infatti, per correggere il corso delle cose e fare uscire l’Italia dall’immobilismo serve un impegno di lunga lena, che deve coinvolgere istituzioni politiche e sociali. A questo riguardo il sindacato ha ancora un ruolo decisivo da poter giocare. Inutile dire che per farlo deve mettere in discussione sé stesso anche per scongiurare il rischio di inevitabile burocratizzazione, le politiche che intende perseguire, i rapporti tra le organizzazioni che in mancanza di una strategia comune sono causa non secondaria della sua impotenza e paralisi. Questa è la strada obbligata per ricostituire la fiducia tra  lavoratori ed arrestare un declino, altrimenti irreversibile. In sostanza, per mettersi finalmente in condizione di essere all’altezza del suo compito.

Pierre Carniti

Agosto 2015 – Massa Martana

 

 

 

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

apungi1950acer.250unghieviolagreppjom12ps12amorino11amici.futuroieriDott.Ficcagliacassetta2orintersbaglisignoraradioincontriascoltoiltuocognatino1eterna47prefazione09
 

ULTIMI COMMENTI

CIAO SANDRA
Inviato da: Dott.Ficcaglia
il 29/10/2023 alle 20:46
 
Giuseppe Conte si dimette da Presidente del Consiglio per...
Inviato da: cassetta2
il 25/01/2021 alle 21:24
 
Pensavo: mandare avanti un Blog č davvero faticoso. Poi...
Inviato da: cassetta2
il 02/05/2020 alle 08:54
 
Sed fugit interea fugit irreparabile tempus
Inviato da: cassetta2
il 25/01/2019 alle 11:41
 
Ciao, molto carino il tuo blog, noi abbiamo un blog dove...
Inviato da: GothMakeUp
il 03/07/2017 alle 22:30
 
 

CHI PUŅ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963