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Giacomo Celentano- La Luce oltre il buio

Post n°39 pubblicato il 04 Febbraio 2017 da belatrix61

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Un libro che mi ha molto colpito ultimamente soprattutto per il nome dell'autore e per la storia che racconta. Una profondità e una spiritualità lì dove non te li aspetti."La luce oltre il buio. Il mio cammino nella Fede per vincere la depressione",  scritto da Giacomo Celentano nel 2012. Giacomo Celentano, figlio di Adriano e Claudia Mori.

"E' difficile far capire che stai male quando tutti ti credono nato con la camicia: bello, ricco e famoso" Scrive Giacomo

Il suo amore per la Musica e il fortissimo desiderio di cantare, affascinato dal mondo dello spettacolo e dal successo. Autore di testi e cantante con una carriera promettente. Nel 1989 ha gia' inciso il suo primo album Dentro il bosco e collabora con artisti famosi. Una notte arrivano come fulmini a ciel sereno, attacchi di panico, ansia e difficoltà respiratorie, con conseguente perdita di potenza e qualità della voce. Un dramma per una carriera da cantante. Una malattia psicosomatica che lo getta in una profonda depressione. Un lungo periodo buio e di smarrimento che lo porta ad intraprendere un tortuoso percorso di ricerca del senso della vita e del perche' accadono le cose e di ricerca di Dio. "Feci ordine nella mia esistenza e mi si chiarirono molte cose, tra le quali questa: Dio nel suo imperscrutabile disegno d`amore universale, ha un progetto di  salvezza individuale per ciascuno di noi, al di la'  dei nostri limiti, degli errori compiuti e dei nostri peccati". E ancora: "Mi trovai a vivere un nuovo percorso di vita che mi fece aprire gli occhi su un insegnamento di Gesu`:Mai disperarsi, perche' la disperazione e' la negazione della speranza e quindi non appartiene a Dio".La Luce oltre il buio non e' altro che la Divina Provvidenza. "La Divina Provvidenza opera secondo i piani misteriosi di di Dio attraverso fatti apparentemente casuali.Solo con la fede possiamo riconoscere il "farsi" del bene attraverso la trama inestricabile delle nostre esistenze".La preghiera, la Fede e un importantissimo  incontro :  quello con Katia che poi diverra' sua moglie  nel 2002. Un grande amore che lo salva e lo aiuta a rinascere. Anche lei cantante, anche lei fervida credente. In seguito Giacomo oltre a lavorare nell organizzazione di importanti programmi in Tv , ha continuato a scrivere testi ed e' tornato  a cantare anche con sua moglie. 

 
 
 

Frasi dai Libri - Lettere contro la Guerra - Tiziano Terzani

Post n°38 pubblicato il 31 Dicembre 2016 da belatrix61

Chi ama leggere sa che in tanti libri si trovano delle frasi che ci colpiscono e con le quali ci sentiamo in sintonia perchè ci rispecchiamo in esse. Oggi voglio citare una frase dello scrittore Tiziano Terzani :"Ci sono giorni nella vita in cui non succede niente, giorni che passano senza nulla da ricordare, senza lasciare una traccia, quasi non fossero vissuti. A pensarci bene, i più sono giorni così, e solo quando il numero di quelli che ci restano si fa chiaramente più limitato, capita di chiedersi come sia stato possibile lasciarne passare, distrattamente, tantissimi. Ma siamo fatti così: solo dopo si apprezza il prima e solo quando qualcosa è nel passato ci si rende meglio conto di come sarebbe averlo nel presente. Ma non c'è più".

Tiziano Terzani  - Lettere contro la Guerra  (2002)

 A me succede di pensarci. Non spesso, per fortuna,  perchè ho imparato che è meglio restare ancorati nel presente. Tentare di riportare alla mente anni della nostra esistenza è inconsistente quanto tentare di  stringere della sabbia tra le mani...in poco tempo il ricordo si disperde e resta il vano sforzo di domandarsi come abbiamo  vissuto decenni della nostra vita. Anni che  sembrano  passati  troppo velocemente , mentre allora, da giovani,  avevamo l'impressione che il tempo a nostra disposizione fosse  infinito...

 
 
 

Frasi dai Libri - Tutte le Donne di - Caterina Bonvicini

Post n°37 pubblicato il 31 Dicembre 2016 da belatrix61

 

"Camminare insieme, per esempio, è un dialogo. Come ogni dialogo muto, come ogni dialogo puramente fisico, ti mette di fronte a una verità anche quando non vuoi. Se ci fai caso, il tuo modo di camminare insieme a qualcuno dice tutto sulla relazione che hai con l'altro. C'è chi è troppo nevrotico e tende a stare sempre qualche metro davanti a te, anche se tu gli corri dietro. Chi si stanca e si ferma e si trascina e, tenendoti sottobraccio, ti frena. Chi si appoggia, magari senza accorgersene. Chi ti strattona sempre in qua e in là perché non sa andare dritto. E c'è chi ha il tuo stesso passo".

Tutte le donne di  - Caterina Bonvicini

Ecco un'altra frase tratta da un libro che mi colpisce per la sua semplice ma, efficace riflessione...

 
 
 

Dante e la figura femminile nella Divina Commedia

Post n°36 pubblicato il 26 Settembre 2015 da belatrix61

 

 

Quest'anno cade il 750°  anniversario della nascita del poeta Dante Alighieri padre della Divina Commedia considerata uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale, intrisa di una spiritualità cristiana nuova. Si sa, è un  viaggio allegorico che il poeta, vivo tra i morti, compie nei tre regni dell'aldilà, nei quali si proiettano il bene e il male del mondo terreno alla ricerca della salvezza della propria anima tra ragione e fede. Il poema inizia da una situazione piena di dolore e paura e finisce con la pace  della visione di Dio. E nonostante la lunghezza e complessità dell'opera, Dante ci dice fin dalle prime terzine, nell'introduzione, quelle più conosciute e famose, che sebbene l'inizio sia inquietante, la fine del viaggio e dunque dell'opera avrà invece una fine lieta. (..."Del ben ch'i' vi trovai)

 

«Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura
chè la diritta via era smarrita
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura,
esta selva selvaggia e aspra e forte,
che nel pensier rinova la paura!

Tant'è amara che poco è più morte;
ma per trattar d
el ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

Affronta il viaggio con la paura che la sua stessa anima sia  già compromessa sino a che Virgilio la sua guida spirituale, gli confesserà che ben tre figure femminili fin dall'inizio del viaggio occorsero in suo  aiuto proteggendolo per tutto il percorso. Tre donne benedette”, BeatriceS. Lucia ( Santa alla quale Dante era devoto) e la Vergine Maria. Dunque  il cammino di Dante procede, a sua insaputa, sotto  la protezione delle tre figure femminili. Non ci sono molte  figure femminili di rilievo che Dante incontra. Tra queste spicca Francesca da Rimini...La troviamo nel canto dell'Inferno nel primo girone, quello dei lussuriosi...Francesca da Rimini è il primo dannato con cui Dante scambia un dialogo.  Il poeta stesso soffre davanti alla sofferenza della ragazza perchè si sente egli stesso peccatore, in quanto capisce che la passione amorosa se lasciata all'istinto  porta l'anima a perdersi...così come accadde a Francesca già sposa di un Malatesta, che nutrì passione per Paolo, il fratello dello sposo. La sua famosa frase:

"Amore, ch'a null amato amar perdona, 

mi prese del costui piacere sì forte, 

che, come vedi, ancor non m'abbandona"

Che significa : "L' Amore non permette a nessuno, che lo nutra, di sottrarsi all’oggetto d’amore che si dimostra a sua volta innamorato..  Francesca dà la colpa all'Amore intendendo però la passione che offusca ogni ragione,e Dante si sente male al pensiero che lui stesso coltivò e scrisse dell' amore- passione e che nutrì un sentimento acceso per Beatrice, maritata ad un altro... e si rende conto a cosa possa portare un sentimento nobile come l’amore quando non  illuminato dall'intelletto: alla perdizione dell'anima. Dante  comprende come le diverse scelte nella vita possono cambiare la condizione dell’anima nell’aldilà, e lo aiutano a crescere interiormente lungo il suo cammino per essere pronto ad accogliere le parole della donna per eccellenza: l’amata Beatrice,  spiritualizzata dalla Fede, che si pone come modello di vita religiosa e di splendore mistico

 

 

 

 
 
 

Analisi investigative - Sherlock Holmes

Post n°21 pubblicato il 09 Giugno 2015 da belatrix61

 

L’intelletto raffinato e i poteri di osservazione che Sherlock Holmes usava per analizzare e risolvere i più grandi misteri del suo tempo sono leggendari. Nonostante affermasse la necessità di concentrarsi sui fatti durante una investigazione, le sue azioni mostravano spesso che considerava chiaramente sia la logica che l’intuizione partner eguali nel risolvere i misteri di fronte a lui. La storia del grande investigatore Sherlock Holmes  ha profondamente, e inaspettatamente, influenzato il pensiero scientifico moderno. Sembra incredibile ma, dopo la nascita di questo personaggio, nessun ricercatore, consciamente o inconsciamente, ha potuto fare a meno di confrontarsi, almeno una volta nella sua vita, con il metodo del grande detective residente al 221B di Baker Street. 

Il .suo autore: Sir Arthur Conan Doyle è un medico, laureatosi ad Edimburgo nel 1885. Sir Arthur Doyle si è ispirato per la creazione del grande investigatore, a un   medico suo professore ai tempi dell’università, Joseph Bell. Bell era certamente un medico di eccezionali capacità:  Fu un ottimo chirurgo, ma anche un rinomato medico legale. Indagò attivamente sugli omicidi commessi da Jack lo squartatore, il famoso serial killer dell’Inghilterra vittoriana.

L e azioni di Holmes sono quasi sempre guidate da una precisa ipotesi di lavoro, basata sui pochi dati inizialmente disponibili e sulle esperienze precedenti ed affinata man mano che procede nell'analisi delle prove oggettive  raccolte. Ma L'ipotesi di partenza si è, non a caso, in diverse occasioni dimostrata errata:  le investigazioni di Holmes sono tutt'altro che prive di false piste ed abbagli clamorosi. Quello del detective infallibile è pertanto un mito assolutamente da sfatare. Nel film “Sherlock Holmes” di Guy Ritchie, il grande investigatore  si becca un bicchiere di vino in faccia dall’adirata fidanzata di Watson perché, in una carambolesca prova di supposizioni, conclude che la ragazza fosse stata lasciata dal suo precedente fidanzato. In realtà il fidanzato era morto. Bicchierata meritatissima e grande prova di acume da parte del regista:il ragionamento deduttivo è ad altissimo rischio di errore e il percorso dell’investigatore è irto di difficoltà e richiede tempo, pazienza, verifiche e molte, molte prove. Il procedimento deduttivo viene condannato, con diverse formulazioni, dallo stesso Holmes in numerosi racconti: "È un errore gravissimo quello di formulare ipotesi prima di avere tutti gli indizi"; "È un errore capitale teorizzare prima di avere i dati. Senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, invece di adattare le teorie ai fatti "; "Dati! Dati! Dati! Non posso fabbricare mattoni senza l'argilla ("; "È un errore capitale formulare ipotesi prima di conoscere i fatti "; La tentazione di formulare ipotesi premature sulla base di dati insufficienti è la rovina della nostra professione" La presunzione in cui a volte cadeva  Sherlock Holmes è la stessa che Bacone imputava ad Aristotele: non è legittimo saltare da pochi dati di osservazione a grandi teorie generali fidandosi solo delle proprie capacità intellettuali. Nel linguaggio letterario Sir Arthur definisce questo metodo “deduttivo” (“Elementare, Watson”…). .In realtà non è così che Holmes arriva alla soluzione dei casi. Sia Bell che Sherlock Holmes partono da una serie di indizi per costruire una teoria. Successivamente, nella fase della deduzione, si costruirà un sistema sperimentale per verificare questa teoria riportando, con un meccanismo inverso, i dati ricavati dall’osservazione, alla teoria prodotta. Qui, nella finzione letteraria, è il momento in cui si “incastra” il colpevole mettendo alla prova le proprie ipotesi. Naturalmente, nei romanzi di sir Arthur le teorie che Holmes costruisce, spesso da minimi dettagli, sono inevitabilmente esatte.  

Un altro aspetto della maestria di Holmes sono le sue deduzioni più suggestive e sorprendenti  riguardanti le persone. Anche questa è una caratteristica presente nel professor Bell che Doyle trasferisce al suo personaggio. Il metodo di lavoro del professor Bell era tutto incentrato sul ruolo dell’osservazione. Sulla base dell'osservazione delle loro caratteristiche fisiche e del vestiario Holmes riesce a dedurre con assoluta precisione una quantità sorprendente di attributi: ceto sociale, professione, stato della relazione coniugale, malattie presenti e pregresse, capacità visive e molto altro ancora. Riesce inoltre a comprendere e a prevedere con buona approssimazione i loro comportamenti nelle più diverse situazioni "Mentre un singolo individuo è un enigma insolubile, quando è insieme agli altri diviene una certezza matematica. È impossibile predire il modo in cui agirà un uomo solo, mentre è invece possibile prevedere con esattezza cosa faranno un certo numero di uomini riuniti insieme.Infine, per il grande investigatore, guardare e osservare sono due attività nettamente distinte: nella prima possono eccellere tutti, in quanto non richiede alcuna capacità particolare. Osservare, invece, richiede l’abilità di saper cogliere i particolari e può essere affinata solo con l’abitudine e l’esempio

 
 
 

Markus Zusak- La Bambina che Salvava i Libri

Post n°20 pubblicato il 09 Giugno 2015 da belatrix61

 

 

Il titolo originale " La bambina che salvava i libri"  di Markus Zusak da cui è stato tratto il Film " Storia di una ladra di libri". Un libro che conquista. C'è un brano del libro che mi ha colpito e che voglio riportare: 

"La maggiorparte della gente non notava Hans Hubermann. Lo considerava una persona insignificante. Certo, la sua abilità di decoratore era eccellente. Il suo talento musicale era superiore alla media. In qualche modo, però, e senza dubbio avrai incontrato altri individui come lui, aveva la capacità di restare sullo sfondo persino se era il primo della fila. Era lì, ma non lo si notava. Non era considerato importante, nè particolarmente apprezzabile.

Tuttavia il suo aspetto insignificante induceva in errore. In lui c'era indiscutibilmente del valore, che non sfuggì a Liesel Meminger (talvolta, nella specie umana, il bambino è decisamente più acuto dell'adulto). Lei lo vide subito. 

I suoi modi.

La serenità che lo circondava.

Quando, la prima sera, Hans accese la luce nella squallida stanzetta del bagno, Liesel notò la singolarità degli occhi del suo padre adottivo. Erano fatti di bontà e d'argento. Di un argento soffice, liquido. Osservando quegli occhi Liesel comprese che Hans Hubermann valeva molto"

Talvolta chi ha un atteggiamento defilato e  una personalità schiva, riservata, di poche parole, può nascondere un grande valore intrinseco di umanità e delicatezza che solo chi va oltre la superficie può riconoscere a cominciare dal suo sguardo...

 

 
 
 

George Eliot

Post n°19 pubblicato il 09 Giugno 2015 da belatrix61

 

 

 

George Eliot: portavoce delle contraddizioni della società

 George Eliot, pseudonimo di Mary Anne Evans, da tutti ricordata come la scrittrice dell’epoca vittoriana. La ribellione nei confronti degli schemi conformistici e contradditori della società di quel tempo, l'interesse per la filosofia  e temi politici e problematiche sociali sono solo alcuni degli aspetti che hanno costellato l’esistenza e gli scritti di George Eliot. Nelle sue opere, in particolare, emerge il desiderio dei personaggi di cambiare la propria vita ed aspirare verso obiettivi più ambiziosi. Queste spinte si trovano, ben presto, ad essere appiattite dagli schemi imposti dalla società.  

Mary Anne Evans, nata il 22 novembre del 1819 in una fattoria nel Warwickshire, in Inghilterra. 

Mary Anne nasce e trascorre i suoi primi anni  in una famiglia benestante e religiosa dell’Inghilterra centrale. Dopo la morte del padre si trasferisce a Londra dove collabora con la Westmister Review, lavoro, che le da la possibilità di conoscere molti scrittori del tempo. E’ in questa fase della sua vita che fa la conoscenza e si innamora del critico letterario George Lewis Lewes separato, ma non divorziato dalla moglie. Sfidando le usanze e il buon costume del tempo decide di andare a vivere con lui. Di seguito, proseguirà la propria attività di scrittrice sotto il nome di George Eliot. Questa scelta dettata dal proposito di distinguersi dalle altre autrici e dal desiderio di nascondere la sua delicata situazione sentimentale Nonostante le derisioni di amici e parenti, i due vivono insieme considerandosi marito e moglie fino al 1878, anno della morte di Lewis. L'uomo è uno dei più grandi sostenitori della carriera letteraria di Mary e la incoraggia continuamente a scrivere. La principale ragione che la induce ad usare uno pseudonimo è il desiderio che la sua reputazione non preceda il testo, alterandone eventuali giudizi di merito. Mary scrive:

.: «Se c'è una relazione nella mia vita che è ed è sempre stata profondamente seria, questa è la mia relazione con Mr. Lewes [...] Che una persona spirituale e non superstiziosa, sufficientemente addentro alle cose della vita, possa definire la mia relazione con Mr. Lewes immorale, lo si può capire solo tenendo ben presente quanto sottili e complesse siano le influenze che formano l'opinione pubblica. Ma io tengo ben presenti queste cose, e non nutro pensieri arroganti o spietati verso coloro che mi condannano, anche se avremmo potuto aspettarci un verdetto diverso»

 

Middlemarch è il nome della sua opera più famosa, si tratta di una città dal nome inventato, su cui prendono forma  vicende e intrecci in cui sono coinvolti numerosi personaggi. Procedendo a grandi linee, Dorothea è una giovane benestante impegnata per il benessere della società che pare andare contro il suo destino e le proprie ambizioni, sposando un uomo di diversi anni più grande che la porta a vedere i propri ideali ed obiettivi appiattiti e privi di senso. Dopo la morte di costui potrà riallacciare i rapporti, poco prima interrotti, con Will Ladislaw. In parallelo si svolgono le vicende riguardanti la vita di Lydgate un giovane medico idealista arrivato da poco a Middlemarch che fa la conoscenza di Rosamond  giovane donna che, ben presto, gli provocherà dei problemi di tipo economici. Nello stesso tempo appare Fred, fratello di Rosamond destinato alla carriera ecclesiastica ma innamorato della fidanzatina d’infanzia Mary Grath, costei sarà la causa della perdita di un importante eredità spettante a Fred. Il giovane si ritroverà ad avere a che fare con una serie di debiti per affari non andati bene. Questa costituisce soltanto una parte dell’intera opera che sarà costellata dalla presenza di altri personaggi e altri intrecci. Il romanzo affronta diverse tematiche di un certo spessore sociale, tra cui l’importanza del livello di istruzione e del ceto di appartenenza come filo che guida le varie azioni e il destino dei personaggi.  

 
 
 

I Promessi Sposi - I personaggi: l'Innominato

Post n°18 pubblicato il 09 Giugno 2015 da belatrix61

 

 

L'Innominato è una delle più potenti creazioni artistiche della nostra letteratura. Scrive il Monticone: "In questa profondità di psicologia, che diventa profondità d'arte, vi è certo un'espereinza personale. Il Manzoni deve aver lavorato sulla propria anima trasfondendola nella vita dell'Innominato " Manzoni aveva a cuore il dilemma umano della fede e  la ricerca di Dio. Ognuno di noi ha dentro di sè una scintilla divina, anche chi non si rende conto. Nel momento in cui si entra in qualche modo in contatto con questa scintilla non si è più gli stessi. Inizia un profondo travaglio interiore che porta ad un percorso di trasformazione di sè e della propria coscienza.

L'Innominato infatti, che per anni ha ignorato la presenza di Dio, ora che sente la morte avvicinarsi, teme per quello che sarà dopo di questa. Uomo di loschi affari e di molti delitti commessi venne ingagiato da Don Rodrigo per organizzare il rapimento di Lucia Mondella. L'incontro con la ragazza cambierà per sempre la sua vita. La prima avvisaglia di cambiamento la ebbe quando assegnato al Nibbio l'incarico del rapimento fisico di Lucia  con la richiesta di condurla poi nel suo castello, Nibbio riferì di avere provato compassione per la ragazza. Sentimento certo che non si addiceva a un lestofante malfattore e questo bastò perchè all'Innominato sorgesse la curiosità di conoscere Lucia  andandola a trovare nella stanza dove era tenuta prigioniera. Nel romanzo I promessi sposi Lucia è un personaggio dotato di una fede molto forte e in tutto il libro non avrà mai un tentennamento, mai un dubbio sull'affidarsi alla volontà di Dio.

L'Innominato entra nella stanza dove Lucia sta ranicchiata e spaventata. Dialogo: " Alzatevi! Alzatevi dunque che non voglio farvi del male e posso farvi del bene. Via fatevi coraggio, v'ho forse fatto nessun male, vi ho minacciato? Alzatevi!

" E perchè mi fate patire le pene dell'inferno. cosa vi ho fatto io, perchè sono stata portata qui...in nome di Dio!"

" Dio, Dio...coloro che non possono difendersi da sè, che non hanno la forza , sempre han questo Dio da mettere in campo come se gli avessero parlato...cosa pretendete con questa vostra parola?

Oh Signore! Pretendere! Cosa posso pretendere io meschina, se non che lei mi usi misericordia? Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia! Mi lasci andare; per carità mi lasci andare! Non torna conto a uno che un giorno deve morire di far patir tanto a una povera creatura.

Queste parole toccano profondamente l'Innominato, che esce dalla stanza di Lucia promettendole di rivederla la mattina seguente. La ragazza, ancora molto impaurita, decide di sacrificare tutto quello che le rimane, ossia l'amore per Renzo, in cambio della salvezza; fa quindi un voto alla Madonna e si addormenta di un sonno profondo e tranquillo.

L'Innominato invece comincia una lunga notte insonne, causata dalle parole di Lucia:

Tutto gli appariva cambiato: ciò che altre volte stimolava più fortemente i suoi desideri, ora non aveva più nulla di desiderabile: la passione, come un cavallo divenuto tutt'a un tratto restio per un'ombra, non voleva più andare avanti (...) Quel nuovo lui, che cresciuto terribilmente a un tratto, sorgeva come a giudicare l'antico. (...)] Tutt'a un tratto, gli tornarono in mente parole che aveva udite poche ore prima: Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia.

Dopo questo lungo travaglio l'Innominato decide di incontrare, il giorno seguente, il Cardinale Federigo Borromeo: dal dialogo col prelato nasce la definitiva conversione e la conseguente decisione di liberare Lucia.

"Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia!". Sono le decisive parole di Lucia, e sembrano parole di Dio. La notte famosa che segue al rapimento è quella in cui Iddio sta per rivelarsi all'uomo nuovo, la cui coscienza dopo una lotta atroce con l'uomo vecchio, si ribella al male e aspira verso il bene. Intanto sorge placida l'alba, mentre lo scampanìo festoso, e la gioia della gente giù nella valle s'intona mirabilmente alla festa della Grazia, che segna il ritorno di quell'anima, e invita l'Innominato a chiedere al cardinale la parola di pace e d'amore. E nel colloquio con Federigo la visione di Dio gli si presenta viva, palpitante, reale, e lo stacca insensibilmente e definitivamente dalle ultime ormai pallide ombre del passato, per riconciliarlo con la vita nuova e sospingerlo nella luce dell'avvenire. L'abbraccio fraterno fra il cardinale e l'Innominato è la più grande prova, che Dio è finalmente tra loro con la sua grazia per guidare l'uomo, ormai redento, il quale giganteggierà nell'esercizio del bene, mantenendo intatta la sua inconfondibile persona

 
 
 

Giambattista Basile e le Fiabe

Post n°17 pubblicato il 09 Giugno 2015 da belatrix61

 

  

 

 

 

 

La parola fiaba, derivante dal latino flaba, da fabŭla, narrazione della tradizione popolare, basata sulle vicende di personaggi fantastici, viene inevitabilmente associata ai fratelli Grimm, a Charles Perrault ed ad Hans Christian Andersen, famosissimi nel mondo per aver scritto numerose fiabe, che hanno fatto sognare milioni di bambini. 

In realtà il primo a divulgare la fiaba, come espressione popolare, fu un napoletano, originario di Giugliano in Campania: si tratta di Giambattista Basile, scrittore ed appassionato di letteratura del periodo barocco, nato il 15 Febbraio 1566 e morto il 23 Febbraio 1623. Fu lui il primo a pubblicare una raccolta di novelle per i bambini, chiamata “Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille”. 

Tutti noi conosciamo le bellissime fiabe della Bella Addormentata nel Bosco, Hansel e Gretel,( Nennillo e Nennella),Raperonzolo (Petrosinella), Cenerentola (Gatta Cenerentola)… ma pochi sanno che queste fiabe vennero scritte per la prima volta dal nobile napoletano Giambattista Basile (1566-1632) nel “Cunto de li cunti”, la raccolta di 50 racconti completata nel 1630 ad Acerenza (PZ), quando lo scrittore prese servizio per il Duca di Acerenza Galeazzo Pinelli. Nel corso dei suoi viaggi, tra le foreste e i borghi della Lucania e della Campania, raccolse le storie e le leggende popolari e le trascrisse in dialetto meridionale.

 

petrosinella lagopesole  Sapevate ad esempio che la bellissima principessa dalle lunghe chiome, Raperonzolo, era ambientata nel  Castello di Lagopesole vicino Melfi (Provincia di Potenza). Nel racconto di Basile era chiamata Petrosinella. Il suo nome deriva sia da prezzemolo, la pianta che coltivava la strega e che la futura mamma della protagonista del racconto aveva rubato per soddisfare una “voglia” (dovuta alla gravidanza) sia da pietra, ed ancora oggi è visibile la  statua della donna con le trecce di pietra posta sopra una torre nel castello in attesa  dell’amato. La fiaba venne poi diffusa da Normanni in Sicilia, dove continua ad essere raccontata dai pescatori la storia di Petrosinella chiusa nella torre, dalla cui  finestra faceva penzolare le sue magnifiche trecce.

Il Monte Pollino (Potenza- Basilicata)fa da scenario a quella che è la favola della Bella Addormentata nel Bosco. Ancora oggi la cima della montagna si chiama serra Dolcedorme e Cozzo della Principessa. 

 Dalla penna e dall'immenso estro letterario e linguistico dell'autore da una parte, e dall'osservazione meticolosa della realtà e dei racconti popolari del suo tempo, il suo capolavoro multi fiabesco in antico dialetto napoletano, «Lo Cunto de li Cunti», o «Pentamerone», è da sempre uno dei principali punti di riferimento scritti della più classica tradizione italiana della Fiaba. è tra le più antiche e importanti del nostro patrimonio letterario nazionale, e la sua rilevanza è tale, da essere riuscita persino ad influenzare il lavoro di altri illustri raccoglitori, rielaboratori e scrittori di fiabe tra i quali i tedeschi Grimm e il francese Perrault.

 

(Fonti: Web)

 
 
 

Michela Murgia -Accabadora

Post n°16 pubblicato il 09 Giugno 2015 da belatrix61

Fino agli anni '50 in Sardegna si praticava l'eutanasia. Era compito di sa femmina accabadora procurare la morte a persone in agonia. Dal termine sardo accabai di derivazione spagnola acabar che vuol dire terminare,finire. S'accabadora era una donna che, chiamata dai familiari del malato terminale, provvedeva ad ucciderlo ponendo fine alle sue sofferenze. Un atto pietoso nei confronti del moribondo e un atto necessario per la sopravvivenza dei familiari ( specialmente in contesti sociali meno abbienti) incapaci di gestire il dramma della malattia con l'impossibilità di avere l'assistenza di un medico spesso a molti giorni di distanza dal paese. Era qualcosa che tutti sapevano, ma di cui nessuno parlava... Sa femmina accabadora vestita di nero arrivava di notte a casa del moribondo e dopo aver fatto uscire i familiari che l'avevano chiamata restava nella stanza del malato e col viso coperto usava per lo più un cuscino per soffocarlo provocandone la morte. Ad onor di cronaca c'era un  altro strumento che s'accabadora poteva usare "su  mazzolu" un arnese contundente di legno che la donna assestava con un colpo diretto sulla fronte. Questa figura, espressione di un fenomeno socio-culturale e storico nei piccoli paesi rurali della Sardegna e' legata al rapporto che i sardi avevano con la morte. Nella cultura della comunita' sarda, non e' mai esistito una vera paura di fronte agli ultimi istanti della vita dell'uomo. Si puo' anzi dire che i sardi avessero una propria e personale gestione della morte, considerata il naturale ciclo della vita.
A questo argomento la scrittrice sarda Michela Murgia ha dedicato un bel libro, pubblicato nel 2009, molto ben scritto "Accabadora". La protagonista Maria  da bambina viene adottata da Tzia Bonaria una donna misteriosa e rispettata dalla comunità che le darà con amore molti insegnamenti sulla vita. Ma solo dopo anni Maria scoprirà la verità sulla sua madre adottiva:è un accabadora, e il loro rapporto si incrina fino alla rottura definitiva.Dopo quasi due anni di lontananza dalla Sardegna Maria riceve una lettera di invito a ritornare nell’isola a causa dell’aggravarsi delle condizioni di salute di Tzia Bonaria. Maria torna al paese e lascia Torino decidendo di accudire, come aveva promesso, la donna. L’anziana sopravvive tra dolori lancinanti davvero insopportabili. Solo allora Maria rivaluta le sue convinzioni in merito al tema ostico dell’eutanasia.

Per fortuna, nel momento fatidico della decisione presa, l’anziana donna si spegne in modo naturale, evitando così a Maria di ricorrere al gesto estremo. 

 

Il problema dell'eutanasia è più che mai attuale. Abbiamo il diritto di decidere se voler mettere fine alla vita? O forse la domanda più giusta sarebbe: è giusto voler mettere fine a una vita che non è più vita? Se cristianamente dobbiamo accettare le sofferenze, credo però che vorrei  decidere di poter mettere fine a un accanimento terapeutico, sia che si tratti di cure mediche, sia che si tratti di macchine artificiali...

 

 

 
 
 

Susanna Tamaro. Una piacevole riscoperta

Post n°15 pubblicato il 09 Giugno 2015 da belatrix61

Ogni Angelo è tremendo

 

 

 

Ho riscoperto, o meglio, rivalutato Susanna Tamaro solo di recente. Avevo già letto tanti anni fa un suo romanzo "Va dove ti porta il cuore", probabilmente il suo più  famoso, e ho avuto una reazione tiepida.  Di romanzi ne ha pubblicato ben venti, ma io non l'avevo più seguita. Finchè in questo periodo ho avuto tra le mani il suo ultimo  " Ogni angelo è tremendo" e lo considero bellissimo. E' autobiografico, profondo; racconta la sua infanzia, la sua crescita e l’evoluzione del suo mondo interiore. Sullo sfondo la sua città Trieste e la bora "così violenta e feroce da spazzare via ogni cosa e capace di rendere ogni equilibrio impossibile". La complessità della sua vita era già nella storia della sua famiglia nella quale convivevano tre diverse religioni: ebraica, cattolica, ortodossa, con tutta la confusione che ne derivò per la Tamaro bambina lasciata sola a se stessa e con mille domande alle quali nessuno rispondeva... Figlia di genitori anaffettivi ed egoisti, più inclini al pensare a se stessi che a preoccuparsi dei propri figli. Lei scrive: "...Ma a quel tempo non si usava dara troppa importanza ai piccoli; se c'erano problemi, si sarebbero risolti con il tempo. E se non li avesse risolti il tempo, ci avrebbe comunque pensato  la selezione naturale. Il pedagogo a cui si ispirava mio padre, infatti, era Darwin: per lui solo i forti e gli adatti erano degni di sopravvivere...La visione di mia madre era invece più vicina a quella di un domatore di bestie feroci o di capricciosissime scimmie. Prima di ogni altra cosa, i bambini andavano appunto domati e, per farlo, erano validi tutti i sistemi, tranne quello del bocconcino premio. Il bocconcino premio,infatti, poteva venire scambiato, come qualsiasi altra forma  di gratificazione, per debolezza e scatenare così inappropriate resistenze".    


La storia del mondo interiore di una bambina depressa, costretta ad affrontare un gran numero di abbandoni e di ferite psicologiche che ne compromettono l'autostima. Ci illustra i suoi pensieri, le sue ribellioni, le sue difese. Usa un linguaggio chiaro diretto privo di sentimentalismi ma che allo stesso tempo esplora i sentimenti di una bambina molto attenta sensibile  intelligente e affamata di amore, che ha rischiato seriamente di perdersi...La sua ricca interiorità e certi meccanismi di difesa l'hanno aiutata, rivelando una forte personalità, e anche l'incontro al momento opportuno di persone che hanno capito la sua richiesta di aiuto...

Parlando dei propri genitori scrive:“ "Tutti abbiamo bisogno di  perdono, abbiamo tutti  bisogno di misericordia". E parlando di sua madre:  "Avrei dovuto odiarla  per come  mi aveva trattata, invece ho scelto il cammino più lungo e impervio del perdono. Che me ne sarei fatta dell'odio, una volta che lei fosse morta? Come una  scheggia gelata sarebbe rimasto per sempre conficcato nel mio cuore.“L’odio è un veleno di cui bisogna liberarsi il prima possibile perché, in esso, non c’è alcuna possibilità che la vita risorga"

 Naturalmente un grande aiuto lo ebbe dallo scrivere e raccontare storie. 

La cosa che mi incuriosisce è che fino alla sua maggiore età non sospettò di poter diventare scrittrice. La sua immaginazione era fervidissima, ma raramente aveva messo per iscritto i suoi pensieri. La letteratura non era la sua passione, semmai le scienze naturali...esperta di minerali, insetti, mammiferi piccoli e grandi, alberi, fiori. Finchè un giorno un noto esoterista studiò il suo quadro astrologico e le profetizzò che la sua vita sarebbe cambiata all'età di 35-40 anni: sarebbe diventata un'artista famosa! Ma lei candidamente, per l'effetto di una bassissima autostima, non avrebbe potuto immaginare nella sua vita niente di grande...   Il successo è arrivato, inaspettato, ma la Tamaro dichiara di non poter scrivere a comando e su richiesta, e di non voler in nessun modo inseguire la fama e la ricchezza e questo le fa onore.                                                

 
 
 

I libri che hanno fatto la Storia

Post n°14 pubblicato il 09 Giugno 2015 da belatrix61

 

 

La Bibbia- Vecchio e Nuovo Testamento ( II secolo a.C. - II sec. d.C.)

La Repubblica Platone (V sec. A.C.)  Platone ha posto le basi del pensiero filosofico e politico occidentale

Iliade- Odissea Omero (VIII sec. A.C.) La civilta' greca si basa sui miti ed eroi descritti in queste due opere

Il Corano ( VII sec. d.C.)

L'arte della Guerra -Sun Tzu  Trattato di strategia militare che ebbe una grande influenza anche nella strategia militare europea. Ma anche consigli applicabili alle strategie economiche. Il libro è tuttora usato per la conduzione e strategia di molte aziende di tutto il mondo. 

La Divina Commedia - Dante Alighieri - 1305. Massima espressione di tutta la letteratura italiana. Per quest'opera, Dante è considerato il padre della lingua italiana: è stato calcolato che il 90% del lessico fondamentale dell’italiano in uso oggi è contenuto nella Divina Commedia

Il Milione -Marco Polo  ( XIV sec)-  Le sue descrizioni dell'Asia hanno ispirato i viaggi di Cristoforo Colombo, che fino alla morte restò convinto di avere raggiunto il Catai.

Il Principe  - Machiavelli 1513 La pace è fondata sulla guerra esattamente come l'amicizia è fondata sull'uguaglianza, quindi in ambito internazionale l'unica uguaglianza possibile è l'uguale potenza bellica degli Stati.

Dialogo sopra i  Due Massimi Sistemi Galileo Galilei 1632  Le sue scoperte scientifiche-astronomiche sono molto importanti e hanno contribuito alla nascita delle fisica e astronomia moderna fino alle nuove teorie di Einstein

Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo 1789. Francia- Rivoluzione francese. Contiene una solenne elencazione di diritti fondamentali dell'individuo e del cittadino. 

Origine della Specie Darwin 1858 - Teoria dell' Evoluzione e Origine della specie umana

Il Capitale Carl Marx 1867  Analisi economica del sistema capitalistico

L'Interpretazione dei sogni  Freud 1899 Padre della psicoanalisi moderna

Mein Kampft - Hitler  1925  Col quale anticipò il pensiero nazista

Se questo è un Uomo - Levi 1947 - Testimonianza della condizione dei prigionieri ad Auschwitz

Teoria della Relatività - Einstein 1920 Questa teoria ha introdotto nella fisica moderna delle significative novità che praticamente hanno rivoluzionato tutto il sistema galileano scardinandone le fondamenta su cui esso poggiava: lo spazio, il tempo assoluto e la relatività del moto, velocità della luce

 

Alcuni sono arrivati a stilare un elenco di cinquanta e persino cento libri che hanno fatto storia o hanno cambiato il mondo, nel bene e nel male. Io mi sono limitata a questi titoli

P.S. Naturalmente vi invito ad aggiungere dei libri...

 
 
 

Scrittori per caso : Veronica Pivetti -Ho smesso di piangere

Post n°13 pubblicato il 15 Febbraio 2014 da belatrix61

Libri scritti dai cosidetti Scrittori per caso, ma molto interessanti. Uno ha attirato la mia attenzione: Ho smesso di piangere di Veronica Pivetti. Un libro autobiografico, ironico pur affrontando un argomento serio come la depressione di cui l'attrice ha sofferto per sei anni

Dal libro: "< Mi sono attaccata al telefono e ho chiamato Giordana per piangerle un pò nelle orecchie. Lei mi ha ascoltato come sempre e poi ha lanciato la bomba: che ne dicevo di provare ad affrontare un po' di psicoterapia! Boooom! Psicoterapia? Perchè? Cos'è? Ma chi, io? Ero talmente digiuna di tutto ciò che riguardava la psiche, era qualcosa che conoscevo come gli algoritmi nell'algebra computazionale o l'alpinismo, cioè, per niente. Anzi, a pensarci bene, forse, me la sarei cavata meglio se avessi affrontato con chiodi e piccone la parete Nord del Lyskamm Orientale, piuttosto che se mi fossi trovata a fare i conti col mio io nascosto e profondo .Insomma, fino a quel momento avrei potuto giurare di essere totalmente sprovvista di una psiche tutta mia, tanto ero ignorante in materia. Giordana invece masticava l'argomento come al cinema si masticano i pop corn: con estrema facilità. Decisi che avrei affrontato la psicoterapia.

..... L'analisi mi ha..... aiutato a sapere tante cose di me che ignoravo e ora posso tranquillamente sfoggiare tre o quattro Veroniche che non sapevo di essere. Questo mi rende più forte, più consapevole e più felice. Meno felice e decisamente più delicata era la mia situazione igienica. Come ho già detto non mi lavavo. Non mi andava. Ero grigiastra dentro e fuori. Ricordo che ho indossato lo stesso golf grigio per moltissimi mesi, in casa e fuori. Era un golf di Giordana, me l'aveva prestato il primo giorno in cui ero stata male...Lo mettevo tutti i giorni e mi ci sono affezionata come a un cucciolo. Non volevo indossare altro, perciò quel poveretto ha cominciato a fare i pallini e a chiedere di essere sostituito chessò, da una felpa, da una vecchia giacca, da un cardigan della Caritas, ma pregava che lo lasciassi un po' in pace. Invece sono stata spietata con lui, non l'ho mollato mai. E guai se Giordana avesse provato a mandarlo in tintoria!>

 
 
 

Libri e Biblioteche

Post n°12 pubblicato il 04 Febbraio 2014 da belatrix61

Adoro le Biblioteche. Essere circondati da libri che puoi sfogliare, scegliere, leggere o chiedere in prestito. Un luogo quasi magico...

Un libro possiede certamente un'anima imprigionata tra le pagine, almeno un poco dell'anima che lo scrittore gli ha lasciato in custodia...

 

In verità accade sovente di andare in biblioteca perché si vuole un libro di cui si conosce il titolo, ma la principale funzione della biblioteca, almeno la funzione della biblioteca di casa mia e di qualsiasi amico che possiamo andare a visitare, è di scoprire dei libri di cui non si sospettava l'esistenza, e che tuttavia si scoprono essere di estrema importanza per noi.

Umberto EcoDe bibliotheca, 1986

 

La scrittura crea i libri, i libri creano biblioteche e una biblioteca è il luogo più forte e radicato di una casa privata, come lo è di una città − se biblioteca pubblica. Una biblioteca sostituisce la realtà assente o malvagia, e ne costituisce il luogo della beatitudine, del piacere: il luogo pagano della gioia.

Antonio CastronuovoSe mi guardo fuori, 2008

 
 
 

Marcel Proust - Del Piacere di leggere

Post n°11 pubblicato il 24 Gennaio 2014 da belatrix61

"Quando la lettura è per noi l'iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa, così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto fra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito".

 
 
 

Natalia Ginzburg - Lessico Famigliare

Post n°10 pubblicato il 16 Gennaio 2014 da belatrix61

Lessico Famigliare è un romanzo autobiografico di Natalia Ginburg, stampato nel 1963. Natalia Ginzburg, nata Levi, è stata una scrittrice di spicco nella Letteratura Italiana del Novecento. Natalia, trascorse l'infanzia e l'adolescenza a Torino, in cui è ambientato il romanzo e ci racconta in modo ironico- affettuoso, la vita quotidiana della famiglia Levi, dagli anni '20 agli anni '50. La famiglia, di origine ebrea,  dominata dalla  figura del padre, Giuseppe Levi, scienziato, dispotico e tenero allo stesso tempo, appassionato della montagna e dell'attività fisica che obbligava l'intera famiglia a faticose gite sulla neve e amante di detti e motti e parole inventate che usava spesso per rimproverare i figli e che questi, anche da grandi, avrebbero sempre ricordato tra loro con allegria

 

"Nel corso della mia infanzia e adolescenza mi riproponevo sempre di scrivere un libro che raccontasse delle persone che vivevano intorno a me. Questo è in parte il libro,ma solo in parte, perchè la memoria è labile e perchè i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi e schegge di quanto abbiamo visto e udito".  Natalia Ginzburg

Dal libro: Nella mia casa paterna, quando ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava:Non fate malagrazie! Se inzuppavamo il pane nella salsa, gridava: - Non leccate  i piatti! Non fate sbrodeghezzi! Non fate potacci! Sbrodeghezzi e potacci erano, per mio padre, anche i quadri moderni, che non poteva soffrire. Diceva: - Voialtri non sapete stare a tavola! Non siete gente da portare nei loghi! E diceva: - Voialtri che fate tanti sbrodeghezzi, se foste  una table d'hote in Inghilterra, vi manderebbero subito via.

Nella mia casa paterna, quand’ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: Non fate malagrazie! Se inzuppavamo il pane nella salsa, gridava: – Non leccate i piatti! Non fate sbrodeghezzi! Non fate potacci! Sbrodeghezzi e potacci erano, per mio padre, anche i quadri moderni, che non poteva soffrire. Diceva: – Voialtri non sapete stare a tavola! Non siete gente da portare nei loghi! E diceva: – Voialtri che fate tanti sbrodeghezzi, se foste una table d’hôte in Inghilterra, vi manderebbero subito via.

 
 
 

Un albero cresce a Brooklyn - Betty Smith

Post n°9 pubblicato il 03 Gennaio 2014 da belatrix61

Betty Smith, pseudonimo di Sophina Elisabeth Werner, nel 1943 pubblica  'Un Albero cresce a Brooklyn', ambientato  negli inizi del 1900. Nominato dalla New York Pubblic Library come uno dei grandi libri del secolo appena trascorso.

La famiglia Nolan di origine irlandese, vive a Brooklyn, in un quartiere di immigrati,  in dignitosa povertà. Le vicende della famiglia, seppur difficili, vengono descritte con delicatezza così come delicata e sensibile ci appare Francie che  per non sentire troppo il dolore della povertà, si rifugia nei libri. 

Dal Libro: Era  mezzogiorno quando Francie tornò a casa. Poco dopo arrivò la madre, che ripose rumorosamente il secchio e  la scopa, come a indicare che non li avrebbe più toccati fino al lunedì. La madre aveva ventinove anni, i capelli neri, gli occhi scuri e le mani svelte. Aveva anche una bella figura. Lavorava come portinaia e si occupava della pulizia di tre caseggiati. Chi avrebbe mai potuto dire che mamma lavava i pavimenti per mantenerli tutti e quattro? Era così graziosa, piccola, vivace; traboccava di passione e di allegria. Le sue mani, per quanto rosse e screpolate dalla soda, erano belle, con le unghie ovali e delicate. Tutti dicevano che era un peccato che una donna così fine e delicata dovesse passare la vita a pulire i pavimenti. Ma che cos'altro avrebbe potuto fare, con il marito che si ritrovava?, Sì, comunque, Johnny Nolan era un bel ragazzo, più bello di qualsiasi altro uomo del vicinato. Ma era un ubriacone. Ecco cosa diceva la gente.

 

La figlia Francie aveva ereditato tutto dai Rommely e dai Nolan. Aveva le debolezze violente e la passione per il bello dei disgraziati Nolan. Era un mosasico in cui si ritrovavano le qualità di nonna Rommely: il misticismo,l'abilità di raccontare storie, la fiducia completa in ogni cosa e la pietà per i deboli. Aveva anche ereditato la volontà dura e crudele di nonno Rommely. Aveva un pò del talento di zia Evy per imitare le persone e un pò della possessività di Ruthie: da zia Sissy aveva preso l'amore per la vita e per i bambini, dal padre Johnny il sentimentalismo, ma non il bell'aspetto. Dalla madre aveva ereditato i modi affettuosi, ma soltanto la metà dell'acciaio invisibile di cui era fatta Katie. Era un  miscuglio di tutte queste cose insieme, buone e cattive. Ma Francie era anche qualcos'altro. Era i libri che leggeva........qualcos'altro ancora che non veniva dai Rommely o dai Nolan, ma dalla lettura, dal suo spirito di osservazione e dalla vita di ogni giorno.Era qualcosa che era in lei e in lei soltanto, qualcosa di diverso da qualunque membro delle due famiglie. Era ciò che Dio o il Suo equivalente pone in ogni anima cui dà la vita, qualcosa di particolare che fa sì che non vi siano due impronte digitali uguali al mondo.

 

Dal libro:La Biblioteca era in un piccolo edificio, vecchio e cadente, ma  Francie pensava che fosse bellissimo. I sentimenti che la biblioteca risvegliava in lei somigliavano a quelli che provava nei confronti della chiesa. Spinse la porta ed entrò. Come le piaceva l'odore della biblioteca,un miscuglio di vecchie rilegature di cuoio,di colla e di libri freschi di stampa! Le piaceva molto di più dell'odore dell'incenso che bruciava durante la messa solenne.

Francie era convinta che nella biblioteca vi fossero tutti i libri del mondo e si era ripromessa di leggerli tutti. Ne leggeva uno al giorno, in ordine alfabetico, senza saltare i meno interessanti. Ricordava che il primo autore di cui avesse letto qualcosa era Abbott. Leggeva da parecchio ed era ancora alla lettera B. Aveva già passato tutte le opere che si occupavano di api e dei bufali, delle vacanze alle Bermude e dell'architettura bizantina. Nonostante il suo entusiasmo aveva dovuto ammettere che alcuni libri della lettera B erano molto duri da digerire. Ma Francie era una vera lettrice. Leggeva tutto ciò che le capitava fra le mani: libri spazzatura, opere classiche, l'orario dei treni e la lista dei prezzi del droghiere. Alcune letture erano state meravigliose, per esempio i libri di Louisa Alcott. Aveva in mente di rileggere da capo tutti i libri quando fosse  arrivata alla Z.

Ma il sabato era diverso e quel giorno Francie si permetteva di leggere un libro scelto al di fuori dell'ordine alfabetico. Ogni sabato domandava alla bibliotecaria di consigliargliene uno.

 
 
 

Una donna spezzata - Simone de Beauvoir

Post n°8 pubblicato il 01 Gennaio 2014 da belatrix61

Simone de Beauvoir, scrittrice francese. Il suo libro ' La donna Spezzata' è del 1967. Suo compagno di  vita fu Jean Paul Sartre. In questo libro vi sono tre racconti; nel primo, una donna tradita dal marito, ha perduto certezze e, disgregata,  va alla ricerca di riferimenti scontrandosi con le contraddizione della vita

 

Un brano dal libro:  < Quanto sono caduta in basso! Ho provato un fremito di speranza leggendo su un  settimanale che, sul piano amoroso, questa settimana il Sagittario otterrà un importante successo...... Ho cercato di riderci sopra. E poi ho detto che mi piacerebbe proprio sapere cosa ci trovano gli uomini in Noellie. Diana mi ha dato un'idea, far analizzare le nostre tre scritture: mi ha indicato un indirizzo, e mi ha dato una lettera- senza alcun interesse- di Noellie. Sono andata a cercare una lettera recente di Maurice, e ho scritto al grafologo un biglietto chiedendogli una pronta risposta...

Le risposte del grafologo mi hanno sconcertata. La scrittura più interessante, secondo lui, è quella di Maurice: grande intelligenza, vasta cultura, forte capacità di lavoro, tenacia, sensibilità profonda, miscuglio di orgoglio e d'insicurezza di sè, superficialmente molto aperto, ma in fondo abbastanza segreto(sto riassumendo).

In me trova molte qualità: equilibrio,allegria,franchezza, un vivo interesse per gli altri; ha notato anche una sorta di avidità affettiva che rischia di rendermi un pò pesante per quelli che mi circondano. Questo concorda con ciò che mi rimprovera Maurice: di essere invadente, possessiva. So bene che vi è questa tendenza in me, ma l'ho combattuta con tanta energia!........In ogni modo, anche se sono un pò eccessiva, troppo espansiva, troppo attenta, un pò ingombrante, insomma, non è una ragione sufficiente perchè Maurice mi preferisca Noellie.>

 
 
 

Le Affinità elettive - J.W. Goethe

Post n°6 pubblicato il 28 Dicembre 2013 da belatrix61

 

 

 

Nel dicembre del 1809 uscirono  'Le affinità elettive'. Alle soglie dei sessant'anni, Goethe ne attese la pubblicazione con un'ansia quasi parossistica che testimonia il suo attaccamento a un'opera che fino agli ultimi giorni considerò il suo "libro migliore".

 

Un brano dal libro: < Benissimo> disse Carlotta. < Voglio incominciare subito con un'osservazione di carattere generale. Gli uomini pensano di più al particolare, al presente, e questo è giusto, poichè essi sono chiamati  a fare, ad agire; le donne invece badano di più alle connessioni della vita, alla sua continuità, e anche questo è giusto, perchè il loro destino,  il destino delle loro famiglie dipende da questa continuità, da questa coerenza, ed è proprio tale coerenza che si pretende da loro. Diamo dunque un'occhiata alla nostra vita presente e a quella passata: dovrai ammettere che invitare il Capitano non si accorda affatto con i nostri progetti, con i nostri piani, le nostre disposizioni............. < Nonostante queste tue osservazioni......> rispose  Edoardo, passandosi la mano sulla fronte < rimango pur sempre dell'idea che la presenza del Capitano non turberebbe  nulla, ma darebbe piuttosto nuovo impulso e nuova vita a tutto...........< Permettimi allora di dirti sinceramente> gli rispose Carlotta con una certa impazienza < che questo progetto urta la mia sensibilità, che ho come un brutto presentimento>     < Con questo sistema voi donne sareste proprio imbattibili> replicò Edoardo < così ragionevoli che non vi si può contraddire, così affettuose che ci si arrende volentieri a voi, così sensibili che non vi si può far del male, così piene di presentimenti da far paura>

< Io non sono superstiziosa> ribattè Carlotta < e non darei peso a queste sensazioni oscure, se esse non fossero altro che questo; ma non è così: nella maggior parte dei casi sono ricordi inconsci di eventi felici o infelici, causati dalle azioni nostre o altrui. Nulla è più importante, in qualsiasi circostanza, del sopraggiungere di una terza persona. Ho visto amici, fratelli, amanti, sposi, i cui rapporti furono radicalmente mutati, la cui situazione fu interamente capovolta dall'arrivo casuale o voluto di una terza persona>

 
 
 

Menzogna e Sortilegio - Elsa Morante

Post n°5 pubblicato il 25 Dicembre 2013 da belatrix61

Scritto tra il 1944 e il 1946, pubblicato nel 1948, Menzogna e sortilegio è l' Opera che impose Elsa Morante alla Critica. Vinse il Premio Viareggio dello stesso anno, ma fu accolto con perplessità da una critica disorientata dalla mole e dall'originalità del testo. Negli anni sessanta, Gyorgy Lukacs lo definì " Il più grande romanzo italiano moderno"

 

Un brano dal libro: - Dopo la morte di mia nonna Cesira il rancore di mia madre verso mio padre sembrò farsi più aspro e infrenabile.....Forse perchè, lei viva, mia madre non aveva soltanto uno su cui gettare l'ombra della propria incessante, collerica malinconia. Forse quel piccolo, maltrattato testimone era pur sempre un ostacolo al prorompere di tanti impulsi funesti, e mia madre in sua presenza, serbava ancora pudore e riserbo. Forse, infine, scomparsa la compagna, anche se odiata, della sua fanciullezza, al trovarsi nel proprio mondo adulto sola col nero, il butterato, mia madre si smarrì, in una rivolta senza speranza, come un'indocile rinchiusa che picchia coi pugni, l'uscio della cella. Ho detto  sola con lui: infatti io non contavo per mia madre. Ella soleva, in genere, trattare i fanciulli come razza inferiore, una sorta di animali fastidiosi, i quali, incapaci di provvedere a se stessi, costringono gli altri a tale ingrata cura.

 
 
 
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