Creato da madamefairy il 29/10/2011

*IL GIARDINO FATATO*

.•*´¨`*•.¸¸ Il Mondo Di Fantasia ¸¸.•*´¨`*•.

 

Fata

Post n°18 pubblicato il 02 Maggio 2013 da madamefairy

 

 

 

 
 
 

LA LEGGENDA DEL SOLE E DELLA LUNA

Post n°17 pubblicato il 05 Febbraio 2013 da madamefairy

 

 

 

Tanti anni fa il sole e l’acqua erano grandi amici, entrambi vivevano insieme sulla terra. Il sole andava a trovare l’acqua molto spesso, ma l’acqua non gli contraccambiava mai la visita. Alla fine il sole domandò all’acqua come mai non andava mai a trovarlo a casa sua. L’acqua rispose che la casa del sole non era sufficientemente grande, e se lei ci andava con i suoi famigliari, avrebbe cacciato fuori il sole. Poi l’acqua aggiunse: - Se vuoi che venga a trovarti, devi costruire una fattoria molto grande, ma bada che dovrà essere un posto sconfinato, perché la mia famiglia è molto numerosa e occupa molto spazio. Il sole promise di costruirsi una fattoria molto grande, e subito tornò a casa dalla moglie, la luna, che lo diede ospitalità con un ampio sorriso quando lui aprì la porta. Il sole disse alla luna ciò che aveva promesso all’acqua, il giorno dopo incominciò a costruirsi una fattoria sconfinata per ospitare la sua amica. Quando essa fu pronta, chiese all’acqua di venire a fargli visita il giorno seguente. Nel momento in cui l’acqua arrivò chiamò fuori il sole e gli domandò se poteva entrare senza pericolo, e il sole rispose: - Sì, entra pure, amica mia. Allora l’acqua cominciò a riversarsi, accompagnata dai pesci e da tutti gli animali acquatici. Poco dopo l’acqua arrivata al ginocchio domandò al sole se poteva ancora entrare senza pericolo, e il sole rispose: - Sì L’acqua seguitò a riversarsi dentro. Allorché l’acqua era al livello della testa di in uomo, l’acqua disse al sole: - Vuoi che la mia gente continui ad entrare? Il sole e la luna risposero: - Sì. Risposero così perché non sapevano che altro fare, l’acqua seguitò ad affluire, finchè il sole e la luna dovettero rannicchiarsi in cima al tetto. L’acqua si rivolse al sole con la stessa domanda, ma ricevette la medesima risposta, e la sua gente seguitava a riversarsi dentro, l’acqua in breve sommerse il tetto, e il sole e la luna furono obbligati a salire in cielo, dove da allora sono rimasti.

Testo prelevato dal web

 

 
 
 

IL GATTO INVERNO

Post n°16 pubblicato il 05 Febbraio 2013 da madamefairy

Poesia
Ai vetri della scuola stamattina
l'inverno strofina
la sua schiena nuvolosa
come un vecchio gatto grigio:
con la nebbia fa i giochi di prestigio,
le case fa sparire
e ricomparire;
con le zampe imbianca il suolo
e per coda ha un ghiacciolo
Sì, signora maestra,
mi sono un po' distratto
ma per forza, con quel gatto,
con l'inverno alla finestra
che mi ruba i pensieri
e se li porta in slitta
per allegri sentieri.
Invano io li richiamo:
si saranno impigliati in qualche ramo
spoglio ;
e per dolce imbrogliochiotti, chiotti,
fingon d'esser merli e passerotti.
Scritta da
Gianni Rodari

 
 
 

LA BETULLA INCANTATA

Post n°15 pubblicato il 05 Febbraio 2013 da madamefairy

 

 

 

C'erano una volta un uomo e una donna che avevano un'unica figlia. Un giorno accadde che una delle loro pecore si smarrì, e allora la cercarono ovunque, in ogni angolo del bosco. La brava donna incontrò alla fine una strega, che le disse: "Bada, donna, se solo mi sputi sul coltello o mi passi tra le gambe, ti trasformo in una pecora nera." La donna non fece nessuna delle due cose, ma la strega la trasformò lo stesso in una pecora, poi prese le sembianze della sua vittima, e gridò al marito: "Ho trovato la pecora! Ho trovato la pecora!" L'uomo non si accorse di nulla, e credette che quella fosse sua moglie, mentre ignorava che la vera moglie era la pecora, così la riportò a casa, contento e sollevato per aver ritrovato la pecorella smarrita. Quando furono a casa, la strega disse all'uomo: "Senti, bisogna ammazzare quella pecora prima che scappi un'altra volta." L'uomo, che era un tipo tranquillo e conciliante, non fece obiezioni e disse: "Va bene, come vuoi." La ragazza però aveva sentito tutto, e corse dalla pecora e le disse: "Mammina mia, vogliono ucciderti!" "Se lo fanno, non mangiare la mia carne, ma conserva bene tutte le mie ossa, fai una buca nel terreno e seppelliscile."

Poco tempo, infatti, la pecorella nera fu uccisa. La strega fece una zuppa di piselli con le sue carni, e la mise davanti alla figliastra; ella però si ricordò bene delle parole della sua mamma, e non toccò con un dito la zuppa, ma portò gli ossicini della pecora sul bordo del campo e li seppellì, e proprio lì, dove essa aveva seminato, di lì a poco spuntò su una bellissima betulla.

Passò un pò di tempo, tanto o poco non si sa, quando un giorno la stregaccia, che nel frattempo aveva avuto un figlio, cominciò a nutrire rancore nei confronti della figliastra e a tormentarla in tutti i modi possibili. Un giorno ci fu un grande festival presso il castello reale, e il re aveva fatto rilasciare un editto in cui si proclamava che l'invito era rivolto a tutti, e l'editto diceva così:

"L'invito è rivolto a tutte le genti, siano esse povere e misere, cieche o storpie. Vengano tutti, che sia da terra o dal mare."

E così tutti i reietti, i mutilati, i ciechi e i più miseri furono invitati a palazzo. Anche in casa dell'uomo c'era fermento e si facevano i preparativi per partecipare; la strega disse al marito: "Vai avanti tu intanto, con la nostra figlia più giovane, mentre io do del lavoro da fare alla grande, così non rimarrà in ozio." Così il buon uomo prese la figlia minore e si avviò al palazzo. La strega intanto accese il fuoco, poi buttò una gran quantità di chicchi di grano tra la cenere, e disse alla ragazza: "Bada, se non dividi tutti questi chicchi d'orzo dalla cenere e non li rimetti a posto prima che faccia notte, ti mangio!" Ciò detto si affrettò a raggiungere il marito e la figlia, e la povera ragazza rimase sola a casa a piangere. Allora provò con tutta la buona volontà del mondo, a raccogliere i chicchi sparsi nella cenere, ma si accorse ben presto di quanto fosse inutile e senza possibilità di riuscita il suo tentativo. Così profondamente addolorata andò presso la betulla dove si trovava la tomba della sua mamma, e pianse tanto, al pensiero della sua povera mamma morta che giaceva sotto la zolla erbosa, che non poteva più aiutarla. All'improvviso sentì la voce di sua madre parlare da sottoterra, e disse: "Perché piangi, figliola mia?" "La strega ha sparpagliato tanti chicchi d'orzo nella cenere, e mi ha minacciato di mangiarmi, se non riuscirò a dividerli e a rimetterli a posto prima che faccia notte," disse la ragazza, "per questo piango, mammina mia." "Non piangere, bimba mia," disse la madre, consolandola. "Prendi uno dei miei rami, spezzalo, e battilo sul focolare; vedrai che tutto si aggiusterà." La ragazza seguì il consiglio della madre, e meraviglia delle meraviglie! A un colpo di ramo sul focolare, ecco per magia tutti i chicchi d'orzo fuoriuscire dalla cenere, mettendosi tutti in ordine nel loro barattolo. Poi la ragazza tornò presso l'albero e rimise il ramo sulla tomba. Allora la mamma disse alla figlia di bagnarsi al ruscello, asciugarsi e vestirsi. Quando la fanciulla fu pulita e vestita, era così bella da non avere rivali sulla terra. La mamma le aveva fatto indossare uno splendido abito, e la fece salire in groppa a un magnifico cavallo dal pelo d'oro, d'argento e d'altre pietre preziose. La fanciulla montò sul cavallo e corse più veloce di una freccia al palazzo.

Quando le venne incontro il figlio del re per darle il benvenuto, egli legò il suo cavallo a un pilastro, e la accompagnò dentro. Era così bella che il principe non la lasciò un attimo, e tutti la osservavano ammirati, chiedendosi chi fosse quella bellissima fanciulla e da quale castello venisse. Ma nessuno la riconobbe; nessuno sapeva nulla di lei. A pranzo il principe la invitò a sedere con lui al tavolo d'onore, ma c'era anche la figlia della strega, che rosicchiava degli ossicini sotto il tavolo. Il principe non la vide, e pensando che fosse un cane, gli diede una pedata così forte da romperle un braccio. Non vi dispiace per la figlia della strega? In fondo, non era colpa sua se sua madre era una strega.

Verso sera, la fanciulla pensò che fosse ora di tornare a casa, ma quando fu sul punto di uscire, il suo anello rimase incastrato nella serratura della porta, poiché il principe l'aveva imbrattata di catrame. La ragazza non perse tempo per recuperarlo, ma anzi, slegò il cavallo dalla colonna e si affrettò verso casa, veloce come una freccia. Arrivata a casa, tornò alla betulla, dove si spogliò del suo bel vestito, lasciò lì il suo cavallo, e corse a casa, per farsi trovare al suo solito posto in cucina. Poco dopo tornarono il padre e la strega, la quale si rivolse alla figliastra e disse, per farle rabbia: Ah, eccoti qua, piccola sventurata, dove potevi essere? Sapessi come ce la siamo spassata, al palazzo del re! Il principe ha passato tutto il tempo con la mia bambina, ma la poverina è caduta e si è rotta un braccio." La ragazza sapeva molto bene come stavano realmente le cose, ma fece finta di non saperlo, e se ne stette muta presso il forno.

Il giorno dopo tutti furono invitati di nuovo al palazzo reale. "Hei, vecchio!" disse la strega, "sbrigati a vestirti; siamo tutti invitati di nuovo dal re. Vai avanti con nostra figlia, io intanto do un pò di lavoro alla grande, così non resterà senza far niente." Andò ad accendere il fuoco, gettò una grossa manciata di semi di canapa tra la cenere, e disse alla figliastra: "Se non metti a posto tutti questi semi sparsi tra la cenere, quando torno ti uccido!" La ragazza si disperò e pianse, poi andò alla betulla, si lavò e si asciugò, e le diedero dei vestiti ancora più belli ed eleganti dell'ultima volta, e un bellissimo cavallo. Strappò un altro ramo dalla betulla, lo batté sul caminetto, e in un attimo tutti i semi di canapa furono separati dalla cenere e messi in ordine nel recipiente, e la fanciulla corse al castello.

Il figlio del re l'accolse di nuovo con calore, legò bene il suo cavallo, e la scortò nella sala del banchetto. La ragazza sedette vicino a lui come l'altra volta, ma la figlia della strega sgranocchiava qualche osso sotto la tavola, e per sbaglio il principe le diede uno spintone, e quella si ruppe una gamba, perché lui non si era accorto della sua presenza. Era veramente sfortunata! La nostra eroina si affrettò poi a tornare a casa, ma il principe aveva fatto ungere le porte con del catrame, e l'anello d'oro della ragazza rimase impigliato. Non ebbe il tempo di cercarlo, ma saltò sul suo cavallo come un razzo e fuggì a casa. Quando ritornò presso l'albero fatato, depositò lì cavallo e abito, e disse alla sua mamma: "Ho perso il mio bracciale al castello, perché la porta era piena di catrame, così è rimasto bloccato." "Non fa nulla" rispose la mamma, "te ne darò degli altri, ancora più belli." La ragazza poi tornò in fretta a casa, e quando il padre rientrò con la strega, ella si fece trovare al suo solito cantuccio in cucina, e la strega le disse: "Ah, eccoti qua, piccola sventurata, sapessi che colpo allo stomaco sei, al confronto di quella incredibile visione che c'era oggi al palazzo! Il principe non si è staccato un momento dalla mia figliola, ma sfortunatamente egli l'ha lasciata cadere, e la mia povera piccola si è rotta una gamba." La figliastra sapeva come stavano le cose, ma fece finta di niente e riprese il suo lavoro come se niente fosse.

Il mattino dopo, appena all'alba, la strega svegliò il marito, gridando: "Sveglia, vecchio! Alzati, che siamo invitati al palazzo reale!" L'uomo si alzò, la strega gli affidò la figlia e disse: "Andate avanti voi, mentre io do del lavoro da fare alla grande, così non si annoierà a stare qui da sola." Fece come al solito; questa volta versò del latte tra la cenere e disse: "Se per quando torno, non avrai raccolto tutto il latte tra la cenere, te ne farò pentire!" Questa volta la poverina era veramente terrorizzata dall'impossibile compito, così corse spaventata alla tomba della sua mamma, e grazie al rametto magico anche questa volta tutto fu risolto facilmente, poi, splendidamente agghindata e pulita, la fanciulla andò alla festa. Il principe era già lì che l'aspettava; legò il cavallo, e la scortò dentro, dove fu ammirata da tutti i presenti. A tavola la figlia della strega sgranocchiava degli ossicini sotto il tavolo, così, senza volere, qualcuno le diede una botta in faccia e quella perse un occhio. Poi all'ora di andare via, nessuno sapeva chi fosse la bella fanciulla che aveva stregato il principe, né da dove venisse, ma il principe aveva fatto spargere della pece sull'ingresso, così mentre ella fuggiva via, perse le sue scarpe d'oro. Per non perdere tempo a raccoglierle, saltò sul suo cavallo e fuggì. Quando arrivò alla betulla, disse alla madre: "Mammina mia, purtroppo ho perso le scarpe, che mi sono rimaste attaccate al pavimento dell'ingresso!" "Non preoccuparti, bambina mia," rispose la mamma, "te ne farò avere delle altre ancora più belle." Quando il padre e la strega tornarono, ella aveva ripreso il suo posto davanti al fuoco, e la perfida matrigna si divertì a prenderla in giro: "Ah, eccoti qua, piccola sventurata, dove potevi essere? Sapessi come ce la siamo spassata, al palazzo del re! Il principe ha passato tutto il tempo con la mia bambina, ma la poverina è caduta e ha perso un occhio. Tu, piccola sciocca, cosa sai della faccenda?" "Oh, proprio niente. Come potrei sapere qualcosa io?" rispose, "ho già abbastanza da fare a tenere pulita la cucina."

Nel frattempo, il principe, che aveva conservato tutti gli oggetti che la fanciulla aveva perso, si era deciso a rintracciare la sua dama ad ogni costo. Per riuscirci, decise di dare un altro grande ricevimento il quarto giorno, dove tutti furono nuovamente invitati. Anche la strega fu pronta a tornarvi con la sua diletta figlia, e per non far vedere tutte le ferite che aveva, la mascherò e la trucco ben bene, e la portò al castello. Quando tutti furono riuniti nel salone, il principe avanzò tra la folla, e gridò: "Signori, la dama che portava questo anello, questo bracciale e che calzava queste scarpe d'oro, sarà la mia sposa." Allora ci fu un gran clamore tra i presenti, e tutte le damigelle presenti si accalcarono per indossare anello, bracciale e scarpe, ma a nessuna di loro andavano bene. "La sguattera non è presente." disse alla fine il principe, "andate a chiamarla, e fatela venire a provare queste cose." La fanciulla fu accompagnata davanti al principe, ma la strega lo trattenne, dicendo: "Aspettate, Maestà, non date questi gioielli proprio a lei, che è tutta sporca di pece, fateli indossare invece a mia figlia." Allora il principe diede alla figlia della strega l'anello, e quella in un attimo lo limò e lo ridusse della dimensione giusta per il dito della figlia, ed infatti l'anello ora entrava. La stessa fece con il bracciale e le scarpe, che furono forzate finché entrarono nel polso e ai piedi della ragazza. Allora il principe fu costretto a mantenere la parola, e doveva da quel momento fidanzarsi con la figlia della strega e sposarla, volente o nolente. Allora sgusciò via in tutta fretta a casa della ragazza, perché si vergognava di avere una sposa una sposa così brutta.

Passò qualche giorno, e alla fine il principe dovette riportare al palazzo la sua futura sposa. Erano pronti a partire, quando all'improvviso la sguattera si affacciò dal suo cantuccio in cucina, con il pretesto di portare qualcosa dalla stalla, nel passare di lì, si avvicinò di soppiatto, e bisbigliò alle orecchie del principe: "Per favore, Altezza, non spogliatemi del mio argento e del mio oro." Allora il principe riconobbe in lei la servetta che gli era stata portata, e prese con sé tutte e due le ragazze e partì. Avevano fatto solo poca strada, quando giunsero sulla riva di un fiume, e il principe lanciò giù la figlia della strega a far loro da ponte, e con la sguattera attraversò il fiume. La figlia della strega rimase lì sul fiume da sola, e non riusciva neanche a muoversi, tanto il suo cuore era dilaniato. Lontana da qualsiasi aiuto umano, si disperò molto: "Possa crescere una pianta di cicuta d'oro dal mio corpo, forse mia mamma mi riconoscerà!" Appena ebbe pronunciate queste parole, il suo desiderio fu esaudito.

Dopo che il principe si fu liberato della brutta figlia della strega, prese la sguattera per sposa, e insieme si recarono alla tomba della madre di lei, presso la betulla incantata. Lì, essi furono onorati di grandi quantità di tesori e ricchezze d'oro e d'argento, e anche di un magnifico cavallo, con il quale tornarono al palazzo reale. Lì vissero felici, e dopo un pò di tempo, la giovane sposa diede alla luce un bimbo. Allora fu inviata la lieta novella a casa della strega, poiché tutti pensavano che questa fosse effettivamente sua figlia. ' Bene, bene, ' disse la strega fra sé, ' andrò da sola al palazzo a portare il mio dono al neonato. ' Partì, e quando arrivò al fiume, e vide la pianta dorata nel bel mezzo del ponte, e quando cominciò a tagliarla per portarla al principino, udì una voce lamentarsi: "No, madre, non tagliarmi così!" "Tu sei qui?" domandò la strega. "Si, mammina," rispose la cicuta, "mi gettarono sul fiume perché facessi loro da ponte." In un attimo la strega aveva ridotto in briciole il ponte, e poi si affrettò al palazzo reale. Salì le scale, e arrivò presso il letto della principessa, ed esercitò su di lei le sue arti magiche e disse: "Sputa sul mio coltello, miserabile, e ti trasformerò in una renna." "Siete venuta qui per farmi del male?" disse la giovane principessa. Fece appena in tempo ad aprir bocca che fu trasformata in renna, e al suo posto nel letto mise sua figlia. Ma al bambino mancavano le cure della sua mamma, ed era perciò inquieto e piangeva sempre. Le balie provavano a calmarlo in ogni maniera, ma non c'era niente da fare, piangeva continuamente. "Ma perché fa così?" chiese allora consiglio il principe a una vedova. "Ahi, ahi, Maestà. Vostra moglie non è in casa con voi, è stata mutata in renna e adesso vaga per la foresta." spiegò la donna, "Siete stato ingannato da una strega, la stessa che ha trasformato la principessa e ha messo sua figlia al suo posto." "E non c'è modo di riavere mia moglie?"chiese il principe. "Lasciate il bambino con me; me lo porterò al pascolo domani. Forse il fruscio delle betulle e il tremolio dei pioppi lo tranquillizzeranno un pò" "Va bene, vi lascerò il bambino, perché lo portiate nel bosco con voi." disse il principe, e lasciò la vedova nel castello.

Quando la strega sentì che il principe voleva far portare dalla vecchia vedova il bimbo al pascolo, cercò di opporsi, ma il principe rimase fermo sulle sue posizioni e fece portare via il bambino dalla vedova nel bosco, al pascolo. La donna al margine della palude, e vedendo un branco di renne, cominciò a cantare:

"Bella renna dagli occhi chiari e dalla pelle rossa, vieni a prenderti cura del tuo pargolo! Quel terribile mostro senza cuore, quella spietata mangiatrice d'uomini non se ne prende più cura e lo ha abbandonato a se stesso, e possono forzarlo quanto vogliono, ma egli non vuole lei, vuole la sua mamma."

Immediatamente la renna si avvicinò, si spogliò delle sue sembianze animali, e tornò donna; prese il suo bambino tra le braccia, lo cullò e lo coccolò tutto il giorno, ma venuta sera, essa doveva tornare dal branco, così disse alla brava donna: "Portatemelo ancora domani e dopodomani; dopo sarò condannata a vagare con il branco verso altre terre."

La mattina dopo la vedova tornò al castello a prendere il bambino. La perfida strega naturalmente cercò di opporsi, ma il principe disse: "Prendetelo e portatelo all'aria aperta, così stanotte sarà certamente più tranquillo." La donna prese il piccolo tra le braccia, e lo portò nella foresta. Giunta sul posto dove avevaincontrato la renna il giorno prima, ricominciò a cantare il suo richiamo:

"Bella renna dagli occhi chiari e dalla pelle rossa, vieni a prenderti cura del tuo pargolo! Quel terribile mostro senza cuore, quella spietata mangiatrice d'uomini non se ne prende più cura e lo ha abbandonato a se stesso, e possono forzarlo quanto vogliono, ma egli non vuole lei, vuole la sua mamma."

Immediatamente la renna lasciò il branco e venne ad accudire il bambino come aveva fatto il giorno prima, e tra le braccia della mamma il bimbo era tranquillo e felice. Il principe, che intanto meditava sul da farsi, tornò a chiedere alla vecchia se ci fosse il modo di ritrasformare la renna in donna. "Non lo so" rispose, "venite domani nel bosco con me, e quando la renna si spoglia della sua pelle, io le pettinerò i capelli, e mentre io farò così, voi brucerete la sua pelle."

Il giorno dopo andarono tutti e tre nel bosco, e come gli altri giorni, la buona donna chiamò la renna, la quale accorse ad accudire il suo piccolo come al solito. Allora ella disse alla principessa: "Dal momento che da domani non vi vedrò più, lasciate che vi pettini la vostra bella chioma per l'ultima volta, così mi ricorderò meglio di voi." La principessa acconsentì; si tolse la pelle di renna e si lasciò pettinare dalla vedova; nello stesso momento, il principe, senza farsi vedere, buttò la pelle tra il falò. "Sento odore di bruciato" disse la principessa, e guardandosi intorno, vide suo marito. "Siete voi! Avete bruciato la mia pelle! Perché l'avete fatto, marito mio?" "Per restituivi la forma umana." "Avete fatto male, adesso non ho più niente per coprirmi, me disgraziata!" disse la principessa, e si trasformò prima in una rocca, poi in uno scarabeo, poi in un fuso, e in altre incredibili forme. Ma ad ogni sua trasformazione il principe distruggeva tutto, finché alla fine ella tornò di nuovo donna. "Ahimè, perché vuoi portarmi a casa, adesso, dove c'è la strega che sicuramente mi mangerà?£ disse la principessa. "No, non ti mangerà" rispose il marito, e insieme tornarono a casa con il bambino. Ma quando la strega li vide arrivare, lei prese sua figlia e scappò via con lei, e se non si è fermata, sta ancora scappando. Così il principe, la vera sposa e il bambino vissero a lungo felici e contenti.

 

 

 

Fiaba presa da 

Parole d'autore Vale76

 

 

 

 
 
 

Il paese dove non si muore mai

Post n°13 pubblicato il 17 Dicembre 2011 da madamefairy

 

 

La fiaba racconta di un ragazzo che un bel giorno decise di partire alla ricerca del paese dove non si muore mai. A tutte le persone che incontrava per il suo cammino chiedeva dove si trovasse questo paese, ma nessuno sapeva rispondergli. Fece un incontro con un vecchietto che trascinava una carriola carica di pietre, il quale le disse che se non voleva morire sarebbe dovuto rimanere con lui.

Non sarebbe morto fino a quando il vecchio non avrebbe trasportato la montagna con la sua carriola. Per fare tutto ciò ci sarebbero voluti cento anni. Dopodiché il ragazzo sarebbe morto. Ma il ragazzo non voleva ciò, così decise di proseguire il suo cammino. Arrivò in una foresta dove incontrò un altro vecchietto che tagliava i rami. Questo le rispose che se non voleva morire sarebbe dovuto rimanere con lui fino a quando non avrebbe finire di tagliare la foresta con la sua falce. Per fare ciò ci sarebbero voluti duecento anni e dopo sarebbe morto.

Ma il ragazzo neanche in questo caso accettò perché non era quello che voleva. Continuò il suo viaggio e arrivò in riva al mare dove trovò un altro vecchietto che guardava un’anatra che beveva l’acqua del mare. Il vecchio le disse che non sarebbe morto fino a quando l’anatra non avrebbe bevuto tutta l’acqua del mare e ci sarebbero voluti trecento anni e poi sarebbe morto.

Ma neanche questa volta il ragazzo accettò e andò via. Una sera arrivò in un palazzo e dopo aver bussato alla porta, comparve un vecchio. Alla domanda del giovane dove si trovasse il paese dove non si muore mai, si sentì rispondere dal vecchio che era quello il paese dove non sarebbe morto mai. Così il ragazzo rimase con il vecchio per moltissimi anni ma un giorno pensò di volere tornare a casa a trovare i suoi genitori.

Ma il vecchio le disse che era passato ormai tanto tempo, tanto che i suoi genitori erano morti. Così il giovane rispose che voleva andare a rivedere il suo paese e il vecchio le diede un cavallo bianco che correva velocemente solo che non doveva assolutamente mettere i piedi a terra, altrimenti sarebbe morto. Il ragazzo prese il cavallo e partì. Arrivò al suo paese ma non trovò la strada che lo conduceva a casa sua, chiese notizie dei suoi amici e della famiglia, ma nessuno sapeva rispondergli.

Così pensò di ritornarsene indietro e nella strada del ritorno incontrò un carretto trascinato da un bue. Il giovane si fermò poiché il carrettiere aveva bisogno di un aiuto per la sua ruota rimasta incastrata. Ma il ragazzo le rispose che non poteva mettere i piedi per terra. Ma ebbe talmente pena del carrettiere che scese da cavallo e subito appena mise un piede a terra il carrettiere lo prese per un braccio dicendogli che era la Morte e non poteva sfuggirgli. E così il ragazzo morì come fecero tutti gli altri uomini.

Italo Calvino

 
 
 

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Incantesimo di uno

Spirito dei Tumuli

 

Fredda la mano ed il cuore e le ossa,
Freddo anche il sonno è nella fossa:
Mai vi sarà risveglio sul letto di pietra,
Mai prima che muoia il Sole e la Luna tetra.
Nel vento nero le stelle anch'esse moriranno,
Ed essi qui sull'oro ancora giaceranno,
Finchè l'oscuro signore non alzerà la mano
Sulla terra avvizzita e sul mare inumano.

 

Tolkien

 

 

 

 

 

 

 

 

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