Creato da ShamanaInteriore il 25/06/2007

Madre Terra

Appunti sul Mito della Dea Madre

 

 

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La Dea Madre di Vicofertile 

Post n°9 pubblicato il 23 Luglio 2007 da ShamanaInteriore
 



Era la dea madre, la grande divinità della vita, della morte e della rinascita.
Nel marzo 2006 una statuina femminile che la raffigura è stata trovata a Vicofertile, in provincia di Parma, in una sepoltura risalente alla metà del V millennio a.C., dunque al Neolitico pieno (cultura dei Vasi a Bocca Quadrata).
Statuette, generalmente frammentarie, che riproducono la dea erano già state trovate in diversi insediamenti neolitici; è però la prima volta che, nell'Italia settentrionale, una statuetta raffigurante la dea madre viene rinvenuta all'interno di una sepoltura e per giunta intera.
La statuetta, che fa parte del corredo funerario di una donna matura, era posta davanti al viso della defunta, al di sopra del suo braccio sinistro piegato; nella stessa sepoltura sono stati trovati anche due vasetti, uno con imboccatura quadrata e l’altro con stretto orlo svasato, a imitazione del tipo di vaso di origine peninsulare (“Ollette tipo Serra d’Alto”).




La statuetta è di ceramica d’impasto nero mal cotta, fattore che indica che sia stata fatta unicamente per uso funerario. È lunga quasi 20 cm e raffigura una donna seduta, con il volto ovale nel quale sono segnati gli occhi a fessura e il naso prominente, i capelli lunghi, il busto esile con i seni triangolari, le braccia staccate dal busto e piegate con le mani che si congiungono all’altezza della vita.
La parte inferiore è massiccia, con le gambe piegate e i piedi indistinti. Alcuni dettagli, come le dita delle mani, indicano l’estrema cura nella realizzazione.
La statuina appartiene alla tipologia classica delle statuine della cultura “dei Vasi a Bocca Quadrata”, già nota da vari frammenti di dimensioni più ridotte, tutti rinvenuti in contesti di abitato o in grotte.
La straordinarietà del ritrovamento sta quindi nel fatto che sia la più grande e la prima rinvenuta intera e in un contesto sepolcrale.
Affiancano la sepoltura della donna 4 sepolture maschili: a destra quella di un bambino di 7-8 anni con due asce di pietra levigata, a sinistra quella di un giovane di 20 anni con una lama di ossidiana e una piccola ascia mentre le sepolture dei due giovani - poste a maggior distanza - non hanno corredo.
Anche se deve ancora essere indagato l’eventuale rapporto tra le 5 sepolture è innegabile la centralità della sepoltura femminile. Tutti i defunti sono posti nella tipica posizione neolitica “del sonno”, rannicchiata sul fianco sinistro, col capo ad est e il volto verso sud.



Ricostruzione di una sepoltura ad inumazione del Neolitico Medio (Cultura dei Vasi a Bocca
Quadrata, IV millennio a.C.) da Quinzano, Verona.



LA DEA MADRE

La spiritualità dei popoli privi di scrittura può essere solamente intuita a partire dagli oggetti di culto e dalle testimonianze artistiche.
Nel caso della religiosità dei più antichi popoli agricoli, numerosi idoletti femminili presenti nel Vicino Oriente e nell’Europa
sud-orientale, fino all’Italia, sono ritenuti la raffigurazione simbolica della dea madre.
Si tratta della rappresentazione di un culto della fertilità che viene generalmente espresso, pur con notevole variabilità, con i tratti di una donna obesa o quantomeno caratterizzata da
una marcata accentuazione del bacino e del sesso, sedi del concepimento e della nascita.
Questa venerazione della dea madre sembra essersi propagata attraverso tutte le più antiche comunità agricole, di pari passo con la diffusione dell’agricoltura, a partire dall’VIII millennio a.C.
E’ rarissima, in questi contesti, la raffigurazione del maschio mentre il simbolo della virilità sembra spesso essere rappresentato dall’immagine del toro o delle sue corna.
In realtà anche nell’antichissima arte paleolitica, espressione delle comunità di cacciatori, compare spesso un’immagine femminile che sembra dimostrare come la donna, in quanto generatrice, sia sempre stata il simbolo della vita e della riproduzione.
Per le popolazioni di agricoltori, tuttavia, essa si carica di nuovi significati, essendo assimilata alla terra fecondata dal cui grembo nasce, ogni anno, la vegetazione che assicura il sostentamento alle comunità umane.
Il ciclo regolare della vegetazione che nasce, muore e rinasce diventa allora una promessa di rinascita anche per gli esseri umani e la dea madre/madre terra diventa, di conseguenza,
la signora della vita, della morte e della rinascita.
E’ questa la ragione della presenza di idoletti femminili in alcune tombe del Vicino Oriente, dell’Europa sud-orientale, della Sardegna e adesso – grazie al ritrovamento di Vicofertile - anche dell’Italia settentrionale.
Ogni gruppo culturale ha espresso l’immagine della dea in uno stile peculiare e talvolta in più forme differenti, che secondo alcuni studiosi potrebbero essere indicativi dei molteplici
aspetti della natura divina della dea madre.


( Articolo di Carla Conti, informazioni scientifiche di Maria Bernabò Brea, da http://www.archeobo.arti.beniculturali.it )

 

 
 
 
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Rifiutati di cadere.
Se non puoi rifiutarti di cadere,
rifiutati di restare a terra.
Se non puoi rifiutarti di restare a terra,
leva il tuo cuore verso il cielo,
e come un accattone affamato,
chiedi che venga riempito,
e sara’ riempito.
Puoi essere spinto in giu’.
Ti può essere impedito di risollevarti.
Ma nessuno puo’ impedirti
di levare il tuo cuore
verso il cielo -
soltanto tu.
E’ nel pieno della sofferenza
che tanto si fa chiaro.
Colui che dice che nulla di buono
da cio’ venne,
ancora non ascolta.

Clarissa Pinkola Estés
“Il giardiniere dell’anima”




 

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Io fui Guerriero. Il mio braccio era forte, il mio passo veloce, il mio respiro quello del cervo quando lo inseguivo.
Il mio cuore quello del cinghiale quando lo stanavo.
Il mio occhio quello dell'aquila perchè non avevo limiti.
Ora la mia spada è sepolta e il mio sonno tra le pietre ruba al vento il ricordo dei canti e delle battaglie.
Ma profonde radici mi legano.
E io sto - nella terra - con il mio Tempo.

Io fui Druido. La mia mente era forte, la mia fede luminosa, la mia sapienza come pozzo profondo e mai prosciugato.
La mia magia come musica nell'armonia degli elementi.
Ora la mia arpa è sepolta e il mio sonno tra gli alberi ruba al cielo il ricordo delle stelle.
Ma profonde radici mi legano.
E io sto - nell'aria - con il mio Tempo.

Io fui Donna. La mia anima era forte, il mio sorriso l'aurora distesa sul fianco dei monti.
Il mio respiro rugiada sull'erba di Beltane.
I miei fianchi la soglia nella sacra notte di Samhain.
Ora la mia chioma si è fatta vento per cullare il sonno del guerriero, e i miei occhi sono stelle per vegliare il riposo del sapiente.
E io sto - nell'universo - a custodire il Tempo.

(Mariangela Cerrino)

 
 

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VIAGGIO



Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno non temere, non sarà questo il genere d'incontri se il pensiero resta alto e il sentimentofermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo né nell'irato Nettuno incapperai se non li porti dentro se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga che i mattini d'estate siano tanti quando nei porti - finalmente e con che gioia - toccherai terra tu per la prima volta: negli empori fenici indugia e acquista madreperle coralli ebano e ambre tutta merce fina, anche aromi penetranti d'ogni sorta, più aromi inebrianti che puoi, va in molte città egizie impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca - raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo,per anni, e che da vecchio metta piede sull'isola,
tu, ricco
dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.


(Costantino Kavafis)

 
 

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