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Metti una sera d'estate sul divano con la birra

Post n°61 pubblicato il 19 Luglio 2009 da ilMEV
 


E' passata una vita da quella sera!



Questa era la nostra colonna sonora assieme ai rumori di sottofondo che venivano dall'Arena. Eravamo nel tuo appartamento, stranamente vuoto di persone, ma non di tutte le cose che ti giravano intorno. 

Io avevo voglia di ascoltare questa canzone e tu hai acceso il mangianastri (non c'era ancora il cd in quella casa e io avevo la cassettina con un po' di canzoni rap che ti avrei poi regalato). 

Mi chiedesti cosa altro avrei voluto. 

Risi forte.

Lo sapevamo tutti e due cosa volevo. 


Estate 1996... io avevo 20 anni ed ero un concentrato di ormoni pronti a scoppiare addosso a qualsiasi femmina che avesse provato ad accendere i miei pensieri... tu avevi 17 anni e tanta voglia di divertirti... sicuramente era più donna tu di quanto fossi stato uomo io. Ma questo lo avrei capito molto più tardi...


Mi sedetti sul divano e aggiunsi che avrei voluto una birra.

Tu andasti nell'altra stanza a cambiarti e tornando ti fermasti davanti al frigo, ti chinasti facendo in modo che io potessi vedere il tuo seno strizzato in quel tubino nero e prendesti una birra. 
Cavatappi al solito posto e poi tu desti una sorsata al collo della bottiglia. 

Ti avvicinasti ancheggiando.

Un altro sorso abbondante e poi mi passasti la bottiglia in una mano e il cavatappi nell'altra. 


Ora che avevo le mani impegnate tu sapevi che potevi giocare con me. Sei sempre stata il gatto ed io il topo o forse un cane remissivo ai tuoi giochi. Ti eri già accesa. lo avevo capito dalla risata mentre andavi nell'altra stanza. 

In un attimo fosti a cavalcioni su di me, sulle mie gambe per misurare quanto potessi eccitarmi in quella situazione. 

Ormai non avevo più controllo. Bruciavo. Io, la situazione, il mio amico che avrebbe voluto venire a trovarti, i pensieri, la situazione di nuovo e tutto quello che c'era.

Mi baciasti sul collo, dietro all'orecchio e quando arrivasti lì mi sussurasti che volevi fare un gioco e che io non avrei dovuto muovermi. 

Era un'affermazione e io non dovevo rispondere nulla. Solo stare fermo e al tuo gioco. Solo che era così difficile. Mi ricordo ancora oggi di quanto fosse difficile non dimenarmi, non dare una spinta pelvica, non venire a cercare il tuo paradiso con tutto quello che avrei potuto e voluto darti.  Mi sentivo scoppiare.

Il tempo di 3 canzoni, forse 12 minuti, forse 15, non lo so... so che la birra era finita e io non ti avevo ancora baciata. 

Ero stato bravo al tuo gioco e ti eri stupita. Stavo resistendo oltre ogni tua immaginazione. Gli altri cadevano nella tua  tela nel giro di pochi minuti, a me sembrava di resistere da un'eternità... 


Quando cedetti al tuo seno, dolce, caldo, abbondante, giovane e morbido ci infilai tutta la faccia che avevo, ci buttai la lingua e impazzii. 


Era come se fossi arrivato alle porte del paradiso e solo una scala mi avesse diviso da esso. Mi stavo trattenendo dal fare gli scalini due a due per riuscire ad arrivare più in alto di tutti e di tutto. Arrivare dove tu non ti saresti mai aspettata. Vedevo la cima della montagna da scalare e sapevo che era alla mia portata, dovevo solo avere la pazienza di farlo.

[...]

Proprio in quel momento tu decidesti che il gioco era finito e ti alzasti dicendomi che gli altri ci aspettavano, non potevamo tardare oltre, cosa avrebbero pensato? 

Il gioco prevedeva l'ubbidienza e malincuore uscii di casa abbandonando birra e cavatappi sul tavolo in veranda, sperando che tu cambiassi idea e mi richiamassi dentro per finire questo gioco...


Non successe quella sera, anzi, aspettammo un altro anno ma poi recuperammo tutto il tempo perduto. 

[...]

Ora sei sposata, hai una figlia, chi ci ha fatto conoscere se ne è andato e malgrado tutto quello che è stato, ci vedremo ancora negli stessi posti e non saranno più quei tempi del "casa mia" o "casa tua" a turno. Sarà tutto diverso ma io quella serata non la scordo più e ti ringrazio ancora. 



Fare l'amore con te era bellissimo, non farlo è stato divino.

 
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