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Post n°1038 pubblicato il 07 Febbraio 2009 da charliebrowna
 

“Era una magnifica giornata, tiepida e  trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate  e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo  la sera prima…”

Una serata tranquilla. Il sonno era giunto regolarmente, come il fisco avrebbe detto il babbo.
L'insonnia alle prime luci dell'alba ormai era una compagna fedele. Non se ne innervosiva neanche più. Anzi, era un dolce risveglio guardar la sveglia e veder quei piccoli numeri rossi che le davano il buongiorno.
Aveva acceso le luci della veranda, era uscita, si era seduta al tavolo, aveva scostato la vecchia tela, riflettendo su come procedere. Ugatto l'aveva seguita miagolante per qualche carezza e si era acciambellato sulla sdraio sbilenca con un'ultima occhiata sdegnata.
Un silenzio c'era, una luna grande così, di un bianco tale che se spegneva la luce vedeva lo stesso. Beh non esageriamo ora. Aveva pure scelto uno di quelli difficili. La cornice era stata abbastanza veloce da risolversi. Ma la metà superiore era tutta cielo di un azzurro perfetto. Manco un cirro per sbaglio ad agevolare il ritrovamento di tre o quattro tessere. La parte inferiore una pista innevata, uno chalet per noleggio sci, con tutte le paia colorate di tutti i colori del mondo in bella mostra. Ottima scelta. Complimenti. In un paio di mesi forse lo si farà montar da appendere, se tutto va bene.
Però, dai, il cielo in realtà era quasi completo, una tavola d'azzurro che le ricordava quell'estate al mare in Francia. Quando aveva conosciuto Daniel. Due ragazzini di sedic'anni. Si parlavano a gesti, che non avevano una lingua in comune, se non quella degli sguardi che si scambiavano. E lui aveva questi occhi che ridevano, la invitava sempre sulla spiaggia, lei musona e spaventata, faccia spiaccicata sui compiti delle vacanze. Poi quel giorno l'aveva irretita con un ghiacciolo alla menta, contro il cielo azzurro. Avevano sorriso ed erano corsi incontro ai sospiri del primo amore.
Ecco, questo piu' scuro si incastra perfettamente qui, fra il cielo e il crinale piu' ombroso della montagna. Che è stata la parte più facile. I canaloni, i dislivelli, qualche alberello rinsecchito qua e là. Radunare le tessere giuste non era stato poi difficile. Come lo era stato crescere in fretta. Quando l'infame destino aveva bussato imprevisto e si era portato via gli affetti in un colpo solo. E aveva dovuto prendersi cura di sè, accettare la generosa carità altrui ingoiando l'orgoglio, ma giurandosi che al più presto sarebbe andata avanti sulle proprie gambe, senza sostegni compassionevoli altrui. E quando si ha ben chiaro il progetto, si è convinti, si sacrifica tutto per un obiettivo ben preciso, si ottengono sempre i risultati. E si era ritagliata la sua vita. Certo qualche cicatrice era rimasta a ricordarle quel che aveva lasciato cadere dimenticato. Scampoli di emozioni buttate, zavorre di brividi che avrebbero rallentato la riuscita.
Come ora. Pensare troppo non va bene, non aiuta a cercar un sistema per separare tutti sti pezzetti di sci, stanghette colorate tutte uguali, se mi perdo nei ricordi altro che due mesi, ci vorranno anni. Bisogna concentrarsi, non c'e' niente da fare, essere sempre focalizzati sulla metà, tutto è nella pianificazione, nell'avere sottocontrollo il punto d'arrivo. Unico neo era l'essere priva di un compagno? Presto trovato. Che ci vuole. Un bravo ragazzo, di quelli che non tradiscono, che non deludono, che non sorprendono, di quelli che stan lì, ti ascoltano ti carezzano ti guardano. E lui era stato un buon compagno, non le aveva fatto mancare nulla, non l'aveva mai lasciata sola.
La schiena si è anchilosata. E' anche quasi giorno fatto. Anche la composizione e' decisamente a buon punto. Forse per settimana prossima puo' farlo montare. Sorride, gira la testa a destra poi a sinistra piano, scrolla le spalle, si avvicina a Ugatto per coccolarlo, ora può farlo.
Si siede sul bordo della sdraio. Che scema, la seggiola si muove bruscamente. Il micio si sveglia di soprassalto. Spaventato, si dilegua dietro l'angolo di casa. Non prima di essere zompato sul tavolo, buttando per terra tutte le tessere che finivano sotto le sue zampette. Non riesce a far a meno di rivedersi. Quella sera aveva finito di lavorare presto, aveva comprato qualcosa in rosticceria ed era corsa a casa. Finalmente poteva stare un pò con lui, l'avrebbe reso felice. Li trovò sul divano. Lui e sua cugina. Quella stessa che anni prima mano nella mano alla propria madre l'aveva accolta orfana, come se facessero la loro buona azione quotidiana. Ora era lì che fintamente contrita si copriva. Mentre lui le si faceva incontro farfugliandole scuse. Scuse, non per il suo comportamento, ma per non aver avuto il coraggio di dirglielo prima. Era scappata via. Scivolando come se sotto i suoi piedi ci fosse una lastra di ghiaccio. Prima che quella lastra si rompesse inghiottendola.
Non se ne capacita. Non ha parole. Una piccola distrazione. Una sua insulsa sbadataggine. Un momento di rilassatezza dalla prestabilita tabella di marcia. E tutto in polvere. Tutto. Per colpa sua.
Doveva prendere la scopa. Scopa e paletta. Raccogliere tutto. Pulire. Pulirsi. Ricominciare daccapo. 

 
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