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Un blog creato da comparse_e_figuranti il 02/06/2008

Comparse e Figuranti

Come interpretare se stessi e sopravvivere...

 
 

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Italiani (romani) brava gente... (sottotitolo: ma anche no!)

Post n°17 pubblicato il 20 Ottobre 2008 da comparse_e_figuranti
 
Foto di comparse_e_figuranti

Per una volta, prima e ultima, sarò serio…

Ecco, ho finito.

Adesso invece vorrei parlare di una cosa che ho notato sui bus di Roma: l’utente medio. L’utente medio del bus di Roma è filippino, o ucraino, o polacco o rumeno, o senegalese, o turista. I romani non usano il bus ma rigorosamente la macchina o il motorino. Spesso l’unico utente romano del bus è l’autista, ma non sempre: a volte alla guida c’è uno di Viterbo. Gli americani sul bus sono facilmente riconoscibili: le donne hanno sempre la VII di reggiseno e il loro peso può essere misurato solo presso il bacino di stazza dei cantieri navali di Monfalcone.Gli uomini americani invece tengono in mano la cartina di Firenze (ma siamo a Roma). I giapponesi, ovviamente, sono molto ma molto riconoscibili: a differenza dei cinesi e degli asiatici in genere, non girano mai in gruppi con meno di 140 componenti. I tedeschi li individui dal fatto che son le loro mogli a decidere quando si scende, se si scende, e chi scende. Ci sono ancora mariti tedeschi sul 36 che non sono mai scesi dal bus da 4 anni. Le simpatiche badanti russe, o ucraine, o moldave, le riconosci dal fatto che dentro ognuna di loro ce n’è un’altra, che ne contiene un’altra e così via. I finlandesi son troppo semplici da riconoscere: non dicono mai parole più corte di “Gilhappolinannenkonellaine” (che poi vorrebbe dire “Salve!”). Per chiederti un’informazione turistica ci mettono dai 4 ai 6 mesi. I pakistani e gli indiani li si può riconoscere dal fatto che son tutti vestiti da cuoco. Anche a carnevale. Ma parliamo di italiani… I milanesi sul bus li riconosci subito: amano farsi credere romani e pronunciano degli improbabili “Ammazza aò” aggiungendo un “ ciumbia, neh!” alla fine che ne tradisce le origini. I bresciani li becchi facile: capisci che sono italiani dal fatto che sul bus leggono Libero, ma quando parlano non si capisce nulla e ti viene il dubbio. Ecco, quando hai quel dubbio allora sai che sono bresciani. I bergamaschi sono tra i più elementari da individuare: già a metà corsa hanno fatto, scritto e ben disegnato il progetto per ergere un muro in mattoni e cemento a metà del bus. Finestra compresa. E i veneti? Beh, facile riconoscere anche loro: ogni 8 (otto) parole danno a nostro Signore vari appellativi (Cane, suino, antipatico, derelitto, mentecatto e molto spesso diversamente abile, poiché anche i veneti iniziano ad avere un’etica nella dialettica). Molto difficili da riconoscere sono i napoletani, se non fosse per quell’enorme tatuaggio di Maradona che tutti, bambini inclusi, hanno sul braccio. Riconoscere un siciliano è quanto mai facile: alla domanda “scusi, saprebbe dirmi l’ora?” solo i siciliani, pur dotati di orologio, ti rispondono con un deciso “Ntz!” anche se poi ti porgono il loro polso lasciandoti l’incombenza di leggertela da solo. Ma i più facili in assoluto da riconoscere sono gli utenti di Pordenone. Qualsiasi sia la domanda a loro rivolta, la loro risposta verrà preceduta dalla frase “Io sono di Pordenone”. Elementare.

Trovo imperdonabile che i romani non usino i mezzi pubblici.

Tutto sto discorso idiota per dire che noi italiani, ma dovrei limitarmi a dire - noi romani – (ma io non sono romano), ci lamentiamo dello smog, del traffico, del costo del carburante, della mancanza di parcheggi e poi usiamo la macchina anche per andare a prender le sigarette sottocasa. Alla fin fine, siamo ecologici, economi, altruisti,  solo quando ci è comodo esserlo.

Domani andrò in centro con un bus diverso dal consueto e magari tutte queste mie teorie saranno ribaltate, quindi non tenetene troppo conto.

 

Morale: La gente è il più gran spettacolo del mondo. E non si paga alcun biglietto (Charles Bukowsky).

 
 
 

SuperAnalotto! (sottotitolo: perchè ci vuole c...fortuna)

Post n°16 pubblicato il 16 Ottobre 2008 da comparse_e_figuranti
 
Foto di comparse_e_figuranti

Tra una fetta biscottata e l’altra

(che poi son sempre e solo due, in questi tempi di cinghia stretta),

stamane mi è sorto uno di quei famosi quesiti planetari, il classico quesito dell’Uomo della Strada (che, da come si nota nella foto sopra, ormai la strada deve comprarsela tutta per starci comodo): “ma..Se avessi quei 90 milioni del superenalotto, che me ne farei?”. Assodato che ne regalerei un po’ in beneficienza a me stesso e ad altri poveracci come me, che ne darei un altro po’ a certi familiari a cui tengo (1), che ne approfitterei per comprare il più bel catamarano mai costruito per girare in lungo e in largo questo strano pianeta a forma di palla, che ne terrei alcuni per sanare i miei piccoli debiti, di ciò che rimarrebbe ( e cioè SOLO 80 e passa milioni) che ne farei? Farei il mecenate tipo Bill Gates? Oppure lo speculatore? Farei acquisti stupidi (tipo una camicia di costo superiore ai 9,99 euro) o ne farei solo di sensati – nel senso che ha ora per me ADESSO la sensatezza - ? Ce la farei a non comprarmi uno di quei mostruosi Hummer senza senso che vedo annaspare e grattugiarsi nei vicoli di Roma? Ce la farei ad evitare di andare a cena ogni sera al ristorante sardo qui sotto o persino ad evitare di comprarlo direttamente? E ce la farei a non comprare una griglia da kebab con annesso pakistano silenzioso che me lo prepara allo schioccare delle dita? E ce la farei a non andare a New York con jet privato, magari pilotato da due baldraccone ucraine? E riuscirei a resistere alla tentazione di chiamare John Petrucci per farlo suonare nel mio bagno mentre mi faccio la barba? E saprei evitare di andare da tutti i miei ex-datori di lavoro col mio elicottero atterrando proprio sul tetto del loro ufficio? E riuscirei a non comprarmi la Stratocaster appartenuta a Steve Ray Vaughan? O un reggiseno autografato di Veronica Zemanova? E riuscirei, mi chiedo, a non telefonare a Roberto Baggio per dirgli “hey minchione, come stai?”? Insomma… difficile rispondersi. Più semplice forse pensare che anche oggi contribuirò alla gioia altrui ( e delle Finanze Pubbliche) con 3 euro. Forse 2, ché oggi devo comprare il biglietto del bus. E mi avanzano anche i 30 cent per la telefonata a Roberto Baggio!

 

 
 
 

Elefantini da estinguere (sottotitolo: Ma te...rasso?)

Post n°15 pubblicato il 09 Ottobre 2008 da comparse_e_figuranti
 
Tag: Inferno
Foto di comparse_e_figuranti

Non è un blog d’informazione questo.

Né di divulgazione, di denuncia o di “outing”. Neppure di gossip o di cronaca. Nemmeno io so bene cos’è ‘sto blog. Forse è solo una mia appendice mentale, un catino artificiale ove riporre il vomito dei pensieri, quelli meno profondi, quelli che son così scemi da non poterne parlare con nessuno. Già, perché oggi va di moda confidarsi, raccontarsi, spogliarsi davanti a tutti. Nel profondo. Tutti dicono tutto a tutti. E forse non è così sbagliato. Ma non credo sia razionale, né utile, e neppure così “politically correct” pensare che il dialogo con lo sconosciuto è più facile, meno impegnativo e soprattutto meno doloroso. E io non ho mai fatto scelte “troppo comode”. Oddio, talvolta mi possono essere sfuggite alcune scelte di ripiego, ma non per quanto concerne l’argomento di cui voglio trattare oggi. Ennò! Su certe cose non transigo, divento un animale, un barbaro senza Dio, un macellaio del dubbio, E son ben felice di comunicare ad altri, amici o sconosciuti che siano, i miei convincimenti, i miei assiomi (pochi ma sicuri), le mie rare certezze.

Parlo di quello che sto per parlare dopo anni di silenzio, anni di cupo dolore interiore, anni di mutismo, di egemonico soprassedere. Stavolta NO! Enne-O! Non ci sto! Mi erompe dal cuore, dai macilenti organi interni, dal pozzo dell’anima, e dal fondo del barile della mia impolverata mente. Non posso più tacere, non posso più trarre in inganno me stesso e gli altri. Devo confessarmi, ora, qui, adesso.

…Tempo fa, non molto tempo fa, ma nemmeno poco tempo fa, insomma qualche tempo fa, diciamo un pezzetto di tempo fa, praticamente alcuni tempi fa, quando ancora non avevo lasciato che la nebbia della realtà mi offuscasse ciò che di importante mi rimaneva, ho sentito qualcosa che mi ha fatto, in quel frangente, piangere. Non proprio lacrimare fuori, ma gli occhi del mio intimo erano lucidi, anzi, davvero bagnati. Un’azienda innominabile (ma che nominerò dopo), a scopi meramente commerciali, per promuovere un suo indegno prodotto, per vendere e guadagnare, per permettere ai suoi titolari e managers di vivere comodamente seduti su un divano di classe, o di correre in una macchina tedesca di classe, o di mangiare cibo di classe, leggere libri di classe e persino defecare seduti su un bel water di classe, usò un brano musicale come sottofondo per una televendita. Il prodotto da spingere era un materasso, un normale materasso, un orribile materasso, un cazzo di materasso. Come avrete capito, l’azienda di cui parlo è quella del materasso coll’elefantino, quella per cui Mastrota ancora esiste. Quella che pur di vendere un materasso in più è capace di “regalarti” una rete, un copriletto, un set di lenzuola, due cuscini, una bicicletta, un elicottero, una portaerei e un condominio a Bratislava. E se hai già il condominio a Bratislava puoi cambiarlo con un apriscatole elettrico. La famigerata Eminflex! Ebbene, il concept-project-marketing-e-vaffanculo (aggiungo io) manager di suddetta azienda suppose che la migliore musica da affiancare alla vendita di un cazzo dei suoi materassi sarebbe stata “From the Beginning” degli Emerson, Lake and Palmer. E lo FECE! Il dannato lo FECE! E io piansi.

L’imbecille non sapeva, non poteva sapere che stava compiendo l’Errore della sua miserabile vita, ma non per questo avrà perdono da me, non per l’inconsapevolezza avrà la redenzione del peccato, non per l’ingenuità della scelta avrà indulto. NO! Enne-O! Il Profanatore deve soffrire, e allora che gli vengano addosso mille pulci di cammello e che lui abbia le braccia troppo corte per grattarsi o per cacciarle, che gli venga fame proprio nel momento in cui tutti i ristoranti chiudono, che gli venga sete proprio quando l’idraulico gli ripara le tubature di casa, che gli venga mal di denti a farmacie chiuse per ferie definitive, e che gli venga l’alito da cloaca al primo (e ultimo) appuntamento con una cazzo di top model, che gli venga un disastroso e prolungato attacco di meteorismo nel preciso istante in cui si siede nello scompartimento di un treno pieno di camorristi schizzinosi, che l’ultimo bacillo di peste bubbonica sul pianeta vada a posarsi, allegro e vivace, dentro il suo bicchiere di Evian, che la sua macchina finisca la benzina proprio davanti ad un bar di sodomiti. Insomma, che la sua vita sia un inferno. No, dippiù. Due inferni. Pure tre.

 

P.s.: From the Beginning, tratto dall’album “Trilogy” del 1972, è un brano con il quale mi sono avvicinato allo studio della chitarra. E’ uno di quei brani che ogni chitarrista principiante vede come prima tappa per il raggiungimento della Conoscenza. E’ uno di quei brani che, una volta che l’hai sentito non lo dimentichi mai. E’ un brano che mi porto dietro da quando avevo 10 anni. Quando i miei amici ascoltavano Antoine che tirava le pietre o Ranieri che comprava rose rosse. E’ un brano che mi ha aperto le porte dell’Udito. E con lui tutto l’album, che rimane tutt’oggi una pietra miliare nella storia della musica. E l’ira del Divino colpirà chi ha osato tanto… Ipse Dixit.

 
 
 

L'Uomo della Strada (sottotitolo: Nananà o Lalalà?)

Post n°13 pubblicato il 01 Ottobre 2008 da comparse_e_figuranti
 
Foto di comparse_e_figuranti

Ebbene sì.

Anche oggi, come ogni santo giorno, mi sono svegliato: e come ogni giorno, intorpidito da sogni molesti (stanotte ero un cameriere e servivo al tavolo Gianni Minà; insisteva, il Gianni, nell’ordinare esclusivamente piatti cubani. Alternando le ordinazioni con citazioni di Toquinho e di Vinicio de Moraes. Due palle di sogno che non vi dico…), mi sono posto uno dei miei Quesiti determinanti per il proseguo della vita su questo derelitto pianeta. Quesiti da semplice Uomo della Strada. La domanda a cui ancora adesso sto cercando risposta è “Quando non si ricorda il testo di una canzone, o semplicemente si desidera canticchiarla a bocca semichiusa, è meglio usare il Papapapapapà o il Nanananananà? O è ancor meglio il Lalalalalaà?” Ho provato a scavare nei ricordi (già. Si dà il caso che io ricordi tutti i testi delle canzoni che canticchio, e quando il brano non ha testo in quanto solo strumentale, uso un gutturale Mmmmmm-Mmmm) e ho rintracciato la memoria di bambino, quando per sostituire il testo di Starman (David Bowie – The Rise and Fall of Ziggy Stardust and  the Spiders From Mars – Rca 1972 n.d.r.) usai un Vavavavavà. Il quesito resta irrisolto. E il pianeta ne soffre parecchio. Aiutatemi.

 

P.s.: L’Uomo della Strada se ne fotte del tasso di interesse dei mutui, del carovita, del Governo, della fame nel mondo: l’Uomo della Strada si interessa di Lalalalalalà o di Papapapapà. Altro che balle! Lo si capisce benissimo dalla foto in alto che l’Uomo della Strada è uno che se ne fotte un po’ di tutto e di tutti.

 
 
 

Capre e Gattini... (sottotitolo: quando gli animali contano più del titolo di studio)

Post n°12 pubblicato il 24 Settembre 2008 da comparse_e_figuranti
 
Foto di comparse_e_figuranti

“C’era una volta un gattino, che saliva sul camino …e il camino si ribalta! Ve ne racconto un’altra, ve ne racconto un’altra!”. Questa era una devastante filastrocca che dei dementi cantavano in una vecchia, direi vetusta, trasmissione televisiva (credo fosse la Tv dei Ragazzi, nel primo pomeriggio sulla Rai, quando ancora non esisteva Rai 3 e a malapena Rai 2 ma anche no): la ricordo bene per un motivo preciso: la mia allegra compagnia di amici decerebrati frequentava, me compreso, i campi da calcio della provincia partecipando, con una squadra che definirla tale equivale a dare dell’intelligentona a Flavia Vento, agli usuali campionati giovanili di football (sì football, perché Calcio mi pare un nome idiota da dare a uno sport: sarebbe come chiamare “Cazza” lo sport velistico oppure “Remo” il canottaggio). Ebbene, la mia memoria da 64 kb mi aiuta a ricordare che spesso, dopo una sconfitta (ovviamente meritata), quell’allegra compagnia di amici decerebrati, sempre me compreso, si dilettava nell’intonare quella tenue nenia quasi a voler glorificare la vita nelle sue catastrofi: la sconfitta, in epoca romana, equivaleva all’esilio, spesso alla morte. Noi, fortunatamente, dissacravamo la vittoria dell’avversario con questo coro palesemente stonato (ma lo era anche la versione originale) pur consapevoli che nello sport, come nella vita, è necessario far tesoro delle sconfitte e provare a migliorarsi. Noi no. A volte percepivo che nell’apice di un pareggio all’ultimo minuto, ci pervadeva inconsciamente il desiderio di perdere, forse spinti dall’ormai tossica dipendenza da quella canzoncina idiota. E facevamo gli errori più infantili pur di incassare un goal. Ebbene, con la stessa precisione mnemonica, ricordo che nel campionato Giovanissimi (fino ai 14 anni) del 1976, dopo un girone di andata che ci aveva visto perdere 15 partite su 16 (con un fortunatissimo pareggio per un rigore inesistente, trasformato dal nostro centravanti ad occhi chiusi bestemmiando), decidemmo che si doveva cambiare Inno e optammo per la canzoncina che , guarda caso, era il proseguo della trasmissione Tv: “capra capretta che bruchi l’erbetta, vuoi una manciatina di sale da cucina, il sale è salato etc. etc..”. So di aver poche possibilità di essere creduto ma i dati storici parlano chiaro; facemmo un girone di ritorno con uno score di 15 partite vinte su 16 ( e il solito pareggio) che non ci portò alla testa della classifica ma fu, a suo modo, il Segno. Il Segno che eravamo passati dalla dimensione di Calciatori per divertimento passivo alla sostanza di Calciatori per divertimento attivi, e cioè eravamo giunti alla Passione. Perché racconto questo? Credo che il motivo stia nel fatto che oggi, nella mia vita, io abbia bisogno di recuperare quel valore. Da Essere Umano passivo a Essere Umano per Passione. E so già di essere sulla buona strada. P.s.: A mia memoria, tanto per rimanere nella tematica del periodo televisivo, ricordo che uno dei miei allegri compagni di squadra riusciva a dire “E l’ultimo chiuda la porta..SLAM!” (noto finale degli episodi di Nick Carter – Fumetti in Tv n.d.r. - )con un unico lunghissimo rutto. La cosa è ovviamente superflua ma in qualche maniera trova il suo spazio su queste righe poiché quel mio allegro compagno ora è uno stimatissimo medico chirurgo, abbastanza noto a livello nazionale nell’ambito dei trapianti di fegato. Credo che lo chiamerò, dopo così tanti anni, e gli canterò il “Capra Capretta che bruchi l’erbetta…”.

 
 
 
 

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