Creato da mjkacat il 24/05/2005

Eighties

Psicoanalisi Filosofia Teologia

 

 

I fantasmi generano fantasmi

Post n°181 pubblicato il 27 Agosto 2008 da mjkacat

Facendo seguito al post "Il becchino di Dio è un fantasma"

http://groups.google.it/group/it.cultura.filosofia.moderato/browse_thread/thread/35666610e4ef55a5?hl=it#

..proseguiamo nell'osservazione di questa nuova categoria antropologica.

Dunque..."dice che a volte non è più realtà, ma un fantasma addomesticato
alla propria cocciuta volontà, attraverso il potere sovrumano della scienza,
è un fantasma trasformato in diritto al figlio dai "militanti del desiderio"
Sophie Marinopoulos, non una bacchettona, e non parla per convinzioni
religiose, è una famosa psicoanalista francese che si occupa di madri e di
figli e ci ha scritto sopra un saggio anticonformista:
"Nell'intimo delle madri, luci e ombre della maternità"
edito da Feltrinelli
http://www.feltrinellieditore.it/SchedaLibro?id_volume=5000730

"Quando due uomini o due donne dichiarano di essere all'origine di un
bambino, non è ragionevole ritenere che siamo nell'ambito del fantasma più
che della realtà ?"
Senza poi dimenticare l'inevitabile "genitore fantasma", altro spiritello
che perseguiterà, volente o nolente, il "fortunatissimo" nascituro, aggiungo
io
Ma ascoltiamo ancora la Marinopoulos :
"Una legge che ha origine dal desiderio non è più una legge e abbandona il
mondo significante"
E qui aggiungo ancora io, ...alla faccia della "proceduralità"
dell'"umanitarismo giuridico costituzionale".

Ma son ragaaaaaaaaaazzi, direte voi.
Vabbé, andiamo pure avanti così, continuiamo pure a farci del male.
La realtà, la natura, non comprende madri cinquantenni, né bambini nati da
due donne, né embrioni scrutati fin dalle otto cellule che li compongono, o
mamme che portano in grembo i figli delle loro figlie.
Praticamente la nascita trasformata in una....
"FABBRICA DELLA CARNE"
Bello però, ...azzoooooooo !

Solania
http://www.natch.net/misc/0806/ghostbust

 
 
 

La dimensione "altra" della Tecnica

Post n°180 pubblicato il 27 Agosto 2008 da mjkacat

La pubblicità, la più grande forma d'arte del ventesimo...ventunesimo
secolo, come c'insegna Marshall Mc Luhan, questa dimensione "altra" della
Tecnica, che viceversa fanatici tipo Severino & suoi adepti vedono come
onnipotente, la conoscono molto bene.

Non avete forse mai notato che non c'è pubblicità d'auto, saloni come il
Motor Show o quello di Torino e simili....senza DONNE bellissime ?!?

Ecco qual'è la dimensione "altra" della Tecnica, che senza questo
"sovrappiù" perderebbe tutta la sua supposta onnipotenza, perchè, di fatto,
onnipotente non è.
Ha infatti sempre bisogno di far leva su una dimensione "altra" ma magari non sempre "alta" :
"Con quest'auto avrai questa donna", ma ancor più sottilmente una dimensione
"altra" SPIRITUALE:
Essere ACCOLTI dagli altri
Essere ACCETTATI dal gruppo
Essere RICONOSCIUTI come uno di loro...eccetera, in tutte le sue
declinazioni modaiole e/o narcisistiche.

E, magari, perchè no, si compra una Ferrari, ma sperando di trovare un'Amore, anche se, male che vada, sarà solo sesso !  ;)

 
 
 

La filosofia delle Colf

Post n°179 pubblicato il 27 Agosto 2008 da mjkacat

Schopenhauer scriveva :
"Colui che addirittura vuol essere un filosofo deve saper unire nella sua
testa gli estremi più lontani del sapere umano, (...) spiriti di prim'ordine
non saranno mai scienziati specializzati. (...) Il nome di genio, infatti,
può meritarlo soltanto colui che abbia scelto, come tema per le sue opere,
la totalità e la grandezza, l'essenza e l'universalità delle cose, non già
colui che per tutta la vita si affatica a stabilire un qualche nesso
specifico delle cose fra loro".

E' la stessa situazione prodotta da una parte della filosofia contemporanea
che non intende essere più ricerca della verità ma ricerca del consenso e
del successo.  La filosofia è diventata una branca del potere culturale o,
messa in termini più impegnativi, la filosofia, essendosi asservita al
proprio tempo, si è messa a disposizione di ciò che il proprio tempo
significa, cioè anche successo e consenso, entrambi obiettivi degnissimi ma
che con la ricerca della verità non hanno a che vedere un fico secco.

Per farla breve, la filosofia ambisce a un posto di lavoro e in questo caso
ha pensato di proporsi come donna delle pulizie offrendo il suo rigore
metodologico e la sua logica come strumenti in grado di mettere ordine tra i
risultati raggiunti vuoi dall'intelligenza artificiale vuoi dai processi
cognitivi vuoi dalle neuroscienze vuoi dalla biologia vuoi dalla medicina,
eccetera.
Seppur umile servizio questo è fornito però con tutta la vanità e la
spocchia di chi fu gran signora.
Detta filosofia contemporanea, infatti, esercita la sua vanità componendo
volumi in gran parte incomprensibili o palesemente assurdi , chi non ricorda
infatti lo scandalo di Sokal
http://www.garzantilibri.it/default.php?page=visu_libro&CPID=842   ,
...ma di cui si assicura però il successo facendo in modo che, tramite
adeguato meccanismo pubblicitario, il pubblico che si potrebbe intendere
minchionato, abbia invece la reazione opposta e che quindi si senta
compiaciuto dell'esser riuscito a leggere qualcosa che, sebbene non
chiarissima, suona grandiosa alle labbra che osano ripeterne i contenuti.,
nell'ambizione narcisistica oramai generalizzata di essere tutti
intellettuali.

Tutto questo lascia così spazio a un nuovo moralismo che si fonda sul fatto,
paradossale, che la morale non esiste più..
Cioè quel Relativismo nichilista, oramai sinonimo di "apertura mentale", che
ieri aveva afferrato poche menti raffinate e che oggi è diventato  la
prerogativa di una cultura di massa, nonchè il segno di riconoscimento,
oramai, delle menti più ordinarie.

Oggi, oramai, siamo nel pieno di un liberalismo aziendalistico e di un
antiautoritarismo di derivazione postcomunista.  Tecnocrazia e scientismo
pedagogico.
In tal modo, dietro un'intento a parole liberale viene proposta una visione
della formazione del cittadino di stampo sovietico.

Culto della salute e dell'eterna giovinezza, nuova religione della forza,
idolatria dell'intelligenza da misurare e identificare con sempre maggior
precisione con test e simili amenità , il chè implica la sopravvalutazione
del calcolo e della velocità,  regno incontrastato delle norme
utilitaristiche, volontà di controllo e di dominio di tutti i processi
naturali, a partire dalla procreazione, il cui carattere passionale,
"selvaggio" e aleatorio è sempre più insopportabile per coloro che vogliono
" vivere nell'era della scienza e della tecnologia".

E' lontano ormai il tempo in cui Kant poteva dire:
"Sopra di me il cielo stellato, dentro di me il mondo morale"..
Esso era il frutto della sintesi tra razionalismo scientifico ( che si
radica nella tradizione greca ed ellenistica ) e la concezione morale
giudaico-cristiana, ovvero la convinzione che esista un sistema di norme che
costituiscono l'unico fondamento possibile della vita associata.

Infatti l'esperienza mostra che l'utilitarismo edonistico è assolutamente
incapace di creare i valori capaci di fondare la convivenza civile, di
mantenere la coesione sociale e persino di dare senso alla vita individuale

La condizione di quegli scientisti che impegnano tempo ed energie a
convincere il prossimo che tutto è frutto di processi casuali e nulla ha
senso costituisce la prova che un'uomo siffatto non può esistere.
Il politicamente corretto è l'anticamera della sharia.

Tornare indietro è impossibile e niente può essere riproposto come se nulla
fosse.  Ma l'Europa che non sappia ricostruire un rapporto, sia pure
profondamente rinnovato, con le proprie migliori tradizioni è destinata a un
progressivo sgretolamento.
Queste "migliori tradizioni" sono rappresentate dalla sintesi
straordinariamente originale tra il razionalismo scientifico e una visione
morale in cui la dimensione religiosa ha un ruolo primario.
Ripensare in modo nuovo questa sintesi è l'unica via per uscire da una crisi
devastante.

Appare ancora di grande attualità quanto scriveva Edmund Husserl
settant'anni fa : :
"La crisi dell'esistenza europea ha solo due sbocchi: il tramonto
dell'Europa, nell'estraniazione rispetto al senso razionale della propria
vita, la caduta nell'ostilità allo spirito e nella barbarie, oppure la
rinascita dell'Europa (...) attraverso un eroismo della ragione capace di
superare definitivamente il naturalismo.  Il maggior pericolo dell'Europa è
la stanchezza.  Combattiamo contro questo pericolo estremo, in quanto "buoni
europei", in quella vigorosa disposizione d'animo che non teme nemmeno una
lotta destinata a durare in eterno; allora dall'incendio distruttore
dell'incredulità, dal fuoco soffocante della disperazione per la missione
dell'occidente, dalla cenere della grande stanchezza, rinascerà la fenice di
una nuova interiorità di vita e di una nuova spiritualità".



 
 
 

Morte del nichilismo

Post n°177 pubblicato il 25 Agosto 2008 da mjkacat

E' l'atto cella creazione dal nulla che istituisce il nichilismo e pone le
premesse per il pensiero della tecnica.

Ma, l'interpretazione incentrata  sul  primato dell'idea  di creazione  è
esatta ?

No, per due motivi

In primo luogo, il primato dell'idea di creazione non è giustificabile
storicamente.
L'ordine dei testi biblici, con il mito della creazione all'inizio, non
rispecchia la cronologia della loro stesura.
Il testo rivelato ricostruisce a posteriori l'insieme delle vicende che
costituiscono le tappe della storia sacra.
Di fatto, però, la narrazione del capp. 12-50 di Genesi è più antico dei
capitoli 1-11 e, soprattutto , dei primi tre.

L'evento fondatore della fede di Israele è l'ALLEANZA con Jhwh, per
iniziativa di questi, a partire da Abramo, tramandata attraverso ricordi di
vita familiare e di clan dai patriarchi ebrei, raccolti e rielaborati in
forma di scrittura. Successivamente, la riflessione religiosa ha fatto
risalire fino alle origini stesse del mondo il disegno divino di elezione e
salvezza.
E' questa la chiave di lettura della genesi e non la CREAZIONE DAL NULLA.

In secondo luogo, ciò è riscontrabile anche e soprattutto sul piano
dottrinario.
La categoria teologica legata alla storia di Israele in tutti i suoi momenti
è infatti quello di ALLEANZA......che poi ...non sarebbe stato neanche
necessario aver studiato teologia.
Sarebbe bastato aver visto i film di Indiana Jones !! :)
http://www.repubblica.it/trovacinema/rendercmsfield.jsp?field_name=Image&id=143492
Rotfl....

In altri termini è un DONO, non un PRODOTTO, risponde a una logica di amore
piuttosto che di funzionalità.  Il DONO non è un'oggetto manipolabile in
vista di un'utile, ma è denso di significati simbolici, al di là della bruta
fattualità, che svelano il cuore del donatore.

Il dono è inatteso, sorprendente e chiama a una risposta libera, a seconda
del credito che si dà al donatore.
E' la storia di TUTTE le vocazioni alla fede, a partire da Abramo (Gn 12,
1-6)

Tutto ciò è molto lontano dalla logica dispotica della tecnica: alterare a
piacimento il mondo per i propri fini vorrebbe dire tradire i significati
simbolici della RELAZIONE AMOROSA

Quella di creazione, prima di essere una categoria ontologica alla maniera
del pensiero greco che indica la produzione di un'ente da parte di un'ente
maggiore, è una categoria teologica che indica un rapporto con Dio
assolutamente originale e diversa da ogni altro concetto.


Seconda parte

Il nichilismo nasce con Cartesio che riduce la verità a un prodotto della
mente umana.
E' impossibile infatti la verità e l'unico oggetto della nostra esperienza
non può che essere il relativo particolare

E il nichilismo muore con l'Anoressia mentale, quintessenza del solipsismo
stesso dove la mente umana interpreta soggettivamente la propria "obesità"

Morirebbe infatti l'Anoressico se non si decentrasse il "dato" da assoluto
ad "ACCADUTO" poichè fallendo irrimediabilmente l'approccio
scientifico-farmacologico la cura può consistere solo in quel "relativo" che
è RELAZIONE partendo dalla cura contemporanea di  genitori, fratelli, nonni
come insegna la scuola milanese della Dottoressa  Silvia Montefoschi,
l'UNICA in grado di salvare queste persone, definitivamente.

 
 
 

"Si dice" che Dio è morto

Post n°176 pubblicato il 25 Agosto 2008 da mjkacat

Il conformismo, nella sua nuova veste sociologico-statistica-consenziente
afferma la "morte di Dio".

Certo, fosse il "conformismo" una virtù sarebbe bene accettarla.  I numeri
parlano chiaro e i comportamenti di massa lo confermerebbero.
Il modello scientifico fa il resto e tutto concorre al successo dilagante
dell'uomo come padrone e misura del tutto.

Ma quale uomo ?
L'uomo massa o l'uomo singolo ?

Certo, l'uomo "massa" è così:
Nichilista, scientista, edonista.
Ma cos'è tutto questo se non un banale conformismo a una moda ?
Si, perchè di "moda" si tratta, o per meglio dire di un "modo" di pensare
che non è certo l'unico possibile ne il più profondo.

La tanto mitizzata scienza, architrave di questo "modo/moda" di pensare
superficialmente, non può essere  la misura dell'uomo.
Certo, la scienza è ormai per noi il reale.
Ma questo solo perchè abbiamo abbandonato l'ESPERIENZA per adottare l'IDEA
che pretende di essere valida per tutti, in tutti i tempi, in tutti i
luoghi.

Non ci occupiamo più di noi, del tempo, del mondo come lo VIVIAMO, ma come
l'idea scientifica del tempo, del mondo ci impone di vederli.
Ma quando la realtà è assorbita da quel modello di SIMULAZIONE che è il
discorso scientifico, la nostra vita non sarà più regolata dalla nostra
esperienza, ma dai MODELLI che la generano e noi saremo costretti a vivere
un'esistenza fantasma sull'organiamo biologico che la scienza descrive e che
ha mutuato dai cadaveri.

E' per questo che ognuno di noi, nel proprio fondo, SENTE, sà che la sua
"vita vissuta" non ha nulla a che spartire con la scienza dove le uniche
relazioni possibili sono quelle fisico-chimiche che sono le sole che si
possono esattamente calcolare.

Ma siamo sicuri che sia questo che gli uomini desiderano veramente se solo
ne fossero "in massa" consapevoli ?

Credo proprio di no.
Vivere da "fantasma" non credo proprio possa piacere a nessuna persona che
ne sia consapevole.

E allora che cosa ci resta se l'idolo scientista viene ridimensionato e
applicato solo alle "cose" come gli compete, ma non all'"homo vitae" ?
La sociologia-statistica-consenso non sarebbe costretta a registrare un
terremoto ?
E tutta la sicurezza dell'"uomo fantasma" dove andrebbe a finire
ritrovandosi nuda ?

La nudità del Re oggi si è diffusa all'uomo.
Che pochi la vedono non cambia nulla e le statistiche lasciano il tempo che
trovano..
L'uomo è nudo e tale rimane.

Ecco che, a questo punto, privato della sua illusoria onnipotenza l'uomo si
riscoprirebbe per quello che è:
un'essere che non sa nulla !!

Allora tornerebbe a trovar spazio quel Dio che da tempo si è sottratto alle
masse e ai loro mass-media, ma che può solo essere riincontrato dal SINGOLO,
silenziosamente, poichè ha scelto di andar di casa in casa, da persona a
persona, chiamandoli per nome a far la SUA rivoluzione !

Il "becchino" di Dio è un fantasma

A titolo di delucidazione dell'articolo precedente quello che mi premeva
sottolineare era, detto con due semplici parole, che il "becchino" di Dio è
in realtà solo un "fantasma", un'"automa" o per dire ancora meglio uno
"zombie" vista la natura mortifera della scienza medica , (ma anche
psicologica nella sua ansia di scientificità) che, non so' se c'avete mai
fatto caso, ma quando andate dal vostro medico, dopo due convenevoli vi
invita a tacere per meglio concentrarsi nella comparazione coi cadaveri su
cui ha studiato.

Ora, a titolo d'esempio mi ricollego a un recente triste fatto di cronaca.
Ieri, una persona si è fiondata contromano in autostrada e ha ucciso due
innocenti persone prima di morire pure lui.
Ecco che la scienza medica, domani, previa "autopsia", che è poi sempre quel
sezionare cadaveri, ci darà la risposta che "pretende di essere valida per
tutti, in tutti i tempi, in tutti i luoghi" e ci dirà, sicuramente, che
aveva bevuto catalogando il tutto come "alcolizzato"
E la gente sarà così appagata.

Ma in realtà non avremo saputo un bel niente se non aria fritta.
Perchè quella persona ha fatto quello ?
Cosa l'ha spinto a compiere un gesto così atroce ?
Perchè ?
Perchè coinvolgere innocenti ?
Eccetera, eccetera, eccetera

Ecco, quello che volevo sottolineare è come la scienza non dia, in realtà,
nessuna risposta, se non banalità insignificanti buone solo per chi si
accontenta e crede che la verità sia questa riduzione al nulla o, al più, a
un'"etichetta".

 
 
 

Heidegger e la filosofia della scienza

Post n°175 pubblicato il 17 Agosto 2008 da mjkacat

di Bernard Bornoulli

La filosofia della scienza ha una scarsa considerazione di Heidegger,
probabilmente per due motivi: a) la filosofia della scienza ha
un'impostazione analitica e neoempirista, i filosofi che si interessano di
scienza hanno una formazione anglosassone e non continentale - inoltre
Heidegger fu bersaglio di una critica feroce di uno dei più grandi filosofi
della scienza, Rudolf Carnap, probabilmente questo ha contribuito a
rafforzare la reputazione negativa di Heidegger negli ambienti
filosofico-scientifici; b) la filosofia di Heidegger è impostata in modo
critico nei confronti del sapere scientifico occidentale, tuttavia la sua
critica si fonda su presupposti pregiudiziosi, vale a dire sul suo sistema
filosofico e non su uno studio approfondito dell'oggetto della scienza,
della metodologia scientifica e della storia della scienza.

In ogni caso, a mio modesto parere, si possono individuare due contributi
che Heidegger ha offerto alla filosofia della scienza, o meglio alla
sociologia della scienza. Il primo contributo è la visione ermeneutica e
storica della scienza, il secondo la critica alla visione scientifica del
mondo.

1. Il contributo ermeneutico-storico. Per Heidegger la realtà umana è detta
Dasein, Esserci. L'uomo è infatti l'unico essere che s'interroga sul perché
è e l'interrogazione fondamentale emerge solo quando il Dasein si sente
gettato nel mondo, cioè estraneo di fronte alla totalità dell'ente, e privo
di un senso, "nudo d'essere". La domanda metafisica fondamenale - "perché in
generale vi è l'essere e non il nulla" - conduce il Dasein alla comprensione
del suo essere-nel-mondo. La comprensione, tuttavia, non è definitiva o
assoluta, ma è vincolata alle possibilità del Dasein, il quale è progetto,
possibilità. La comprensione che il Dasein ha del suo essere-nel-mondo è
quindi una possibilità del Dasein stesso. Pertanto la storia dell'uomo è la
storia delle sue possibilità di comprensione del suo essere-nel-mondo. La
scienza occidentale per Heidegger è quindi una possibilità storica del
Dasein: essa non descrive il mondo, né permette al Desein di rinconciliarsi
con il resto del mondo, bensì è un particolare modo che il Dasein ha di
relazionarsi con la totalità dell'ente e di concepire l'essere. La modalità
di approccio della scienza occidentale - che secondo Heidegger nasce con la
filosofia greca di Platone - è detta "ontica", poiché riduce qualsiasi cosa
all'ente, al semplice apparire dell'ente. Per la scienza occidentale
l'essere è l'ente e tutto deve essere ridotto all'ente, persino l'uomo
diventa un semplice ente, un oggetto in mezzo ad altri oggetti. Ora questa
possibilità storica del Dasein, la scienza occidentale, è un particolare
modo di concepire l'essere e di vedere l'ente. Per *vedere* l'ente in un
certo modo è necessario pre-vederlo, cioè partire già da un presupposto
teorico-metodologico, che contiene una particolare visione dell'essere,
dell'Esserci e del suo essere-nel-mondo, che ci permetta di vedere l'ente in
un certo modo: lo scienziato *deve* impiegare il metodo scientifico o
particolari strumenti (che contengono già presupposti teorici, come
sosteneva Lakatos) per poter vedere l'ente in un certo modo. Heidegger
chiama questo apparato teorico-metodologico "pre-cognizione", Gadamer lo
chiamerà "pre-comprensione": il contributo ermeneutico-storico di Heidegger
consiste nell'aver definito la scienza come storicamente determinata e che
l'ente viene pre-determinato dall'apparato teorico-concettuale a cui ha
storicamente aderito lo scienziato. Questa posizione ricorda molto la
posizione di Kuhn espressa ne La struttura delle rivoluzioni scientifiche.

2. Il contributo critico della visione scientifica del mondo. Nel classico
"L'epoca dell'immagine del mondo" (1938) - che avrà una grande influenza
nella filosofia continentale del Novecento si pensi ad Adorno, Lévinas o
Baudrillad - Hiedegger espone la sua critica alla visione scientifica del
mondo. Secondo Heidegger la scienza occidentale fondandosi sulla matematica,
e la matematica fondandosi sul calcolo di simboli, tende a ridurre tutto a
mero simbolo, astrazione e calcolo. La riduzione a semplice simbolo astratto
(la rappresentazione) ed al calcolo è il carattere fondamentale della
scienza occidentale. La natura così viene ridotta ad un unico grande metodo
precedurale: il metodo scientifico che tende a concepire gli enti come mere
rappresentazioni, simboli da calcolare. Tutto ciò che non rientra in questa
visione, il non-esatto, il non-riducibile, l'Altro, non viene considerato:
tutto è ridotto all'uguale in virtù dell'astrazione simbolica, dell'idea,
del calcolo, della manipolazione - non a caso qualcuno ha visto nella
scienza occidentale la radice del totalitarismo (sic!!). Ma questo modo di
procedere della scienza non fa che aumentare l'estraniamento dell'uomo nel
mondo: l'uomo si coglie come un semplice oggetto tra gli oggetti, una
rappresentazione tra le rappresentazioni calcolabile e manipolabile, e
dimentica che per esserci una rappresentazione dell'ente ci deve essere un
rappresentate, ovvero l'uomo stesso. In altre parole la critica della
visione scientifica del mondo consiste nel fatto la scienza riduce tutto ad
un'unica possibilità, quella dal calcolo rappresentazionale, obliando la
condizione esistenziale dell'Esserci come quell'essere che è in relazione
col mondo, relazione che è possibilità sempre aperta di comprensione del
mondo come Altro sempre da scoprire, comprendere, ma anche sempre
irriducibile.

 
 
 

Ciao...

Post n°173 pubblicato il 14 Agosto 2008 da mjkacat

http://it.youtube.com/watch?v=XB2SyV9G4Uo&feature=related

 
 
 

Gli "eletti" e la scienza

Post n°172 pubblicato il 14 Agosto 2008 da mjkacat

C'è una logica che accomuna quelli che erani ieri gli "eletti" e che oggi
sono diventati tanto "corretti" da poter coì continuare a disprezzare
l'altrui pensiero ma sotto quella nuova forma,  e la "scienza" come ultima
spiaggia di quello che fu lo "scientifico marxismo"
LA SUPERBIA è la premessa logica.

Coglioni ieri nel sostituire il "caso" alla "meraviglia" e al mistero del
creato, ma non per loro, razza "eletta", che giudicano quest'ultimo solo un
residuo del passato "oscurantismo" quando loro vivono nella "luce" delle
loro menti astratte, come è sempre stato astratto il loro progetto
ideologico che la realtà ha sempre provveduto a confutare.

Ma no, i superbi coglioni non desistono perchè all'orizzonte sorge
prontamente il nuovo "coglione eletto":
Quello che sogna, che vede più avanti, perchè E' più avanti, perchè HA UN
SOGNO, perdipiù SCIENTIFICO.

E pensare che in realtà, l'unica cosa scientifica e matematica è come
continuino a perdere e a prenderlo nel culo.
Ma nel sogno puoi sempre trasformarlo in una magnifica trombata, metafisica
ormai, ma gran trombata.

C'EST MAGNIFIQUE.........rotfl

 
 
 

Comunismo & Spettacolo

Post n°171 pubblicato il 14 Agosto 2008 da mjkacat

Oramai il comunismo, definiamo così coloro che si credono "eletti",
moralmente superiori e amenità simili, non è rimasto altro che una delle
tanti componenti della "società dello spettacolo"

"Spettacolo" sono gli scontri tra no-global e polizia, "spettacolo" la morte
in diretta tv, "spettacolo" i suoi nuovi leader, attoruccoli falliti che non
avrebbero nessuna audience, "spettacolo" i loro comizi volutamente
scandalistici, "spettacolo" l'indignazione, "spettacolo" le quattro
isteriche ai comizi di Ferrara, "spettacolo" solo spettacolo, nient'altro
che spettacolo.
Idee zero assoluto.
Un vuoto riempito da Berlinguer negl'anni settanta quando, capito il
fallimento sovietico, s'arrampicò sugli specchi per far sopravvivere quella
ciofeca di ideologia di cui era il "santino" e s'inventò la "questione
morale".
Ecco che oggi, oramai erosa dal tempo, questa bella "sega mentale" lascia il
comunismo in "braghe di tela" senza nessuna possibilità di tornare a
governare il paese per molti anni.

Comunismo ?
"Sotto il vestito niente"



 
 
 

La filosofia contemporanea

Post n°170 pubblicato il 11 Agosto 2008 da mjkacat

di Roberto Persico

La filosofia moderna cominciò con il de omnibus dubitandum est di Descartes, con il dubbio, ma non con il dubbio come autocontrollo della mente umana per guardarsi dagli inganni del pensiero e dalle illusioni dei sensi, non come scetticismo verso le morali e i pregiudizi degli uomini e dei tempi, e nemmeno come un metodo critico di ricerca scientifica e di speculazione filosofica. Il dubbio cartesiano ha una portata tanto più vasta ed è troppo fondamentale nel suo intento per essere determinato da tali contenuti concreti. Nella filosofia e nel pensiero moderni, il dubbio occupa la stessa posizione centrale che occupò per tutti i secoli prima il thaumazein dei greci, la meraviglia per tutto ciò che è in quanto è. Descartes fu il primo a concettualizzare questo dubitare moderno, che dopo di lui divenne il motore evidente e dato per scontato che ha mosso tutto il pensiero, l'asse invisibile sul quale si è incentrato ogni pensare. Proprio come da Platone e Aristotele fino all'età moderna la filosofia è stata l'articolazione dello stupore di fronte a ciò che è, così la filosofia moderna, da Descartes in poi, è consistita nelle articolazioni e ramificazioni del dubbio. [...]

         La filosofia cartesiana è pervasa da due incubi che in un certo senso diventarono gli incubi dell'età moderna. Questi incubi sono molto semplici e noti. Uno riguarda la realtà, la realtà del mondo come quella della vita umana, che è oggetto di dubbio; se non ci si può fidare dei sensi né del senso comune né della ragione, può darsi allora che tutto ciò che prendiamo per realtà sia solo un sogno. L'altro riguarda la situazione umana generale come fu rivelata dalle nuove scoperte, e l'impossibilità dell'uomo di fidarsi dei suoi sensi e della sua ragione; in tali circostanze sembra possibile che un Dio maligno, un Dieu trompeur, inganni volontariamente e spietatamente l'uomo, così che Dio non è più l'ordinatore dell'universo. Il diabolico trucco di questo spirito maligno consisterebbe nell'aver creato una creatura che alberga in sé una nozione di verità, ma solo per conferirle facoltà tali da non riuscire mai, attraverso di esse, a raggiungere alcuna verità e a esser certa di nulla. [...]

         Il famoso cogito ergo sum non scaturì per Descartes da una qualche certezza immediata del pensiero come tale, ma fu una semplice generalizzazione del dubito ergo sum. In altre parole, dalla mera certezza logica che quando dubito di qualcosa io rimango consapevole di un processo di dubbio che si svolge nella mia coscienza, Descartes concluse che i processi che si svolgono nella mente dell'uomo hanno una loro propria certezza. [...] La ragione cartesiana è interamente basata “sull'assunto implicito che la mente può conoscere solo ciò che essa stessa ha prodotto e trattiene in un certo senso in se stessa”1. Il suo ideale più alto deve essere quindi la conoscenza matematica come l'intende l'età moderna, non cioè la conoscenza di forme ideali date fuori dalla mente, ma di forme prodotte da una mente che in questo caso non ha nemmeno bisogno dello stimolo prodotto sui sensi da oggetti diversi dai sensi stessi. La ragione, in Descartes come in Hobbes, diventa la facoltà di dedurre e concludere; è il gioco della mente con se stessa, che si verifica quando la mente è tagliata fuori dalla realtà e “sente” solo se stessa. I risultati di questo gioco sono “verità” obbligatorie perché si suppone che la mente di un uomo non differisca da quella di un altro: privati di quel senso “comune” che adegua i cinque sensi animali dell'uomo al mondo comune a tutti gli uomini gli esseri umani non sono più che animali capaci di ragionare, di “calcolare le conseguenze”.

Hannah Arendt, Vita activa, Bompiani 1997 (3),  pp. 202-10, passim

         Un'ideologia è letteralmente quel che il suo nome sta a indicare: è la logica di un'idea. L'ideologia tratta il corso degli avvenimenti come se seguisse la stessa «legge» dell'esposizione logica della sua «idea». Essa pretende di conoscere i misteri dell'intero processo storico - i segreti del passato, l'intrico del presente, le incertezze del futuro - in virtù della logica inerente alla sua «idea».

         Si suppone che il movimento della storia e il processo logico del concetto corrispondano l'uno all'altro, di modo che quanto avviene, avviene secondo la logica di un'«idea». Tuttavia, l'unico movimento possibile nel regno della logica è la deduzione da una premessa. Le ideologie ritengono che una sola idea basti a spiegare ogni cosa nello svolgimento dalla premessa, e che nessuna esperienza possa insegnare alcunché dato che tutto è compreso in questo processo coerente di deduzione logica.[...]

         Il metodo usato dai dittatori totalitari per trasformare le rispettive ideologie in armi con cui costringere ciascuno dei sudditi a mettersi al passo col movimento del terrore era poco appariscente. L'uno si vantava della «freddezza glaciale del ragionamento» (Hitler), l'altro della «inesorabilità della sua dialettica» (Stalin), e spingevano le implicazioni agli estremi della coerenza logica: una «classe in via di estinzione» consisteva di gente condannata a morte; le razze «inadatte a vivere» venivano sterminate. Chi ammetteva che esistevano «classi in via di estinzione» senza trarre da tale fatto la conseguenza dell'uccisione dei loro membri, o riconosceva che il diritto alla vita era legato alla razza senza trarre la conseguenza dell'eliminazione delle «razze inadatte» era semplicemente o uno stupido o un codardo. L'argomento più persuasivo a tale riguardo, e caro a Hitler come a Stalin, era: non si può dire A senza dire B e C e così via, sino alla fine dell'alfabeto.

Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo,

Edizioni di Comunità 1997 (2),  pp. 641-7, passim

         L'illuminismo, nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l'obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all'insegna di trionfale sventura. Il programma dell'illuminismo era di liberare il mondo dalla magia. Esso si proponeva di dissolvere i miti e di rovesciare l'immaginazione con la scienza. Benché alieno dalla matematica, Bacone ha saputo cogliere felicemente l'animus della scienza successiva: l'intelletto che vince la superstizione deve comandare alla natura disincantata. Il sapere, che è potere, non conosce limiti, né nell'asservimento delle creature, né nella sua docile acquiescenza ai signori del mondo. La tecnica è l'essenza di questo sapere. Esso non tende a concetti e a immagini, alla felicità della conoscenza, ma al metodo, allo sfruttamento del lavoro altrui, al capitale. Ciò che gli uomini vogliono apprendere dalla natura è come utilizzarla ai fini del dominio integrale della natura e degli uomini. Non c'è altro che tenga. Privo di riguardi verso se stesso, l'illuminismo ha bruciato anche l'ultimo resto della propria autocoscienza. Solo il pensiero che fa violenza a se stesso è abbastanza duro da infrangere i miti. Potere e conoscenza sono sinonimi. La sterile felicità di conoscere è lasciva per Bacone come per Lutero. Ciò che importa non è quella soddisfazione che gli uomini chiamano verità, ma l'operation, il procedimento efficace. Non ci dev'essere alcun mistero, ma nemmeno il desiderio della sua rivelazione.

         Lungo l'itinerario verso la nuova scienza gli uomini rinunciano al significato. Essi sostituiscono il concetto con la formula e la causa con la regola e la probabilità. La causa è stata l'ultimo concetto filosofico con cui la critica scientifica ha fatto i conti, poiché era la sola delle vecchie idee che essa si trovasse ancora di fronte, l'ultima secolarizzazione del principio creatore.

         Ciò che non si piega al criterio del calcolo e dell'utilità è, agli occhi dell'illuminismo, sospetto. E quando l'illuminismo può svilupparsi indisturbato da ogni oppressione esterna, non c'è più freno. Alle sue stesse idee sui diritti degli uomini finisce per toccare la sorte dei vecchi universali. Ad ogni resistenza spirituale che esso incontra, la sua forza non fa che aumentare.

         L'illuminismo riconosce a priori, come essere ed accadere, solo ciò che si lascia ridurre a unità; il suo ideale è il sistema, da cui si deduce tutto e ogni cosa. In ciò non si distinguono le sue versioni razionalistica ed empiristica. Il postulato baconiano dell'una scientia universalis è altrettanto ostile a ciò che non si può collegare quanto la mathesis universalis leibniziana al salto. La molteplicità delle figure è ridotta alla posizione e all'ordinamento, la storia al fatto, le cose a materia. La logica formale è stata la grande scuola dell'unificazione. Essa offriva agli illuministi lo schema della calcolabilità dell'universo: il numero divenne il canone dell'illuminismo. Tutto ciò che non si risolve in numeri diventa, per l'illuminismo, apparenza. L'illuminismo è totalitario.

Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo,

Einaudi 1982 (7),  pp. 11-15, passim

         Lungi dall'opporsi, in nome della permanenza dei caratteri razziali o della loro fatale degradazione, alla possibilità di un sostanziale miglioramento dell'umanità, Hitler esclude la categoria stessa dell'impossibile. Dall'idea di razza non deduce la forza del determinismo, bensì la determinazione del Nemico e la dimensione cosmica della guerra che gli dichiara. Non ci sono limiti oggettivi al fattibile, ci sono soltanto resistenze soggettive, e dunque eliminabili. Nessun ostacolo che non dissimuli un modo di agire, nessuna deviazione fra l'obiettivo auspicato e la realizzazione che non sia provocata da un sabotatore. La non conformità di ciò che avviene rispetto ai fini perseguiti o ai piani architettati non è dovuta all'esistenza di altri, ma alla malevolenza dell'Altro. L'avversità deriva sempre da un Avversario. Lo spazio pubblico è uno spazio di battaglia. Nel decretare un ‘loro o noi’ di carattere planetario, il criminale nazista manifesta il suo rifiuto, non della condizione di uomo libero, ma dei limiti inerenti la condizione umana. [...]

         Tra lo Stato delle SS e il regime sovietico vi sono certamente numerose differenze. Resta, tuttavia, questo nucleo ontologico fondamentale: nei due sistemi i fenomeni sociali sono concepiti come processi e i modi di essere come forze in movimento; vediamo così dispiegarsi, al di là dell'antagonismo dei valori, una stessa concezione del politico come campo dell'onnipotenza, una stessa vertiginosa assenza di scrupoli nei confronti del dato, fondata sul medesimo volontarismo, vale a dire sulla stessa convinzione filosofica e paranoica che nulla esista indipendentemente dal conflitto delle volontà. In entrambi i casi, infine non è tanto la bestialità a spingere al crimine, quanto la radicalità, cioè l'obbligo di seguire il proprio pensiero, senza esitazioni e senza scappatoie. Il pensiero totalitario liquida dunque, con il rifiuto di percepirli, la realtà quale è data e l'evento quale si verifica. Appoggiandosi sull'incrollabile certezza di una lotta mortale tra l'uomo e il nemico del genere umano, esso si emancipa dalla realtà che percepiamo con i nostri cinque sensi e «insiste su una realtà ‘più vera’, che è nascosta dietro le cose percettibili, dominandole tutte, e che si avverte soltanto disponendo di un sesto senso».

         A questo sesto senso e a questo pensiero, affrancato da ogni esperienza dal suo stesso potere di spiegare tutto, Hannah Arendt dà il nome di ideologia. L'ideologia, secondo Arendt, non è la menzogna delle apparenze, ma piuttosto il sospetto gettato sulle apparenze e la sistematica presentazione della realtà che abbiamo sotto gli occhi come schermo superficiale e ingannatore. E' il riassorbimento del ‘c'è’ che non si può padroneggiare, dell'indeterminatezza del mondo e della perturbante diversità degli eventi in un dramma storico a due personaggi, al tempo stesso sottratto allo sguardo e offerto al sapere. Ciò che rientra nell'ideologia è, per Arendt, la negazione dell'aleatorio, il rifiuto di rendere giustizia  negli affari umani all'imprevedibilità e a quelle forme di spossessamento costituite dall'evento, dalla coincidenza, dall'incontro con qualcosa di già dato; è, in una parola, la soppressione dell'idea stessa di avventura operata dal concetto di Storia. [...]

 

         Non più una immensa confusione, ma un gigantesco battaglione; non più una folla cacofonica, ma una struttura omogenea e terribilmente armoniosa; non più una moltitudine incontrollabile, ma un essere multiforme, maneggevole e disciplinato: tale appare l'umanità nella guerra totale, vale a dire nella situazione in cui ogni esistenza è convertita in energia e ogni individuo - dall'officina al fronte - è ridotto a essere soltanto un pezzo del dispositivo, una particella della volontà, una ruota della turbina. Si possono dire totalitari i movimenti politici che hanno eretto a valore supremo quest'immagine.

          A un tale sistema, i campi di concentramento forse non sono economicamente utili, ma sono ontologicamente necessari, perché, per assicurare il regno della volontà unica, bisogna al tempo stesso liquidare il Nemico dell'uomo e, nell'uomo, la spontaneità, la singolarità, l'imprevedibilità, in breve, tutto ciò che costituisce il carattere unico della persona umana. Le fabbriche della morte sono anche laboratori dell'umanità senza uomini. Riallacciandosi all'utopia radicale come alla politica estrema, mirano non solo all'annientamento fisico dell'Avversario, ma anche alla scomparsa metafisica del Multiplo nell'Uno. “Finché c'è qualcuno, l'umanità è imperfetta” proclama, quale che sia il suo colore, il socialismo concentrazionario. [...]

         Nelle pagine finali della prima edizione del suo libro sulle origini del totalitarismo, apparso in Inghilterra con il titolo The burden of our time («il fardello del nostro tempo»), Hannah Arendt definisce con il termine risentimento la disposizione affettiva caratteristica dell'uomo moderno. Risentimento contro «tutto ciò che è dato, anche contro la propria esistenza»; risentimento contro «il fatto che egli non è creatore dell'universo, né di se stesso». Spinto da questo risentimento fondamentale a «non scorgere alcun senso nel mondo quale gli si offre», l'uomo moderno «proclama apertamente che tutto è permesso e crede segretamente che tutto. sia possibile».

         Tutto è possibile: questo assioma ha rivelato la sua forza devastatrice sia nei crimini perpetrati in nome dell'umanità universale sia in quelli serviti a giustificare l'idea di umanità superiore. Traendo insegnamenti dalla catastrofe, Hannah Arendt afferma nello stesso testo che la gratitudine è la sola alternativa al nichilismo del risentimento, «una gratitudine fondamentale per le poche cose elementari che ci sono invariabilmente date, come la vita stessa, l'esistenza dell'uomo e il mondo».

Alain Finkielkraut, L'umanità perduta,

Liberal 1997, pp.73-88, 106-7 e 161-2, passim

Il totalitarismo è esclusivamente moderno perché nasce da una società in movimento; le sue radici storiche sono in quell'illuminismo settecentesco che sembra essere di esso la negazione in terminis.

Atteso che esista, e nessuno può negarlo, un divenire storico, i phiIosophes lo videro e lo descrissero come un processo evolutivo dalla barbarie alla civiltà, dalla religione e dalla poesia alla filosofia, dall'intuizione e dalla fantasia alla ragione e alla scienza.

Questo modello di una umanità in progresso, sia esso lineare o complicato da corsi e ricorsi storici, apparve così convincente e inconfutabile da confondersi con la natura stessa, anche se molti pretesero di distinguere nell'uomo e nella storia l'elemento della libertà, della creatività e della responsabilità. Apparve chiaro soprattutto che l'uomo, con le sole sue forze o magari aiutato da una provvidenza immanente, può pervenire a condizioni sempre più mature e umane, fino a poter sognare il raggiungimento, in questa terra, di una condizione perfetta, di un paradiso terrestre. L'utopismo moderno ha la propria origine nella negazione del peccato originale e della corrispondente grazia o salvezza, il totalitarismo nasce qui: dalla convinzione che chi si oppone a questo presunto processo di liberazione dell'uomo è disonesto e ignorante. Nascono allora i “reazionari” e le “destre” (i termini destra e sinistra in senso politico sono contemporanei alla Rivoluzione francese, e trovano luogo nella Convenzione Nazionale), e non è meraviglia che gli oppositori di quelle ipotesi che pretendono conformarsi al senso della Storia sostituiscano i reprobi di cristiana memoria: con una differenza, che per i nuovi reprobi l'inferno sarà qui, per lo più sotto specie di solitudine e scherno, e, nei casi estremi, di annientamento fisico e spirituale. Se è vero dunque che l'umanità è in movimento verso stadi più maturi e convenienti, emergeranno fatalmente le avanguardie che pretendono sforzare tutto e tutti verso così desiderabili traguardi: nascerà così la uniformità coatta e artificiale, pena la persecuzione, e l'uomo animale razionale verrà trasformato in animale sociale. Ciò necessariamente; finché si suppone che l'uomo abbia un'anima personale o partecipi di un'anima universale sarà chiaro che una parte di lui, la più importante, avrà un destino imprevedibile e socialmente ingovernabile.

Al totalitarismo politico, di origine illuministico-giacobina, collabora la scienza moderna, l'altro idolo di coloro che non hanno minimamente meditato sui suoi principi né sull'eterogenesi dei suoi fini.

La scienza moderna nasce con lo scopo di dominare la natura a utilità dell'uomo, Il fine conoscitivo è subordinato a quello pratico, e il modello matematico imposto alla fisica (Galileo) è il solo che possa servire, non certo il solo possibile e magari non il più desiderabile. Bacone e Cartesio sono espliciti in proposito: “sapere è potere”, “lo scopo della scienza è rendere l’uomo maitre et possesseur de la nature”, e del primo è da ricordare l’utopia della Nuova Atlantide, dove, fra le altre finezze, è ipotizzato il prolungamento indefinito della vita umana; del secondo è da ricordare il progetto di una Mathesis universalis che riduca ogni conoscenza al linguaggio del calcolo e della prevedibilità, nonché la parallela riduzione di ogni corpo a macchina. Sono questi i mezzi teorici per disporre al progresso sul piano pratico, ed è evidente che per tale nozione di progresso valgono le stesse critiche che valgono per il progressismo politico (illuministico-giacobino).

Il reazionario, infatti, è sempre antiscientifico, ed è comunque qualificabile come un irresponsabile che si oppone alle sicure conquiste dell'uomo. È vero che lo scientista non organizza campi di concentramento: ma che bisogno ne ha? La sua apparente tolleranza nasce dal fatto che egli si sente più forte, e di fatto lo è, del progressista politico impegnato nel mondo della storia e dunque sempre alle prese col “vecchio” uomo... In verità è comune allo scientista e al rivoluzionario lo schema di un mondo completamente dominato e dunque di una vita sociale integralmente artificiale e sottoposta alla coazione.

La libertà dell'uomo non è garantita né dalla politica né dalla scienza, ormai completamente schiava dell'ideale di creare un uomo nuovo, bensì dalla vita civile, ovvero da quell’humus inconsapevole, morbido, umido e in definitiva umano e religioso che protegge senza l'ideologia del conservare e inventa senza quella del distruggere, che fa apparentemente senza sapere, che sa contemplare e pregare.

 

Rodolfo Quadrelli, Capitoli morali, Milano 1979


 
 
 

"La chiusura della mente americana"

Post n°169 pubblicato il 10 Agosto 2008 da mjkacat


PRO MEMORIA DAL TESTO DI ALLAN BLOOM.

La chiusura della mente americana. (Come l'istruzione ha tradito la
democrazia e impoverito lo spirito degli studenti d'oggi).




Prima parte.

1. ( - cultura ed educazione)

Una meditazione sullo stato delle nostre anime dal punto di vista dell'educazione
liberale che avrebbe come scopo la completezza umana;cioè la propria umanità
intesa come una forma unitaria.

Il punto di vista del docente non sarebbe arbitrario, non dipenderebbe da
ciò che gli studenti pensano di volere, ma dalla consapevolezza che ci
sarebbe una natura umana con una sua oggettività.

Nessun profeta in cattedra.




1.1. La situazione degli studenti americani (e dei nostri?): tutti gli
studenti che entrano all'università credono o dicono di credere che la
verità è relativa ( cosa vuol dire?).

La relatività della verità è un postulato morale.

Il vero credente è il pericolo reale. Rifiuto dei diritti naturali. Da un
iniziale individualismo razionale dei padri della costituzione americana
fondato sui diritti naturali alla libertà assoluta (non esistono assoluti).

Storia e scienze sociali sono usate in molti modi per vincere il
pregiudizio. Non dovremmo pensare che il nostro modo di pensare e vivere è
migliore di altri.

La non discriminazione è un imperativo morale. Non etnocentrici dunque.

Da ciò un'indifferenza, per la conoscenza di altri popoli e per la storia,
perché il relativismo avrebbe distrutto il vero scopo.

Per essere completamente umani gli uomini non possono accontentarsi di ciò
che gli è dato dalla propria cultura. La radice è l'idea è che non c'è una
natura umana.

La frode dello storicismo consiste nell'eliminare ogni resistenza alla
storia (questo vale anche per un certo uso della sociologia).


1.2 La lavagna pulita.

Gli studenti americani che arrivavano all'università erano simili a dei
selvaggi a differenza degli studenti europei. Tuttavia, per Allan Bloom,
promettevano una continua vitalità alla tradizione perché non la
consideravano tradizione. Per gli americani a differenza degli europei,
Omero,Virgilio, Dante, Shakespeare e Goethe appartenevano a tutti,cioè alla
civiltà.

Dietro c'era la grande tradizione della Bibbia protestante e la
Dichiarazione d'indipendenza.

L'elemento primario dell'apprendimento:la religione sarebbe scomparso.

Era in casa -e nelle case di culto- che viveva la religione. (valgono per
noi queste osservazioni?).

L'insegnamento morale era l'insegnamento religioso.

Lo svuotamento della famiglia: " i bambini vengono allevati, non educati".

La causa di questo degrado del ruolo della famiglia nella trasmissione della
tradizione sarebbe la stessa cosa della decadenza della cultura classica:
nessuno crede più che i libri antichi contengano, o possano contenere, la
verità.

Una vita basata sul libro sarebbe più vicina alla verità.




1.3 I Libri.

I nostri studenti avrebbero perso l'abitudine e il gusto della lettura.

L'idea che i libri siano compagni e amici è a loro estranea.

La lettura della pittura e dei grandi testi è divenuta astratta e
formalistica.

I grandi artisti erano invece interessati al contenuto di quello che
dicevano.

Se non hanno questi significato e non sono qualcosa di essenziale per chi
guarda o legge o ascolta,in quanto essere morale ,politico e religioso ecc
queste opere perdono sostanza.

E' l'essere stesso che svanisce oltre l'orizzonte che si dissolve.

La mancata lettura di buoni libri indebolisce la visione e al tempo stesso
la nostra più fatale tendenza -la credenza che il qui e l'adesso sono tutto
ciò che c'è.

L'ultimo nemico dei testi classici sarebbe stato in America il femminismo.

Questo sarebbe stato particolarmente grave per la letteratura ,perché l'interesse
amoroso era quasi tutto quello che restava dei classici, una volta che l'Università
aveva censurato la politica.

Questi libri facevano riferimento all'Eros educandolo.

La liberazione dell'eroico significa soltanto che non hanno alcuna risorsa
contro la conformità ai modelli di ruolo attuali. L'idealismo deve avere una
supremazia nell'educazione.

Non hanno alcuna idea del male. In questa commedia non c'è l'inferno.




1.4 La Musica.

Sebbene non abbiano libri, gli studenti hanno, enfaticamente la musica.

Questa è l'epoca della musica e degli stati d'animo che l'accompagnano.

Il potere che la musica ha sull'anima è stato scoperto dopo un lungo periodo
di disuso.

Tra i giovani la musica classica sarebbe morta.

Non è stata prodotta alcuna musica classica che sappia parlare a questa
generazione.

La centralità della musica la si vede nella serietà e nell'indignazione con
cui ascoltano la discussione di Platone sulla musica.

Oggi i giovani capiscono perché Platone prende la musica così sul serio.

Nietszche: la musica sarebbe il primitivo dell'anima e il linguaggio sarebbe
alogon senza parola articolata o ragione.

La musica e la poesia, che è ciò che diventa la musica,quando emerge la
ragione, comporterebbe un delicato equilibrio tra passione e ragione.

Il trionfante razionalismo illuminista pensava di aver trovato altri modi
per trattare la parte irrazionale dell'anima e che la ragione avesse meno
bisogno di essere supportata da essa(contra Platone. Rousseau).

La musica Rock avrebbe un richiamo barbarico al desiderio sessuale, non
sviluppato e non educato. I giovani sanno che il rock ha il ritmo di un
rapporto sessuale.

In appoggio alla musica eccitante e catartica i testi celebrerebbero il
primo amore e le attrazioni polimorfe, proteggendole dal tradizionale
ridicolo e dalla vergogna.

Colpirebbe giovani ancora immaturi sul piano sessuale.

La visione del mondo è imperniata sul sesso.

I grandi temi lirici sarebbero: sesso, odio e un'untuosa e ipocrita versione
dell'amore fraterno.

Tale musica impedirebbe l'amicizia. Con il rock la base dello stare insieme
sono le illusioni di sensazioni comuni,il contatto fisico, le formule che si
suppone hanno un significato che supera la parola.

Nessuno si rifiuterebbe di occuparsi delle cose della vita, di andare a
scuola, di fare i compiti (?).

Il vuoto spirituale delle famiglie ha aperto la porta alla musica rock.

Nei paesi sviluppati il tempo libero è diventato divertimento.lo scopo per
cui si lavora è il divertimento.

Il rock con il suo anti-nomismo ha cambiato la sinistra.

La musica rock sarebbe un'estasi prematura.




2 (I Rapporti tra gli esseri umani; l'egocentrismo).

Al giorno d'oggi gli studenti sono simpatici, non morali o nobili.

La religione e la vita nazionale non avrebbero quasi effetto sulla loro vita
sociale o le loro prospettive di carriera. La droga e il sesso una volta
ritenuti proibiti,sarebbero a disposizione nelle quantità necessarie per un
uso ragionevole.

Simpatici, cordiali, la loro principale preoccupazione sono loro stessi,
intesi nel senso più limitato. Oggi gli studenti non avrebbero pretese
morali e quando si arriva ai grandi problemi morali si scambiano occhiate
ironiche.

Anche se vogliono , pensare bene di se stessi quasi tutti gli studenti
sarebbero completamente consapevoli di essere completamente presi dalla
carriera e dai rapporti interpersonali.

Una certa retorica dell'auto-realizzazione da una patina di fascino a questa
vita, ma i ragazzi sarebbero in grado di vedere che in essa non c'è niente
di particolarmente nobile.

La sopravvivenza a ogni costo avrebbe preso il posto dell'eroismo.

Sanno che l'affermazione di Tocqueville che dice che: "nelle società
democratiche ogni cittadino è abitualmente occupato a contemplare un oggetto
meschino,se stesso".

L'individualismo è stato rafforzato dal declino della famiglia, che era l'intermediaria
tra l'individuo e la società, e forniva legami quasi naturali al di là dell'individuo.

" Il giovane democratico vivrà così compiacendosi giorno per giorno al
desiderio che a casaccio gli occorra.." (Platone la Repubblica)




2.1 L'Uguaglianza.

Oltre alla loro simpatia autoironica, l'altra qualità che i giovani hanno
introiettato sarebbe l'egualitarismo, qualunque sia la loro scelta politica.




2.2 La razza.

L'unico elemento eccentrico in questo quadro è il rapporto tra bianchi e
neri.

Parte del biasimo ricadrebbe sul fatto che l'università avrebbe perso la sua
fede nella sua missione universalizzalizzante.

Tutti sanno che nelle buone università i risultati dello studente nero medio
non sono pari a quelli dello studente bianco medio.( E' quello che comincia
ad accadere da noi).




2.3 Il sesso.

L'America sarebbe un paese intellettuale diversamente da quello da quello
che si pensa.

La vita americana ha avuto al centro i principi di libertà e di eguaglianza.

Il mutamento dei rapporti sessuali che fu centrale nei due ultimi decenni:
la rivoluzione sessuale sotto la bandiera della libertà e il femminismo
sotto la bandiera dell'eguaglianza.

La liberazione sessuale contro la tradizione puritana e il mito biblico del
peccato originale.

A partire dagli anni sessanta fu facilmente superata la disapprovazione di
genitori e insegnanti sul fatto che i giovani dormissero e vivessero
insieme.

Ma il Leone ruggente dietro la porta della stanza da letto, quando la porta
fu aperta si rivela un gattino addomesticato.

D'altra parte il femminismo, nella misura in cui si presentò come
liberazione, era una liberazione dalla natura molto più che dalla
convenzione o dalla società.

Il libertinismo, che persino Rousseau definiva il piacere più grande,
rendendo facile il sesso, può rendere banali, deeroticizzare e demistificare
i rapporti sessuali.

La libertà sessuale visse una breve primavera, prima dell'arrivo del
femminismo per cui la passione sessuale maschile sarebbe diventata di nuovo
peccaminosa perché culminerebbe nel maschilismo, fallocrazia, patriarcato
ecc.

Centrale al progetto femminista era la soppressione del pudore.

Mentre la rivoluzione sessuale voleva che gli uomini e donne stessero
insieme nei corpi, il femminismo voleva che andassero avanti separatamente.

Ora nella maggioranza delle donne ci sarebbe pochissima ideologia o
femminismo militante perché non ne hanno bisogno.




2.4 La separazione.

La civiltà ci avrebbe fatto compiere un giro completo, riportandoci allo
stato di natura insegnatoci dai padri fondatori del pensiero moderno.

Hobbes e Spinoza lo proposero come un'ipotesi,un esperimento mentale.

Gli uomini, liberati da ogni legame convenzionale con la religione, la
patria e la famiglia che in effetti avevano, come avrebbero vissuto e come
avrebbero ricostruito questi legami(contrattualismo)?

Oggi un giovane comincerebbe de novo. Il suo paese gli chiede poco e gli da
molto, la sua religione è una questione di scelta assolutamente libera e lo
stesso vale per i coinvolgimenti sessuali.

Adesso può scegliere, ma trova di non avere più un motivo sufficiente per
una scelta che sia più che un capriccio, che sia cioè vincolante.

La diffusa sensazione, che amicizia e amore siano senza fondamenti, è forse
l'aspetto più rilevante dell'attuale sensazione di inconsistenza, ha fatto
si che cedessero il passo all'idea molto vaga e personale di impegno, quella
scelta nel vuoto la cui causa risiede solo nella volontà e nell'io.

Nei regimi politici moderni, dove i diritti vengono prima dei doveri, la
libertà ha l'assoluta supremazia sulla comunità, la famiglia e persino la
natura.

Esiste una tensione tra la concezione del sesso come un mero piacere, del
quale uomini e donne possono fare quello che vogliono oppure la cosa più
importante è l'amore, il matrimonio, e l'educazione dei figli?

Il sesso può essere una cosa indifferente per gli uomini, ma non può affatto
esserlo per le donne.

Ma anche gli uomini si sono liberati dai loro vincoli.

Forse il legame tra madre e figli è l'unico legame sociale naturale, anche
se non è sempre presente.

E il padre? Il cemento che teneva insieme la famiglia si è sgretolato. Il
tentativo di Rousseau e dei romantici è fallito.




2.5 Il divorzio.

Il segno più visibile della nostra crescente separazione, e al tempo stesso
la causa maggiore della separazione, sarebbe il divorzio.

Ciascuno si ama più di tutti, ma avrebbe bisogno che gli altri lo amino più
di se stessi.

E' questa la richiesta dei figli contro la quale i genitori si ribellano.

Mancando u bene comune o un fine comune, diceva Rousseau, è inevitabile che
la società si disgreghi in volontà particolari.

La "generazione dell'io" e il "narcisismo" sono solo descrizioni, non cause.

Si vive in un mondo in cui nelle istituzioni più fondamentali l'egoismo
dello stato di natura permane e dove l'interesse per il bene comune è
ipocrisia e la moralità si schiera a favore dell'egoismo.

Un docente americano non può trovare,specie nelle materie umanistiche,
handicap nei figli dei genitori divorziati.

La moderna psicologia ha una discutibile conoscenza dell'anima. Non ha
spazio per la superiorità naturale della vita filosofica e nessuna
conoscenza dell'educazione.




2.6 L'amore.

Normalmente nelle relazioni amorose oggi non si dice ti amo. I giovani sono
onesti:troppa confidenza con il sesso per chiamarlo amore.

Impegno sarebbe una parola inventata nella nostra astratta modernità per
indicare l'assenza nell'anima di motivazioni reali alla consacrazione
morale.

I giovani hanno provato un Eros mutilato.

Kantiani empirici. Tutto ciò che è inficiato dal desiderio e dal piacere non
può essere morale.

Rapporti non relazioni amorose sono ciò che hanno.

Anche l'amicizia in senso aristotelico si è perduta.

Ciò che è successo forse è bene, ma ne uomini né donne hanno la più pallida
idea dove stanno andando.




2.7 La Carriera.

Gli uomini più aperti erano favorevoli alla carriera femminile. Si pensava
che avessero diritto di coltivare il proprio talento, invece di fare le
casalinghe. Tranne rare eccezioni entrambe le parti davano per scontato che
la famiglia era responsabilità della donna e che in caso di conflitto, lei
avrebbe messo in secondo piano la carriera. Alla fine anche questa soluzione
si rivelò insostenibile.

L'abbandono delle donne del personaggio femminile fu che il personaggio
femminile abbandonò loro.

Mutamenti economici resero necessario il lavoro delle donne ecc ecc.

La risposta femminista che uomini e donne devono condividere non è una
soluzione, ma un fragile compromesso.

Spessissimo la divisione dell'attenzione è uno strumento per trascurare i
figli.

Le femministe pretendono di trasformare l'anima umana.

Gli uomini devono essere rieducati in un progetto astratto. Devono accettare
gli elementi "femminili" che sono nella loro natura. E' possibile raddolcire
gli uomini, ma quanto a renderli solleciti sarebbe un altro discorso. Deve
fallire il progetto in un'epoca di individualismo.

Ciò che occorre è un antidoto all'egoismo naturale. Ma McIntyre ha scritto
un libro: "dopo la virtù".




2.8 L'Eros.

L'erotismo dei nostri studenti è zoppo.

Non è la divina follia esaltata da Socrate (Convito, Fedro).

Secondo A. Bloom quando pensiamo che il Fedro e il Simposio interpretano le
nostre esperienze, potremmo essere sicuri che stiamo vivendo queste
esperienze nella loro pienezza.

Gli studenti più interessanti sono quelli che non hanno risolto il problema
del sesso. Ce ne sono di quelli che a sedici anni non hanno nulla da
imparare.

E Freud spiegato al popolo completa l'opera mettendo il sigillo della
scienza ad un'interpretazione non erotica del sesso.




Seconda parte: Nichilismo di stile americano.




3. Per il bene e il male c'è oggi un linguaggio completamente nuovo anche in
chi deplora l'attuale situazione.

Il nuovo linguaggio è quello del relativismo dei valori e costituisce un
cambiamento nella nostra visione morale e politica delle cose, grande come
quello che si verificò quando il cristianesimo sostituì il paganesimo
greco-romano.

Il relativismo dei valori può essere preso come una grande liberazione dalla
perpetua tirannia del bene e del male, con il loro carico di vergogna e di
colpa e gli infiniti sforzi che accompagnavano il perseguimento dell'uno e
la fuga dell'altro.non c'è da soffrire o da sentirsi a disagio con se stessi
quando basta un piccolo aggiustamento dei valori.

L'altra faccia della moneta. Le persone profondamente impegnate nei valori
sono ammirate.

I tipi eroici o artistici si dedicano ad ideali di loro fabbricazione.

Comunque i valori non vengono scoperti con la ragione ed è inutile cercarli
per trovare la verità o la buona vita.

Dio è morto, ci ha detto Nietszche.

Oggi Nietszche è più noto a sinistra e la influenza più della destra; questo
sarebbe segno della forza dell'eguaglianza e della sconfitta che Nietszche
le avrebbe mosso.

La democrazia si presentava come una decorosa mediocrità. Ma avere un regime
nel quale si crede che tutti i cittadini siano almeno potenzialmente
autonomi, crearsi i propri valori è un'altra cosa. Un uomo che crea valori è
un accettabile sostituto dell'uomo buono.

Non una buona vita, ma uno stile di vita.

Essere auto-diretti è una premessa egualitaria che ci permette di
disprezzare e ridicolizzare i borghesi.

Parole come carisma,stile di vita,impegno, identità, auto-stima,
autorealizzazione, consapevolezza allargata ecc sono riportabili a un
Nietszche banalizzato.

Nichilismo senza abisso.

La gente non crede più in una gerarchia naturale delle inclinazioni diverse
e conflittuali dell'anima, mentre le tradizioni che fornivano un sostituto
alla natura si sono sgretolate.







Sintesi per il Seminario del 24 ottobre 2005

a cura del Prof. Lino Giove

 
 
 

Filosofia della storia ...italiota.

Post n°168 pubblicato il 07 Agosto 2008 da mjkacat

Cos'è successo negl'ultimi vent'anni in Italia.
Semplice:

Al crollo mondiale del comunismo si dimentica sempre di ricordare che, da
un'altra parte, qualcuno aveva VINTO.
E chi ?
Il grande capitale, ovviamente.

Ora, questo "signore", aveva solo un problema semplice semplice.
Dividersi tra lui e i suoi amici le ricchezze (leggi "privatizzazioni") e
sbolognare l'enorme debito pubblico su qualcun altro.

Ebbe quindi la bella pensata di salvare i naufraghi più naufraghi di tutti,
i comunisti, in modo da gestirli come cagnetti ammaestrati, salvaguardare
gli operai (leggi "schiavi") di cui continuava ad avere pur sempre bisogno
per le sue fabbrichette, e FAR PAGARE ALLA CLASSE MEDIA il "debituccio"
fatto proprio per tenere in piedi LORO (leggi "De Benedetti, Agnelli & c")

Sfiga loro comparve il noto Berlusconi che mandò a puttane il piano.

Oggi, la vuotezza di quella "armata Brancaleone" costruita a quel solo
scopo, è sotto gl'occhi di tutti.
Gli sgherri (leggi giudici e poliziotti servi come Di Pietro) possono ormai
solo blaterare e non si vede all'orizzonte nessuno che possa sostituire
Berlusconi.

Forse qualcuno potrà obiettare:
Ma Berlusconi cosa c'entra con la "classe media" ?
Semplice.
Berlusconi e Gardini erano GL'ULTIMI arrivati nel gotha capitalista e, come
a malincuore devo ammettere "ci ha insegnato Marx", i capitalisti sono come
dei pescecani che non si fan scrupolo di mangiare qualunque pesce più
piccolo.

Ecco quindi che, arrivati alla resa dei conti, i grossi pescecani si
guardarono bene dal coinvolgere GL'ULTIMI ARRIVATI nella spartizione della
torta e coi loro sgherri giudici azzannarono immediatamente questi ultimi al
fine di farsi una fetta più grossa alla loro faccia.

Gardini si suicidò ma, purtroppo per loro Berlusconi non fece altrettanto.
Dotato di un'acume politico fuori dell'ordinario mangiò subito la foglia e
si propose come difensore "dall'alto" di quella "classe media" che i
pescecani volevano divorarsi insieme a lui.

Il resto della storia la sapete già


 
 
 

L'estate sta finendoooooo.......

Post n°167 pubblicato il 03 Agosto 2008 da mjkacat

La bella stagione del multiculturalismo e relativismo è agli sgoccioli.
Sopravvissuta fino ad ora grazie all'onda lunga del "'68 pensiero" quando i
suoi cultori-fautori  riuscirono ad infiltrarsi in tutti i gangli culturali
prima europei poi americani, oggi, diventate cariatidi peggiori di quelle
che avevano sostituito, si apprestano , necessariamente, ad andare in
pensione, senza lasciare eredi, come dimostra la ricerca di Neil Gross e
Solon Simmons nell'articolo allegato.

Inoltre, questo ideologico modello culturale, ha contribuito mille volte di
più delle televisioni di Berlusconi ad instupidire la gente perchè, come
avevo sempre detto anch'io e qui è confermato, se è vero il "relativismo"
allora è stupido sprecare il proprio tempo nella "cultura alta"; tanto vale
darsi al business che "Poveri ma belli" è solo un vecchi film.
Ed è esattamente quello che in un'occhiello ribadisce questo articolo:
"Il boomerang *** Gli studi letterari e filosofici hanno perso prestigio:
oggi i giovani preferiscono business, ingegneria e diritto"

Concludo, prima di lasciarvi leggere in pace l'articolo, con una sola breve
nota
Subito nelle prime righe noterete un'appunto di Jhon Searle dove al nome di
Socrate è accostato quello di Marx.
Probabilmente l'autore doveva essere ubriaco  poichè, avendo letto
personalmente quel libro almeno quattro volte, Socrate è esaltato, ma non
certo Marx, che anzi è ritenuto all'rigine di tutto il guaio
multiculturalista e quell'accostamento è solo assurdo oltre che falso
Pietoso tentativo di salvare il proprio pargolo depositandolo sulla barca
dei destinati a salvarsi.
Peccato che sia nero, identificato e subito ributtato a mare !!  ;)


 A vent' anni dall' uscita del bestseller «La chiusura della mente americana», i progressisti ammettono che le sue tesi erano fondate
L' autocritica dei liberal su Allan Bloom
Il multiculturalismo è un errore, torniamo ai classici

 A poco più di vent' anni dalla pubblicazione del suo famoso libro "La chiusura
della mente americana" (tradotto in Italia da Frassinelli), una vigorosa
difesa dei classici occidentali della letteratura, della storia, della
filosofia e un' aspra denuncia del proselitismo ideologico e del
multiculturalismo nelle università, Allan Bloom sta ottenendo una
inaspettata rivincita postuma. Nel saggio del 1987 Bloom, un conservatore
che ispirò all' amico Saul Bellow uno dei suoi capolavori, il romanzo
Ravelstein, aveva accusato i radicali degli anni Sessanta di avere snaturato gli studi
universitari «con l' imperativo di promuovere l' eguaglianza, di eliminare
il razzismo, il sessismo, le guerre, e di disconoscere l' autorità in nome
di una verità morale superiore». Il suo manifesto, a lungo un bestseller,
spaccò in due il mondo della cultura e delle università in America e in
Europa. Appoggiarono Bloom persino ex radicali alla John Searle, lamentando
che «icone come Socrate e Marx, prima ritenuti forze liberatrici, vengano
ora giudicati forze oppressive». Ma il predominio dei liberal tra i docenti
e la rivolta studentesca lo sconfissero. Prevalsero il progressismo e il
multiculturalismo, e le facoltà umanistiche cambiarono: meno classici, più
opere del Terzo Mondo, di minoranze etniche e di donne, più revisionismo
filosofico e storico. Ancora l' anno scorso, Alan Wolfe, un politologo del
Boston College, notava che «tutti conoscono il romanzo di Chinua Achebe
sulla Nigeria post coloniale, Things Fall Apart, ma quasi nessuno conosce
Yeats, da una poesia del quale ha tratto il titolo». Ma oggi, nelle
università americane l' ideologia è in ritirata. Lo storico Tony Judt,
docente della New York University, che si definisce «un vecchio
sinistrorso», rimprovera al multiculturalismo di avere «balcanizzato gli
studi», notando che «i ragazzi ebrei seguono corsi di storia ebraica, quelli
gay corsi di storia gay, quelli afroamericani corsi di storia
afroamericana». Troppi professori, rileva Judt, «sono ultraspecializzati e
si rifiutano di tenere i corsi più ampi di cui gli studenti hanno bisogno».
Allo stesso modo, Stanley Fish, un giurista dell' Università internazionale
della Florida, un centrista, rinfaccia ai colleghi liberal di avere «così
politicizzato l' insegnamento da fare il gioco dei neocon, che dipingono gli
atenei come nidi di ateismo, di relativismo, di promiscuità sessuale, se non
di antiamericanismo». Nel 2007 aveva anticipato le critiche di Judt e Fish
la titolare della cattedra di filosofia dell' Università di Chicago, Martha
Nussbaum, una liberal che nel 1987 si era scagliata contro Allan Bloom: «Le
scienze umanistiche non sono più considerate ingredienti essenziali della
democrazia. Occorre recuperare a poco a poco i curriculum di un tempo, sia
pure integrati da quanto di buono è stato fatto per ammodernarli». Più che
l' esame di coscienza del mondo accademico, tuttavia, sono fattori esterni e
generazionali a favorire la rivincita di Bloom. La rivoluzione culturale
degli anni Sessanta e Settanta ha intaccato l' immagine delle università
come templi non partisan del sapere, come lamenta Fish, e ha spinto numerosi
Stati a ridurre i finanziamenti a quelle pubbliche, costringendole a
rivolgersi alle grandi imprese, che le condizionano come quelle private,
rendendole così sempre più pragmatiche e utilitariste. Studiare costa fino a
40-50 mila dollari all' anno, osserva Alan Wolfe, e gli studenti e le loro
famiglie lo considerano un investimento che deve dare frutti a ogni costo:
si orientano sull' ingegneria, il business, la cibernetica, «le cosiddette
scienze esatte, a cui sono estranei il progressismo e il multiculturalismo»,
accantonando la storia e la letteratura: nel 2005, si sono laureati nelle
due materie appena l' 1,3 e l' 1,6 per cento degli studenti rispettivamente.
Wolfe sottolinea anche che dall' 81 a oggi l' America ha avuto governi
repubblicani per venti anni: «Tutto ciò - conclude - spiega in parte perché
i campus siano rimasti abulici di fronte a eventi quali alla guerra in
Iraq». Sul fattore generazionale nel corpo insegnanti hanno svolto una
ricerca Neil Gross della Università della British Columbia e Solon Simmons
della Università George Mason a Washington. Hanno accertato che il 50 per
cento dei professori al di sopra dei 50 anni, di cui molti prossimi alla
pensione, sono liberal, e che il 60 per cento di quelli sotto i 36 anni sono
moderati; che si ritiene «un attivista politico» il 17,2 per cento dei primi
ma appena l' 1,3 dei secondi; e che gli assistenti, i docenti del futuro,
non sono più in maggioranza democratici, molti sono repubblicani o senza
partito. Dichiara Gross: «Nel corpo insegnante è in corso uno spostamento
dal radicalismo al centrismo. A differenza di quella vecchia, che crebbe nel
culto del pacifismo, dei diritti civili e dell' eguaglianza economica e
sociale, la nuova generazione è cresciuta senza ideali inebrianti, si occupa
più che altro del lavoro e della carriera». Stando a Simmons, potrebbe
contribuire al fenomeno l' accresciuta presenza femminile: «Le donne non
sono più una sparuta minoranza, adesso sono il 40 per cento dei docenti
contro il 20 per cento del 1970. Non sono meno preparate degli uomini, ma
sono più concrete». Resta da vedere se, rivalutando Bloom, gli atenei
americani riusciranno a conciliarne il richiamo con le istanze di un Paese
non più monolitico ma multiculturale, come auspicato dalla Nussbaum, e non
cadranno in una sorta di restaurazione come desiderato da David Horowitz, un
ex marxista divenuto neocon, che ha proposto di limitare il numero dei
docenti liberal. Jackson Lears, un noto storico della Università Rutgers, è
ottimista: «Il cambiamento generazionale non si tradurrà necessariamente nel
sopravvento delle destre, semmai in un inferiore impegno politico. Potrebbe
avere un effetto positivo: meno battaglie e più collaborazione, meno
distrazioni e più rigore». Lo stesso candidato democratico alla presidenza,
Barack Obama, è sembrato caldeggiare un compromesso tra le generazioni,
osservando che le astiose elezioni del 2000 e del 2004 gli «hanno ricordato
i vecchi scontri sui campus» e che il Paese ha bisogno di unità. Per l'
America è una questione cruciale: le sue università e i suoi college a corsi
biennali sono oltre 4.100 e i loro professori oltre 675 mila. Ma il sistema
ha bisogno di riforme, un punto su cui gli anziani docenti liberal e la
nuova guardia moderata sono d' accordo. Lo confermano Michael Olneck e Sara
Goldrick-Rab della Università del Wisconsin. Olneck ha 62 anni e sta per
ritirarsi, la Goldrick-Rab ne ha 34 e sta per succedergli. Entrambi dicono
che il sistema è troppo sbilanciato dalla parte dei ricchi e dei potenti,
che va modificato a favore dei poveri e degli umili.

Caretto Ennio

Corriere della sera di Sabato 2 Agosto

 
 
 

L'Universalismo di Shakespeare

Post n°166 pubblicato il 01 Agosto 2008 da mjkacat

Nessuno, prima di lui, riuscì a creare altrettanti io autonomi.
Come Kierkegaard, Shakespeare allarga la nostra visione degli enigmi della
natura umana.

Inseguendo il vano desiderio di diventare scienziato, Freud mise il proprio
genio al servizio del riduttivismo.
Shakespeare non riduce i propri personaggi alle loro presunte patologie o ai
loro presunti romanzi familiari.
In Freud siamo condizionati ma sempre nello stesso modo.  In Shakespeare
siamo condizionati in così tanti modi contrastanti che il semplice
patrimonio dei condizionamenti in così tanti modi contrastanti che il
semplice patrimonio dei condizionamenti si trasforma in volontà.

Forse Amleto, come Kierkegaard, venne alla luce per salvare il mondo dal
riduttivismo

Se Shakespeare ci dona una salvazione secolare, ciò si deve in parte al
fatto che ci aiuta a tenere lontano i filosofi che desiderano annullarci con
le loro spiegazioni formaliste e storiciste come se fossimo tanti pasticci
da cancellare.

Nessuno scrittore occidentale e nessuno degli autori orientali che conosco
regge il confronto con Shakespeare sul piano dell'intelletto, nemmeno se si
prendono in considerazione anche i principali filosofi, teologi e psicologi
da Montaigne a Freud.

I nostri presunti progressi nel campo dell'antropologia culturale o in altri
aspetti della "teoria" non sono progressi su di lui.

Shakespeare imita la natura umana ESSENZIALE, che è un fenomeno universale e
non sociale

Le opere di Shakespeare sono state soprannominate "Scritture secolari" o più
semplicemente il centro definito del CANONE OCCIDENTALE.

Quello che la Bibbia e Shakespeare hanno in comune è molto meno evidente di
quanto pensino molte persone, e io ritengo che tale elemento sia una sorta
di UNIVERSALISMO GLOBALE e MULTICULTURALE


Valore della personalità.:

La rappresentazione del carattere e della personalità umana è il valore
letterario supremo in tutti i tipi di scritti siano essi drammatici, fisici
o narrativi.
L'idea del personaggio occidentale, dell'io come agente morale, ha molte
fonti: Omero e Platone, Aristotele e Sofocle, la Bibbia e Sant'Agostino,
Dante e Kant e tutti gl'altri uomini che volete aggiungere.

La personalità come la intendiamo noi è un'invenzione shakespeariana e non
rappresenta solo la maggior originalità del drammaturgo, ma anche la vera
causa della sua perenne pervasività.

Nella misura in cui apprezziamo o deploriamo la nostra personalità siamo
eredi di Falstaff e Amleto e di tutte le altre persone che riempono il
teatro shakespeariano di quelli che potremmo chiamare "i colori dello
spirito"

Shakespeare è stato capace di regalare a un ruolo un'interiorità umana.

"Liberi artefici di se stessi", come Hegel definì i personaggi
shakespeariani.

L'interiorità diventa il cuore della luce e delle tenebre in maniera più
radicale di quanto la letteratura abbia permesso in precedenza.

Gli ideali sociali e individuali rivestivano forse una maggior importanza
nel mondo di Shakespeare di quanto sembrino fare nel nostro.
Ne derivò una certa ansia o tensione e Shakespeare divenne abilissimo nello
sfruttare il vuoto esistente tra la persona e l'ideale personale.

Amleto che litiga di continuo con se stesso, non sembra derivare la sua
travolgente realtà da una confusione di conoscenze personali e e ideali.
Shakespeare ci regala piuttosto un'Amleto che è un'agente, non un'effetto di
tante consapevolezze contrastanti.

I suoi personaggi, vivi, vitali come il suo autore, contrastano e stridono
con il pensiero "risentito" moderno che parte dall'ideologia per adattarvi
il tutto, dove il tutto è già saputo, deciso dai determinismi vari,
inconfutabilmente, dove non può esserci accrescimento di coscienza perchè il
tutto è ridotto a sesso e potere preventivamente.
Shakespeare è utile se gli permettiamo di insegnarci a pensare bene
Shakespeare ci indica come e che cosa percepire, mostrandoci anche come e
che cosa provare a vivere come sensazione.
Gli esseri umani di oggi continuano ad essere plasmati da Shakespeare in una
maniera sempre più postnazionale.
Il drammaturgo è diventato il primo autore universale nella coscienza
secolarizzata.

Anche ora, poi,  in un'epoca in cui la nostra istruzione vacilla e
Shakespeare viene attaccato e bistrattato dagli ideologi alla moda, gli
stessi ideologi sono caricature delle energie shakespeariane.  La loro
presunta politica riflette le passioni dei suoi personaggi nella misura in
cui essi possiedono energia sociali, il loro segreto del sociale è, strano a
dirsi, shakespeariano e, ahimè i loro paradigmi ideologici sono Jago ed
Edmund oltre ad essere molto meno interessanti di Falstaff e Cleopatra ma
anche meno vivi e convincenti delle figure shakespeariane che traboccano di
vita a differenza loro..

Shakespeare non è soilo il canone occidentale ma è diventato il canone
universale, forse l'unico in grado di sopravvivere alla attuale degradazione
delle nostre istituzioni accademiche.
Plasma la nostra lingua, i suoi personaggi principali sono diventati la
nostra mitologia e lui, non Freud, il suo seguace involontario, è il NOSTRO
PSICOLOGO !!


Liberamente tratto da:

Hartold Bloom

SHAKESPEARE
L'invenzione dell'uomo

Rizzoli

 
 
 

Normalità

Post n°165 pubblicato il 21 Giugno 2008 da mjkacat


"Luca............" ha scritto nel messaggio

 La normalita', per la gioia di Mjka Cat:-), e' doppiamente
> relativa: sia al nostro concetto di essa, sia al soggetto che, col nostro
> giudizio, assumiamo sotto tale concetto.

Risposta di Mjka Cat


Purtroppo questo IRRESPONSABILE modo di intendere la "normalità" è alla base
di immani tragedie.

Ricorda molto il comunismo, perfetto in teoria, un disastro nella pratica.

E, guarda caso, son gli stessi fautori di entrambe queste belle "pensate"
che, grazie a una riforma psichiatrica demenziale e fulminea, forse perchè
faceva risparmiar soldi e non spenderne di più, che in questi anni abbiamo
assistito ai cosiddetti "Desaparecidos" della psichiatria.

Numerose persone, cioè, morte perchè abbandonate, famiglie alla disperazione
e terrorizzate per congiunti criminalmente lasciati liberi di uccidere,
impossibilità di condurre vite normali perchè, psichiatri politicizzati
NEGANO la malattia fino a quando non colpisce.

Solo quì, a ......, un garrottato, un annegato, un'infermiere ucciso, un
marito che tornando a casa trova uccisa la figlia di sei anni dalla moglie a
sua volta suicida.

Senza parlare poi delle numerose famiglie disperate che ti vengono a
chiedere aiuto ma che sei impotente ad aiutare.

Bella, veramente bella quella "pensata":
Normalità relativa al "nostro concetto di essa", quasi che un matto fosse
cosciente e responsabile e fosse in grado di avere un concetto, che se
l'avesse mica sarebbe matto.

Mo' và là.............

 
 
 

Euforia & depressione

Post n°164 pubblicato il 20 Giugno 2008 da mjkacat

Freud, in una delle sue opere, definisce lo stato d'animo "normale"
dell'uomo non nevrotico di "leggera euforia"

Vattimo, portavoce del "relativismo", anche se non può essere considerato
"normale" da un punto di vistsa ortodosso di psicoanalisi poichè
l'omosessualità è da ricondurre a una mancata subordinazione degli istinti
sessuali al principio di genitalità, definisce lo stato d'animo che dovrebbe
essere "normale" secondo lui, di "leggera depressione"

Secondo voi chi è il sano di mente e il malato.

 
 
 

Cadeau

Post n°163 pubblicato il 19 Giugno 2008 da mjkacat

of thisDeadBoy

"Tutte queste considerazioni dovrebbero farci intuire meglio
su quale piano e in che senso liberta' e grazia si articolino
l'una all'altra; che senso abbia parlare di dono della grazia.
Questa infatti ci deve interessare, per ora, solo in quanto
dono, e non come elementodi un certo contesto dogmatico: non
possiamo cioe' entrare nel merito di questioni teologiche, ma
rimanere fedeli al nostro punto di vista. Si puo' dire che un
dono sia semplicemente un *transfert*, un trasferimento di un
oggetto da una persona ad un'altra? Direi di no. Supponiamo
infatti che io abbia fatto un dono a qualcuno e che costui mi
stia ringraziando; se io lo interrompessi dicendo laconicamente:
<<non si tratta che di un transfert>> provocherei in lui una
reazione poco piacevole. Transfert significa, infatti, trasferire,
far passare un oggetto da me a lui, come nel caso specifico di
una somma di denaro che io trasferisco dal mio conto a quello
di un'altro. Anche se materialmente compio un'azione del genere,
in realta' essa esprime un qualcosa di ben diverso: qualsiasi
dono e' sempre un dono di se', per quanto difficile sia pensarlo
in questi termini; nessun dono puo' ridursi percio' ad un semplice
transfert. Inoltre il dono ha sempre un carattere incondizionato;
dire a qualcuno <<ti regalo questa casa, ma a condizione che tu
introducca i cambiamenti che voglio io e che tu riceva solo le
persone che ti diro'>> non significa donargli realmente la casa.
Non si dona in vista di un fine determinato, per esempio per
legare a se' con legami di riconoscenza colui al quale ho fatto
il dono: donare non significa sedurre.
Tuttavia c'imbattiamo in una difficolta': se ammettiamo che il dono
e' privo di qualsiasi finalita', non priviamo forse il dono del
suo significato? Direi che si deve andare oltre la stessa
finalita' (come fece gia' notare Bergson) per cui donare
significherebbe proprio diffondere, o meglio diffondersi"

Ciao!!!

 
 
 

Omolatria

Post n°162 pubblicato il 17 Giugno 2008 da mjkacat

Secondo certa psichiatria politicamente corretta, l'omosessualità sarebbe
una semplice "variante" della sessualità umana. Io credo che tale
definizione debba essere considerata imprecisa sia da un punto di vista
logico che linguistico. Tra l'altro c'è già chi, nel mondo gay e lesbico, ha
giustamente suggerito l'uso del sostantivo omoaffettività che mi pare
certamente più idoneo a definire una condizione nella sua globalità, al di
là delle implicazioni puramente sessuali. Tuttavia, l'uso del termine
omosessualità è scorretto in sostanza anche per un'altra, fondamentale
ragione. Esso, infatti, non esprime la verità di quella condizione.
L'omosessualità non può essere una "variante" della sessualità umana per il
semplice motivo che non esiste. A rigore, infatti, si tratta di una variante
della genitalità: una genitalità che nega strutturalmente la funzione della
sessualità, che in natura è e rimane la procreazione. L'omogenitalità è
quindi una variante della genitalità umana, così come lo è la masturbazione
e qualsiasi altra forma di rapporto sessuale che escluda a priori ogni
finalità riproduttiva. Una sessualità che un preciso quadro psicologico
limiti in via definitiva alla pura genitalità ci appare evidentemente
bloccata, incompleta, e rivela una profonda immaturità psicoaffettiva. In
altre parole: nega l'armonia interiore con la pienezza della funzione. Un
individuo che riesca a esprimersi solo cantando non sta granché bene, mi
pare ovvio. Certo, è libero di farlo, se è felice non posso e non voglio
impedirglielo, ma di qui a far finta che tutto sia a posto ce ne passa. Ecco
perché per me è importante ribadire gli aspetti patologici di un simile
comportamento, ovviamente nei casi in cui questo abbia caratteri di
esclusività. Definire un certo comportamento "patologico" non è un insulto
né sintomo di disprezzo: esprime altresì la fondata opinione che si debba
estendere al soggetto che, come si è precisato, è più corretto definire
omogenitale, la considerazione che si ha già di chi riesca a vivere la
propria sessualità solo masturbandosi o, mutatis mutandis, di chi si esprima
solo cantando, in ogni occasione e circostanza. Ciò non comporta alcun
atteggiamento "omofobico", casomai il rifiuto di assecondare l'omolatria
qualunquistica che spinge taluni a rimuovere l'oggettività di certi fatti in
nome di ideologie contraddittorie e superficiali ma politicamente corrette.
Mi rendo conto che la distinzione tra genitalità e sessualità recuperi
implicitamente l'importanza oggettiva della funzione - la procreazione - in
un contesto dal quale la cosiddetta liberazione sessuale l'aveva
sconsideratamente estromessa, ma è forse giunto il momento di restituire
dignità e coerenza anche linguistica al pensiero in un ambito che pareva
ormai destinato a un'equa quanto triviale spartizione tra pornografia e
chiacchiera televisiva.



 
 
 

L'Anima...

Post n°161 pubblicato il 14 Giugno 2008 da mjkacat

... è quella cosa che corre a ritirarsi

appena sente parlare di funzioni algebriche.

Robert Musil

 
 
 

Istinto di morte

Post n°160 pubblicato il 14 Giugno 2008 da mjkacat

Proseguendo nel ragionamento che equipara la "Volontà di potenza" al
"Principio del piacere" e la "Volontà di carità" al "Principio di realtà",
proseguendo, dicevo,  tra me e me, in attesa di smentite o confutazioni, per
la quale ragione è stato qui postato quello scritto e non certo per
pontificare come credono erroneamente alcuni che, tra l'altro devono
conoscere poco la mia abissale vanitosità che MAI e poi MAI sarei così umile
da accontentarmi di voler convertire i "quattro gatti" che bazzigano questi
siti ma, come minimo, aspirerei ad alcune migliaia e migliaia, casommai me
ne ritenessi in grado.

Ma, ritorniamo a noi....dicevo appunto che dopo questa prima equiparazione
riflettevo sul SECONDO Freud che sviluppa il "Principio del piacere"
nell'"Istinto di morte" e il "Principio di realtà" nell'"Istinto di vita"

Ora avrete già capito dove voglio arrivare.
Ammesso e non concesso che i passaggi logici fossero corretti, si
arriverebbe dalla "Volontà di potenza" all'"Istinto di morte" e dalla
"Volontà di carità" all'"Istinto di vita"

Oddio, niente di più facile che siano tutte sciocchezze quelle che sto
dicendo ma, se tanto mi da
tanto....effettivameeeeeeeeeenteeeeeeeee...sembrerebbe quasi che i conti
tornassero.

Vogliamo darci anche una spruzzatina di "Verde" ?
Ma noooooo,...sarei un'ipocrita !!
Eppure c'è qualcosa che mi dice che questo discorso non è poi così sbagliato
e assurdo

 
 
 

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