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Post n°2045 pubblicato il 03 Dicembre 2011 da pierrde
L'interrogativo non si riferisce ai magazine, discorso molto più complesso e articolato per le differenti impostazioni, storie, cadenze ed approcci, ma più semplicemente ai rispettivi siti web. Parliamo delle due sole riviste nazionali dedicate alla musica jazz, pertanto a quanto di meglio in teoria la critica nazionale possa esprimere e poi riversare in contenuti nei rispettivi spazi internet. Il sito web di Musica Jazz si è fatto a lungo attendere, e nelle promese del direttore Filippo Bianchi si poneva il traguardo di divenire il migliore tra quelli in lingua italiana. Obiettivo a mio parere non centrato, o perlomeno non ancora. Non eccessivamente ricco di contenuti, aggiornato con cadenze piuttosto lente, è sicuramente di gran lunga meno appetibile rispetto al concorrente. Jazzit è nato molto prima ma fino al restyling era un semplice aggregatore di notizie. Molto diverso il nuovo sito web: dinamico e ricco di idee, dal Jazz TG alle video interviste, si presenta con una messe di contenuti notevolmente maggiore ed in continua espansione. Vittoria ai punti, dunque, ma piuttosto netta per Luciano Vanni. Che cosa manca ai due spazi web per essere ancora più interessanti ? Poche aggiunte, ma credo significative. Innanzitutto la possibilità di ascoltare in mp3 qualche brano degli album recensiti, per poi magari arrivare a creare un archivio digitale di concerti o di album che i musicisti vorranno donare. Poi sicuramente manca uno spazio di dialogo con i lettori. Per Jazzit si rimedia su Facebook, ma forse sarebbe interessante creare la possibilità di commentare e intervenire anche sul sito. A entrambi infine, credo darebbe un valore aggiunto ospitare al proprio interno un blog. Spazio per eccellenza per il confronto, lo vedrei gestito non da un singolo ma da più redattori per dare più corde al dibattito e più voci critiche.
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Dici bene Robè, quello che ancora manca è lo spazio dedicato allo scambio ed al dialogo. Mi sorprende che, in tutto questo fiorire di social network, la forma più comunemente riconosciuta come primaria, quella cioè a mezzo stampa, non s'interessi abbastanza della sua oramai maggiorenne sorella elettrica e non si rinnovi sugli stimoli che la stessa offre. E' assurdo che su nessuno dei due soli [sic!] jazz magazines italiani sia presente una sezione dedicata all'analisi ed alla discussione del mondo del web, con tutto quello che concerne, non solo in fatto di varietà della proposta, l'intrinseco significato della mutevolezza dei mezzi di diffusione e di riproduzione musicale che internet continua ad offrire. Anche il fatto di usare la rete per riproporre tematiche già presenti sul giornale è estremamente limitativo rispetto alle possibilità reali. Forse l'intenzione è di coinvolgere quei lettori non acquirenti che, si spera, un giorno si trasformeranno in paganti appassionati, ma tant'è che ad oggi, chi ne ottiene il minor beneficio è proprio chi il giornale già lo compra e sul web si aspetta più freschezza di aggiornamenti, approfondimenti che la carta non prevede e, soprattutto, la multimedialità della proposta, con link ai vari testi, immagini aggiuntive, sampler e quant'altro. E poi lo scambio, inteso come comunicazione multilaterale, è il valore aggiunto che davvero può fare la differenza. Mi trovo spesso a rileggere le famigerate "lettere al direttore", che per anni hanno offerto a Musica Jazz il suo lato più frizzante, vivo ed interrelazionale e penso che il web-log potrebbe rappresentare, oggi, la sua forma compiuta per eccellenza. Certo, è pure vero che a volte la porta aperta significa lasciare libero accesso a facili fomentatori ironici e noiosi antagonisti a tutti i costi. Nessuna propositività, poca predisposizione a cambiare idea ma solo schieramenti a livello di faida, cieco individualismo et similia. Questo è uno dei motivi che hanno costretto direttori di giornali a chiudere più volte lo spazio dedicato ai lettori e, sempre a mio modestissimo parere, anche il motivo che ha decretato la morte cerebrale di uno dei rari newsgroup dedicati al jazz, quel "it.arti.musica.jazz" che è stato un piccolo mare aperto alla discussione e che si trasforma spesso in una pozzanghera in cui nuotano strane ombre. Ma il rischio tocca correrlo, Robbè, specialmente se si vuole stare al gioco e se si cerca di crescere, e le parole di Luciano lasciano trasparire le migliori intenzioni. Speriamo si trasformino presto in realtà.