Creato da karolina_bees il 14/02/2010

ROMANIA IL MIO PAESE

COME UN VIAGGIO DA IERI AD OGGI... STORIA TRA FANTASTICO E REALTA'

 

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DRACULA - ARTICOLI DAI QUOTIDIANI

Post n°20 pubblicato il 14 Marzo 2010 da karolina_bees

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«Perche' i vampiri temevano aglio e croci»

(da 'Il Mattino' del 1 novembre 1998)

    Wayne Tikkanen, è questo il nome dell'uomo che forse ha distrutto il romantico ed orrorifico mito dei vampiri. Professore di chimica alla California State University di Los Angeles, Tikkanen avrebbe scoperto che vampiri e lupi mannari altro non erano che malati. Nella Romania e nell'Ungheria del XVI e XVII secolo i veri mostri furono gli uomini del clero, i giudici e gli ignoranti che uccisero centinaia di persone che non erano l'incarnazione del demonio ma semplicemente dei malati di porfiria, una malattia del sangue che provoca lo sfiguramento dei tratti e fa calare la resistenza dei tessuti ai raggi ultravioletti. Ecco perchè queste creature bevevano il sangue degli animali per alleviare il dolore (un rimedio della medicina popolare allora assai comune) e evitavano la luce del sole.

     Quando la malattia è in uno stadio avanzato, la pelle comincia a scurirsi e si crepa per effetto dei raggi solari. Le cicatrici si coprono di un anormale quantità di peli, le labbra spaccate si ritirano scoprendo i denti, il naso si erode e in qualche caso le dita delle mani si consumano, facendole assomigliare a zampe. In alcuni casi, la malattia porta alla demenza. Oggi la porfiria, considerata nella maggior parte dei casi ereditaria, è curabile ma ne sono affetti circa 100mila persone nel mondo.

     La leggenda che vampiri e lupi mannari emergessero dalle tenebre con la luna piena si giustifica con il fatto che coloro che soffrivano particolarmente "uscivano solo dopo il tramonto" per evitare il sole. Giustificato anche il terrore per l'aglio, perchè negli ammalati esso stimola le tossine contenute nel sangue facendoli gravemente peggiorare. E la paura di questi "vampiri" per la croce appare più che comprensibile: i poveretti erano terrorizzati dal simbolo degli inquisitori, i quali li avrebbero messi al rogo come agenti di Satana.

 

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«In Russia una donna-vampiro»

(da 'La Repubblica' del 12 Marzo 1994)

A quanto pare, è successo davvero. Lo riferisce la Ria (Rossiskoje Informazioinnoje Agentstvo, nuova denominazione della Novosti dell'era sovietica), lo ritrasmette la Reuter, l'autorevole agenzia inglese. E' accaduto a Vladivostok, la "San Francisco" russa, il porto dell'Estremo Oriente, sull'oceano Pacifico. Una giovane donna ha ucciso a coltellate un poliziotto, poi ha incollato le labbra al collo della sua vittima e ha bevuto voluttuosamente il sangue che sgorgava dalle ferite.

     L'agenzia non fornisce l'identità della vittima, nè le circostanze del fatto: si limita a far capire che l'agghiacciante omicidio è avvenuto durante "una festa", senza dare dettagli o spiegare cosa ci faccia lì un poliziotto. I partecipanti hanno assistito in stato di orrore, incapaci di intervenire.

     Una testimonianza: "Lei lo ha accoltellato, e poi ha cominciato a succhiare avidamente il sangue dalle ferite". Ancora: "Più beveva, più sembrava eccitata". Morale: secondo i presenti non ci sono dubbi, si è trattato di un attacco compiuto da un'autentica vampira...

 

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Il fascino discreto del vampiro

di Vittorio Curtoni

(da 'Urania' 6/93)

     "Io vivo tra piu' paesi, piu' lingue, piu' culture. Mi ritrovo sempre negli interstizi, nei luoghi di passaggio. E' l'unico modo di agire in questa vita noiosa."

     Traggo queste frasi da un singolare (e assai interessante) romanzo, Il diario di Dracula di Marin Mincu. Il Dracula in questione, aggiungero' subito, e' quel Vlad III di Valacchia, meglio noto come "Vlad l'Impalatore", che aveva ereditato dal padre il soprannome di "Dracul", cioe' "Demonio"; il personaggio storico dal quale prese le mosse Bram Stoker per creare, nel 1897, l'immortale capolavoro che e' Dracula.

     Dal romanzo di Stoker si e' mossa, in seguito, una serie di epigoni, piu' o meno motivati, piu' o meno sinceri; e, con l'avvento del cinematografo, una serie di registi, sino al recente tentativo di Francis Ford Coppola. E' abbastanza singolare, mi pare, che il vampiro sia, per definizione, refrattario allo specchio (nel senso che lo specchio non lo riflette), mentre non e' per nulla refrattario all'occhio (vitreo) della cinepresa: una malattia vampirica da eccesso di tecnologia? Un vuoto strutturale dei suoi riflessi neuronici?

     Sia come sia, se ancora oggi stiamo a parlare, disquisire, discettare del vampiro, e' segno evidente che questa figura possiede un fascino carismatico concesso a non troppi personaggi del panteon fantastico. Ad esempio, il caro vecchio Frankenstein appare un po' in ribasso: dopo la sfolgorante stagione delle pellicole targate Hammer, il buon dottore e la sua creatura non paiono godere di eccessivo favore popolare. E nemmeno il tentativo di Kenneth Branagh e' riuscito a riportarlo sulla cresta dell'onda.

     E tuttavia, anche se a prima vista non parrebbe, di cose in comune i due personaggi ne hanno parecchie. A livello narrativo, sono entrambi discendenti diretti di quel grande, fantasmagorico carrozzone da circo che e' il romanzo gotico, ideato e concretamente realizzato da Horace Walpole nel 1764 col suo Il castello d'Otranto. Nelle vene dei due personaggi principali, poi, scorre sangue blu: Dracula e' conte, e il dottor Frankenstein e' barone (qualcuno ci aveva mai fatto caso?). Ma la caratteristica essenziale che accomuna il capostipite dei vampiri al primo, indimenticabile mostro di laboratorio dell'era moderna e' la vittoria sulla morte, la resurrezione della carne, in una forma o nell'altra: piu' eterea, problematica, romanticamente dannata in Dracula; piu' concreta, materiale, scientifica nel mostro di Frankenstein. Entrambi incarnano il tema della sfida a Dio, lo spostamento delle leggi di Natura verso confini che all'uomo non sono concessi; e come sempre accade a chi ha l'ambizione di prendere il posto del Padreterno (per lo meno in letteratura, dalla tragedia greca in poi), il prezzo da pagare e' assai salato. Ma, fortunatamente, le sacre leggi della modernissima serialita' garantiscono anche una successione interminabile di resurrezioni, in barba a tutti gli imperativi morali che si possano invocare.

     Credo che il vampiro goda ancora oggi, nell'immaginario collettivo, di maggior fortuna del suo cugino mostro soprattutto per due motivi. In primo luogo, Dracula e compagni sono intrinsecamente polivalenti, adattabili a ogni situazione, riproponibili nei piu' diversi contesti. Come un altro grande archetipo della narrativa fantastica, i fantasmi, incarnano terrori profondi e onnipresenti, non limitati agli angusti spazi del laboratorio di uno scienziato piu' o meno folle. Sono, insomma, una filiazione diretta di strutture fondamentali della paura umana; e se nessuno puo' negare che, specialmente oggi, scienza e tecnologia occupino un posto di rilievo all'interno di questa paura, e' altrettanto innegabile che il timore che si prova di fronte all'irrazionale, al metafisico, ha un impatto ben piu' profondo di quello generato dal razionale. I narratori dei nostri giorni lo hanno capito molto bene; tanto che uno dei romanzi dai quali ha preso avvio la sottocorrente dello splatterpunk e', guarda caso, Vampire Junction di S. P. Somtow, apparso in America nel 1984.

     Secondariamente, in un mondo come il nostro; un mondo in cui gli eccessi nutritivi sono banditi come peccaminosi dalla coscienza sociale; un mondo in cui stare a dieta, essere agili e scattanti, liberarsi dei chili superflui, e' considerato un preciso dovere civico per chiunque; in questo mondo, Dracula puo' permettersi di abbuffarsi di sangue a piacere, senza alcuna limitazione. E' vero, come mi ha recentemente fatto notare un amico, che i Dracula della narrativa e del cinema sono vampiri snelli, prestanti, dalla figura asciutta; ed e' anche vero che mangiano pochissimo, anzi non mangiano per niente; ma quanto sangue bevono! Se ne ingozzano con un'avidita', con una carnale soddisfazione che non ha pari nella realta'. E se, com'e' ampiamente dimostrato, il sangue riveste presso tante culture, presso civilta' che sembrerebbero agli antipodi l'una dell'altra, il significato di "cibo primario", c'e' da stupirsi se Dracula e' un eroe dei tempi moderni? Deve possedere un metabolismo invidiabile: con tutto quello che mangia (o beve, come preferite), non ingrassa mai; e' sempre in forma, ma non deve mai stare a dieta... Il sogno del ghiottone frustrato dei nostri giorni!

     E non parliamo della sua ovvia, intrinseca, carica di sex appeal; il fascino che esercita sulle signore e' sin troppo noto. E' splendida intuizione del mito del vampiro l'avere fuso il piacere della nutrizione col piacere del sesso, facendone un tutto unico che rimanda direttamente il lettore, o lo spettatore, ai godimenti fetali del grembo materno e a quelli successivi del seno materno. Stati di felicita', questi, che la condizione di adulto non concede a nessuno, ma che tutti, presumo, rimpiangiamo; e che nell'immagine del non morto trovano una loro, per quanto macabra, realizzazione.

     Lunga vita, dunque, a Dracula! Lunga vita a chi, da un lato, incarna senza dubbio il perturbante freudiano, l'inquietudine dell'inconscio che riemerge in superficie, il terrore atavico della morte; e, dall'altro, si propone come modello di assoluta soddisfazione dei sensi (almeno finche' un paletto acuminato, una croce o una spruzzata di acqua benedetta non intervengano a chiudere per sempre questo arcano stato di beatitudine). Ridotto all'osso, il fascino discreto del vampiro sta proprio in questo: nella duplicita' di una vita beatifica e primordiale che in realta' e' morte; nelle due facce cosi' opposte, ma cosi' perfettamente complementari, della parabola nascita-vita- morte che e' tipica di ogni essere umano.

     E se per trascendere questa parabola, per arrivare all'inquieta pace dell'immortalita', dobbiamo avvolgerci in un mantello nero, dormire in una bara imbottita di terra, uscire solo di notte e morsicare qualche collo... Be', e' sempre meglio che marcire sotto una pietra tombale, no?

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«Vampiri. Dieci in Italia, 1400 nel mondo»

(da 'La Nazione' di Giovedì 7 novembre 1996)

ROMA-Nella seconda metà del Settecento Voltaire annotava, con gioia, il trionfo della ragione illuminista, che era stata capace di mettere in fuga, per sempre, i vampiri. «Non si sentiva parlare che di loro tra il 1730 e 1735... e adesso nessuno ne trova più». Inutili censori oggi possiamo capire quanto avesse torto. Perché i vampiri non solo ci sono ancora, nella fantasia popolare, ma so no addirittura diventati mito nei panni del conte Dracula e dei suoi emuli antichi e moderni.

     Non poteva mancare un censimento. A firmarlo è stato il "Centro di ricerca sui vampiri" di New York diretto da Stephen Kaplan. Ecco le cifre: 40 vampiri accertati in Canada, 550 negli Stati Uniti e 310 nel resto del mondo. In Italia, dicono gli studiosi, i casi acclarati sono una decina circa. Ed effettivamente qualche traccia del Conte è stata trovata anche qui; nel novembre di due anni fa all'idroscalo di Milano furono individuate tracce di un vero e proprio "banchetto per vampiri". Una tovaglia bianca, tre cuori (di vitello) disposti su tre piattini. In uno erano conficcati due coltelli da cucina, nel secondo un solo coltello, mentre il terzo, più piccolo, era integro e avvolto in un coprifasce bianco da neonato. Al centro, un cero rosso in parte consumato

  

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«Caro Conte, si stenda sul lettino e racconti»

intervista a Vera Slepoj di Silvia Mastrantonio

(da 'La Nazione' di Giovedì 7 novembre 1996)

ROMA-La luce rischia di ucciderlo, fermarne il cuore è impresa difficile. Perchè batte attraverso i secoli, le epoche, le mode e i costumi. Ma chi è davvero Dracula? «E' il sangue, prima di tutto -risponde la psicologa Vera Slepoj, che non esita a dirsi 'affascinata' dal Conte-. Sangue come elemento di passione e sessualità, sangue come strumento di purificazione. Sangue come ricongiungimento tra la vita e la morte, come circolo vitale».

     Sangue ma anche tenebre...

      «La notte, cioè l'incoscienza, il terrifico, il profondo presente in tutte le culture come le parti oscure di noi, la concezione delle particolarità non spiegabili della natura. E Dracula vive di notte portando con sè tutto questo. Non potrebbe diventare mito se non avesse fortissimi legami con il rito».

     Un mito negativo?

     «E' il tormento e insieme la paura. Il suo tormento di dover vivere per sempre è il nostro tormento tra la felicità e l'infelicità, la ricerca di una spiegazione sulla fine delle cose, sulla nostra fine e sulle origini delle passioni. Ci permette di fantasticare di una vita che non si interrompe, ci regala l'immortalità seppure nell'oscurità della notte. Ci offre la possibilità di elaborare le nostre angosce più profonde che toccano le 'parti oscure' di noi, le nostre pulsioni, la paura del futuro».

     Ma resta un modello deviante...

     «Non è un personaggio liberatorio, ma angosciante, che però associa un elemento profondamente passionale legato al bacio, al morso. Anche qui un simbolo dell'atto sessuale».

     Tanti simboli l'hanno consegnato davvero all'immortalità?

     «E' il trionfo del nostro desiderio di immortalità. Passano i secoli ma il bisogno di spiritualità dell'uomo, di contenitori ideali che giustifichino e spieghino il 'dopo', resta»

 
 
 
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