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Ancora esercizi di stile

Post n°6 pubblicato il 21 Maggio 2012 da monigraf
 

Esercizi di stile di Daniela Pieri

Lo spunto:

Ore 10.00 Sportello dell’Ufficio Anagrafe: una signora bionda entra accompagnata da una piccola bambina e si accomoda. Mi domanda un certificato di nascita della bambina. Le chiedo un documento di riconoscimento e chi è il destinatario, perché se si tratta di una publica amministrazione, allora è sufficiente un’autocertificazione. Mi risponde che il destinatario è il datore di lavoro, un privato. La bambina accenna un pianto, poi sorride. La madre osserva che l’ufficio ha dei bei soffitti dipinti. Preparo il certificato e glielo porgo. Sono 26 centesimi.

alla maniera di HENRY FIELDING

Batterono le 10. D’improvviso si aprì l’uscio e prima che la donna entrasse, l’impiegata, che si chiamava Mrs White, già vi aveva ravvisato le fattezze di una delle abitanti del paese e della sua bambina. Si trattava di Molly, la moglie del proprietario della locanda. Da lui aveva avuto sette figli e quella che ora aveva portata con sé era la figlia più giovane, che già aveva acceso l’invidia nel cuore delle altre sorelle, poiché, si sa, l’amore materno, sebbene sia teneramente dimostrato, non è mai sufficiente. L’impiegata era una donna sobria, che tra le sue qualità aveva quella di considerare l’onestà come la virtù più desiderabile da chi esercitava una pubblica professione. Quindi Molly domandò con civiltà, perché sebbene fosse di umili origini aveva pur ricevuto una certa educazione, un certificato di nascita della bambina. Mrs White non mancò di farle le domande appropriate, quelle che erano nel dovere del suo ufficio: un documento di riconoscimento e se il certificato fosse destinato a una pubblica amministrazione. Mrs White accennò a Molly la posibilità di far uso dell’autocertificazione,  ma Molly, dopo alcuni complimenti, rifiutò, dicendo che quello non era il suo caso. Infatti il certificato era destinato a Lord F., il gentiluomo padrone dei terreni sui quali sorgeva la locanda. Se fosse il chiaccherare delle due donne o perché Molly ancora non le avesse dato da mangiare o perché le anime pure avvertono il male più facilmente delle altre o altro ancora, non so dirlo, ma la bambina accennò un pianto. Ma, come il sole perdona sempre alle nuvole il baccano fatto durante il temporale, tornando a splendere, così la bambina, che era d’indole buona, qualunque fosse stato il motivo del suo pianto, già aveva perdonato e tornò a sorridere. Molly non potè fare a meno di ammirare la bellezza del soffitto, mirabilmente dipinto, poi chiese il conto e pagò 26 centesimi.

alla maniera di ANTONIO MACHADO

Già sono le dieci della mattina.

Sola, aspettando, l’impiegata ripone le carte.

Luce chiara dei monti entra dalla porta,

una bimba, iris di speranza,

chiede che sia proclamata vera

la sua venuta al mondo.

Non sarai tu, piccola rosa di campo,

a proclamare il tuo nome,né sarà tua madre.

Perché solo il vento

e i monti e i cespugli in fiore

lo conoscono.

Ma già sa il Paese che una nuova voce

si è unita al coro, che ora è pianto,

e ora è riso.

Limpida luce del mattino

dipinge sul soffitto il cielo azzurro.

Che bellezza! Con due sole gocce di rugiada,

una rosa è nata!

 

alla maniera di JAMES JOYCE  Dubliners

 

L’orologio batté le dieci. Il cartello indicava “aperto” e poca sopra era scritto “Ufficio Anagrafe”. Per strada c’era silenzio e per un attimo l’impegata sentì silenzio anche nella sua testa. C’era ancora tanto lavoro da fare. Vide aprirsi la porta, lentamente. Una giovane donna entrò nell’ufficio. L’impiegata la guardò per un momento. Aveva un vestito azzurro, abbottonato sul davanti, i capelli biondi, lisci, parevano tinti in casa.

“Vorrei un certificato di nascita. E’ per mia figlia.” Disse la donna.

“Certo. Un documento d’identità, per favore”

La donna frugò nella borsa e le vennero in mente le parole del marito riguardo al fatto che quella borsa era sempre piena di niente. Niente. Quella parola riusciva sempre ad avere uno strano effetto su di lei. Le faceva pensare al sonno o di trovarsi in un altro posto senza andarci.

“Il certificato va a una pubblica amministrazione?” La voce dell’impiegata la scosse e tornò a vedere nuovamente le pareti bianche e il soffitto dipinto dell’ufficio. Le piaceva quel soffitto, le ricordava quello della cappella dove, accompagnata dalla madre, il sabato pomeriggio, andava a dire le preghiere.

“Perché se è così deve fare l’autocertificazione”

“No, è per mio marito. Va al suo datore di lavoro.”

L’impiegata preparò il foglio bianco e mentre attendeva la stampa, guardò la bambina. Assomigliava alla madre, anche se con gli anni i lineamenti di questa erano diventati un po’gonfi. La bimba si mise a piangere. Si diceva che la famiglia della donna non se la passasse bene. Ci fu una pausa, smisero tutti di respirare. Poi la bambina, che era un amorevole bambina, sorrise. L’impiegata si affrettò a chiedere i 26 centesimi per il certificato e salutò la donna. C’erano sempre così tante persone fuori ad attendere.

 
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