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Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 27 Maggio 2008 da NAPOLICHAMPIONS
 

Società Sportiva Calcio Napoli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. 

Simboli: Asinello ('o ciucciariello)

Inno: 'O surdato 'nnammurato Aniello Califano - Enrico Cannio

Dati societari :

Città: Napoli  -   Paese: Italia  -   Confederazione: UEFA  - 

Federazione: FIGC   -   Campionato: Serie A   -    Fondazione: 1926  

Presidente: Aurelio De Laurentiis

Allenatore: Edoardo Reja

+Palmarès Scudetti: 2 Trofei nazionali: 3 Coppe Italia 1 Supercoppe italiane Trofei internazionali: 1 Coppe UEFA

 Stadio San Paolo (60.240 posti)

 Contatti Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A. Strada Statale Domitiana Km 35,300 81030 Castel Volturno (CE) Tel (081) 509.53.44 Fax (081) 509.39.17 E-mail: infocalcio@sscn.it www.sscnapoli.it

La Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A.abbreviata in SSC Napoli e nota come Napoli, è la principale società calcistica della città di Napoli. Attualmente, è la quarta[1] squadra italiana per numero di tifosi. È inoltre la squadra dell'Italia meridionale più titolata a livello nazionale ed internazionale, nonché quella più presente nei campionati di Serie A.

 
 
 

Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 27 Maggio 2008 da NAPOLICHAMPIONS
 

Storia

Dal Naples al Napoli


Le origini del calcio a Napoli risalgono al 1904 quando, ad opera dell'inglese James Poths, impiegato in un'agenzia marittima della città, e dell'ingegnere napoletano Emilio Anatra, venne fondato il Naples Foot-Ball & Cricket Club, la prima squadra calcistica cittadina che nel 1906 prese il nome di Naples Foot-Ball Club.[2] La prima partita venne giocata contro i marinai-giocatori della nave Arabik che pochi giorni prima avevano battuto a Genova la blasonata squadra del Genoa per 3-0: il Naples si impose per 3-2 con le reti di MacPherson, Scafoglio e Chaudoir.

Fino al 1912 il Naples non partecipò al Campionato nazionale al quale erano iscritte solo squadre del Nord Italia. Nei primi anni vinse comunque alcune competizioni minori fra le quali la Coppa Lipton, conquistata battendo il Palermo per 2-1[3], la Coppa Salsi, conquistata sconfiggendo altre squadre campane[4], e la Coppa Noli da Costa.[5]

Nel 1911 la componente napoletana si distaccò da quella inglese dando vita all'Unione Sportiva Internazionale Napoli.[6] L'anno successivo la F.I.G.C. decise di ammettere al campionato di Prima Categoria (allora la massima serie) le squadre del centro-sud. Le due squadre partenopee si affrontarono in uno scontro fratricida nella semifinale centro-sud; fu il Naples a uscirne vincitore grazie a due vittorie per 2-1 e 3-2 ma perse la finale centro-sud contro la Lazio.
Nella stagione successiva l'Internazionale si prese la rivincita eliminando il Naples sempre nella semifinale centrosud per disputare la finale centro-sud nella quale si affermò nuovamente la Lazio.

Nel 1919, finita la guerra, il campionato riprese; rispetto all'ultimo torneo disputato, il numero delle squadre partecipanti aumentò a dismisura soppratutto nel Nord, anche il numero di squadre campane partecipanti al campionato aumentò notevolmente; dalle due sole iscritte nel 1914-15 (il Naples e l'Internazionale), nel 1919 le squadre campane partecipanti furono molte di più (Puteolana, Savoia, Bagnolese ecc.). Negli anni dal 1919 al 1922 il Naples e l'Internazionale non brillarono particolarmente raggiungendo al massimo le semifinali interregionali.[7]

Nel 1922 le due compagini attuarono una nuova fusione, resa necessaria da esigenze di carattere finanziario e diedero così vita al Foot-Ball Club Internazionale-Naples, meglio noto come FBC Internaples[8].

Nella stagione 1925/26 l'Internaples disputò un ottimo campionato: dopo aver vinto il girone campano e il girone A delle semifinali Lega Sud arrivò alla finale della Lega Sud, ma fu travolta dall'Alba Trastevere per 6-1 e 1-1.[9]

Il 1° agosto 1926 l'assemblea dei soci dell'Internaples decise di cambiare il nome della società costituendo l' Associazione Calcio Napoli. Giorgio Ascarelli ottenne la nomina di primo presidente della storia del club.[10]


I primi anni: Ascarelli, Vojak e Sallustro

Gli anni '20
Il Napoli 1926-27 Attila SallustroPrima del 1926 le imprese più importanti del calcio campano erano legate al Savoia di Torre Annunziata che aveva addirittura sfiorato il titolo nazionale fermandosi solo nella finale disputata nel 1924 contro il Genoa.

Giorgio Ascarelli, giovane industriale napoletano e presidente dell'Internaples, si era reso conto che ormai il football stava diventando un fenomeno che avrebbe appassionato le folle come null'altro fino ad allora ed il 1° agosto del 1926 fondò la nuova squadra di Napoli con il nome di Associazione Calcio Napoli.

I progetti furono subito ambiziosi, si partì da mister Garbutt, classico allenatore inglese che aveva vinto due scudetti con il Genoa nel 1923 e nel 1924 e - soprattutto da Attila Sallustro soprannominato "il Veltro". Sallustro proveniva da un'agiata famiglia e suo padre - quando seppe che avrebbe giocato a calcio in Italia - gli impose l'obbligo di non guadagnare nulla dall'attività sportiva.
Sallustro mantenne la promessa fin che fu possibile; il Napoli lo gratificò regalandogli una lussuosa vettura, cosa che all'epoca destò un enorme scalpore.


Fu edificato - finalmente - uno stadio vero il "Vesuvio" in grado di accogliere le migliaia di sostenitori della squadra che intanto decisero - viste le modeste prestazioni dei ragazzi in maglia azzurra - di togliere dallo stemma della società l'originario cavallo rampante sostituendolo con un modesto somaro: da allora "'o ciucciariello" divenne per Napoli e per il mondo del calcio l'emblema della squadra partenopea.

Ascarelli morì in giovane età senza poter raggiungere i traguardi ambiziosi che si era prefissato. Lo stadio gli fu intitolato a furore di popolo ma le leggi razziali gli tolsero anche quella "soddisfazione postuma". L'Italia entrava nel baratro della guerra e ben pochi avevano ancora voglia di pensare al pallone in una città squarciata dai bombardamenti che non risparmiarono neanche lo stadio sotto le cui macerie rimase anche la storia avventurosa di quei primi anni di grande calcio a Napoli.

Tornando alle cose prettamente sportive è da ricordare che l'esordio del Napoli nel Campionato italiano fu quanto meno disastroso: un solo punto contro il Brescia in tutta la stagione, ma Ascarelli riuscì a convincere i dirigenti nazionali a non rinunciare al patrimonio che il Napoli e Napoli rappresentavano per il calcio italiano e il Napoli fu ripescato.[11]
Ascarelli in vista della stagione successiva rinforzò la squadra in modo da evitare la retrocessione nella categoria inferiore. Tuttavia, inizialmente, il campo sembrava dargli torto: il Napoli infatti alla fine del girone d'andata era in zona retrocessione. Tuttavia grazie a un ottimo girone di ritorno gli azzurri riuscirono a salvarsi arrivando terzultimi.
Nel campionato 1928/29 Sallustro segnò ventidue reti portando il Napoli all'ottavo posto della classifica a pari merito con la Lazio. Purtroppo però solo le prime otto squadre di ogni girone (all'epoca il campionato italiano di calcio era basato su due gironi) avrebbero partecipato al primo campionato di Serie A a girone unico. Il Napoli dovette giocare uno spareggio con la Lazio che finì in parità per due a due.
Ascarelli riuscì a convincere l'allora Presidente della FIGC, Leandro Arpinati ad allargare il campionato di Serie A a diciotto squadre in modo che anche le none classificate potessero accedervi.[12]

 
 
 

Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 27 Maggio 2008 da NAPOLICHAMPIONS
 

Gli anni '30
Antonio VojakAlla vigilia del primo campionato di Serie A a girone unico il Napoli si rinforzò ingaggiando Vojak e il già citato "mister" William Garbutt chiudendo il torneo al quinto posto.
Nella stagione successiva il Napoli giocò un ottimo girone d'andata che concluse al secondo posto dietro la Juve poi nel girone di ritorno, anche a causa della chiamata alle armi di Sallustro, venne meno e concluse il campionato al sesto posto.
[13] Il campionato 1932/33, invece, passerà alla storia come il primo in cui gli azzurri sfiorano lo scudetto. Formidabile fu la coppia d'attacco: Sallustro segnò diciannove reti e Vojak ventidue; Il Napoli arrivò terzo a pari merito col Bologna e nel campionato succesivo fu ancora terzo qualificandosi per la Coppa Europa, la massima competizione europea di quei tempi. Al primo turno il Napoli incontrò l'Admira Wien: A Vienna finì 0-0 a Napoli 2-2, con reti di Sallustro e Vojak. Alla "bella" vinsero gli austriaci 5-0. In campionato la squadra deluse e arrivò soltanto settima.[14]

Nel 1936 la società fu rilevata da Achille Lauro che, per risanare il bilancio, svendette subito tutti i giocatori più importanti. Sallustro da un paio di campionati segna sempre meno reti, e molti trovano la causa della sua improvvisa scarsa vena realizzativa, nella sua frequentazione con Lucy D'Albert, famosa soubrette dell'epoca, che poi diventerà sua moglie. Al termine del campionato 1936/37 il Napoli cede Sallustro alla Salernitana.
In vista della stagione 1938/39 Lauro acquistò l'attaccante Italo Romagnoli, il mediano Piccinni e la mezz'ala Gramaglia. L'allenatore Payer fu sostituito da Iodice che condusse gli azzurri al quinto posto in classifica. Nella stagione successiva la squadra partenopea allenata da Adolfo Baloncieri giocò un pessimo campionato e la retrocessione in B fu evitata solo grazie a un miglior quoziente reti rispetto al Liguria. Lauro al termine della stagione si dimise e Gaetano Del Pezzo diventò presidente della Società. Nella stagione 1940/41 il Napoli si classificò settimo a parimerito col Torino. Senza più campioni il Napoli retrocesse in Serie B al termine del campionato 1941/42.

Nella stagione 1942/43 il Napoli arrivò terzo in serie B ma questo non bastò per tornare in Serie A.


Il dopoguerra: gli anni '40
A causa delle difficoltà incontrate durante lo svolgersi degli eventi bellici la società fu costretta a cessare le attività nel 1943. L'anno successivo allo scioglimento, nel 1944, nacquero due distinte società: la Società Sportiva Napoli, promossa dal giornalista Arturo Collana, e la Società Polisportiva Napoli, fondata dal dott. Gigino Scuotto, dalla cui fusione nel gennaio 1945 si costituì l'Associazione Polisportiva Napoli, con presidente Pasquale Russo. La società riprese finalmente la denominazione di A.C. Napoli nel 1947.

Nel 1945 con la fine della seconda guerra mondiale riprese il campionato di Serie A che venne suddiviso in due gironi: al primo parteciparono le squadre di Serie A del Nord e nel secondo le squadre di Serie A e B del centro/sud. Il Napoli, nonostante fosse una squadra di Serie B riuscì a vincere il proprio girone a pari merito col Bari qualificandosi per il girone finale a otto squadre in cui arrivò quinto alle spalle di Torino, Juventus, Milan e Inter.

In quel Napoli militava l'attaccante albanese Riza Lushta che ebbe un periodo di appannamento durante il quale si diffuse in città il detto: "Quanno segna Lushta se ne care 'o stadio" (Quando segnerà Lushta cadrà lo stadio). Si narra che quando Lushta interruppe il suo digiuno una parte di tribuna ebbe un cedimento, per fortuna senza gravi conseguenze.

Nella stagione successiva il campionato di Serie A tornò al girone unico, il Napoli venne ripescato insieme al Bari in serie A in quanto le due formazioni, nonostante fossero squadre di Serie B, erano riuscite a qualificarsi al girone finale. Il Napoli tornò così nella massima serie ma al termine del campionato 1947/48 retrocesse ancora in Serie B per un illecito sportivo. Ci vorranno due anni per risalire la china.


Gli anni '50

In A con Monzeglio, Jeppson e Pesaola [modifica]
Hasse JeppsonNella stagione 1949/50 gli azzurri allenati da Eraldo Monzeglio vinsero il campionato di Serie B venendo promossi in A. Il Napoli in vista della stagione 1950/51 si rinforzò prelevando dalla Roma Amedeo Amadei che militò in maglia azzurra per sei stagioni segnando in tutto quarantasette reti. Nelle due successive stagioni il Napoli arrivò per due volte sesto in classifica. Lauro in vista della stagione 1952/53 acquistò dall'Atalanta il centroavanti svedese Hasse Jeppson.

Jeppson si era messo in mostra ai mondiali del 1950 svolti in Brasile, pareva dovesse finire all'Inter, ma per l'allora stratosferica cifra di centocinque milioni di lire fu ingaggiato dal Napoli col quale disputò quattro campionati; I tifosi coniarono per lui il soprannome di "'o Banco 'e Napule".

Bruno PesaolaUn altro indimenticabile campione di quei tempi fu il "petisso" Pesaola che anche come allenatore, in tempi successivi, ha lasciato una traccia indelebile nella storia della società.

Jeppson divenne velocemente il goleador simbolo della squadra partenopea, e in tre anni il Napoli otterrà un quarto (1952/53), un quinto (1953/54) e un terzo posto (1954/55).


'O Lione
"'o Lione" Luis VinicioNel 1955 arrivò dal Brasile, via Lazio, Luis Vinicio ('o Lione) che affiancando Jeppson in attacco diede vita alla coppia "H-V" che fu schierata per la prima volta in campo nella partita contro la Pro Patria vinta per 8-1 dagli azzurri con tripletta di Vinicio e doppietta di Jeppson.[15] Purtroppo questo eccelso binomio non diede al Napoli i frutti sperati, anche perché poche furono le occasioni nelle quali i due campioni vennero schierati insieme in formazione.[16] Il Napoli in quella stagione deluse arrivando solo quattordicesimo in classifica.

La stagione 1956/57 vede la fine definitiva del tandem Jeppson-Vinicio. Il primo viene infatti ceduto al Torino. In campionato i miglioramenti rispetto alla stagione precedente fruttano solo un undicesimo posto. Tra le poche "imprese" del Napoli di quegli anni ci sono le due vittorie contro la Juventus nella stagione 1957/58: all' andata a Torino finì 3-1 per il Napoli grazie alle parate fenomenali di Bugatti, sceso in campo con trentotto gradi di febbre.[17] Charles dopo la partita disse "Ci fosse stato un altro portiere al posto di Bugatti, fra i pali della porta del Napoli, avremmo vinto 7-3".[18] Al ritorno, comunque, il Napoli vinse 4-3. In quella stagione gli azzurri arrivarono quarti in campionato dietro a Juventus, Fiorentina e Padova.


Il San Paolo non ferma la crisi
Per la stagione 1958/59 fu ingaggiato per far coppia con Vinicio il brasiliano Del Vecchio.[19] Neanche questa coppia, come quella Jeppson-Vinicio, funzionò. Del Vecchio marcò tredici gol, Vinicio sette: il Napoli arrivò al nono posto.

Nella stagione successiva il Napoli lascia l'ormai angusto stadio del Vomero e inaugura il nuovo stadio S. Paolo di Fuorigrotta davanti a ottantamila tifosi. È il 6 dicembre del 1959, la partita oppone gli azzurri alla Juventus e finisce con un incredibile vittoria del Napoli per 2 a 1.

Questo è però l’unico avvenimento di notevole importanza in quell’anno, poiché il resto della stagione della compagine partenopea fu poco più che anonimo e il risultato finale fu solo un quattordicesimo posto. A giugno lasciano la squadra Vinicio e Pesaola, la crisi non sembra fermarsi.

 
 
 

Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 27 Maggio 2008 da NAPOLICHAMPIONS
 

Gli anni '60

È di nuovo Serie B Nel 1960 quando Vinicio sembrava a fine carriera ed ormai in decadenza, il Napoli cedette il brasiliano al Bologna;[20] a smentire quella "decadenza" ci pensò Vinicio stesso, vincendo la classifica dei marcatori, ben 6 anni dopo, con la maglia del Vicenza. Nella stagione 1960/61 dopo un buon avvio - (8 punti in 5 partite)[21] - il Napoli crolla e retrocede nuovamente in serie B. Il Napoli vincitore della Coppa Italia 1961-62 1962: La prima Coppa Italia Per ritornare in A, Lauro pretese di costruire una formazione in grado di competere con le migliori: "un grande Napoli per una grande Napoli" fu il suo slogan, ma il campo gli diede torto; la squadra non sembrava essere in grado di raggiungere la meta della promozione, e alla fine del girone di andata annaspa negli ultimi posti, rischiando la C, fino a quando fu chiamato ad allenarla Bruno Pesaola, allora allenatore della Scafatese in terza serie, che lasciò subito per tornare da allenatore nella città che l'aveva visto protagonista da calciatore, che da "Mister" rimase famoso anche per il suo immancabile cappotto di cammello e per l’inimitabile sagacia tattica. Con lui in panchina il Napoli risalì la china fino a raggiungere la promozione. La stagione si chiuse trionfalmente con la conquista della Coppa Italia ottenuta battendo in finale la SPAL. Il Napoli passò subito in vantaggio con Gianni Corelli al 12°; la Spal pareggiò al 15° con Micheli ma Pierluigi Ronzon al 79° portò definitivamente in vantaggio gli azzurri regalandogli così il loro primo trofeo. Il Napoli resta l’unica squadra nella storia del calcio italiano ad aver vinto la Coppa Italia militando in serie B. Canè e l'altalena A-B


Nel 1962/63 il Napoli della Coppa Italia è confermato quasi in blocco, con il solo innesto di Faustino Jarbas Canè, prelevato dall' Olaria di Rio de Janeiro. In campionato la squadra non ingrana ma in Coppa delle Coppe elimina sia i gallesi del Bangor City che l'Újpesti TE (Ungheria) qualificandosi così ai quarti di finale. Intanto, dopo la gara di San Siro contro il Milan, ben quattro azzurri (Pontel, Molino, Rivellino e Tomeazzi) furono squalificati per un mese causa doping. In Coppa alla bella contro l'OFK Belgrado debutta Antonio Juliano, giovanissimo centrocampista che per i successivi diciotto anni sarà l’indiscussa bandiera del Napoli, ma nulla eviterà il 3-1 e l'eliminazione. In campionato le cose non vanno meglio: al temine della partita persa 0-2 contro il Modena sugli spalti del San Paolo si scatena la rabbia dei sostenitori azzurri, adirati per una nuova retrocessione. Nella stagione successiva il Napoli, sotto la guida di Roberto Lerici, non ottenne grandi successi. A nulla servì la sostituzione del tecnico con il suo secondo Molino: alla fine fu solo ottavo posto.
Il 1964 va invece ricordato per la trasformazione dell’A.C. Napoli in Società Sportiva Calcio Napoli, tuttora titolo sportivo ufficiale della squadra partenopea. Per il campionato 1964/65 tornò in panchina Pesaola, il tecnico della Coppa Italia. La stagione è quantomeno strana: in casa il Napoli non rende, mentre in trasferta dilaga, Canè si trasforma in goleador e gli azzurri tornano in A. Gli oriundi: Sivori ed Altafini Per lo spregiudicato armatore Achille Lauro il Napoli era un fiore all’occhiello da mostrare con orgoglio, specie in periodo elettorale; per costruire una buona squadra in vista del campionato di A 1965/66 prelevò Omar Sivori della Juventus e Josè Altafini dal Milan; al loro fianco cominciò a mettersi in evidenza Juliano, che aveva debuttato quando la squadra era ancora in Serie B. I risultati sono lusinghieri: in campionato il Napoli arriva terzo, con Altafini capocannoniere della squadra con quattordici gol, mentre in estate la squadra si aggiudica la Coppa delle Alpi. Nel 1966/67 il Napoli ripeté gli ottimi risultati dell'anno passato, arrivando quarto con Altafini di nuovo mattatore, questa volta con sedici reti. Nello stesso anno la squadra partenopea partecipò alla sua prima Coppa delle Fiere: venne eliminato agli ottavi di finale dal Burnley FC. Josè AltafiniAlla vigilia del campionato 1967/68 arrivò dal Mantova il portiere Dino Zoff, subito soprannominato l'angelo azzurro. Nonostante la società attraversasse un periodo di crisi economica, in campionato i partenopei arrivarono vicinissimi allo scudetto. Purtroppo nella sfida decisiva di San Siro contro il Milan la corsa si arrestò al termine di una gara segnata dalle polemiche. L'impegno dei giocatori azzurri fruttò solo un amaro secondo posto con nove punti di distacco dal Milan: il titolo di Campioni d’Italia restò, ancora una volta, solo un sogno nel cassetto.
La presidenza Ferlaino A conti fatti, ad eccezione della Coppa Italia del 1962 e la Coppa delle Alpi del 1966, gli anni della presidenza di Lauro avevano regalato ai tifosi più illusioni e delusioni che risultati degni di nota. Il periodo di potere della famiglia Lauro era ormai al termine, nel 1969, con grande abilità e poca spesa Corrado Ferlaino assunse la presidenza della società ridotta però sull’orlo del dissesto finanziario. Nei suoi primi anni di dirigenza, pur dimostrando carattere e testardaggine fuori dal comune, Ferlaino non poté garantire al Napoli la possibilità di lottare per grandi traguardi badando nei primi anni di presidenza in fase di calciomercato alla cessione di pezzi pregiati come Zoff, Altafini e Claudio Sala (ceduto senza aver potuto dimostrare pienamente il proprio valore, ad appena un anno dal suo acquisto), e all'acquisto di giocatori di prima scelta ma sul viale del tramonto come Nielsen, Hamrin, Sormani e Clerici. Il pubblico comunque ripagava la società garantendole incassi impensabili anche per le squadre più titolate e questo fattore fu determinante per invertire la rotta.

Antonio Juliano Gli anni '70 I primi anni settanta Nel 1970/71 arrivò a Napoli il brasiliano Angelo Benedicto Sormani soprannominato il Pelé bianco. Sulla panchina della compagine partenopea rimase Beppe Chiappella, arrivato due anni prima. Sormani formò con Altafini un attacco solidissimo ed il Napoli giunse a giocarsi lo scudetto con Inter e Milan, ma a fine campionato il bottino fu solo un terzo posto avvelenato da roventi polemiche. La stagione successiva vede una piccola crisi del Napoli, dovuta ad alcuni problemi societari. La compagine partenopea arriverà soltanto all'ottavo posto. Ferlaino decide quindi di svecchiare la squadra (pensando comunque anche al bilancio). La cessione di giocatori del calibro di Zoff ed Altafini alla Juventus fu accolta malamente dai tifosi e ben pochi videro di buon occhio il nuovo assetto della squadra. L'acquisto che rivoluziona positivamente l'ambiente azzurro, è però legato al leone Luis Vinicio, che ritorna a Napoli in veste di allenatore. Vinicio e il calcio totale All'arrivo del nuovo tecnico la società cominciò ad investire acquistando giocatori di ottimo livello (come gli attaccanti Sergio Clerici e Giorgio Braglia), mantenendo campioni come Juliano e valorizzando poi alcuni giovani talenti (Bruscolotti, Vavassori, La Palma, Salvatore Esposito ed altri). Vinicio, primo in Italia, volle sperimentare una squadra in grado di giocare il calcio totale proposto dagli olandesi ai Mondiali del 1974. La squadra fu rivoluzionata e, per il valore assoluto del gioco espresso fu, a detta di molti, il più bel Napoli della storia e comunque quello che giocò il più bel calcio visto sino ad allora. I risultati non si fecero attendere, e infatti la stagione si chiuse con un meritato terzo posto alle spalle della Lazio di Chinaglia e della Juventus. Nel 1975 il Napoli sempre guidato da Vinicio arriva ad un passo dallo scudetto: infatti appena due punti, alla fine, lo separano dalla Juventus. Decisiva risulta la sfida di Torino che la Juve vince grazie 2-1 ad un gol in zona Cesarini dell’ex Altafini, da allora soprannominato "Core ‘ngrato" Giuseppe Savoldi Con "Mister due miliardi" è di nuovo Coppa Italia Il colpo di mercato che ingigantì le speranze di gloria dei tifosi azzurri arrivò nell'estate del 1975 quando per l’allora stratosferica cifra di due miliardi di lire fu ingaggiato dal Bologna il centravanti Beppe Savoldi detto BeppeGoal o anche mister due miliardi. La squadra, reduce dall'amaro secondo posto, non fece meglio nella stagione successiva, arrivando solo al quinto posto. Però riuscì a conquistare la sua seconda Coppa Italia battendo in finale per 4 a 0 l’Hellas Verona nella finale dell'Olimpico; poi, battendo il Southampton, il Napoli si aggiudicò anche la Coppa di Lega Italo-Inglese. Nella stagione successiva l'obiettivo del raggiungimento della finale di Coppa delle Coppe (allenatore Pesaola) fallì dopo un’immeritata sconfitta per 2-0 nella semifinale di ritorno contro l'Anderlecht in una gara pilotata letteralmente a senso unico dall'arbitro Matthewson (che successivamente si scopri essere dipendente dell'azienda di proprietà del presidente della squadra belga). La gara d’andata era finita 1-0 per il Napoli grazie a una rete di Bruscolotti. In campionato gli azzurri raggiungono un modesto settimo posto e subiscono anche la penalizzazione di un punto in classifica per cumulo di squalifiche del campo. Dopo un doppio sesto posto nelle stagioni 1977/78 e 1978/79, Savoldi lascia il Napoli che precipita all'undicesimo posto nel 1980; la sostituzione del ritrovato Vinicio con Sormani non riesce a fermare la crisi.
Gli anni settanta si chiusero così senza sussulti né grandi soddisfazioni. La parola "Scudetto" continuava ad essere solo una chimera per i sostenitori azzurri ma il decennio successivo li avrebbe appagati con trionfi tutt'ora irripetibili. Gli anni '80 All’inizio degli anni ottanta, con la riapertura delle frontiere ai giocatori stranieri, giunsero in Italia fior di campioni (ed anche qualche "bidone"). Il Napoli, tradizionalmente, aveva avuto nelle sue file ottimi giocatori non italiani (Sallustro, Sivori, Jeppson, Hamrin, Cané, Clerici); per mantenere viva la tradizione fu ingaggiato dal Vancouver Ruud Krol. Ruud KrolGià campione d’Europa con l’Ajax e pilastro difensivo della grande Olanda dei primi anni settanta, Krol era un libero sopraffino capace di aprire il gioco con lanci lunghissimi e di estrema precisione. La sua classe era degna dei migliori calciatori che avessero calcato l'erba dello stadio San Paolo. L’entusiasmo attorno alla squadra portò nuovamente i tifosi a sognare la "grande impresa". Nella stagione 1980/81, in un'annata resa drammatica dal sisma che il 23 novembre 1980 scosse la città, la squadra sfiorò il titolo conquistando il terzo posto finale. Dopo la vittoria sul Torino al Comunale, a cinque giornate dal termine, il Napoli si portò in testa alla classifica insieme alla Juventus e con la prospettiva di usufruire di un calendario favorevole. Incredibilmente, però, il Perugia - ultimo in classifica - nella successiva gara interna passò al San Paolo 0-1 con autogol di Ferrario nei primi minuti. Per tutto il resto della gara, gli azzurri si gettarono generosamente all'attacco, ma pali, traverse e le miracolose parate del portiere Malizia, sbarrarono al Napoli ogni possibilità di giungere quantomeno al pareggio. Nonostante tutto, la squadra affrontò l'incontro decisivo con la Juventus primatista con due soli punti di svantaggio e con la teorica possibilità di sfruttare il turno casalingo per riagguantare la vetta a una giornata dal termine. Ma ancora una volta un'autorete (Guidetti) condanna gli azzurri alla sconfitta e a dare l'addio ai sogni tricolore. Restò l'amarezza per un'occasione sfumata e la consapevolezza di aver trovato in Krol uno dei migliori campioni che abbiano vestito la maglia azzurra. A parte il già citato terzo posto nella stagione 1980/81 (allenatore Rino Marchesi) e il quarto posto nella stagione successiva, lo Scudetto restò lontano da Napoli nonostante Krol e Claudio Pellegrini, capocannoniere del Napoli in entrambe le stagioni, e con la stessa quota di gol: undici. Nonostante l’arrivo di altri stranieri di valore quali Ramon Diaz prima e José Dirceu poi, i due campionati successivi furono coronati da "batoste" e delusioni e la serie B fu evitata in modo quasi rocambolesco.

Il periodo d'oro

. Nella stagione successiva viene ingaggiato Daniel Bertoni, argentino e campione del mondo che prende uno dei due posti riservati agli stranieri e lasciati liberi da Krol e Dirceu.
Intanto sta maturando il vero colpo di mercato che verrà definito l'affare del secolo.
Diego Armando MaradonaIl 27 maggio del 1984 la prima pagina della Gazzetta dello Sport mandò in visibilio i supporters azzurri:
Da quel giorno, i tifosi azzurri attesero con ansia l'ufficializzazione dell'acquisto, che avvenne un mese dopo: Diego Armando Maradona era ufficialmente del Napoli ed il 5 luglio del 1984 fu presentato allo stadio San Paolo, gremito in ogni ordine posti. Quell’entusiamo popolare fu più forte della valanga di polemiche suscitata dalla cifra allora enorme che fu sborsata dal Napoli per avere in squadra il campione argentino, cifra che si aggirava attorno ai tredici miliardi di lire). Nella prima stagione di Maradona, però, il Napoli stentava a decollare: mal supportato da una squadra di mediocre valore, Maradona dimostrò le sue indubbie doti di funambolo ma il suo contributo non poté essere utile per raggiungere grandi traguardi. Dopo un girone di andata mediocre, il Napoli riuscì a raggiungere una tranquilla posizione di centro classifica solo alle ultime giornate di campionato. Era chiaro che da solo Maradona non avrebbe portato il Napoli a grandi risultati e la società dovette subito correre ai ripari. L’anno successivo arrivarono in azzurro rinforzi del calibro di Bruno Giordano, Salvatore Bagni, Claudio Garella, Alessandro Renica ed altri giocatori che in pochi anni diventarono i beniamini dei tifosi.
Ma anche dal vivaio emergevano giovani talenti: uno su tutti fu Ciro Ferrara, che debuttò in prima squadra proprio nel 1985-86. Quella stagione finì col Napoli al terzo posto, ma in continua crescita sotto il profilo del gioco. Napoli Campione d'Italia e vincitore della Coppa Italia 1986/87 La storia ha voluto una data .
La stagione del primo scudetto è quella del 1986/87: sono arrivati nuovi innesti come l'attaccante Andrea Carnevale, mentre Maradona è appena tornato dal trionfale mondiale messicano. Così come per l'Argentina, Maradona sarà il condottiero assoluto del Napoli, conducendolo alla vittoria del campionato. Stadio San Paolo, 10 maggio 1987Il 10 maggio 1987 il San Paolo può finalmente abbracciare i protagonisti dell'impresa tante volte sognata, sfiorata e sfumata. La gara contro la Fiorentina è solo una passerella per gli azzurri, basta un pareggio (e pareggio fu con reti di Carnevale e Roberto Baggio) poi si scatena la festa, la città intera si abbandona all'euforia più sfrenata ma smentisce clamorosamente quanti prevedevano i catastrofici effetti derivanti dalla follia di una massa enorme, incontrollata ed incontrollabile riversata nelle strade della città. Uno striscione esposto in curva B recitava: "La storia ha voluto una data, 10 maggio 1987". La squadra vince anche la sua terza Coppa Italia, conquistata vincendo tutte le gare, comprese le due finali disputate contro l'Atalanta. L'accoppiata scudetto/coppa è un'impresa che fino a quel momento era riuscita solo al Grande Torino ed alla Juventus. ‘La rosa Campione d’Italia’ comprendeva: Garella, Bruscolotti, Ferrara, Bagni, Ferrario, Renica, Carnevale, De Napoli, Giordano, Maradona, Romano; Volpecina, Caffarelli, Sola, Muro, Marino, Bigliardi, Di Fusco; Allenatore: Ottavio Bianchi.
Il campionato del 1988 inizia sotto i migliori auspici, anche grazie all'innesto del centravanti brasiliano Careca acquistato dal San Paolo: 5 vittorie nelle prime 5 gare danno subito l'impressione che il Napoli cerchi di rifarsi dalla delusione in Coppa dei Campioni vincendo un altro scudetto. Nel corso della stagione il primato azzurro non entra mai in discussione, e sembra ancor più una "passeggiata" rispetto a quello precedente. Al termine del girone d'andata, dove il Napoli è primo con 11 vittorie, 3 pareggi ed 1 sconfitta, il Napoli accelera ancora: altre 7 vittorie consecutive. Poi, improvvisamente, il crollo: nelle ultime 5 giornate, il Napoli conquista un solo punto, perdendo ben 4 gare di fila, tra cui lo scontro diretto con il Milan, che segna il sorpasso rossonero sugli azzurri. Si scatenarono polemiche per diversi mesi, ma subito si giunse all'idea che, sull'improvviso calo del Napoli nelle ultime 5 giornate, ci fosse la mano della Camorra, in quegli anni molto attiva nel settore delle scommesse clandestine. Lo spogliatoio del Napoli, comunque, si spacca, e si passa così dalle critiche; più violente: Claudio Garella, Moreno Ferrario, Salvatore Bagni e Bruno Giordano vengono messi alla porta, resteranno gli unici a pagare per lo scudetto "regalato" ai rossoneri di Arrigo Sacchi. Coppa Uefa e secondo scudetto Finita in modo burrascoso la stagione 1987-88, per quella successiva la squadra cambia radicalmente: per sostituire i giocatori allontanati, il Napoli ricorre a diversi acquisti, tra cui quello di Giuliano Giuliani, di Luca Fusi e del forte centrocampista brasiliano Alemão, già compagno di Careca nella Seleçao. Entrano a far parte della dirigenza azzurra, Luciano Moggi e Giorgio Perinetti. Il campionato 1988/89 regala belle soddisfazioni al Napoli, come il 5-3 esterno alla Juventus, il 4-1 al Milan ed il clamoroso 8-2 al Pescara.
Ma lo scudetto di quell'anno và all'Inter detta "dei record", forse la compagine nerazzurra più forte mai esistita. Che il campionato diventi monopolio dell'Inter lo si capisce subito, e così le altre squadre puntano alle competizioni europee. In Coppa Uefa, gli azzurri partono subito col piede giusto, eliminando i greci del Paok Salonicco (1-0 ed 1-1), i tedeschi del Lokomotive Lipsia (2-0 ed 1-1) ed i francesi del Bordeaux (0-0 e 0-1). Le sfide più interessanti cominciano però dai quarti di finale, con il Napoli che si trova di fronte alla Juventus: dopo lo 0-2 subito nella gara d'andata a Torino, un secco 3-0 al ritorno ribalta il risultato a favore del Napoli, che passa così in semifinale, dove affronta i tedeschi del Bayern Monaco. In uno Stadio San Paolo da tutto esaurito, il Napoli vince per 2-0, con gol di Careca e Carnevale ed ipoteca la finale. Al ritorno, una doppietta di Careca (2-2 il finale) spiana la strada per la finalissima contro un'altra tedesca, lo Stoccarda di Jürgen Klinsmann.
Nella gara d'andata, i tedeschi gelano il San Paolo con la rete di Maurizio Gaudino (per ironia della sorte, un napoletano nato in Germania), ma le reti di Maradona prima e di Careca (allo scadere) poi, fissano il punteggio sul 2-1
. Il ritorno a Stoccarda, con oltre 30.000 tifosi azzurri al seguito, è un trionfo: segna Alemão, pareggia Klinsmann, poi Ciro Ferrara e Careca mettono la parola fine alla partita. Il Napoli vince così la Coppa Uefa 1989. La stagione 1989/90 si apre subito con una notizia clamorosa: Ottavio Bianchi va via dalla panchina azzurra, sostituito da Albertino Bigon. Maradona, invece, è in Argentina, e non rientra in tempo utile per giocare le prime partite di campionato; ma sembra che in realtà stesse cominciando ad avere problemi con la società, a cui aveva chiesto di essere ceduto: voci però subito smentite ma mai in modo del tutto convincente. La squadra intanto acquista nuovi giocatori, come Massimo Mauro dalla Juventus, e mette in prima squadra un giovanotto sardo preso dalla Serie C1: Gianfranco Zola. In campionato, il Napoli parte subito col piede giusto: 16 risultati utili consecutivi nelle prime 16 gare. La sconfitta arriva solo all'ultima d'andata, ma non preoccupa nessuno. Un piccolo calo di rendimento avvicina l'Inter ed il Milan, ma la squadra gestisce bene il vantaggio di due punti, fino allo scontro diretto: a San Siro i rossoneri vincono 3-0 ed il Napoli viene raggiunto in testa. Due settimane dopo, gli azzurri perdono di nuovo a San Siro, stavolta contro l'Inter (3-1), e si ritrovano due punti sotto.
Molti cominciano a temere il ritorno degli "spettri" del 1988, e diversi giornali parlano già di scudetto al Milan; il Napoli invece non demorde, e recupera prima un punto (Milan sconfitto a Torino dalla Juventus ed azzurri che pareggiano a Lecce), poi però si fanno battere dalla Sampdoria (2-1 al 90°) mentre il Milan perde il derby contro l'Inter. Quando i giochi, a poche giornate dalla fine, sembrano ormai fatti, avviene il famoso caso della monetina di Bergamo: sul punteggio di 0-0 tra Atalanta e Napoli, una monetina lanciata dai tifosi nerazzurri colpisce alla testa Alemão, costringendolo ad abbandonare il campo. Il giudice sportivo assegnerà il 2-0 a tavolino al Napoli, mentre il Milan viene bloccato sullo 0-0 dal Bologna, e viene raggiunto così dal Napoli a tre giornate dalla fine. Alla penultima, il definitivo sorpasso: rossoneri sconfitti a Verona per 2-1 e Napoli vittorioso 4-2 sul campo a Bologna, permettendosi così di farsi bastare il pareggio all'ultima giornata, contro la Lazio: tuttavia un gol di Marco Baroni dopo appena sette minuti chiude in fretta la partita e regala al Napoli il secondo scudetto.

Gli anni '90

La Supercoppa e gli ultimi trionfi Il primo gol di Maradona con il NapoliNella stagione 1990/91, la rosa del Napoli è di poco diversa da quella laureatasi campione d'Italia. La stagione comincia con la vittoria nella Supercoppa Italiana ottenuta battendo la Juventus allenata da Maifredi per 5-1. Il campionato, invece, comincia male: nelle prime tre partite la squadra ottiene solo un punto. L'inizio in Coppa dei Campioni sembra favorevole al Napoli, che ottiene una convincente doppia vittoria sugli ungheresi dello Újpesti Dózsa, squadra che aveva già incontrato nella Coppa delle Coppe del '63, quando si chiamava Újpesti TE.
Al secondo turno però gli azzurri vengono eliminati dallo Spartak Mosca, implacabile ai rigori, dopo un doppio 0-0. La crisi continua per tutto l'anno, e il Napoli chiude la stagione con un modesto settimo posto. Si chiude così il primo importante ciclo del Napoli in coincidenza con il declino di Maradona a seguito delle vicende personali che lo costrinsero a lasciare Napoli e l'Italia in modo amaro.
Dal 1991, dopo che Maradona lasciò Napoli la squadra si avviò verso un lento ma costante declino. Gli anni della crisi Inizialmente, con il nuovo tecnico Claudio Ranieri e grazie all'apporto di giocatori del calibro di Zola, Ferrara, Careca e il nuovo arrivato Laurent Blanc, ottiene un discreto quarto posto nella stagione 1991/92. Ranieri viene confermato, e il Napoli sembra aver riacquistato la sua competività. La campagna acquisti porta in azzurro giocatori come Daniel Fonseca e Roberto Policano. In Coppa Uefa si comincia piuttosto bene, con un 5-1 esterno contro il Valencia con Fonseca autore di tutti e cinque gol del Napoli.
Il Paris Saint Germain ferma però i partenopei al turno successivo; è George Weah, con una doppietta, a condannare il Napoli all'eliminazione. In campionato la squadra va in crisi e dopo un 1-5 contro il Milan, Ranieri viene licenziato. Al suo posto ritorna Ottavio Bianchi, che non può far altro che portare la squadra verso la salvezza senza grandi risultati. La squadra viene quindi svecchiata e subisce molti cambiamenti: Bianchi diventa General Manager e sceglie come tecnico Marcello Lippi. Pilastri della squadra come Careca e Gianfranco Zola lasciano la squadra mentre molti giovani promettenti, come Fabio Cannavaro e Fabio Pecchia, diventano protagonisti.
Dopo un primo periodo di crisi, Lippi decide di puntare tutto sulle forze fresche e la stagione 1993/94 finisce con un buon sesto posto e la soddisfazione di aver sconfitto il Milan, prossimo a laurearsi campione d'Italia e d'Europa, grazie ad una rete di Paolo Di Canio elemento giunto in prestito dalla Juventus che realizza anche il gol all'ultima giornata che vale la qualificazione alla Coppa UEFA. Lippi a fine stagione lascia il Napoli con destinazione Juventus, e con lui anche Ciro Ferrara, bandiera e capitano del Napoli. Al posto dell'allenatore viareggino arriva Vincenzo Guerini e il Napoli in campo si affida ad Andrè Cruz, Alain Boghossian e all'ex numero dieci del Torino Benny Carbone, arrivato via Roma con Grossi e ben 18 miliardi, nell'affare che porta in terra capitolina Daniel Fonseca.
Ma la stagione comincia male: Guerini viene licenziato dopo un 5-1 subito contro la Lazio ed al suo posto arriva Vujadin Boskov.
L'eccentrico allenatore slavo porta i partenopei al settimo posto, sfiorando la qualificazione alla Coppa Uefa.

 
 
 

Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 27 Maggio 2008 da NAPOLICHAMPIONS
 

La crisi peggiora

A partire dal 1995 con la cessione di giocatori come Benito Carbone (all'Inter) e di Fabio Cannavaro (al Parma), inizia il declino. La retrocessione è sfiorata e il Napoli si salva solo alla terz'ultima giornata, vincendo contro la Sampdoria 1-0, grazie ad un rigore nei minuti finali di Arturo Di Napoli. Boskov lascia la squadra a fine anno.

Nella stagione 1996/97 la formazione azzurra allenata da Gigi Simoni è la vera rivelazione del campionato e alla sosta di Natale è addirittura al secondo posto a pari merito con il Vicenza e dietro alla Juventus; nel girone di ritorno, tuttavia, la squadra crolla (3 vittorie in 17 gare) ed evita la retrocessione per un soffio. Nella stessa stagione il Napoli è autore di un’ottima prestazione nella Coppa Italia. Eliminati il Monza, il Pescara (entrambe per 0-1), la Lazio (1-0 ed 1-1) e l'Inter (1-1 ed 1-1, gli azzurri vincono ai rigori), il Napoli arriva in finale contro il Vicenza. All'andata, il Napoli vince 1-0 al San Paolo, ma nella gara di ritorno al Romeo Menti di Vicenza, gli azzurri perdono 1-0 nei minuti regolamentari e, complice l'espulsione di Nicola Caccia, subiscono negli ultimi tre minuti due gol che impediscono di arrivare a giocarsi la coppa ai rigori consegnando al Vicenza il titolo e l'accesso alle coppe europee.


In purgatorio dopo 32 anni

La stagione successiva è disastrosa: nonostante un'intelaiatura costruita per puntare alla qualificazione alla Coppa Uefa, la crisi degli anni passati arriva a una situazione senza precedenti. Durante l'anno si succedono sulla panchina del Napoli ben quattro allenatori (nell'ordine: Mutti, Mazzone, Galeone, Montefusco) e tre direttori tecnici (nell'ordine: Ottavio Bianchi, Salvatore Bagni, Antonio Juliano), e in campo ben quaranta calciatori (fra cui l'ormai anziano Giuseppe Giannini, Igor Protti, Reynald Pedros, Aliosha Asanovic, William Prunier, José Luis Calderón, Damir Stojak), ma nessuno di loro eviterà agli azzurri una triste retrocessione: con un bottino di soli quattordici punti, il Napoli retrocede in Serie B dopo trentadue anni di permanenza nella massima serie.

Il primo anno in cadetteria è mediocre, la squadra allenata da Renzo Ulivieri annovera nell'organico giocatori sul viale del tramonto, come Igor Shalimov e non riuscirà mai ad inserirsi in competizione con le altre squadre in lotta per la promozione. A gennaio arriva l'attaccante Stefan Schwoch, ma è ormai troppo tardi e il Napoli resta in Serie B.

Il ritorno in A avverrà solo l'anno dopo, grazie all'oculata gestione del nuovo allenatore Novellino e alle ottime prestazioni di Schwoch, che è sempre presente in ogni fase della manovra azzurra ma soprattutto segna ventidue goal eguagliando così il record di reti siglate in una stagione con la maglia azzurra, detenuto fino a quel momento da Vojak. Quell'anno il Napoli ha nel proprio organico elementi di sicuro avvenire, come Massimo Oddo, Matuzalem, Luciano Galletti ed altri giocatori di buon livello che però vengono lasciati andar via per pochi spiccioli.


Tempi recenti

L'ultima retrocessione
Nonostante i meriti e l'affetto dei tifosi, proprio i due protagonisti del ritorno in A (Novellino e Schwoch), non ottengono la riconferma e nel successivo campionato il Napoli subisce all'ultima giornata un'altra retrocessione nonostante l'avvicendamento in panchina fra Zeman e Mondonico, alcune prestigiose vittorie (6-2 alla Reggina, 2-1 in casa dei campioni d'Italia in carica della Lazio e l'1-0 all'Inter) e la presenza in squadra di calciatori come Edmundo (arrivato nel mercato di gennaio), Matuzalem, Jankulovski, Nicola Amoruso, Amauri e Bellucci.

Nel campionato successivo di serie B arriva come allenatore Luigi De Canio. La squadra sembra molto competitiva ed è fra le favorite per la promozione. Il Napoli lotta fino all’ultimo per ritornare in Serie A, riuscendo a risalire dai bassifondi della classifica fino ai primi posti, inanellando una serie lunghissima di risultati consecutivi; ma nella partita decisiva, in casa contro la Reggina ottiene solo un pareggio: la stagione finirà col Napoli quinto, e quindi ancora in Serie B.

Nella stagione 2002/03 il Napoli passa dalle mani dell'imprenditore romagnolo Giorgio Corbelli a quelle dell'industriale alberghiero Salvatore Naldi che affida la squadra all'allenatore Franco Colomba ma, senza un organico competitivo si ritrova al penultimo posto ed al tecnico subentra Franco Scoglio, che lascia l'incarico di CT della Libia. La squadra risale ma poi va di nuovo in crisi ed in panchina torna Colomba che riesce nell'intento di salvare la squadra da una clamorosa retrocessione in C1 solo all'ultima giornata con un pareggio a Messina contro i locali.
Nella stagione 2003/04 la squadra sembra sulla carta in grado di vincere il campionato ma sul campo delude: l'allenatore Agostinelli sarà esonerato per far posto al rientrante Simoni, ma il risultato sarà un mediocre quattordicesimo posto.


Il fallimento


Alla crisi di risultati si è aggiunta una crisi finanziaria che ha portato nell'estate del 2004 al fallimento ed alla conseguente perdita del titolo sportivo. Nelle settimane successive l'imprenditore Aurelio de Laurentiis costituisce la società Napoli Soccer e la iscrive al campionato di Serie C1.

La società prende parte al campionato di serie C1 nella stagione 2004-05. In quella stagione la squadra - costretta anche ad una campagna acquisti effettuata in tempi ristretti - termina il girone di andata a due punti dalla zona play-off. Con gli acquisti di calciatori di buon livello come Roberto Carlos Sosa, Emanuele Calaiò, Inacio Pià e Marco Capparella ed in seguito all'esonero del tecnico Giampiero Ventura (cui subentra Edoardo Reja), il Napoli arriva terzo alla fine del campionato, ma perde la finale play-off contro l'Avellino, pareggiando 0-0 in casa e perdendo 2-1 ad Avellino. L'intera estate viene vissuta con la speranza, rivelatasi poi vana, di un ripescaggio in cadetteria.


La rinascita

Nella stagione 2005-06, il Napoli, grazie anche agli acquisti di Gennaro Iezzo, Ruben Maldonado e Mariano Bogliacino, ha un ottimo avvio sia in campionato che in Coppa Italia, competizione nella quale viene eliminato solo agli ottavi di finale dalla Roma (prima aveva eliminato Pescara, Reggina e Piacenza). Gli azzurri vengono promossi nella serie cadetta con un notevole distacco sulle inseguitrici, con quattro giornate d'anticipo sulla fine della stagione regolare con Emanuele Calaiò che si mette in evidenza segnando diciotto reti.

Al termine della stagione, il 23 maggio 2006, il presidente De Laurentiis, per celebrare sia la promozione che l'ottantesimo anniversario della fondazione del Calcio Napoli, riacquista i vecchi trofei ed il titolo sportivo persi col fallimento, così la società torna alla denominazione originale Società Sportiva Calcio Napoli.

L'ultimo atto della stagione è stata la finale di Supercoppa di Serie C1 persa contro lo Spezia: nella doppia finale ha prevalso la squadra ligure grazie allo 0-0 interno nella gara d'andata e all'1-1 al "San Paolo".

Nel campionato 2006/07 l'obiettivo è il salto di categoria in un torneo interessante e difficile, a causa della presenza di squadre di ottimo valore, prima fra tutte la Juventus (retrocessa per illecito).
Per puntare alla promozione vengono acquistati calciatori di valore come Paolo Cannavaro (fratello minore di Fabio Cannavaro) e Samuele Dalla Bona che vantano molte esperienze in club di ottima levatura e giocatori di sicura affidabilità come Maurizio Domizzi, Christian Bucchi (capocannoniere della serie B 2005/06), il difensore György Garics ed il trequartista Roberto De Zerbi.

Il Napoli ha un ottimo avvio in Coppa Italia superando i primi tre turni, battendo prima il Frosinone per 3-1, poi l'Ascoli 1-0 (dopo i tempi supplementari) ed infine la Juventus, per 8-7 ai calci di rigore, dopo una gara emozionante chiusa sul 3-3. Negli ottavi di finale gli azzurri vengono eliminati dal Parma (1-0 a Napoli, 1-3 in Emilia).

In campionato la squadra si mantiene costantemente nelle prime tre posizioni; infine, registrata la promozione della Juventus, il Napoli giunge al confronto diretto dell'ultima giornata, in casa del Genoa, secondo in classifica e con un punto di vantaggio proprio sui liguri. Il pareggio a reti bianche di Marassi - dato il concomitante pareggio del Piacenza (unica squadra ancora in gioco per eventuali play-off, è stato sufficiente a garantire sia al Napoli che al Genoa la promozione diretta, festeggiata insieme dalle due tifoserie (che sono gemellate da più di venticinque anni) da troppo tempo lontane dal massimo palcoscenico calcistico nazionale.


La massima serie e il ritorno in Europa


Per il ritorno in A il Napoli modifica leggermente la propria politica gestionale, puntando ancor di più, rispetto al passato, su giovani talenti che devono permettere con basse spese di avere grandi rendimenti nel presente e nel futuro - in primis Ezequiel Lavezzi, Marek Hamšík, Walter Gargano e Fabiano Santacroce - accoppiandoli a giocatori di grande esperienza come Manuele Blasi, Marcelo Zalayeta e Matteo Contini; l'allenatore è ancora Edy Reja, uno dei più longevi della storia del club.
In Coppa Italia, gli azzurri superano i primi tre turni battendo Cesena, Pisa e Livorno, ma vengono eliminati dalla Lazio agli ottavi di finale (2-1 a Roma e 1-1 al San Paolo).
In campionato la squadra va ben oltre le previsioni iniziali di una salvezza tranquilla. Nonostante il grave infortunio di Zalayeta, riesce ad ottenere risultati prestigiosi contro squadre sulla carta più forti come Inter, Fiorentina, Juventus e Milan, chiudendo il campionato all'ottavo posto con 50 punti, centrando la qualificazione per l'Intertoto e riuscendo così a tornare sui palcoscenici europei dopo 13 anni dall'ultima partecipazione.

 
 
 
 
 

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