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Pistorius colpevole di omicidio colposo.

Post n°2201 pubblicato il 14 Settembre 2014 da stanzaNapolieNapoli

Pistorius colpevole di omicidio colposo. Smacco per l'accusa. "Non è un assassino"

CAPE TOWN - Per il giudice il giudice Thokozile Msipa che sta completando la lettura del verdetto del processo per la morte della fidanzata Reeva, si è trattato di «omicidio non volontario».  

COLPEVOLE DI POSSESSO DI ARMI Il giudice ha ritenuto Pistorius «colpevole» di possesso di armi per l'episodio dei colpi sparati in un ristorante poche settimane prima della morte di Reeva. Lo ha detto il giudice Thokozile Msipa, che sta leggendo il verdetto per la morte della fidanzata affrontando, in questo momento, le altre accuse a suo carico per possesso di armi da fuoco.

L'episodio risale al gennaio 2013. Il giudice lo ha ritenuto invece «non colpevole»,invece, per i colpi sparati in un'altra occasione, dal tettuccio trasparente della sua auto.  

NON E' OMICIDIO PREMEDITATO Oscar Pistorius non è un «assassino»: non si può cioè provare che avesse premeditato l'omicidio della sua compagna Reeva Steenkamp e nemmeno che avesse realmente intenzione di uccidere il fantasma che ai suoi occhi si nascondeva nel bagno quella fatidica notte di San Valentino dello scorso anno.  L'ex atleta sudafricano è tuttavia colpevole di «negligenza» e di un «uso eccessivo della forza» e per lui si profila come probabile un verdetto che riassume in sé l'omicidio colposo e l'eccesso di difesa.

 IL VERDETTO Si deduce questo dalla lunga lettura delle motivazioni fatta stamani a Pretoria - mentre fuori dall'aula protestavano i movimenti per i diritti delle donne - dal giudice monocratico Thokozile Masipa. La quale si è tuttavia riservata di leggere il verdetto vero e proprio - che ha già suscitato le prime polemiche prima ancora di essere emesso - oggi alle 9.30, spiazzando e raggelando tutti quanti, dall'imputato ai familiari, dalle parti fino alla stampa e al pubblico di tutto il pianeta, oggi attendevano di conoscere il destino dell'ex eroe caduto in disgrazia. 

LO SMACCO Si profila uno smacco per l'accusa e per il suo rappresentante, il «mastino» Gerrie Nel, che per tutto il dibattimento ha aggressivamente tentato di demolire la linea difensiva di Pistorius, riuscendo a far cadere in contraddizione più volte l'imputato, che in aula in sei mesi di udienze si è lasciato andare a ogni manifestazione dell'emotività, dal pianto dirotto fino al vomito (tanto che oggi accanto all'imputato è stato piazzato un secchio verde). Contraddizioni che hanno messo a nudo la fragilità della versione difensiva, basata sul «tragico errore» di chi ha sparato in modo irrazionale ma in buona fede per difendere se stesso e la sua donna da un intruso senza volto nel cuore della notte. Ma che non hanno, in sostanza, scalfito quella versione. Malgrado la debolezza della deposizione di Pistorius, ha osservato la giudice, «la procura non ha dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che l'accusato sia colpevole di omicidio con premeditazione».

 LE TESTIMONIANZE Sono state scartate come inattendibili le deposizioni dei teste dell'accusa, come i vicini che sentirono le urla e poi gli spari. Senza dubitare della loro onestà, secondo Masipa, i testimoni possono aver confuso la successione temporale dei loro ricordi, condizionati da ciò che hanno appreso dopo: la memoria umana - ha commentato - è «fallibile». Masipa non ha preso in considerazione lo stato della relazione fra Reeva e Oscar per trarne possibili moventi, ma si è limitata a valutare gli elementi che hanno giocato negli istanti del dramma.  La giudice - che pure ha fama di essere implacabile nel punire la violenza sulle donne - ha osservato come la finestra del bagno non fosse dotata di antifurto e fosse aperta. Dunque la possibilità che vi fosse un ladro chiuso, magari armato, poteva essere reale. E Pistorius poteva avere ragione nel sentirsi minacciato. Tuttavia, ha sottolineato, nello stesso tempo impiegato per impugnare la pistola e dirigersi verso il bagno avrebbe potuto agire diversamente: per esempio chiamare la sicurezza del compound o la polizia e avrebbe potuto affacciarsi al balcone - che era più vicino al letto di quanto non lo fosse il bagno - e gridare per chiamare aiuto.  Inoltre avrebbe potuto chiamare la sicurezza subito dopo, una volta accertatosi dell'errore, invece degli amici. Se avesse visto un'ombra muoversi nella camera, nel buio, non avrebbe avuto il tempo di chiamare aiuto, ma non è questo il caso, ha osservato. «Non c'è spiegazione del perchè non l'abbia fatto (chiedere aiuto) prima di sparare», ha quindi detto in aula Masipa. Avrebbe dovuto essere cosciente che, date le piccole dimensioni del bagno, era assai probabile che i suoi spari, quattro e tutti nelle stessa direzione, avrebbero potuto uccidere. E in questo senso non è passato uno dei punti della difesa: che i suoi spari siano stati una sorta di «riflesso condizionato» imposto da fobie che ne abbiano offuscato la capacità d'intendere e di volere.  Il suo comportamento, ha argomentato la giudice, deve considerarsi «non ragionevole», ma la ragionevolezza è anche «soggettiva» e i caratteri personali di ciascuno creano eccezioni: la sua storia personale, l'ossessione della sua famiglia per la criminalità, la sua paura cronica, il suo handicap fisico rendono il modo in cui Pistorius ha agito non ragionevole, forse «comprensibile», ma non per questo «giustificabile».

In conclusione: «Non avendo preso le necessarie, ragionevoli precauzioni ha agito frettolosamente e ha usato una forza eccessiva», una «condotta negligente». Quindi l'aggiornamento a domattina della lettura del verdetto, che tuttavia appare già delimitato nei suoi elementi essenziali. Per Pistorius, che per tutta l'estenuante udienza ha alternato un pianto contenuto all'immobilità ad occhi chiusi e si è poi profuso in lacrime sulla spalla della sorella Aimèe, dovrà aspettare ancora un'interminabile notte.

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