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La guerra degli ipocriti su quell’art.18 che non c’è più

Post n°598 pubblicato il 29 Settembre 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

Assistiamo, prendendo anche parte, almeno con il cuore, ad una vera e propria fanta-battaglia, ad uno di quegli spettacoli pirotecnici nei quali i fuochi sparati servono solo a fare alzare la testa agli spettatori all’insù, a distrarli da quello che in realtà accade e spostando l’attenzione su questo o quell’ esplosione di colori, fatua e breve, che appare, ai nostri occhi, più bella.

Scissione, diktat, veri e propri attacchi frontali a viso aperto, mentre, nei fatti, sindacati e partiti si spartiscono la torta del paese, ne mangiano le membra, ne distruggono le speranze. Un gioco delle parti ipocrita, come sempre, utile al mantenimento degli stessi equilibri e degli stessi privilegi, a cominciare dalle pensioni dei dirigenti sindacali, per passare alla liceità, degli stessi, di licenziare chiunque come e quando gli pare, senza incorrere in nessuna legge che lo impedisca, per finire a quella corruzione dei politica ancora immune da ogni decreto d’urgenza, come se non fosse lo scandalo più indegno del nostro paese, e a quegli emolumenti, a quei vitalizi che gridano vendetta, ma che ancora intonsi gravano sul bilancio dello Stato.

L’art.18, nei fatti, è stato cancellato con il pacchetto Treu, divenuto legge nel 1997, governo Prodi, con l’introduzione di quella precarietà che, a dire dei soloni di ieri e di oggi, avrebbe rilanciato quell’occupazione che, invece, è divenuta vero e proprio ricatto giornaliero, precarietà a vita, cancellazione dei diritti e distruzione delle competenze.

Il vero ed unico obiettivo, di governo e sindacati, era quello di togliere spazio alle rivendicazioni dei lavoratori, ridurli ad accettare stipendi da fame, siamo quelli con gli stipendi tra i più bassi d’ Europa, e condizioni di sicurezza degne di un paese di schiavisti.

Il vero ed unico risultato di quella “rivoluzione” del mondo del lavoro la osserviamo oggi nei suoi risultati “magnifici”, con le esperienze ed i valori che fuggono all’estero ed una perdita di conoscenze e di capacità che fa del nostro paese il fanalino di coda di quelli del G8…e di grossa parte dell’Europa, esclusa, forse, solo la Grecia.

La difesa ad oltranza di quell’articolo che non c’è più, che il governo Monti ha ridotto a semplice simulacro cancellando quei motivi, spesso addotti dalle aziende, di veri e propri licenziamenti collettivi atti solo ad allontanare il personale “scomodo” e giustificati con situazioni economiche spesso figlie di veri e propri falsi in bilancio, è il terreno di scontro tra poteri che nulla hanno a che vedere con la difesa dei diritti, quei diritti che al loro interno, sindacati e partiti, come il PD, non rispettano.

Serve far credere, a chi ancora ci crede, che qualcuno si batte per difendere quello che non c’è più, quel lavoro diventato vero e proprio ricatto, quello stipendio ormai elemosina, quella salute, ormai serva degli interessi dell’economia e dei “grandi” industriali italiani, protetti da politici e sindacalisti, quella sicurezza, vero e proprio indegno termometro del degrado morale di tutta la classe dirigente.

Una guerra ipocrita tra ipocriti, tra chi cerca di mantenere il proprio potere contrattuale difendendo quello che non c’è già più e chi, al contrario, si ostina a cancellare ciò che è stato già cancellato nei fatti per rimarcare, con ancora più forza, il primato di chi ruba, su chi lavora onestamente.

L’unica verità è che l’articolo 18 va riconquistato in tutta la sua pienezza ed in tutto il suo significato, quello originale, con tutte le implicazioni utili ad impedire che il “profitto” di pochi sia più importante della vita, dei diritti e della dignità degli uomini…questa è l’unica seria e reale battaglia da intraprendere.

 
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