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I funerali di Napoli

Post n°788 pubblicato il 12 Settembre 2015 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

Forse nessuno se ne ricorda, ma appena un anno fa, proprio nei primi giorni di Settembre, Davide Bifolco fu ucciso da un carabiniere per non essersi fermato all’ alt. Il carabiniere è stato rinviato a giudizio per omicidio colposo.

Un anno dopo, quasi negli stessi giorni, Gennaro D.C. viene colpito a morte da un proiettile. Sul posto si trovano 18 bossoli. A Napoli c’è una guerra di camorra che lo Stato non è capace né di contenere né di cancellare.

Nel primo caso il giudizio della “gente bene” fu quasi unanime: “chi non si ferma all’alt è di sicuro un delinquente…va punito” e la morte di Davide fu “archiviata”, da quella parte di Napoli che vive nell’agiatezza, nelle consulenze milionarie ed inutili, nei rapporti in stile camorristico con le istituzioni locali, nel furto perenne e nella collusione costante, come il giusto prezzo da pagare per chi non ha un futuro, per chi non è capace di “saltare l’ostacolo” delle difficoltà in cui vive, del quartiere senza luci e senza Stato, senza scuola e senza diritti.

Gli “araldi” di una giustizia, che a Napoli i “ricchi” della città hanno dato nelle mani della camorra e di quella parte delle istituzioni corrotta e collusa, si alzarono a rivendicare la giusta punizione per il giovane in moto che scappava davanti a quello Stato che nel suo quartiere sa solo punire.

Sotto i colpi di una malavita senza controllo, pochi giorni fa, cade Gennaro. Immediato è l’ accostamento, da parte dei giornalai nazionali, del ragazzo alla delinquenza della città. A Napoli, per essere colpevoli, basta vivere in determinati quartieri, non importa cosa fai o cosa sei, il marchio è indelebile, ti viene impresso dalla nascita…hai due possibilità: o fuggire…o rimanere, ma chi ama Napoli non fugge.

Gennaro non era fuggito, era rimasto. La gente del suo quartiere lo descrive come un ragazzo perbene, come il figlio di quella parte della città abbandonata e dimenticata, che lotta, tutti i giorni, per un futuro migliore, per quei diritti negati, per quelle libertà affossate dalla delinquenza che la fa da padrona.

“Aveva precedenti”, dicono i giornali, molto meno gravi di quelli per cui Bassolino e la Iervolino sono finiti sotto processo, molto meno pesanti di quelli che gravano sulla coscienza del Presidente Napolitano, che ha taciuto sull’avvelenamento della nostra terra.

Ma mentre per alcuni c’è un’alternativa, una via di fuga, quel passo indietro mai fatto, per Davide e Gennaro l’unica uscita era rimanere nel quartiere e lottare, giorno dopo giorno, per un’esistenza dignitosa, per un futuro almeno da intravedere…a cavallo di quegli scooter o al centro del proprio rione, tra i sorrisi di chi ti conosce, tra le offese di chi non capisce, figli di una guerra mai dichiarata, morti per un domani che era, e rimane, un loro diritto.

 
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