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Processo Marlane/Marzotto: chiesti 62 anni di carcere per gli imputati

Post n°601 pubblicato il 07 Ottobre 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

E’ in dirittura d’arrivo, finalmente, il processo per la strage di Praia a mare, oltre 100 operai morti per tumore, tantissimi altri ammalati. I pm Sonia Gambassi e Maria Camodeca, nella loro requisitoria finale, hanno chiesto, per i reati di omicidio colposo e disastro ambientale, le seguenti condanne: Pietro Marzotto, presidente del gruppo, 6 anni; Silvano Stoner, ex amministratore delegato, 5 anni; Jean De Jaegher, manager del gruppo Marzotto, 5 anni; Lorenzo Basetti, ex sindaco di Valdagno e vicepresidente di Lanerossi, 5 anni; Carlo Lomonaco, ex capo reparto Marlane ed ex sindaco di Praia a Mare, 10 anni; Salvatore Cristallino, responsabile Marlane, 3 anni; Vincenzo Benincasa, responsabile Marlane, 8 anni; Ernesto Antonio Favrin, vice Presidente vicario della Confindustria veneta, 5 anni; Giuseppe Ferrari, 4 anni e 6 mesi; Lamberto Priori, 7 anni e sei mesi; Attilio Rausse, 3 anni e 6 mesi.

La vicenda, lunga 13 anni di indagini, tra depistaggi e reticenze dei vertici aziendali, ha lasciato, lungo la sua tortuosa strada, una inaccettabile striscia di morti, di quegli operai che lavoravano in ambienti nei quali la salute era ritenuto un costo da non dover affrontare, con la compiacenza ed il silenzio di chi avrebbe dovuto controllare, di quei sindacati confederali, ora assenti al processo, di quelle istituzioni locali, totalmente interne al management dell’azienda, come l’ex sindaco di Praia.

Denuncia lo Slai cobas, unico sindacato, assieme a medicina democratica, ancora presente come parte lesa al processo, l’esistenza di registrazioni telefoniche che proverebbero tentativi di influenzare i testi. “In quindici anni, denuncia Mara Malavenda dello Slai cobas nazionale, l’azienda ha fatto di tutto per ritardare l’accertamento dei fatti per arrivare alla prescrizione. Le stesse registrazioni, come il ricatto sulle famiglie dei defunti e degli ammalati, che le ha costrette ad accettare un patteggiamento ben al di sotto del reale danno subito, ne sono la prova. Siamo l’unico sindacato costituito parte civile in questo processo, che va avanti grazie al nostro impegno ed a quello di medicina democratica. Non demorderemo sino alla sentenza di condanna”.

Praia a Mare, così come Valdagno, così come l’Ilva di Taranto, così come la Terra dei fuochi e le tante realtà italiane, nelle quali la vita delle persone è considerata meno di zero, nelle quali i tumori vengono attribuiti, da chi fa politica per gioco e senza alcuna capacità né conoscenza, a “stili di vita”  sbagliati, sono il pericoloso segnale del degrado morale di una classe dirigente e di una politica collusa e corrotta, per la quale la salvaguardia della salute, il rispetto delle leggi, il diritto ad un lavoro che non costi in termini di vite umane, non trova alcun posto difronte al profitto.

Il processo che si svolge a Paola è alle sue battute conclusive. La lunghezza del suo procedimento, con i certi ricorsi in appello ed in cassazione, rischia di rendere inutile l’impegno di chi si sta battendo affinché questi delitti non siano cancellati da una prescrizione che ingiuria la giustizia e tutto il nostro paese, le vittime e le loro famiglie, la verità e quella Costituzione ormai divenuta carta straccia nelle mani di chi la storpia solo ed esclusivamente per cancellare diritti ed aumentare le salvaguardie per i ladri, i corrotti, gli assassini.

Purtroppo nel paese dei Renzi, del PD e del Pdl uniti nell’eliminare le ultimi flebili salvaguardie rimaste, l’unica riforma seria, l’unica riforma vera, quella di una giustizia che punisca, senza prescrizione, chi delinque, è ben lungi dall’essere anche solamente pensata…improbabile, difficile, impossibile, sperare che i colpevoli si puniscano da soli.

 
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