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Messaggi del 03/10/2015

 

Il deserto occupazionale del San Paolo di Torino

Post n°798 pubblicato il 03 Ottobre 2015 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

Da quando la banca piemontese ha “occupato” il Banco di Napoli si contano a migliaia i licenziamenti  figli di un processo di desertificazione di quel lavoro che gravitava attorno ad una della banche più ricche è più vecchie del Sud Italia.

Dalle pagine di questo blog abbiamo più volte parlato della Datitalia, di quei 450 dipendenti lasciati nelle mani di uno dei tanti “imprenditori” italiani, Vincenzo Zavaroni, arrestato a Febbraio scorso per bancarotta fraudolenta e responsabile di centinaia di licenziamenti, di evasione fiscale, di vere e proprie vessazioni nei confronti di quei pochi lavoratori che avevano denunciato gli “strani” movimenti societari e l’illegalità delle varie procedure di cassa integrazione (regolarmente firmate dai confederali) e i susseguenti licenziamenti collettivi.

Non hanno lo stesso rilievo, e passano quasi inosservati, i problemi che colpiscono le aziende più piccole che gravitano attorno al colosso piemontese…e che prima lavoravano per il Banco di Napoli.

Il processo di desertificazione del lavoro che ha intrapreso il San Paolo di Torino sembra non avere mai un traguardo, forse fino alla definitiva estinzione di qualsiasi collaborazione che anche solo puzzi di campano.

Oggi parliamo di un’azienda che non ha ricevuto alcuna “gloria” dai media locali, e men che meno da quelli nazionali.

La trama ripercorre, in maniera quasi eguale, quella vissuta dai dipendenti della Datitalia, con l’affidamento, da parte del San Paolo di Torino, ad un “Bongiovanni” di passaggio, senza verificarne credibilità ed attendibilità, delle commesse prima svolte da altre aziende. Un vero e proprio aiuto, coadiuvato da un fiume di denari, a distruggere le vite di chi ci lavorava da trenta e passa anni, con una riduzione di personale di circa l’80% (da 50 unità si passa a 13) e con l’impossibilità, da parte dei lavoratori, di avere il minimo di spiegazioni sui vari spezzatini in cui si divide, in poco tempo, la società...tutti riconducibili però, guarda caso, sempre e solo agli stessi Bongiovanni.

Parliamo della BR service, titolare della commessa; della Nuova Impianti, il cui amministratore risulta essere il cognato del Bongiovanni; della A&C di cui è proprietari la moglie del solito Bongiovanni.

In questo gioco di scatole cinesi a perdere sono stati solo i lavoratori, costretti ad accettare ritardi mensili nel pagamento dei loro stipendi, licenziamenti e successive riassunzioni utili, alle variegate aziende dell’unico gruppo familiare, ad accedere agli sgravi fiscali di uno Stato che non controlla un tubo di niente, aumenti del carico lavorativo o ad essere oggetto di vere e proprie vendette aziendali, corredate da lettere di licenziamento, contro chi si preoccupava di chiedere cosa stesse accadendo.

Li abbiamo incontrati a via Toledo, dove risiede la storica sede di una banca che ormai non esiste più, ed è in mano a quei torinesi che ne hanno fatto scempio cancellandone storia e quell’occupazione che ne gravitava intorno.

Chiedono di far sapere a tutti che 4 di loro sono stati licenziati senza alcun motivo valido, solo per aver contestato le ultime scelte aziendali, con la solita scusa di un abbassamento del “profitto”, mentre risulta alle organizzazioni sindacali lo stesso fatturato, se non un incremento dovuto a lavori straordinari richiesti, ed un passaggio, ad una delle aziende collegate, di parte delle lavorazioni, in un “sub appalto” che puzza di truffa lontano un miglio !

Anche loro, come i lavoratori della Datitalia, dovranno aspettare 10 anni per avere conferma, dalle indagini giudiziarie, della truffa perpetuata ai loro danni ed a scapito della fiscalità collettiva ?

 
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