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Attacco a Marchionne

Post n°589 pubblicato il 12 Settembre 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

Il sindacato Slai cobas di Pomigliano d’Arco annuncia, in un assemblea partecipata, la sua mobilitazione contro quello che appare, dati alla mano, il reale intento della Fiat di Marchionne: il lento e progressivo smantellamento e/o ridimensionamento dello stabilimento campano.

Dei circa 4500 lavoratori attualmente ne sono occupati meno della metà e di questa metà sono stati “privilegiati” i meno sindacalizzati. Con lo smembramento di alcuni capannoni addetti al montaggio, dimezzando così la capacità produttiva dello stabilimento, già da adesso la Fiat avrebbe un esubero strutturale di circa la metà dei suoi dipendenti,  fatti che smentiscono quei piani, ancora poco precisati, che Marchionne prevede per Pomigliano. I contratti di solidarietà previsti non riguardano le attività che hanno un diretto impatto sulla produzione, ma solo quelle collaterali. Il polo logistico di Nola rimane senza un reale futuro e l’accordo sottoscritto ne lascia fuori la maggioranza, permettendo all’ azienda di scegliersi i più “fedeli”, senza cancellare lo spettro di una prossima terziarizzazione preludio, come accade sempre in Italia, del definitivo smantellamento e chiusura dell’impianto. L’ improvvisa  marcia indietro su “Fabbrica Italia”, con il ritorno della stessa in Fiat, è la conseguenza della causa persa per attività antisindacale con la Fiom, motivo per il quale le leggi europee prevedono la restituzione di quel 50% di aiuti e finanziamenti statali ottenuti e dei quali, ad oggi, Regione Campania e Ministero del Lavoro ancora non hanno dato alcun resoconto.

Questo il quadro nel quale il sindacato Slai cobas ha intenzione di rimanere viva l’attenzione sulla fabbrica di Pomigliano, un quadro reso difficile dal ricatto costante a cui sono costretti quelli che ci lavorano, accettando condizioni ed orari di lavoro che mortificano quelle del buon senso e del rispetto dei diritti, e la rabbia e la disperazione da chi da anni resta in cassa integrazione o ha la possibilità di lavorare per soli due tre giorni al mese, grazie ai contratti di solidarietà.

Mobilitazione perenne e cause civili e penali contro chi della legge e dei diritti fa carta straccia quotidianamente, contro chi spende 27 milioni di buonuscita per un dirigente di una delle sue aziende collegate (la Ferrari), e non trova i soldi per investimenti in grado di rilanciare gli stabilimenti italiani, contro chi ha ricevuto dallo Stato aiuti non quantificati, perché tenuti segreti da chi, come la Regione Campania, ne ammette l’esistenza, ma non ne trova le carte che ne spiegherebbero le motivazioni, contro chi ha deciso di smantellare, pezzo dopo pezzo, una delle ultime industrie del Sud ed ha calpestato non solo quegli accordi sindacali, mai accettati dalla maggioranza degli operai, ma quelle regole che permettono finanziamenti statali tesi, esclusivamente, ad avere un ritorno nel sociale, nella vita delle famiglie e della collettività, cosa mai avvenuta e che, nella realtà, ha solo creato ulteriori penalizzazioni per il territorio e per i lavoratori.

Condotta antisindacale ed illegittimo trasferimento è l’accusa, nell’ambito della causa civile, in appello il prossimo 9 Ottobre, che il sindacato muove alla Fiat, basata su trasferimenti illegittimi, guidati più che altro da vere e proprie ritorsioni contro chi rimaneva “sindacalizzato” e sulla mancata comunicazione, all’organizzazione sindacale Slai cobas, dei suddetti trasferimenti; sul versante penale l’ufficio legale del sindacato sostiene che la Fiat, abbia violato l’art. 612 bis del codice penale, avendo messo in atto vere e proprie azioni persecutorie nei confronti dei suoi dipendenti, l’art. 640 bis, avendo ordito una presunta  truffa ai danni dello Stato per ottenere erogazione di fondi pubblici, e l’art. 41 della Costituzione italiana che recita, testualmente: “ L’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”

Le iniziative legali, dichiara lo Slai cobas, sono solo parte di quel percorso di mobilitazione operaia necessario non solo a rendere palesi le bugie di Marchionne, che la stampa italiana si tiene bel lungi dallo svelare, ma il ripartire in un percorso di lotte e di rivendicazioni che riguardi tutti gli operai della Fiat, e non solo gli iscritti di qualche sindacato, salvaguardandone quella dignità di cui tutti parlano, messa sotto i piedi da una concezione pietistica di un lavoro non più considerato diritto, ma concessione, superando quelle sceneggiate e quelle processioni  di “dotti”, “sindacalisti”, “prelati” ed “istituzioni”, sinora sempre assenti,  che nulla hanno a che vedere con quanto va conquistato e non elemosinato.

 
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