Creato da: NonTemeraiTerrore il 26/08/2008
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e c'ha ragione l'ISA!!! scrivi qualcosa!!! dio...
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Impeccabile. Scrivi come vuoi,scrivi quel che vuoi...ma...
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il 02/10/2008 alle 20:27
 
Ti ringrazio.. è che in realtà il mio punto di vista è da...
Inviato da: Anonimo
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Bello, aspetto che continui. un consiglio da dilettante......
Inviato da: MarcoVaccari
il 30/09/2008 alle 11:38
 
grazie, davvero..
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il 28/09/2008 alle 01:21
 
 

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3.

Post n°14 pubblicato il 30 Settembre 2008 da NonTemeraiTerrore

Per festeggiarmi si fa una festa, per me, e per l’autunno. Io non devo far niente, o comunque non ricordo. La mattina esco, all’Università cominciano le lezioni. Torno in casa al pomeriggio. L’hashish ormai lo scambio per incenso. Si cucina, un tempo sentivo altri odori, e forse il cibo sapeva di buono. È la festa per conoscer gente, dice mia cugina. Così conosci gente. Descrive tutti prima che arrivino, in poche parole, non ce n’è uno che non sia originale, pare, e non mi stupisce.

Suonano alla porta. Fabio e Marco, son fratelli. Ahahah, risate, lei è mia cugina. Ciao, io son sua cugina. Non ce la faccio, esco. Ancora un po’. Una scusa. Sigarette.

Sto via a lungo. Quel pomeriggio incontro qualcuno. Incontro quello ch’era seduto davanti a me, al mattino, capello gonfio, occhialetto, naso storto, jeans strappato. Mi ricorda Gramsci. Non fosse per i jeans. Non fuma, dice. Di lì a poco comincerà a farlo. Si sta a parlare, in casa c’è la festa, penso, io non ce la faccio.

M’intorta, Gramsci, a parlare di politica. Si fa tardi, relativamente, a parlar di Palestina. E Nanni Moretti. E Pasolini. Capito il tipo. Lui capisce che gli sto simpatica. Io non capisco un cazzo.

Ventitré e trenta, torno a casa. Io non ho mangiato.

Uso le chiavi, salgo. Ahahaha, musica, risate, urla. “Eccolaaaa! Mia cugina!” e poi da parte, sotto voce “ma dove cazzo eri?” e rispondo “Ho conosciuto uno, stamattina, e ora l’ho incontrato” sorriso, e dice “Ah! E ti piace?” io penso che pare che l’unica cosa che abbia in mente sia farmi ficcare, e rispondo “Ha parlato solo di Pasolini” zitta, poi dice “Dovevi portarlo qui. Vai in cucina, che ti fai due risate”.

In realtà mi ci porta per un braccio, mi presente a dieci persone, una non s’accorge, perché urla. Si chiama Rita, scopro dopo, ha più o meno cinquant’anni, e la sento che mentre agita il dito fendendo l’aria poco più in alto della sua testa urla “Perché Pasolini…” e bla bla bla. Mia cugina ride. Me la presente. Non credo capisca come mi chiamo, ma dice “Mh, questi non capiscono un cazzo. Devo andare a prendere Mohamed, è un mio amico, stà qua dietro, deve portare il narghilè, vieni con me”. E mi prende per il braccio. Mia cugina ride, ancora, e dice che ci vediamo dopo.

Usciamo. Saliamo in macchina. E parla, tutto il tempo. E dice che lo sa, che parla sempre di Pasolini. Che lo sanno tutti. Arriviamo, poco più in là, chiama Mohamed al cellulare. Lui esce. Porta il narghilè di famiglia, mi dice. Lei e Mohamed sono amici. Mohamed sale, si piazza dietro, si presenta. Lei inizia a far l’elenco di quel che ci sarà da mangiare, in casa. E dice d’aver fatto il maiale. E dice a Mohamed che non sa di cosa si priva, che lo dovrebbe assaggiare. Che non mangiarlo è farle un torto, che ci deve pensare. Mohamed tace. Avessi una scimitarra gliela metterei in mano. Viaggio imbarazzante. Io non mangio carne, poi. Nemmeno il maiale. Saliamo.

E inizia la festa. Narghilè con mela, e qualche altre essenza. E poi, dicevo, la festa inizia. Dopo un ora e mezza ho vicino tre bicchieri pieni. Alcolico, superalcolico, analcolico. E capisco poco. Per non dire un cazzo. Gira tutto. E gira di tutto. M’alzo, cambio stanza, cerco di guadagnare il letto. Non ho sonno. Solo scrivo. Entra Fabio. Meglio lui, che degl’altri il nome non lo ricordo.

Non parla, si ferma, guadagna il centro della stanza.

Non parlo scrivo. Lo guardo. Scrivo.

“Scusa, ti disturbo”.

E se ne va.

Io non scrivevo nulla. Soltanto rabbia.

 
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2.

Post n°13 pubblicato il 28 Settembre 2008 da NonTemeraiTerrore

Non ricordo neppure se pranziamo. Ricordo che parla, che dice “Andremmo d’accordo”, che dice che poi parte per Londra, e mi lascia la stanza. Ricordo che entra il padrone di casa, si siede sul letto. D’anni ne ha circa quaranta, se non lo sapessi gliene darei cento. Dice d’esser uscito dall’ospedale dopo un’operazione, enfisema. A quarant’anni. La dice lunga. E fuma. Fuma. È qui solo per questo, capisco. Poi s’alza, apre la porta, non si cura di richiudere, attraversa la casa, dritto fino alla sua stanza, e chiude la porta, questa volta si. Vederlo fuori da quelle pareti sarà raro, come avrò modo d’osservare.

Io parlo poco, osservo. Si richiude la porta, mi racconto. Quanto manca, quanto non sa. Poco, in realtà, rispetto a quel che manca a me.

Poi per strada, di corsa, c’è troppo da vedere, dice. Già l’odore delle prime caldarroste, ancora picchia il sole, stemperato dal vento pungente. Il sole batte su ogni muro, qui intorno. Sembra esser tutto d’un bianco pulito, quel bianco che ora m’è rimasto solo nei ricordi.

Camminiamo, veloci, vedo quel che faccio in tempo. È il primo giorno.

Torniamo a casa.

“Oggi dormi in camera di Marika”, dice. Marika non c’è. E deve venire Marco, aggiunge. Non chiedo chi è Marco. Lo scopro dopo, un giorno che torna a casa e piange. In realtà nessuno d’importante, dice, compagno di letto, aggiunge, ma m’aspettavo altro. “Credevo mi sottovalutasse, poi ho capito ch’ero io a sopravalutare lui”. Una delle cose più belle che abbia mai sentito. E Marco poi non l’ho più visto.

Fino a quell’ora ancora canne. Poi sonno, tranquillo.

 
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1.

Post n°12 pubblicato il 26 Settembre 2008 da NonTemeraiTerrore

L’ho conosciuta ch’era già andata via, da parecchi anni, mia cugina. Un gennaio di un anno qualsiasi, per qui tempi, torna. Faceva freddo, si stava fuori, attorno al fuoco, un fuoco alto due piani di casa, e largo una stanza. In mano un bicchiere di vino. M’ha visto, non so come, m’ha riconosciuto. Ha urlato e riso. È così, mia cugina, gioiosa. Non sapeva quanti anni avessi, ha capito che stavo per andarmene. Di lì a mesi. Vieni da me, ha detto, vieni a (X). È così, mia cugina, ospitale. Abbiamo parlato, bevuto, lei ha riso, io no, quel periodo non ridevo tanto. Il giorno dopo era già sparita, non l’ho più trovata. E son passati i mesi. Sette, per l’esattezza. Poi è arrivato il giorno, e me ne sono andata. Vieni da me, aveva detto, ma non l’avevo più cercata. Poi l’ha saputo, che partivo. E m’ha chiamata. No, non è così mia cugina. Non invadente.

Parto. S’offre d’accompagnarmi un signore incravattato, conosce mia madre. Due valige. Sua figlia, una bambolina Barbie deliziosa. Una sua valigia è piena di trucchi. L’ho vista spesso, alle scuole, non ricordo d’averci mai davvero parlato. Quella notte è la prima in assoluto che la vedo lavata dal trucco. È perfino più bella. Ma questo non lo sa. Al momento di fare il biglietto, col tipo della cravatta ci litigo. Prosegue il viaggio, muto. La Barbie non chiede neppure cos’è successo. Che figlia perfetta, penso.

Ore di poche parole. Mia cugina chiama “Va tutto bene?”. Va tutto bene. Piombo in casa sua alle nove del mattino, io, due valige, la cravatta attaccata ad un collo che ormai ignoro, e Barbie.  Loro ignorano l’odore di hashish sparso per la casa.

Mia cugina ride. Caffè. Barbie sorride, tutto il tempo, fino a che ce ne sbarazziamo. No, non io. Lo fa mia cugina. Chiude la porta,per mano mi trascina in camera. Sono le dieci e mezzo del mattino, e la mia bocca sa di hashish.

 
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Also sprach Zarathustra - 3

Post n°11 pubblicato il 05 Settembre 2008 da NonTemeraiTerrore

Mirko un giorno se ne stette zitto. Fino all’ora di tornare a casa.

Tolse dalla tasca il suo quaderno, me lo regalò. Poi mi chiese se avevo capito, solo questo.

E avevo capito. Si.

“E allora?” disse, solo questo. Non dissi nulla. Ci salutammo, e basta, fino al giorno dopo.

Dopo quell’estate se n’è andato, lo rividi solo anni dopo.

Non era uguale Mirko, adesso aveva una diagnosi in più. Dissero sindrome depressiva bipolare. E un dito in meno, neppure la fabbrica, come le persone, aveva perdonato il suo scostarsi dalla vita.

Ci sedemmo ancora lì, davanti alla Chiesa. Non tornò a casa da solo, mi disse. Lo ritrovarono riverso nel suo vomito, sul marciapiedi della periferia d’una città che non era la sua, non parlò, quel giorno, ma aveva ancora i documenti in tasca, così seppero chi fosse, e come un pacco lo consegnarono al mondo dal quale era evaso.

Aveva degli amici, disse, o così pensava. E senz’accorgersene iniziò un elenco. Cocaina. ketamina. Eroina. E via. Il dito l’aveva perso perché s’era addormentato, disse. E pianse.

Prima tacevo per la sua voglia di parlare, ora per il non saper bene cosa dire.

Iniziò a farsi di litio, col beneplacito di tutta la comunità, ora. Tutti contenti, non più drogato, stavolta, potevano dire malato, adesso, e questo si, stava bene.

Iniziammo a vederci per la seconda volta nella nostra vita. Un giorno spento, piange. Un giorno fa l’elenco. Un giorno lo dice, che ci prende per il culo tutti, a cominciare dallo stronzo che lo dovrebbe analizzare, dice.

Quelli che prima l’avevano rifiutato ora venivano da me, a dire che Mirko era cambiato, che aveva bisogno d’aiuto. Che bisognava stargli vicino. Che non era più lo stesso.

Così tutti li, vicini, a tenerlo per mano.

In realtà Mirko non era cambiato, aveva semplicemente vissuto quello di cui prima aveva solo scritto. Io lo sapevo, gl’altri se ne accorsero presto, e per questo il loro affetto durò poco.

Mirko ritornò reietto, e tutti attorno a puntare il dito, dannandosi, perché, dicevano, pensavano che avesse capito.

Capito. Non è sufficiente l’aver vissuto, a modo suo, ma è quello che ha fatto.

E tornò loquace, e presi a farglielo notare spesso.

 
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Also sprach Zarathustra - 2

Post n°10 pubblicato il 02 Settembre 2008 da NonTemeraiTerrore

Da quel giorno  Mirko l’incontrai tutti i giorni. Prese ad aspettarmi, all’incrocio sotto casa. Si succedettero giorni uguali in cui lui parlava tanto, ed io qualcosa la dicevo. Se non che, a lui, quel poco piaceva. Stava li, non so come, ogni volta che dovevo uscire.

“Ti aspettavo” diceva, e s’andava ad espletare la nostra forma d’orazione in Chiesa.

Iniziò a prestarmi le sue parole, tirandosi dietro i suoi volumi, perché li leggessi.

“Poi mi dici cosa pensi”, diceva.

E non c’era niente in cui dargli torto, a leggere quelle pagine, a 15 anni, niente. Tutto perfetto.

Così s’usciva, si parlava, si rollava, si fumava, il tempo si consumava, e mi riportava a casa.

“Cosa vuole Mirko da te?” diceva mia madre.

“Parlare, vuole parlare”. Rispondevo.

E quindi lo confermo, il mondo è in disavanzo di persone per tacere.

 
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Also sprach Zarathustra - 1

Post n°9 pubblicato il 02 Settembre 2008 da NonTemeraiTerrore

“Senti Mirko, ho bisogno di una canna”. Ho detto.

Mirko non lo conoscevo affatto, sapevo solo che gli sbirri lo andavano a cercare, per spaccio.

Alle scuole medie ancora si parlava di lui, alunno intelligente e superdotato, superiore alla media, in ogni materia, isolato, reietto. Può fare qualsiasi cosa, dicevano.

Mirko compì 14 anni, abbandonò quel campo. Comprò una giacca in pelle lunga, si fece crescere i capelli, marchiò la sua pelle con simboli e piercing. Lo chiamavano Il Corvo. Iniziò a scrivere, proclamandosi nuovo Zarathustra. Iniziò ad abusare, poi a spacciare, sempre poca roba.

Quel giorno Mirko aveva 19 anni, il che vuol dire che io ne avevo 15.

“Vediamo cosa posso fare”. Ha detto.

Due giorni dopo mi venne a chiamare, dicendo “Guarda cos’ho qui”. Espressione tipica, che pronunciò anche quando fece il piercing sulla punta dell’uccello.

Ce l’aveva. La mia canna.

Cerchiamo un posto tranquillo. Disse.

Era pomeriggio, forse le quattro. La sua meta fu alquanto strana, scelse la Chiesa. E fu tranquillo.

“Hai mai fumato?” chiese. E io no, non l’avevo mai fatto.

“Questo vuol dire che ti devo sverginare”, disse ”E va contro i miei principi", aggiunse. Nel frattempo preparava, andava avanti.

La tranquillità della luce del Sole. Quella che non t’aspetti. Ogni tanto passavano vecchie, intanandosi a intonare stonate litanie. Salutavano. Rispondevamo. Ci guardavano. Asserivano, giudicavano, ma non s’accorgevano.

Così fumai. Nessun effetto.

Il pomeriggio passò, parlai poco. Mirko provvedeva anche a questo, promuovendosi Maestro della mia nuova vita. Parlò di tutto, di questo, del resto.. di tutto.

Per cena ci salutammo, sollevando a fatica il nostro culo dalle mattonelle sante.

Quella sera stranamente mangiai tanto. Con appetito, e di tutto. L’evento fu accolto piacevolmente in casa, sulla causa del fatto, nessuno che m’accusa.

 
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Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 29 Agosto 2008 da NonTemeraiTerrore

Fra le cose che fanno bene, m'ordinano Hatha Yoga, perchè fa bene, dicono.

Parliamo di me, parliamo di me. Ci vuole calma, dicono.

Una volta ho seguito un Santone, l'ho fatto. Ed è stato bello, per il poco che è durato. Età indefinita, ho scoperto poi che mostrava più anni di quelli che stringeva. La prima volta, lo scambiai per un comunista. E lo era, penso. Ma non sapeva d'esserlo, che è ragion per cui lo era.

Scelsero un capannone come casa, lui e gl'altri. Pareti arancio, che aiuta, dicevano. In fondo alla stanza il volto di Cristo. Appeso un crocefisso.

Al venerdì si mangiava, tutti. Se non per l'Ekadashi, quello era digiuno. Quando non era anche silenzio. Silenzio dal tramonto all'alba, sempre, doccia fredda, che non aiuta l'acqua calda. Ci sono le doccie, o altrimenti il fiume, dicono.

Io ci penso, che quasi non mi lavo. Se aspiri l'acqua col naso, non ti viene più il raffreddore, dicono.

E poi uno di loro, uno è dottore. E chiede, sempre, farmaci o altri prodotti?

Ebbi la febbre, 12 volte quell'Inverno. Echinacea, dicono. Anche la Farmacopea, lo dice, invero. Ma su 20 serie di 7, per 12 serie di sette ebbi la febbre. Cazzo.

 
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Pillole

Post n°6 pubblicato il 29 Agosto 2008 da NonTemeraiTerrore

Per dirlo in pillole, sarei brava a dirlo. A raccontarlo.

Senza neppure cominciare, con una parola, una sola.

E detto.

Fatto. 

Raccontare del fatto d’averne preso un botto, per dormire. Di pillole.

Raccontare ch’è un suggerimento, farlo.

Fatelo.

Del sonno che non fa male, che riposa senza sognare.

Di ogni volta che si vuol dormire, e senza pensarci lo si può fare.

Troppe parole, troppe, adesso.

Per dire cose che posso anche tacere.

 
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#4

Post n°4 pubblicato il 26 Agosto 2008 da NonTemeraiTerrore

Penso che nessuno m’abbia mai conosciuto, in quei giorni, in quegl’anni, davvero. Ma quando cammino per quelle strade deserte, m’accorgo che è quello l’unico posto in cui non mi spiego.

M’ignorano, non s’interrogano, non sono niente di nuovo, sono quello che ero. 
Quello che ero succhiata da una vita che non conoscono, ma sono.

Sono negl’occhi di chi incontro per i vicoli stretti. Nelle finestre che nascondono gl’occhi che non vedo. Nelle braccia che m’accolgono, quando torno. Nella birra che continuo a bere, e non pago. Nel silenzio delle notti lontane dalle luci. Nelle macchine che ora usiamo solo per spostarci. Nelle vetrine di quei pochi negozi, incroci di vite. Nelle scuole chiuse per le vacanze. Ed è come se ancora ci camminassi, fra quei banchi.

Cercano di dimenticare, in tanti. Piego le loro menti, e scavo. Che se non mi spiego, a volte in quei ricordi mi trovo. E pago, lo scotto di quel che non capiscono. E nonostante questo, m’accettano.

 
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#3

Post n°3 pubblicato il 26 Agosto 2008 da NonTemeraiTerrore

Io invece tacevo. A volte per giorni, ma a sprazzi. Prescelte persone diventavano vittime del mio mutismo.

S’alternava, l’uso della parola, fra il Liceo, la casa, gl’amici. E lui, o quel che era a quei tempi.

Ferivo con le parole, fin troppo facilmente, ma ancor di più con i silenzi.

M’ostinavo a frequentarli tutti, anche quando stavo zitta. Era questo, il mio isolamento. Non c’erano pareti ad accogliere i miei vuoti, non ci sono mai state, ma solo persone, e spazi.

E colmavo tutti, di questo. E ancora oggi me ne sono grati.

“Ti ricordi quei giorni in cui non dicevi nulla?”, dicono adesso, e sorridono beati.

Lui no, di quei giorni non dice nulla. Forse non ci sono mai stati.

 
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