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La terrazza dello Zibibbo

Post n°49 pubblicato il 30 Luglio 2014 da IlContaFiabe

"ecco stasera mi piace così con queste stelle appiccicate al cielo la lama del coltello nascosta nello stivale e il tuo sorriso trentadue perle"

Giulio se la ricordava così, tutta d'un fiato, quella canzone che spezzettava un poco a mente un poco a bassa voce, mentre guardava nel controluce della luna, il profilo di Grazia, che si stagliava al bordo di quella terrazza che, come d'incanto s'era trovata lì, affacciata su quello slargo di mare.
Beata lei, la terrazza, che d'inverno così come in quella sera di prima estate, poteva godersi l'infinito mare accanto! O forse disperata, perché di fronte a quella bellezza, lei, terrazza, poteva solo guardare, allargando le braccia per mostrarsi in un tentativo di accogliere quell'infinito, che rimaneva pur sempre incompiuto. Lei la terrazza lì di sopra e giù, poco lontano eppure, per chi resta immobile sempre una distanza infinita, il mare.

Così pensava Giulio mentre guardava Grazia ferma poco distante da lui. E si sentiva un po' terrazza e lei certo era mare, con quel suo modo di muoversi, ondeggiante, leggera, o di cambiare d'umore, improvvisa, incostante. Come d'una bonaccia che si muta in tempesta per un capriccio divino e non, come sarebbe stato più logico e prevedibile, per un cambiar del tempo e delle sue condizioni.

Grazia era mare e lui terrazza, in quella notte di prima estate, la stagione delle notti incandescenti, quando l'aria ti sembra vapore, e ti s'appiccica addosso, come rugiada, o quando l'afa ti cinge come un'amante impaziente, impulsiva, soffocante.
Così sarebbe stata fa lì a poco la stagione, ma quella notte, per quella notte, l'aria era fresca, leggera. E leggero sembrava anche il vino, scelto per l'occasione, fresco come l'aria, o un poco di più. Zibibbo di quella Pantelleria isola e perla al tempo stesso. Dolce, aromatico, zuccherino, come l'amore ed i suoi baci, che ti trascina al punto che ne vorresti sempre di più e poi, d'improvviso, per quel suo grado alcolico che non ti pare, ma c'è, come l'amore ti prende alle gambe, t'intontisce. E tu sei lì seduto e non ti sai più rialzare, o se lo fai, è solo aiutandoti con qualcosa o qualcuno che ti sorregga.

Zibibbo, il vino dell'amore, forse. Chissà

Con questi pensieri, Giulio guardava Grazia, di sfuggita, di soppiatto, a volte dritta negli occhi. La guardava da tutte le angolazioni possibili da quel suo punto di visione. -"Un punto di vista di Grazia"-. Pensò fra se. E si sorrise.

Vanno via leggeri i pensieri nelle notti d'Estate. Vanno via con quella brezza gentile che le accompagna, che pulisce il cielo e rende sgombro il campo d'orizzonte, ma più di tutto pulisce il cielo così che le stelle e quel pezzo di luna che ancora non è andato a dormire, possano mormorare agli esseri umani parole che soltanto il buio sa pronunciare.

Mormorano allora stelle e luna, e gli uomini abbracciano le loro donne e sussurrano i pensieri del vento, ed il vento accompagna quelle parole mescolando i capelli alle ragazze che in silenzio ascoltano pensieri d'aria, di nuvole, di terre lontane. Pensieri del Tempo.
Ed è forse per il vento fresco e leggero, o per le parole, che si stampa su quella pelle un fremito che la fa stringere un poco più forte, e comparire un lampo di rossore su quelle gote.

Giulio si alzò da quel suo "punto di vista" avvicinandosi a Grazia. Dimenticò d'esser terrazza e lei mare, si fermò, come un pensiero portato dal vento, accanto a lei che lo guardava. Il vento porta i pensieri, pensò, ma spazza anche le nubi. Erano tersi gli occhi di Grazia. Puliti, sereni, in silenzio sorridevano. Posò il bicchiere accanto alla sua mano. Lei fece un gesto per raccoglierlo ma con la sua, Giulio, la trattene un istante. Sentì la mano di lei fremere un attimo solamente. Guardò il cielo, guardò le stelle, la luna, il mare e poi nello stesso istante, guardò il volto di Grazia e non seppe distinguere fra le stelle ed i suoi occhi. Mentalmente ripensò alla canzone, e vide che le "stelle appiccicate al cielo" di tutte quelle stelle, due brillavano nel volto di lei.

Istintivamente avvicinò la bocca per baciarle.

Grazia richiuse gli occhi per un istante. Ed in quell'istante ci fu buio davvero tutt'attorno. Fu allora che, le labbra si trovarono, nella penombra, per dischiudere in quel bacio tutto il mistero se non del Creato, di quella notte almeno.

 

 

 
 
 
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