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Bichhiere mezzo pieno o vuoto?

Post n°21 pubblicato il 23 Aprile 2011 da gmetti

Ieri sera qualcuno mi ha dato un grandissimo insegnamento.

Come modificare dello stesso problema la prospettiva, aiuti a vedere le cose in modo totalmente diverso. Beh non è una grande scoperta qualcuno dirà. Sì vero. E’ così. Lo sapevo anch’io, ma è un altro aspetto ad essere stato messo in luce. L’effetto che dare di un problema un’eccezione negativa (il bicchiere mezzo vuoto) genera sulla persona che hai accanto. Rischi di convincerla a lungo andare che sia davvero mezzo vuoto. Così è il senso di appartenenza. Cosa è? Mah … a dirla alla Moretti nell’ultimo straordinario Habemus Papam è il contrario della malattia che la psicanalista (Margherita Buy) diagnostica al Papa ovvero il “deficit di accudimento”.  Conferme, giudizi sulle parole, soprattutto se non dette, determinano l’eccezione negativa. Fanno vedere il bicchiere dal lato vuoto, quando è la parte piena la preponderante. Ma se si guarda dalla prospettiva sbagliata, il deficit lo trasmetti in una forma davvero pericolosa: fai sentire inadeguato l’altro/a, semplicemente per modalità di espressione diverse. Questo non è assolutamente un fatto banale. Ci vuole grandissima maturità a capire questi schemi mentali. Io non li avevo capito, perché ho un evidente eccesso (ma non sempre è così…) Maikovskiano “dell’amato me stesso”. Non può funzionare così. Non c’è un solo modo, ma diversi modi di esprimersi e l’intelligenza sta proprio nell’incontrare modi diversi, combinarli, accettarli e sapere talvolta sdrammatizzare il tutto con grande ironia.

E allora perché esprimere la paura di perdere qualcuno e non esaltare piuttosto il fatto che quel qualcuno, chiunque esso/a sia, C’E’ ed è nella tua vita? Perché esprimere la paura dell’abbandono? Perché cercare il suo soddisfacimento o peggio ancora la sua continua approvazione, se questo mette a repentaglio la propria natura? Prima o poi si scatenerà con forza, con violenza, perché repressa. Parlare è la terapia, ma non parlare troppo. Lasciare che sia il vino a scorrere come diceva il buon Baudelaire e che riempia il bicchiere della vita. Non avere paura del tempo, cavalcarlo, viverlo senza esserne schiavi, ma lasciarlo anche libero di sviluppare la propria storia senza troppi interrogativi e soprattutto paronoie programmatiche sul futuro.

 

Per non essere schiavi del tempo bisogna ubriacarsi e non fermarsi. Ubriacarsi di vino, di virtù, di poesia, di ciò che volete

 
 
 
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