Creato da PapaveriSparsi il 26/04/2010

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Quattro

Post n°18 pubblicato il 07 Marzo 2012 da PapaveriSparsi

 

Lei era una donna stanca.
La vita le girava attorno come un vortice in cui perdere l'equilibrio era più
facile di respirare.
Vacillava sul vivere come una vela tra la tormenta.
Ogni passo fatto trascinava il peso del passato, e le aderiva addosso come
un doppiopetto di vissuto serrato stretto. I bottoni ben chiusi erano una
porta negata all'anima.
La fatica vinceva sul tragitto rendendolo un camminamento ostico ed
impervio, un'inaffrontabile serie di vertigini ostili.
Fin da bambina aveva riempito i suoi sogni dei colori del suo essere la
fanciulla dolce che era, con gli occhi aperti sul mondo e sulle creature che lo
abitavano, con la purezza della verginità di pensiero.
Voleva creare una casa dei desideri, dove ogni forma fosse realizzazione
di idea, ogni arredo un traguardo raggiunto.
Ma l'incompiuto le aveva nel tempo disegnato una ruga di malinconia nel cuore.
Ricordava spesso i suoi capelli ribelli, che da piccola le danzavano sul volto
giocando a nascondino con gli occhi, e le mani ferme e lente di sua nonna
che li educava alla disciplina di una treccia liscia e lucida,
da cui avrebbero avuto in dono morbidi boccoli.
Le regole l'avevano aiutata e poi tradita perchè non c'è un binario della
giusta via, c'è il tentativo del vivere corretto, spesso troppo ingessato per
chi si nutre del palpito dell'attimo.
Aveva amato molto. In modo tenero ed intenso.
Si era sempre abbandonata ai sentimenti come al vento di un'altalena, con
la voglia di cogliere ogni emozione e di seminarla dentro, nel fertile grembo
di chi ama per dare, non per ricevere.

Aveva cercato di staccarsi da terra molte volte, cercando di dispiegare le ali
che sentiva di avere a fior di pelle, ma ad ogni istante di gioia seguiva poi,
in modo tanto brutale quanto doloroso, il disincanto dei fatti.
E ogni ostacolo veniva affrontato con la stessa precisa volontà, con la
lucidità doverosa per il rispetto dell'esistenza, senza mai un cedimento.
Solo nel profondo dedicava una stanzetta allo sgomento.
Una stanzetta dove nessuno era ammesso, tranne una lacrima, che potesse
contenere da sola il timore e la rabbia, la disillusione e la tristezza, senza
annegare il cuore tra le onde della sofferenza.
La forza aveva il suo nome.
E non c'era scoglio che potesse fermarla.
I suoi sorrisi erano intrecciati al futuro dalle sapienti mani dei ricordi, che le
donavano esperienza e conoscenza unite a quel brivido dell'istinto a cui ogni
notte si abbracciava per credere che il domani sarebbe stato sempre e
comunque una rinascita.

 

(continua...)

 

 
Rispondi al commento:
PapaveriSparsi
PapaveriSparsi il 10/03/12 alle 11:01 via WEB
C'è sempre poesia nelle tue parole...Grazie!
 
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