Creato da PapaveriSparsi il 26/04/2010

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Post n°12 pubblicato il 08 Febbraio 2012 da PapaveriSparsi

In ogni Cuore ci sono stanze chiuse velate di malinconia,
piccoli angoli che trattengono il profumo di noi anche se
è assenza di soffio.
I passi sono timidi, come gocce di parole che diventano volo leggero,
per rincorrere pensieri antichi, sorrisi perduti, sguardi mancati.
Ed è come aprire una finestra che il Tempo ha vestito di silenzio,
respirare di nuovo quel buio per poter accendere una piccola lanterna
di luce nuova.
Perdersi lungo un cammino significa anche avere la possibilità di
ritrovarsi, non differenti da prima, non migliori, forse più vecchi,
ma anche più attenti a ciò che non abbiamo avuto e forse ancora non abbiamo.
Perchè quella ruga di infelicità ci scorre sempre accanto,
legata al nostro non essere, ancorata alle radici di una
insoddisfazione amara, una zavorra che abbraccia i giorni,
le ore, i minuti e ci fissa in fotografie sbiadite appartenute
ad un passato che risponde al nostro nome.
Vorrei soffiare via le ombre del mio vivere, indossare l'abito dell'Anima
e ridare voce al mio pensare come se si potesse annaffiare di nuovo
un vecchio germoglio mai fiorito, in attesa dei colori di petali nuovi,
del profumo unico di un sorriso timido, quasi di bambina...
E dopo una eternità mai tanto eterna,
in questa neve d'apnea,
respiro tutto il vento che è in me...

 

 

 
 
 

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Post n°11 pubblicato il 29 Giugno 2010 da PapaveriSparsi









Ho camminato a lungo.
Attraversando paludi e sguardi, sorrisi ed incertezze,
ho contato passi come solitudini che si rincorrevano,
avide di trovarsi, per finirsi addosso, di una complicità d'insieme
mai conosciuta.
Ho scavalcato ostacoli e seminato campi arati,
bevendo il sole del mattino come una giovane cicala.
Ho atteso fortuna e amore, ma ciò che ho desiderato
è stato solo figlio di queste note emozionate,
a cui dono queste lacrime che corrono via dai miei occhi stanchi.

Sto perdendo tutto.
La mia casa, la luce dei miei occhi, la sorgente delle mie parole.
Di tutto ciò che è sogno non si vive.
Mi sono ritrovata vagabonda di me stessa,
senza un lavoro,
senza un domani.
Senza possibilità di sopravvivere.
Ho bussato od ogni porta.
Ma mi hanno risposto solo chiavistelli.
Ho cercato ovunque, ma ho trovato solo labirinti.
Resto senza nulla.
Con in mano solo il pallore della pelle, e le rughe dei palmi, 
a segnare un destino che nessuna zingara potrà mai leggere.
E questa disperazione avida che mi stringe in un abbraccio che ruba il respiro.

Questa è stata una finestra aperta sul filo dell'orizzonte.
Oltre ho trovato voi.
Molte anime meravigliose, dense di arcobaleni.
Ora devo salutarvi ed andare.
Non so dove, non ho più un domani,
nè un sorriso per accompagnare il mio distacco.
Ma voglio ringraziare tutti.
Chi in questi anni ha letto me oltre le mie parole.
Chi mi ha voluto bene.
Chi mi ha abbracciata tanto, tra folletti e papaveri.
Chi mi ha amato intensamente.
Chi mi ha detto 'ti amo' e invece mi ingannava.
Chi si è svegliato al profumo di croissant tra le mie braccia.
Chi è riuscito a capire chi davvero io fossi.
Chi si è emozionato leggendomi.
Chi si è emozionato abbracciandomi.
Chi ha attraversato con me il ponte delle favole.
Chi mi è stato vicino capendo che soffrivo.
Chi è andato via come un ladro, sapendo di rubare.
Chi non ha avuto paura della paura.
Chi mi ha preso per mano come se fossi una bimba.
Chi mi è stato amico.


Ovunque andrò di voi porterò qualcosa dentro di me.
Non potrò dargli vita con le mie parole, ma cercherò di non lasciare che il vento porti via i ricordi di questi anni, dal profumo di talco e dal gusto di zucchero filato.

Sono stata una ragazza felice qui.
Di una felicità sfiorata con timidezza, ma ricca in intensità.
Grazie per avermela donata.

Ora devo andare, sono capitano di una nave che attende di salpare.
Nel cielo un nuovo porto mi attende.

Vi bacio.

Cristina




 
 
 

Avrei voluto...

Post n°10 pubblicato il 08 Giugno 2010 da PapaveriSparsi



Anche solo per un attimo, avrei voluto sentire la brezza della serenità sfiorarmi il cuore.
Come il respiro di un sogno, come un orizzonte di luce.

Il mio buio non ha eco.
Resta immerso in se stesso.
Lacrimando speranze.
Donandole alla sete di una terra fredda.
La stanchezza impera.
Non ho più futuro.
L'ho smarrito inseguendo palloncini.
Pieni di parole.
Rincorsi dal vento di voci stanche.
Di solitudine vestite.

Anche solo per un attimo, avrei voluto sentire il profumo di domani e vivere del mio scrivere, sotto portici sul mare, il salmastro ed io.
Avrei voluto amare lo specchio che mi rifletteva il sorriso.
Avrei voluto non dimenticare la mia anima e il suo sentire.
Libertà di vita.
Avrei voluto avere una possibilità.

Avrei voluto.







Avrei voluto essere il principio di una quercia.

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Post n°9 pubblicato il 25 Maggio 2010 da PapaveriSparsi





'Noi sentiamo il dolore, ma non l'assenza del dolore; sentiamo la preoccupazione, ma non l'assenza della preoccupazione; la paura, ma non la sicurezza.
Sentiamo il desiderio, così come la fame e la sete; ma non appena è soddisfatto, succede come per il boccone che, nel momento in cui viene inghiottito, cessa di esistere per la nostra sensibilità.
Sentiamo amaramente la mancanza di piaceri e di gioie, quando non ci sono; dei dolori invece non sentiamo direttamente la mancanza, anche se non ne proviamo da parecchio tempo, tuttalpiù ce ne ricordiamo per mezzo della riflessione.
Dei giorni felici della nostra vita ci accorgiamo solo quando hanno ormai lasciato il posto a giorni infelici. '
Cosi diceva Arthur Schopenhauer.

Nella ragnatela dei miei pensieri è finito un tramonto.
Ne ho visti moltissimi in vita mia, quasi tutti sul mare, dove lo spettacolo che la Natura sa offrire può dare Emozioni uniche.
Mi sono chiesta se due Anime che spezzano insieme il pane di un tramonto possono essere separate per sempre.
Non c'è risposta, come a quasi tutte le domande che ci poniamo.
A volte viviamo come dentro un quiz cercando il perchè di tutto ciò che ci accade, quando il perchè è dentro di noi. E attende solo di essere trovato.
Ci sono sensazioni che un'Anima riscaldata dal sole non accetta.
Le limitazioni, le convenzioni, le classificazioni, le banalizzazioni e quanto riduce l'Infinito a cui l'Anima tende.
E soprattutto l'aridità del gelo.
Ma non tutte le Anime sono uguali, ci sono anche quelle che si crogiolano in lande ghiacciate, perdendo  l'orientamento, non capendo quale calore possa sciogliere i loro nodi e dare ossigeno ai pensieri interiori, celati nella melma statica del fondo.
E quindi accecate vagano alla ricerca di quel qualcosa, quel qualcosa che si trova per strada, in un bar, in un ufficio, in una bancarella di un mercatino di provincia.
Non oltre l'azzurro, tra le nuvole soffici e traslucide, non tra le Emozioni e le praterie infinite dello Spirito.
E dimenticano che la vita è in due maniere:
vissuta o sopravvissuta.

Allora l'Anima si arrende all'assenza.
Assenza di consapevolezza, di stupore, di comprensione per l'Infinito.
Si spera sempre che qualcosa possa accadere, che dietro una curva si veda un orizzonte diverso, pulito come il sorriso di un bimbo, ma la vita tatua la pelle con l'inchiostro indelebile dell'indifferenza.
E si smette di sperare perchè non c'è più forza, perchè ci si è persi dentro, come nel labirinto della nostra incredulità di fronte al piccolo dramma della nostra infinitesimale esistenza, persa tra vocii di milioni di battiti, come una  goccia appoggiata sulla pelle di oceani immensi.
Intorno l'eco di domani che incombe.
Domande che si rincorrorrono in cerca di nascondini di risposte e punti interrogativi raccolti come margherite di campo, da mettere nel vaso sul balcone per donare agli occhi un collirio per l'incertezza.
Ogni secondo contiene un desiderio.
Ogni respiro trattiene l'ancora alla vita, fissata sul fondo della speranza.
L'insconscio disegna il contorno della sopravvivenza, contro ogni pugno nello stomaco donato dal quotidiano, dall'assenza di possibilità, dalla mancanza di una mano tesa.
Ma il brivido diventa abito. Mentre l'insicurezza prepara il letto per la notte.
E il sonno attende aurore di calore.

Inutile aspettare.
Il freddo ghiaccia anche i girasoli.





 
 
 

Aldilą dell'aldiqua

Post n°8 pubblicato il 19 Maggio 2010 da PapaveriSparsi





Piove autunno.
Con squarci di azzurro cielo e odore di Maggio.

La foschia  mi sta entrando dentro attraverso i pori della pelle, mi ubriaca di umidità,
di nostalgia di primavera.
Ma non penso all'acquazzone che tuona,  che bussa alla mia porta chiusa da troppi
sogni perduti,  mi sembra anzi di essere come un fiore in un campo, che osserva
la rugiada che si forma leggera sulle tenere foglie dei trifogli o sui fili d'erba, rugiada
che profuma di fresco e di verde, che raccoglie dentro di se i colori del mondo,
lo specchio del cielo odoroso di aurora.
Un fiore dalla vita breve, dalla bellezza non troppo facile da cogliere, 
senza profumo, un fiore che non può essere tagliato nè costretto in un vaso
perchè piuttosto che alla libertà decide di rinunciare alla vita, un fiore che
ha bisogno di
energia, di sentirsi libero di guardarsi intorno, di amare la sua
stella con una devozione senza pari.
La sfioritura si accetta perchè fa parte della vita, i campi si svuotano,
i colori svaniscono, l'energia si perde tra semi sparsi e foglie secche
riverse a terra, arrese al taglio che ha portato via il sorriso dei petali.

E mi domando chi sono.
Su quale fazzoletto ho ricamato la mia iniziale.
In quale spiaggia ho disegnato un cuore sulla sabbia.
A quale passato ho affidato la mia più sottile parola, in cerca di una
identità mia,
del sorriso di un verbo,  di questa malinconia colorata dei miei occhi,
che indosso come pelle sull'anima.
Lascio ai ricordi il mio respiro.
Alla prima volta che ho ascoltato queste note, questa carezza morbida di Sakamoto,
ed è stato come impararea camminare, a decifrare emozioni sospese,  a dividere con Amore ciò che dentro si muoveva come un figlio.
Torno indietro.
La mente passeggia in un passato in cui trovo tana per pensieri braccati
dalla disperazione che mi sono fatta amica.
Abbraccio  la dissolvenza di un pianto traslucido.
Spargo il talco come seme che non vuole essere dimenticato, aroma di
palpebre chiuse e lentezza di mani.
Cerco l'eco di  antiche verità,  collane di puntini lunghe pagine intere...
in fondo alle quali perdersi in un 'ti amo'...


Hai mai camminato in un campo di girasoli?

Si confonde la mente, ti senti immerso in un bosco, dove il giallo ti sfiora
e ti copre, come uno scialle, e ti cinge le spalle, in un abbraccio che non puoi
sentire perchè l'Anima sta volando, pazza di felicità, sfiorando i fiori ed entrando
tra stelo e stelo, scivolando come una lucertola tra le foglioline più alte e tenere,
accarezzando i petali come una brezza leggerissima e delicata.
E tu, nel mezzo di questo Infinito resti immobile, col capo rivolto verso il cielo,
come un soldatino che attende il tramonto per immergersi in una malinconia
senza fine.

Mi sono innamorata in un campo di girasoli, mi sono perduta, smarrita,
mi sono trovata senza orientamento, senza volerlo avere, senza volerlo ritrovare.
E' stato come cadere in un vuoto d'aria e rimanere galleggiante sopra ogni cosa,
e gli occhi spalancati, increduli, rapiti... rapiti da una bellezza che non si può definire,
perchè non si può vedere, ma solo sentire, come l'ebbrezza della felicità.

Allora ho chiesto al sole di tenermi con se per sempre, fino alla fine del mondo,
ma il segreto non è nel tempo o nello spazio, piuttosto nell' Essenza delle cose,
nel saperne cogliere l'aroma, il sapore, l'odore.

Ed io, fiore senza profumo, mi sono ritrovata a sentirmi privata di una parte
indispensabile di me, per potermi sentire libera di essere, di essere come sono.

Ma il sole mi ha accarezzato, di una carezza che non scorderò mai, ha asciugato
le mie lacrime e dolcemente mi ha detto, guardandomi negli occhi ..

che i girasoli profumano di luce...

 

 

 
 
 
 

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