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Essere e pensiero

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Platone e la "sogliola"...

Post n°44 pubblicato il 06 Novembre 2006 da pensieroinespresso
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Non è ancora giunto il momento per parlare di "J", anche se mi pervengono notizie allarmanti di lettori con gravi crisi di nervi, dovute all'attesa estenuante. Forza, coraggio! Cercate di distendere la tensione, pensando intensamente a Platone, che è meglio del Prozac (come recita il titolo di un famoso best seller di Lou Marinoff).

Vi chiederete, a questo punto: cosa c'entra la sogliola con Platone? Naturalmente, per scoprirlo dovrete, se volete, leggere tutto il messaggio (rido felice).

Rimaniamo ancora nel dialogo platonico, il Simposio (cfr. messaggio precedente), la cui bellezza e la cui influenza sul pensiero occidentale è tale da meritare almeno due riflessioni. In esso, oltre al mito di Eros, analizzato nel messaggio precedente, Platone racconta un altro straordinario mito, il cui fascino colpì moltissimo anche Sigmund Freud.

Prima di passare alla sua descrizione, vorrei ancora una volta ricordare che la funzione del mito, nella filosofia platonica, è quella di dare supporto e rinforzo al logos, al discorso razionale, laddove esso giunga ai limiti delle sue capacità esplicative.

Si tratta del mito degli "androgini".

 Platone racconta che originariamente la condizione umana era diversa da quella attuale, ossia non da sempre gli uomini possiedono l'attuale forma corporea. Con una notevole dose di umorismo, egli dice che all'origine gli uomini erano di forma sferica, con quattro mani, quattro gambe e doppia faccia.

I sessi erano tre. Il maschile, il femminile e l'androgino (insieme di maschio e femmina). Essi erano mobilissimi e velocissimi e rotolavano come una sfera, poggiandosi su otto arti. Ed  inoltre ognuno di essi era autonomo in se stesso, pienamente autosufficiente, non avendo bisogno di altro al di fuori di sè.

Gli uomini, quindi, diventarono gradualmente sempre più orgogliosi della loro sferica perfezione, della loro potenza e compiutezza, al punto tale da tentare addirittura di scalare il cielo e di assalire gli dei.

Allora Zeus, dopo lunga meditazione e dopo essersi consultato con gli altri dei, decise di dividere ciascuno degli uomini a metà e nacque così la nostra attuale struttura corporea e condizione umana (la divisione a metà dell'uomo ricorda, nell'aspetto, la sogliola che sembra, appunto, un pesce tagliato a metà e "mancante" di una parte; di qui la metafora platonica dell'uomo/sogliola).

Da quel momento decisivo della divisione in due, ciascuna metà cerca e desidera fortemente l'altra sua metà perduta.

Ecco, quindi, che ritorna la tematica della "mancanza", di cui abbiamo parlato nel messaggio precedente, come condizione costitutiva dell'essere umano, e quella di Eros, come energia che consente la ricerca della metà perduta, mirando a risanare la scissione diadica della natura umana.

Amore, quindi, è aspirazione a ricostituire l'uno e l'intero originario, l'unità della nostra antica natura.

Due che tendono all'uno, pur rimanendo sempre e solo due.

Freud rimase affascinato da questo straordinario mito. Lo riprende e lo ripropone per spiegare la teoria che collega la nascita di una pulsione al bisogno di ripristinare uno stato perduto di precedente tensione (cfr. S. Freud, Al di là del principio di piacere, in Opere, Bollati Boringhieri, vol. 9, p. 242).

Propongo, per la lettura, alcuni passaggi del Simposio, in cui Platone racconta il mito degli "androgini".

*  *  *

"Innanzi tutto, i generi dell'uomo erano tre, e non due come ora, ossia maschio e femmina, ma c'era anche un terzo che accomunava i due, e del quale ora è rimasto il nome, mentre esso è scomparso. L'androgino era, allora, una unità per figura e per nome, costituito dalla natura maschile e da quella femminile accomunate insieme...

Inoltre, la figura di ciascun uomo era di forma sferica nel suo intero, con il dorso e i fianchi a forma di cerchio; aveva quattro mani e tante gambe quante mani, e due volti del tutto uguali su un collo arrotondato...Erano terribili per forza e per vigore e attaccarono gli dei...

Zeus e gli altri dei, allora, tennero un consiglio per decidere che ne dovessero fare e rimasero nel dubbio: non potevano infatti ucciderli, e, fulminandoli come fecero con i Giganti, annientarne la razza, perchè sarebbero scomparsi anche gli onori e i sacrifici che provenivano loro dagli uomini; e d'altra parte non potevano permettere quelle insolenze.

Dopo aver a lungo meditato Zeus disse: "Credo di aver a disposizione un mezzo che consente che gli uomini continuino a esistere, e, divenuti più deboli, cessino di essere così sfrenati. Li taglierò ciascuno in due" disse, "cosicchè da un lato saranno più deboli, e dall'altro saranno più utili a noi, perché diventeranno maggiori di numero. E cammineranno diritti su due gambe...".

Detto questo, tagliò gli uomini in due, come quelli che tagliano le sorbe per farle essiccare, o come quelli che tagliano le uova con un crine...Allora, dopo che l'originaria natura umana fu divisa in due, ciascuna metà, desiderando fortemente l'altra metà che era sua, cercava di unirsi a lei...

Da così tanto tempo è connaturato negli uomini l'amore degli uni per gli altri, che vuole ricomporre l'antica natura e cerca di fare di due uno e di medicare la natura umana. Ciascuno di noi, dunque, è come una contromarca di uomo, diviso da uno in due, come le sogliole; e ciascuno cerca sempre l'altra contromarca che gli è  propria..."

Platone, Simposio,
189 e, 190 a, ss.

 
 
 
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