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Essere e pensiero

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Della "mancanza" e del Desiderio...

Post n°45 pubblicato il 11 Novembre 2006 da pensieroinespresso

La "mancanza" di "J" e il "desiderio" di conoscerlo sono sempre più forti. Ecco il perchè di questo messaggio. Scherzo, naturalmente, e rido. A chi mi legga per la prima volta, dico che "J" è un autore di cui non ho rivelato l'identità e di cui, prima o poi [o forse mai...(rido ancora)], parlerò. Ai nuovi ed ai vecchi lettori, invece, dico che, leggendo il messaggio, capiranno il motivo della sua pubblicazione. 

Allora leggete, se volete, e meditate, sempre se volete.  

La realtà che ci circonda diventa per noi esistente e, quindi,  potenzialmente desiderabile, solo attraverso l'immagine che di essa elaboriamo. Prima che emergessero le nostre immagini delle cose, le cose è come se non esistessero per noi e, pertanto,  non avevano alcun senso.

L'immagine non è una fotografia, un ritratto o il riflesso speculare della realtà, ma una creazione della nostra mente, attraverso la quale attribuiamo senso ad ogni ente. Tale conferimento di senso alla realtà è la condizione della sua desiderabilità, ossia è ciò che rende possibile l'insorgenza stessa del desiderio.

Il senso delle cose non è nelle cose stesse, ma nelle immagini con cui ce le rappresentiamo. E il Desiderio si nutre non delle cose, il cui possesso, pertanto, non può essere mai del tutto appagante, ma del fascino che il senso, da noi attribuito alle cose, produce nel nostro animo.

Le immagini danno senso alla realtà e il senso, attribuito ad essa dalle immagini, ne attiva il desiderio. Il desiderio inappagabile è energia che, a sua volta, spinge costantemente verso nuove immagini ed ulteriori significati, ampliando i nostri orizzonti di consapevolezza e di conoscenza.

La filosofia, che rinvia, come è noto, fin dall'etimologia della parola, all'amore e al desiderio del sapere, è legata geneticamente alla dinamica precedentemente descritta. Essa, infatti, non consiste nel possesso illusorio ed impossibile del sapere, ma solo nel desiderio inappagabile di esso e nella sua costante ricerca. La filosofia, pertanto, non trova la sua dimora nel possesso e nell'apparente gratificazione della compiutezza, ma nell'inappagabilità del desiderio che costantemente rinasce  e si rinnova.

Nell'inappagabilità si approfondisce il desiderio, che in essa si esalta, e tale esaltazione é la sua unica forma possibile di "realizzazione". 

Alla luce di quanto detto, come dobbiamo allora intendere il discorso platonico del Simposio e i miti da me descritti nei due messaggi precedenti (mito degli androgini e mito di Eros)?

La condizione originaria di compiutezza non è, nè un modello privilegiato, nè uno stato da ripristinare nostalgicamente. E' solo un'idea regolativa, rispetto alla quale si definisce il nostro essere attuale. Essa simboleggia una condizione di autosufficienza e di perfezione che non appartiene alla natura umana, la quale trova, invece, nella "mancanza" strutturale che la caratterizza, la sorgente di ogni desiderio, affettivo e conoscitivo.

Tale "mancanza" di essere è essa, quindi, una condizione privilegiata, perchè da essa scaturisce l'ebbrezza del desiderio, il piacere della conoscenza, la gioia della tensione che aspira al bello e al bene.

Nella compiutezza, avendo tutto già un senso, in realtà nulla per noi avrebbe senso, perchè nessun senso sarebbe, da noi stessi, attribuito alla realtà.

La realtà, già dotata di senso e in sé compiuta, sarebbe a noi del tutto indifferente ed impermeabile al nostro desiderare.

Propongo, per la lettura, una riflessione di Emmanuel Lévinas [Kaunas  (Lituania), 1905 - 1995],  uno dei più grandi filosofi del Novecento e fra gli autori più letti e tradotti al mondo.

*  *  *

"Il vero Desiderio è quello che il Desiderato non sazia ma rende più profondo. E' bontà. Non si riferisce ad una patria o a una pienezza perdute, immaginenon è la malattia del ritorno e neppure nostalgia. [...] Non sarebbe anche possibile interpretare il mito platonico dell'Amore, figlio dell'abbondanza e della miseria, come la testimonianza che, nel Desiderio, si dà l'indigenza di una ricchezza, l'insufficienza di ciò che è sufficiente? Platone, raccontando nel Simposio il mito dell'androgino, non ha forse affermato la natura non-nostalgica del Desiderio, la pienezza e la gioia dell'essere che lo esperisce?".

Emmanuel Lévinas,
La traccia dell'altro,
Pironti, Napoli, p.18

 
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