Creato da pensieroinespresso il 01/02/2005

Essere e pensiero

E' stato già scritto tutto, per fortuna non tutto ancora pensato.

 

Nel possibile, tutto é possibile

Post n°93 pubblicato il 15 Febbraio 2008 da pensieroinespresso

Utopia e dialogo interreligioso

 

In un periodo di crisi e di passaggio, come quello che stiamo vivendo a livello planetario, in cui oscure appaiono le prospettive ideali e precari gli equilibri sociali e naturali, credo che un ruolo decisivo possano svolgere la dimensione utopica e il dialogo fra le varie esperienze religiose, che coinvolga dal basso le coscienze dei credenti, in vista di una pacificazione interculturale ed ideologica, premessa indispensabile per nuovi assetti politici ed istituzionali.

La dimensione utopica non è quella dell’impossibile, né quella dell’irrazionale. Essa, infatti, prefigurando ciò che potrebbe o dovrebbe essere, il dover essere rispetto all’essere, delinea l’esito “possibile” delle spinte ideali e dei comportamenti concreti, prospettandosi come ciò che è eticamente e praticamente preferibile, anche se di difficile attuazione. Inoltre essa non è il luogo dell’irrazionale o dell’irragionevole, ma lo spazio libero in cui la ragione finita e consapevole dei propri limiti si apre alla fede. Non tutto, infatti, la ragione può giustificare. Anzi, quanto più rigoroso diventa il suo esercizio, tanto più ampio si delinea l’ambito di ciò che ad essa risulta impermeabile, per il semplice fatto che la ragione è una forza finita, mentre infiniti sono i problemi che essa dovrebbe affrontare e soprattutto infinite le implicazioni aperte dal sorgere di sempre nuove questioni. E allora l’ambito della fede, ossigenando la prospettiva razionale, ne allarga gli orizzonti, gettando luce nuova nei territori per essa ancora bui.

 

 

 

Nello spazio utopico, dove fede e ragione s’incontrano dialetticamente, nascono e si sviluppano le tensioni ideali ed i movimenti storici che possono modificare, nel corso del tempo, assetti istituzionali consolidati ed ideologie apparentemente immodificabili. Fra questi e queste si possono senz’altro annoverare le istituzioni e le ideologie religiose, all’interno delle quali da sempre è viva la spinta al cambiamento, talmente forte da giungere talvolta  a vere e proprie rotture o profonde divisioni. Il dialogo interreligioso di base, realizzandosi al di fuori dell’ambito istituzionale ed ideologico, può convogliare la spinta al cambiamento, connaturata in ogni movimento ideale, verso esiti propositivi e funzionali alla crescita di tutti gli uomini. Nell’incontro reale fra coscienze credenti, pur appartenenti a confessioni religiose diverse, si sperimenta l’unità nella differenza. Si comprende che, nonostante le differenze ideologiche che nel tempo sono andate irrigidendosi, è possibile trovare un’unità nella fede in valori comuni condivisibili ed eticamente preferibili. Nel cammino comune le differenze non si annullano ma, una volte scoperte e comprese, diventano irrilevanti e non ostacolano il percorso di comunione, nella direzione del risanamento di quelle lacerazioni che hanno ferito e continuano a ferire la storia dell’umanità.

 

 

Albert King
1923 - 1992
chitarrista e cantante
uno dei più grandi esponenti del
blues moderno

 

 

 
 
 

Il senso del limite...

Post n°92 pubblicato il 08 Febbraio 2008 da pensieroinespresso

Credo che il mito illuministico e positivistico dell’ineluttabilità del progresso e la fede smisurata nell’onnipotenza della ragione e nelle sue possibilità risolutive, che hanno caratterizzato tanto profondamente la modernità, abbiano portato come conseguenza alla perdita progressiva della percezione del limite e del senso di finitudine, propri di esseri che procedono nell’errore per cogliere frammenti di verità. Invece, il crollo inevitabile di tale mito, determinato dall’impatto socioculturale e psicologico degli eventi disastrosi che stanno lacerando la terra, peraltro trasversalmente incombenti a prescindere delle aree di sviluppo e di sottosviluppo, sta facendo sorgere nell’umanità una nuova attenzione alle sorti del pianeta. Essa senz’altro rivela e, nello stesso tempo, alimenta una rinnovata coscienza del limite, della nostra debolezza e fragilità, da cui discende la consapevolezza sempre più avvertita e cogente della possibilità di sbagliare, soprattutto procedendo da soli, senza gli altri o contro gli altri.

Allora la mia tesi è la seguente: la non consapevolezza del limite, a livello individuale e sociale, ha determinato delirio di onnipotenza, conflittualità sfrenata, bisogno di prevaricare e odio sociale. Una ritrovata coscienza della propria finitudine e fragilità, invece, induce all’apertura verso l’altro, che ridiventa compagno di viaggio e sostegno e di cui si riscoprono le risorse preziose e la comune radice. Più mi sento debole e finito, più avverto in me la possibilità dell’errore. E più avverto in me tale possibilità, più cerco nell’altro, la cui finitezza percepisco pari alla mia, un aiuto solidale teso a costruire un destino comune migliore, di cui tutti possano giovarsi. Nella conflittualità e nella competitività senza limite matura l’odio e la non assunzione di responsabilità. Nella solidarietà derivante dalla comune coscienza del limite matura, invece, il senso di responsabilità che spinge a scelte valoriali, comportamentali e politiche finalizzate a ricucire il tessuto lacerato delle relazioni interumane e di quelle fra uomo e natura, nella speranza di un rinnovato equilibrio eco-sociale, nuova primavera per gli uomini e le loro terre.

 

 

Koko Taylor
(1938)
la regina del blues

 
 
 

Tutto è in tutto...

Post n°91 pubblicato il 30 Gennaio 2008 da pensieroinespresso

 

Le idee forti attraversano la storia del pensiero come un fiume sotterraneo, che all'improvviso emerge per indicare la giusta rotta a chi ha la saggezza di guardare nella direzione della luce, dove il fluire dell'acqua diventa iridescente. Oggi più che mai é evidente come nell'universo umano e naturale tutto sia interdipendente, partecipando tutto alle sorti di tutto. Questa idea fondamentale e feconda viene, però, da lontano, come testimoniano i testi che ho proposto in lettura: parte di un frammento di Anassagora di Clazomene, filosofo naturalista greco vissuto nel VI secolo a. C., ed un brano di un'opera di un autore contemporaneo dedicata a Giordano Bruno, il grande filosofo campano, simbolo della libertà di pensiero, morto sul rogo il 17 febbraio 1600. In conclusione viene proposto un breve testo di Rigoberta Menchù Tum, pacifista guatemalteca, premio Nobel per la pace nel 1992.

*  *  *

"...non é possibile che qualche cosa esista separatamente, ma tutte hanno parte a tutto...niente potrebbe consistere separato né venire ad essere in sé ma, come in origine, così anche ora tutte le cose sono insieme."

Anassagora di Clazomene
frammento 6

*  *  *

"Il padrone si era alzato e avvicinato al camino; con la mano attizzò la brace che per un istante divampò luminosa, e con un leggero gemito tornò al suo posto. Mi versai un'altra tazza di caffè e mescolando il miele notai le minuscole bollicine che si muovevano uniformi sulla superficie. Una volta messe in movimento, per un certo tempo conservavano direzione e velocità. Ma solo per un certo periodo; poi a poco a poco si fermavano per dissolversi l'una nell'altra. E ancora una volta pensai: che cosa sono davvero in questo mondo grandezza e piccolezza? Tutto é riflesso e rimando, tutto esiste in tutto, tutto é tutto. Questa minuscola bollicina, ad esempio, che é appena scoppiata, sulla sua sottile superficie recava, ben visibile, un riverbero della luce che giunge dalla finestra; persino questa minuscola bollicina era specchio dell'universo. E così era per le miriadi di bollicine nelle creste spumeggianti delle onde. Ogni cosa reca in sé il riflesso dell'universo; ogni cosa é solo in quanto parte del Tutto. Anch'io."

Eugen Drewermann,
Giordano Bruno, Rizzoli

*  *  *

La pannocchia

Noi ci siamo sempre considerati come una pannocchia.
Se alla pannocchia manca un chicco,
quell'assenza si nota, si vede uno spazio vuoto
perchè aveva un suo posto, un posto particolare.
Siamo allo stesso tempo individui e attori
collettivi.
Quando questa mia bella terra Quichè riceve una ferita
io l'avverto come una ferita al cuore stesso dell'umanità
perchè il Quichè non é altro che un chicco
della pannocchia umanità.

 

 

Rigoberta Menchù

Big Walter Horton
1917 - 1981
grande armonicista blues

 
 
 

Sul dialogo e sulla laicità di Cristo...

Post n°89 pubblicato il 14 Gennaio 2008 da pensieroinespresso

Nel Cristo, pienamente uomo fra gli uomini, e nella sua pratica d’incontro troviamo tracciata con forza l’immagine di un moderno concetto di laicità.

Il suo essere “non-religioso”, che si esprime con compiutezza nell’affermazione, “il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2, 27-28), e nella costante ricerca della relazione profonda e conviviale con gli “impuri” ed i reietti della società teocratica del suo tempo, delinea con chiarezza, anche per l’uomo d’oggi, lo spazio vitale per un cristianesimo non-religioso. Un Cristianesimo, cioè, spogliato dall’assetto dogmatico che, nel corso dei secoli, ne hanno ingessato l’anima originaria e restituito alla forza rivoluzionaria dei suoi valori portanti. Un Cristianesimo in cui appare allora chiara la presenza di uno spazio vitale in grado di svuotare di senso la dicotomia fra laici e credenti che, isolando gli elementi della relazione, li rende reciprocamente inintelligibili.

Se autonomia e libertà da ogni credo, che pretenda di porsi come ideologia assolutizzante, sono gli elementi fondanti della mentalità laica come della fede non-religiosa, allora sfuma, fino a diventare irrilevante, la distinzione fra laici e credenti. In tal modo, allargandosi gli spazi dell’incontro e della relazione ed i motivi della condivisione, si determinano le condizioni perché le ragioni del dialogo possano prendere il sopravvento.

Abbandonata ogni certezza dogmatica, il credente laico nel Cristo, modello di laicità, si apre naturalmente anche al confronto con altre esperienze religiose, alla ricerca di un tessuto valoriale comune che sia al di qua delle differenze ideologiche. Tali differenze potranno essere, pertanto, accantonate, una volta accantonata la propria presunta pretesa di verità. Se non ci si sente depositari di una verità assoluta, si può intraprendere il cammino verso la verità a cui avvicinarsi e ci si rende conto che questo percorso non può essere fatto da soli, ma necessita di compagnia e di confronto. Nel riconoscimento dell’altro come possibile compagno di viaggio e di ricerca si scompone e si ridetermina la nostra stessa identità.

E credo che l’affermazione, più volte sentita, della necessità di una reciprocità di atteggiamento e di riconoscimento fra le varie esperienze religiose, come condizione imprescindibile del dialogo interreligioso, non debba essere un inciampo o un freno al dialogo stesso. In ogni forma di dialogo c’è sempre qualcuno che dà avvio al discorso, rivolgendo per primo la parola e non sapendo se l’altro risponderà e come risponderà. Ciò non può impedire che unilateralmente ci sia chi proponga la parola dialogante. Il dialogo si costruisce nel tempo e non implica che in partenza gli elementi dialoganti abbiano la stessa storia, gli stessi riferimenti ideali e le stesse speranze. Esso é un seme che si getta nella storia i cui germogli saranno raccolti da altri dopo di noi. 

  

Memphis Slim
1915 - 1988
grande pianista
cantante e compositore
blues

 
 
 

La fede che libera...

Post n°88 pubblicato il 05 Gennaio 2008 da pensieroinespresso

Il messaggio di Cristo é fondamentalmente un messaggio di liberazione da ogni "religione", in nome dell'amore incondizionato che trascende qualsiasi norma rigida ed ogni legge che s'imponga dall'alto alla coscienza dell'uomo.

Liberazione da ogni forma di oppressione e scommessa sul potenziale rivoluzionario degli esclusi e degli emarginati e dell'amore che aggrega, moltiplicando le risorse di tutti.

Cristo non é venuto a fondare una nuova religione, ma ad indicare una prassi di condivisione liberante in cui gli uomini, oggetto dell'amore assoluto di Dio, possano nell'amore ritrovarsi, spezzando il pane della convivialità e del riscatto.

Propongo per la riflessione un breve testo di F. Nietzsche, che mi pare riesca a cogliere molto bene questo aspetto liberante della nostra fede (quando Nietzsche parla di morale, allude non alla morale in quanto tale, ma a quella rigida, propria della Legge veterotestamentaria, che Cristo é venuto a superare):

"Gesù disse ai suoi ebrei: "La legge era per i servi - amate Dio come io lo amo, come figlio suo! Che cosa importa la morale a noi figli d'Iddio!."

Friedrich Nietzsche
Al di là del bene e del male, fr. 164, p. 81
Adelphi Edizioni, Milano, 1992

 

Buddy Guy (1936)
chitarrista e cantante
una delle figure più importanti
del blues moderno

 

 

 
 
 

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1915 - 1983

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