Creato da med.usa2 il 07/03/2008

Parole A Caso

Pensieri e parole di questa società

 

 

La caccia alle streghe nel 2008 

L'informazione è un diritto sacrosanto del cittadino, diritto che nessuno può abolire parzialmente o totalmente. Questo diritto non è solo sancito nell'articolo 21 della Costituzione Italiana, ma anche dall'articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Mica pizza e fichi.
Come dicevo nessuno può violare questo diritto. Nessuno a parte lui.
Con la legge sui vincoli delle intercettazioni si toglie una parte di cronaca che costituisce la linfa vitale di un paese libero, la cronaca giudiziaria. Non si verrà a sapere di reati, di chi li ha commessi, non si saprà nulla di molte cose. Per fare un piccolo esempio non sarebbe mai venuta fuori la vicenda della clinica degli orrori milanese, non si potrà intercettare per omicidio, per spaccio di droga, per reati finanziari, per reati contro la persona, a parte in casi di stampo mafioso.
Il giornalista, (che ora non sarà più tale, ma sarà un martire) che scrive cose che la legge glielo impedisce, verrà punito con l'arresto da 1 a 3 anni, e in aggiunta una multa di 1032 euro. Praticamente, se violenti o ammazzi una persona fai meno carcere di uno che scrive soltanto la verità che è sconveniente ai furbetti del quartierino. Mi sembra logico. E non basta, perché i giornalisti rischiano grosso anche sul fronte disciplinare:
appena uno viene indagato per aver informato troppo i suoi lettori, la
Procura deve avvertire l’Ordine dei giornalisti affinchè lo sospenda
per 3 mesi dalla professione. Su due piedi, durante l’indagine,
prim’ancora che venga eventualmente condannato. A ogni articolo che scrivi, smetti di lavorare per tre mesi. Se scrivi quattro articoli, non lavori per un anno, e così via. Così ti passa la voglia d’informare. Anche perché, oltre a pagare la multa, finire dentro e smettere di lavorare, rischi pure di essere licenziato.
Concludendo, si importerà in Italia il fenomeno dei desaperesidos, in quanto la gente finirà in galera, ma è vietato conoscerne i motivi.... Le vorrei porre una domanda caro Berlusconi: se le sentenze sono espresse in nome del Popolo Italiano, quindi anche in nome mio, perchè non posso sapere quello che emano, e soprattutto dato che la sovranità (forse) appartiene al popolo, quindi anch'io ho questa sovranità, perchè non posso conoscere quello che succede nel mio paese, dato che ne sono il sovrano?

A. Gilardi

 
 
 

FEDERALISMO O CENTRALITA'?

Si parla molto di abolire l'ICI. In parte già abolito con il precedente
governo, ma nessuno lo sapeva (forse anche chi ha fatto la legge); Era
già abolito per le abitazione di modesto valore.
Ora si andrà ad
abolirlo completamente.

L'imposta comunale sugli immobili rappresenta l'icona del federalismo
fiscale, perchè viene raccolta e investita nel comune stesso. Abolendo
quest'imposta, per far si che non scompaiano i comuni, lo Stato
trasferirà del denaroagli stessi. Questo è un modo per ribadire la
centralità del potere. Inoltre l'ICI non è una tassa che ha come
imponibile il reddito, bensì il patrimonio. Quindi meno soggetta
all'evasione, perchè è una delle poche imposte che paga anche chi non
dichiara reddito, o ne dichiara solo una parte.

Come ho detto in precendenza, per far si che non muoiano i comuni, i
Comuni stessi aumenteranno gli addizionali IRPEF: come ha appena fatto
il Comune di Palermo, che ha raddoppiato gli addizionali per portarsi
già avanti con il lavoro.

Il senso che dovrebbe avere il federalismo è quello di dare maggiore
autonomia finanziaria e decisionale alle regioni e gli enti locali,
oltre che investire nel territorio stesso il denaro
raccolto (come succede in tutto il mondo normale), è altresì importante
essere indipendenti dal centro, in modo tale che ogni regione sia
amministrata ad hoc.

Ma come fa un Comune ad essere indipendente se gli viene tolta la
maggior fonte di ossigeno, e per sopperire a tale mancanza vengono
trasferiti soldi da Roma? A mio modesto vedere, è un modo per ribadire
la centralità, perchè i trasferimenti dallo Stato centrali agli organi
periferici sono sempre stati un modo per controllare questi ultimi: in
quanto non è detto che il trasferimento sia pari all'importo che si
sarebbe raccolto con l'ICI, anzi la storia delle amministrazioni
pubbliche dice proprio il contrario.

Il federalismo sarebbe utile a molte regioni per responsabilizzarle sui
loro costi e introiti, ma in questo modo rafforza il cordone
ombelicale, quindi a livello pratico non cambierà nulla, anzi si
continuerà a fare errori o a sforare dai bilanci, tanto i deficit
verranno sempre tolti dallo Stato. Ma non si doveva responsabilizzare e
garantire un autonomia alle regioni?



Alberto Gilardi

 
 
 

La storia del pesce nel fiume...

Post n°20 pubblicato il 19 Maggio 2008 da med.usa2
 

Esco un attimo dai normali post per inserire questa favoletta, che può sembrare molto infantile, ma a mio parere non lo è, e, si adatta perfettamente a molte situazioni reali. Non metterò una morale, per il semplice fatto che non esiste una morale unica. Il bello delle favole è che ognuno può personalizzare l'insegnamento che si trae dalla lettura in base alla sua visione del mondo, alla sua conoscenza, esperienza, etc.
Buona lettura.

"...C'era una volta un pesce molto bello che viveva nel fiume. Pare che il leone vide il pesce e gli venne voglia di mangiarselo. Il leone andò al fiume, ma si accorse che non riusciva a nuotare così veloce per raggiungere il pesce. Allora chiese consiglio all'oppossum, e questo gli rispose:<< E' molto semplice: il pesce può vivere solo nell'acqua. L'unica cosa che devi fare è berti tutta l'acqua del fiume così il pesce non potrà più muoversi e tu potrai assalirlo e mangiartelo>>. Il leone si mostrò molto soddisfatto del consiglio dell'opossum e lo ricompensò promettendogli un posto da consigliere nel suo regno.
Il leone andò nella riva del fiume e incominciò a bere.
Morì esplodendo per la troppa acqua.
L'opossum rimase disoccupato...."

Tratta da: Racconti per una solitudine insonne, autore: Subcomandante Marcos.


 
 
 

I Fantastici quattro e l'editto bulgaro bis

Post n°19 pubblicato il 17 Maggio 2008 da med.usa2
 

La chiamano la "Banda dei quattro", e sta scatenando un vero caso politico, questi "Fantastici quattro" sono rei di dire la verità, o di svolgere in modo professionale il proprio lavoro: cose inaccettabili in un paese democratico. I quattro ricercati sono: un comico genovese, un giornalista di stirpe montanelliana, un'altro giornalista che non ha ancora capito la lezione, e il politico che non ha rispettato il codice deontologico del settore: in quanto non ha presentato neanche un condannato in Parlamento, un vero affronto ai 51 parlamentari di Forza Italia con una fedina penale di tutto rispetto.
Questi sono dei veri mascalzoni, sempre a mettere i bastoni fra le ruote dicendo cose che non si possono dire.
A parte gli scherzi e gli ironismi, che siamo veramente davanti a un altro editto bulgaro?
Dopo solo una settimana di governo sono già stati identificati i ribelli, quelli che fanno della televisione un "uso criminoso" (tanto per citare le parole del Cavaliere a Sofia). Questo polverone è conseguenza dell'intervento di Marco Travaglio da Fabio Fazio, inoltre ad essere precisi questi chiarimenti su Schifani erano stati scritti e detti molte volte in passato; oltretutto ritenute veritiere anche a livello giudiziario, a seguito di una querela. Santoro è "accusato" di aver trasmesso immagini del V-Day 2, cosa che la stampa nazionale se ne è guardata bene dal parlarne, inoltre è alquanto sgradito il gesto di dare la possibilità a Travaglio di parlare su una rete pubblica. Di Pietro invece è "indagato" per aver difeso a spada tratta Travaglio, e, di aver difeso la libertà di espressione e di stampa. Bè, Beppe Grillo è sempre inserito d'ufficio quando si parla di attacchi alla casta, viene tirato in mezzo anche se lui è anni che non fa televisione, però qualcuno vuole che sia sempre visto come eversivo e antitaliano.
Questo dimostra quanto i cittadini devono essere controllati, non devono sapere, non devono parlare male dei potenti, e chi lo fà delle essere condannato alla pubblica gogna, un umiliazione esemplare davanti a tutto il paese, in modo tale che sia un avvertimento anche per gli altri addetti ai lavori.
Questo governo dimostra quanto vuole ancora fermare chi racconta i fatti sgraditi a palazzo Chigi, quindi vorrebbe mettere al bando gli artefici di questi "complotti".
Il giornalista nel suo mestiere può compiere errori, è un essere umano anche lui; ma se dice la verità a scusarsi deve essere il politico e le scuse non devono essere rivolte al giornalista che è stato insultato e accusato di calunnia, ma ai cittadini che sono stati presi in giro da quella persona.
Concludendo vorrei ricordare ai dipendenti di palazzo Chigi l'art. 21 della Costituzione:
"TUTTI HANNO DIRITTO A MANIFESTARE LIBERAMENTE IL PROPRIO PENSIERO CON LA PAROLA, LO SCRITTO, E OGNI ALTRO MEZZO DI DIFFUSIONE. LA STAMPA NON PUO' ESSERE OGGETTO DI AUTORIZZAZIONI O CENSURE."


Alberto Gilardi

 
 
 

Professione Giornalista

Post n°18 pubblicato il 12 Maggio 2008 da med.usa2
 

Un giornalista è colui che racconta i fatti. Li racconta in modo imparziale, cioè senza celare dettagli per favorire o sfavorire nessuno. Almeno questa sarebbe la "regola" di chi è addetto ai lavori. In Italia il giornalismo è uno strumento della politica o più in generale dei potenti, e persone indipendenti che hanno come unica passione la verità sono scomode a tutti. Marco Travaglio, che a mio parere è uno tra i più competenti e affidabili cronisti in circolazione, non è certo una persona amata, ancora meno dopo l'ultimo intervento nella trasmissione di Fabio Fazio. Nel suo intervento mette in evidenza le conoscenze mafiose della seconda pià alta carica dello Stato. Una cosa normalissima, anzi necessaria per la credibilità della politica. Un intervento che all'estero causerebbe lo shock opposto, cioè non ci si scaglierebbe sul giornalista che ha fatto il suo mestiere, ma sul soggetto dell'articolo. Travaglio ha solamente spiegato dei fatti, e con questi fatti non ha beneficiato nessun partito politico, ha beneficiato soltanto i cittadini che si meritano un informazione più che completa sui nostri dipendenti governativi, in quanto li deleghiamo ad amministrare i nostri soldi, e io come cittadino ci terrei molto a sapere bene chi sono queste persone che ci dovrebbero rappresentare.

Alberto Gilardi

 
 
 

Terza Repubblica? 

Post n°16 pubblicato il 16 Aprile 2008 da med.usa2
 

Come tutti sanno, nella prossima legislatura non ci saranno nè falci nè fiamme. Che veramente la destra e la sinistra siano morte? Oppure è solo una cosa momentanea in seguito a un brutto governo o una campagna elettorale inefficace?
Bisognerà aspettare le prossime elezioni per avere una conferma o smentita di tutte le chiacchere che si dicono oggi.
Un comico anni fa aveva già fatto i funerali a queste espressioni, e l'Italia senza dubbio ha mandato un messaggio forte: pochi partiti, due coalizioni, molto centro, senza sinistre e destre convinte, molto localismo.
La nazione ha mandato un messaggio forte alla classe politica: nel 2008 non c'è più posto per ideologie obsolete per questa società. Abbiamo bisogno di partiti più dinamici, con un target non più perfettamente definito come una volta. Quest'ultima considerazione è nata dal fatto che la società non è più come una volta. Ormai siamo nel post-fordismo, dove il terziario prende sempre più piede rispetto all'industria. Quindi anche parlare di proletariato, masse operaie non è più adeguato, non è più attuale, non è più reale. La società proietta i suoi valori nel parlamento, quindi escludendo partiti molto schierati lancia un segnale, che i politici non hanno colto prima.
Per l'uscita di scena della Sinistra Arcobaleno molti han dato la colpa a Veltroni e al suo partito semicentrista, ma che sia tutta sua la colpa oppure parte o gran parte è stata di Bertinotti & Co.? Io attribuisco gran parte della colpa al terzo (ex)politico più ricco d'Italia (Bertinotti) in quanto non ha saputo dare modernità alla sinistra, ha voluto mantenere e puntare sulle stesse politiche di 20 o 30 anni fa. Io non voglio discutere il fatto che siano giuste o meno giuste, ma sicuramente non sono più adatte alla società odierna, dove il dinamismo la fà da padrone, il terziario occupa sempre più lavoratori, e i valori sono sempre più distanti da una generazione all'altra.
Durante questa legislatura questi partiti esclusi tenteranno di riaffermarsi cercando di dare risposte più convincenti agli elettori oppure abbandoneranno la scena dando spazio a ideologie e partiti più moderni e rappresentativi?

A. Gilardi

 
 
 

World Press... What's Happened?

Post n°15 pubblicato il 15 Aprile 2008 da med.usa2
 

Una piccola rassegna stampa di
oggi dei maggiori quotidiani mondiali su come hanno commentato il risultato
elettorale italiano.

La BBC riferisce con sorpresa il risultato elettorale della Lega. Inoltre
l'emittente inglese si chiede come le promesse di una riduzione delle
tasse potranno essere mantenute, con un euro così forte e con l'economia
italiana che si trascina a un tasso di di crescita prossimo allo zero.
Oltre manica, il conservatore Le Figaro non è molto tenero con i vincitori e
dice che la vittoria è maturata in un clima di malumore diffuso.

Il quotidiano spagnolo El Pais si domanda a caratteri cubitali "Com'è
possibile?" ed ecco la risposta dell'editorialista: " L'influenza del
denaro e dei mezzi di comunicazione di massa sono la base del populismo di
Berlusconi". Infine definisce il futuro premier come "la corruzione
personificata che raggiunge il cuore dello Stato".

Tornando in territorio anglosassone, The Times scrive a riguardo di una
campagna elettorale opaca ravvivata soltanto nel finale da commenti e proposte
stravaganti da parte di Berlusconi, e secondo il giornale inglese molti
italiani dubitano che il nuovo governo riuscirà a risollevare l'economia. Attraversando l'oceano si legge sul New York Times che scetticismo e apatia
hanno caratterizzato il voto italiano e che nessun candidato sembra in grado di
cambiare davvero le cose. Il Washington Post esprime che l'Italia ha bisogno di
un cambiamento eppure, spiega, sembra averne paura.
Il leader mondiale in campo giornalistico è la CNN. Nel suo sito si
legge: "nuova vittoria per il magnante dell'abbronzatura permanente, e
grazie a chirurgia plastica e trapianto di capelli è considerato l'eterno
giovanotto della politica italiana". Bizzarro inoltre è l'editoriale del quotidiano australiano The Age, che racconta, incredulo, la proposta di Berlusconi di sottoporre i giudici a controlli di salute
mentale e l'idea di "un mese di vacanza dalle tasse". Ora, o tutti questi giornali sono di matrice stalinista, filocomunista e chi più ne ha più ne metta; oppure vedono qualcosa che il 47% dell'elettorato nostrano non si accorge o peggio ancora, fa finta di non vedere. E' cosa abbastanza risaputa che la stampa estera non veda con ammirazione il nostro tanto caro e amato Silvio. Secondo me l'Italia è un
paese generoso, composto di persone magnanime dove "porgi l'altra
guancia" è la prima regola, tanto che decidono di dare anche la terza
possibilità, senza limitarsi alla seconda, per chi sbaglia. Mondo e paesi
stranieri imparate dall'Italia dove le carceri sono vuote, per via
dell'indulto, e i delinquenti più pericolosi, per far si che si reintegrino al
massimo nella società li mettiamo in Parlamento, o addirittura a capo della nazione. Per tre
volte.

Noi siamo il paese dove alle idee democratiche piace dire: < Ave Silvio, morituri te salutant>.
Continuiamo così e tra poco dovremmo adottare questa bandiera.



A. Gilardi



 

 
 
 

Peppino Impastato, un ribelle in terra mafiosa

Post n°14 pubblicato il 11 Aprile 2008 da med.usa2
 

Nel 2008 decorre un anniversario importante, quello dei 30 anni della morte di Moro per opera delle brigate rosse. Nello stesso giorno, il 9 maggio 1978, del ritrovamento del corpo di Moro fu assassinato a Cinisi (PA) un certo Peppino Impastato. Nasce nel 1948 in una delle famiglie mafiose di Cinisi, ma subito prende molta distanza con quel mondo, anzi si schiera in prima linea sul fronte antimafioso. Molto impegnato nella vita sociale e politica della sua città nel 1976 fonda insieme ad altri amici RadioAut, una stazione radio indipendente e autofinanziata. Lo scopo della radio è quello di denunciare tutti gli affari e i complotti mafiosi della zona, con tanto di nomi e soprannomi. In particolare del boss Gaetano Badalamenti: più volte condannato per traffico internazionale di droga.
Questo a mio parere è una scelta forte, piena di ideali; andare contro la sua stessa famiglia, contro il suo stesso padre. Riluttare una vita, fatta di mafia e illegalità, con promesse di facili e abbondanti guadagni a favore di una vita di guerra a difesa della gente e della giustizia. Una scelta a favore della gente, della legalità, del rispetto della vita, a favore del bene contro il male.
Questa sua ribellione gli risultò fatale, venne assinato il 9/5/1978, appena trentenne, nella sua Cinisi. Era il momento della campagna elettorale, si era candidato per le elezioni comunali della sua città, dicendo che "da vicino li avrebbe controllati" ma non gli fu dato tempo. Venne assinato da Vito Palazzolo, condannato a 30 anni nel 2001 dalla Corte d'Assise, mentre il mandante Gaetano Badalamenti venne condannato all'ergastolo nel 2002, ma morto negli USA nel 2004.
Nelle elezioni successive alla sua morte, i cittadini di Cinisi scrissero ugualmente il nome di Peppino nella scheda elettorale, raggiungendo voti più che sufficienti per diventare consigliere comunale.
A Peppino fu intitolato il Centro Siciliano di Documentazione nel 1980.
Inoltre venne realizzato il film "I Cento Passi", film di Marco Tullio Giordana, che lo stesso non definisce come un film sulla mafia, ma un film sull'energia, sulla voglia di costruire, sull’immaginazione e la felicità di un
gruppo di ragazzi che hanno osato guardare il cielo e sfidare il mondo,
nell’illusione di cambiarlo.
Quest'anno, a 30 anni dalla sua morte, la lotta che ha compiuto non è ancora finita, speriamo che ci siano ancora persone come Peppino, intrepidi guerrieri a favore del giusto e della gente. Concludo con una strofa di una canzone dei Modena City Rambers, denominata come il film "I Cento Passi":
« Nato nella terra dei vespri e degli aranci, tra Cinisi e Palermo parlava alla sua radio,

negli occhi si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di giustizia che lo portò a lottare,

aveva un cognome ingombrante e rispettato, di certo in quell'ambiente da lui poco onorato, si sa dove si nasce ma non come si muore e non se un ideale ti porterà dolore. »
A. Gilardi







 
 
 

Eredità del welfare democristiano

Post n°13 pubblicato il 07 Aprile 2008 da med.usa2
 
Foto di med.usa2

Le politiche di welfare si occupano dei problemi di natura
sociale, e si pongono obiettivi miranti ad accrescere il benessere dei
cittadini.
Il welfare è la colonna portante di uno Stato, infatti copre
il 30% del PIL, quindi ha una importanza e responsabilità enorme in quanto
contraddistingue e muta la struttura di un paese.
Il cittadino può trarre tale benessere da quattro principali
strutture: la famiglia, il mercato, le associazioni di stampo volontaristico e
lo Stato, attraverso le politiche sociali. Per capirci meglio pongo degli
esempi: nel mondo angloamericano, lo Stato garantisce il benessere delegando al
mercato la gestione e l’erogazione del servizio, dopodiché sarà il cittadino
che per soddisfare i suoi bisogni principali dovrà rivolgersi al mercato stesso
(es. il cittadino per godere dell’ assistenza sanitaria dovrà costituire
un’assicurazione sanitaria). Nei paesi nordici, invece,  è lo Stato che si preoccupa di fornire servizi
di stampo universalistico, ossia li garantisce come un diritto di cui possono
beneficiare tutti i cittadini, considerando l’individuo come colonna portante
dello Stato. In Italia, lo Stato fornisce alcuni servizi, di stampo universalistico,
come la sanità;  ma  per i restanti servizi, lo Stato ha
repentinamente delegato alla famiglia questo onere . Un esempio calzante sono
le graduatorie per l’accesso agli asili comunali, in cui la scelta ricadrà su
quei bambini la cui famiglia non può provvedere, per motivi di lavoro o
mancanza di parenti nelle vicinanze, all’assistenza nelle ore lavorative. Quindi
si trae la conclusione che prima dello Stato, materializzato in questo caso
dall’asilo comunale, è la famiglia che tende a soddisfare questo genere di
bisogni, e solo in mancanza di questa intervengono le politiche sociali.
Questo modello di welfare state è stato affermato dalla politica
cattolica della DC, che ha caratterizzato e dominato la condotta italiana per
quarant’anni, ma anche dalla forte influenza della Chiesa. La tipologia di
famiglia che gode della maggior tutela è quella del capofamiglia lavoratore, in
quanto l’accesso a molti servizi è basato sui contributi versati.
Proteggere la famiglia e non il singolo individuo, quali conseguenze
produce?
Prima di tutto, questa situazione genera una mancanza di
tutela per i soggetti che non fanno parte di nessuna famiglia, oppure
disoccupati o lavoratori in nero e, perciò scaturisce una serie di ulteriori
problemi: ad esempio in Italia, i giovani escono dal nucleo famigliare ad un
età molto più avanzata  rispetto alla
media europea, questo non è solo colpa della nostra indole “mammona”, ma
soprattutto è dovuto alla mancanza di politiche che incentivino e tutelino questo
passo. Quindi, le persone sono costrette a posticipare le scelte di vita, a generare
sempre meno figli e sempre più tardi, e il paese invecchia repentinamente (siamo
al secondo posto nel mondo, dopo il Giappone). Al contrario di quanto accade nell’Europa
settentrionale in cui i ragazzi o ragazze escono dall’ambito famigliare a 19
anni, in quanto sono agevolati dall’erogazione di sussidi per l’affitto, e la
natalità è maggiore rispetto alla nostra perché vi sono numerose leggi che la tutelano
e forniscono aiuti finanziari. Questo modello di welfare state in Italia, per
la sua cultura e mentalità, ha risvolti utopistici.
Ulteriore tematica che peggiorerà la situazione italiana
sarà l’imminente pensionamento della  baby boom generation, che godrà di politiche
pensionistiche ultragenerose prodotte prima della riforma dei primi anni 90, divenendo
così uno dei problemi maggiormente più critici del futuro dell’Italia, perché
il numero di persone che percepiranno la pensione sarà uguale, se non maggiore,
delle persone lavoratrici.

 
 
 

Brunello o Tavernello?

Post n°12 pubblicato il 04 Aprile 2008 da med.usa2
 
Foto di med.usa2

Su tutti i giornali e telegiornali è arrivata la notizia del vino falso. Ed è il vino più famoso italiano ad essere sotto accusa, il Brunello di Montalcino.
La procura di Siena ha coinvolto nella sua inchiesta 13 case vinicole, anche del calibro come Antinori, Frescobaldi e Banfi. L'ipotesi di reato è la frode alimentare. Le indagini accerteranno se siano state usate uve di Sangiovese, le annate sotto accusa sono dal 2003 al 2007. Il quotidiano Corriere della sera riferisce «il lavoro degli investigatori sta disegnando una frode in commercio
colossale, per cui il 30-40 per cento del carissimo vino prodotto nel
2003 (ma sotto la lente ci sono anche le annate dal 2004 al 2007)
rischia di non poter fregiarsi né del marchio di Denominazione
d'origine controllata e garantita né del nome Brunello». Secondo il quotidiano «i motivi del taroccamento sono due: le quantità del
Sangiovese disponibile, in primis, sono insufficienti a coprire la
domanda crescente di mercato. Inoltre il miscelamento sarebbe legato a
una mera questione di palato: il consumatore, soprattutto quello
americano, preferisce al gusto forte del Brunello Doc una variante
morbida, più dolce e "transalpina"».
Che brutto vedere uno dei prodotti di cui siamo più orgogliosi modificato apposta per palati transoceanici, col rischio di andare a perdere uno dei sapori più buoni e unici che, almeno per me, la vite italiana abbia regalato al suo popolo.
Dovremmo cercare un nuovo Re, in quanto questo ha deciso di abdicare per trasferirsi oltreoceano.

 
 
 
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