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MARIO DRAGHI IL DEMIURGO ITALIANO
È Mario Draghi, ex governatore della Banca d'Italia e attuale numero uno della Banca Centrale Europea (Bce), l'uomo dell'anno 2012 secondo il prestigioso quotidiano finanziario britannico Financial Times. Il giornale lo incorona indicandolo come «l'italiano determinato che ha salvato l'euro». Draghi, spiega Ft, ha avuto un ruolo «centrale nel gestire la crisi dell'euro».
Il numero uno dell'Eurotower ha spinto i governi e le banche centrali a preservare la moneta unica. In particolare il Financial Times cita le parole pronunciate da Draghi il 26 luglio scorso quando disse: «All'interno del proprio mandato, la Bce è pronta a fare qualunque cosa per preservare l'euro, e credetemi, questo basterà».
Il presidente della Bce in un'intervista al quotidiano della City ha dichiarato: «Mollare ora sull'austerity, come qualcuno suggerisce, sarebbe come sprecare i grandi sacrifici fatti dai cittadini europei». La «situazione è seria», ha aggiunto Draghi, ma «ci sono segnali incoraggianti», anche sul fronte degli spread, delle condizioni di liquidità.
Il numero uno dell'Eurotower, inoltre, ribadisce di «vedere l'inizio di una lenta ripresa nella seconda parte del prossimo anno».
Handelsblatt: quel che Draghi crea Berlusconi distrugge. Con questa immagine il quotidiano economico tedesco Handelsblatt, proprio oggi, aveva riassunto il dilemma tutto italiano di questi giorni e aveva titolato: «Il lavoro di Draghi e il contributo di Berlusconi», «il primo lotta intrepido per la conservazione dell'euro, l'altro fa il possibile per distruggerlo».
«Se Mario Draghi ha fatto mutare l'atmosfera nella crisi dell'euro, ha procurato tempi supplementari ai paesi in crisi e ha fermato la fuga di capitale dai paesi del Sud, un altro italiano potrebbe annientare tutti i suoi sforzi».
Questa settimana infatti Silvio Berlusconi, 76 anni, ha annunciato la sua candidatura alla guida dell'esecutivo: «Il politico, accusato di corruzione, si preoccupa soltanto di assicurarsi l'immunità davanti alla giustizia - scrive Handelsblatt - lasciando da parte i problemi più impellenti, come la riforma del mercato del lavoro. Ma se dovesse riuscirci, sarebbe un duro colpo per la fiducia dei mercati e per l'accettazione in Germania della politica di salvataggio» dei paesi più deboli, conclude il quotidiano economico.
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« Commissario europeo Olli... | Grillo dal vaffa day a p... » |
La crisi non è più acuta ma cronica; la competività è debole, la crescita è lenta, la disoccupazione alta, i problemi dell'eurozona non trovano una soluzione. Problemi che non sono confinati a Spagna, Grecia e Portogallo: Germania e Francia calano nell'ultimo trimestre del 2012, la Francia è impantanata nelle riforme ma quella che sta messa peggio è l'Italia. È così che il settimanale Economist torna sull'Italia a dieci giorni dalle elezioni politiche .
La buona notizia, è che c'è una via d'uscita: liberare l'economia italiana da una iper regolamentazione, varando misure sul mercato del lavoro che valgono mezzo punto percentuale di crescita. Questo però può avvenire se si mette mano a interessi protetti ovvero ai settori dell'energia, dei trasporti, ai professionisti, al sistema giudiziario e ai servizi pubblici. E alleggerire le strutture provinciali, regionali, comunali che costituiscono un duplicato. Soprattutto riformare una giustizia lenta, pesante È così che il settimanale Economist torna sull'Italia a dieci giorni dalle elezioni politiche: l'analisi inzia con l'osservazione che per quanto vada male, l'Italia ha le sue specificità: uno sproporzionato debito pubblico - quasi il 130% del Pil - ma banche più in forma rispetto a Grecia e Portogallo e non ha avuto un bolla del mercato immobiliare, poi scoppiata. L'Economist elenca le criticità, prima fra tutte l'alto costo del lavoro, e fa notare che se la terza economia dell'Eurozona non riuscirà a riavviare la crescita.
La scelta adesso è fra il male, il bene e l'ampiamente accettabile. E qui arriva l'endorsment: a Mario Monti: è il meglio (tristemente piazzato al quarto posto nei sondaggi, nota il settimanale), mentre Silvio Berlusconi è il peggio. Il largamente accettabile è la vittoria del Partito democratico e di Pierluigi Bersani, che certo potrebbe aver bisogno per governare egli ex comunisti ma ha un curriculum da riformatore come ministro nei passati governi. E soprattutto - auspica l'Economist - potrebbe aver bisogno di Mario.
INFO
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