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LETTERA rassicurante dell'amministratore delegato di ENI agli abitanti della BASILICATA

Post n°482 pubblicato il 29 Aprile 2016 da leo.fortuna
 

Di seguito si riporta integralmente il testo della lettera che Claudio Descalzi, amministratore delegato di ENI, ha scritto ai più diffusi quotidiani della Basilicata, per rendere edotti i Lucani della realtà dei fatti e per rassicurarli circa l'mpegno della società per il futuro della nostra Regione:

“Caro Direttore (e quindi Cari Lucani), dopo tanti anni di presenza di Eni sul territorio, con le nostre persone e le nostre attività, mi sento di dire che in Basilicata ci consideriamo di casa.
Per questo, con la franchezza necessaria tra vicini di casa, tramite il suo giornale vorrei dire all’opinione pubblica
lucana alcune cose che mi stanno particolarmente a cuore, alla luce degli eventi di queste settimane.
Vorrei soprattutto ribadire con forza che non siamo avvelenatori: ambiente e salute sono le nostre priorità e per nessuna
ragione metteremmo a repentaglio chi abita i luoghi che ci ospitano e chi lavora nei nostri impianti.
In Basilicata, come altrove nel mondo dove operiamo, non abbiamo mai puntato al solo profitto, bensì a valore, sviluppo e
tutela dei territori.
Abbiamo costruito da più di vent’anni un rapporto con questa regione, siamo qui per restare a lungo e creare benessere e
opportunità di crescita.
Certo, in questo momento le nostre attività sono ferme e so bene quali preoccupazioni sta creando in tante famiglie lo
stop del Centro Olio Val d’Agri (Cova).
Non voglio usare giri di parole per spiegare questo stato di cose, la verità è che non abbiamo alternative.
Stiamo offrendo la massima collaborazione all’Autorità giudiziaria, siamo i primi a esigere che faccia chiarezza fino in
fondo, incluso sui comportamenti dei nostri dipendenti locali coinvolti.
Proprio per questo, non possiamo permettere che ci siano fraintendimenti.
Dal punto di vista tecnico e operativo non è possibile proseguire - nemmeno parzialmente - l’attività produttiva del Cova.
Non esiste, infatti, una soluzione alternativa di tipo industriale che consenta di evitare la fermata degli impianti.
Il Centro Olio dovrebbe essere parzialmente riprogettato dal punto di vista impiantistico e ingegneristico ed essere
sottoposto a un nuovo iter autorizzativo, diverso da quello seguito negli ultimi 20 anni, per operare non più come un impianto esclusivamente energetico, ma anche come un impianto di trattamento rifiuti. Ipotesi del tutto irrealistica, sia
dal punto di vista industriale che normativo.
Le attività del Cova e le nostre pratiche di trattamento delle acque di produzione e di re-iniezione nel pozzo Costa
Molina 2, infatti, sono state oggetto di un numero enorme di autorizzazioni da parte degli organi competenti.
Nel corso degli anni abbiamo ricevuto tutti i via libera necessari a livello nazionale, regionale e locale: un iter lungo
e complesso, che in Italia rende il tempo dalla progettazione all’operatività quasi doppio rispetto al resto del mondo.
La lista delle autorizzazioni riempie varie pagine e va indietro fino agli anni Novanta.
Per chi fosse interessato a scorrerla, l’abbiamo pubblicata sul sito web enibasilicata.it insieme a tutte le informazioni
tecniche e scientifiche sulle nostre attività, la tutela dell’ambiente, i controlli sulla salute.
E’ sulla base di questo lungo processo autorizzativo che insieme al nostro partner Shell abbiamo investito miliardi nelle
attività in Val d’Agri, che ora vengono messe in discussione.
Non avremmo preso gli impegni che abbiamo sottoscritto negli ultimi due decenni se non avessimo ricevuto tutti i permessi
del caso.
Se si pensa che in Basilicata si faccia qualcosa di diverso da ciò che avviene in altri Paesi, mi permetto di sottolineare
un dato: nei campi onshore di tutto il mondo la percentuale di acqua di produzione re-iniettata è pari all’89%, con punte nei campi delle Americhe (95%) e in Europa (92%), continenti nei quali non si può certo pensare che la legislazione sia
“permissiva”.
Mi rendo conto che il tema è molto tecnico e da addetti ai lavori, ma ci tengo a dire questo: noi riportiamo semplicemente
le acque trattate a 4000 metri sotto terra, nell’ambiente sigillato e impermeabile dove sono state per decine di milioni
di anni.
E’ il metodo scelto come standard internazionale ed è il modo migliore di evitare impatti ambientali.
Tutti gli studi effettuati in Val d’Agri, soprattutto quelli che abbiamo commissionato a esperti indipendenti italiani e
internazionali, hanno stabilito che la re-iniezione non solo è conforme alla legge italiana e alle autorizzazioni vigenti,
ma anche alle migliori prassi internazionali.
E che la qualità dell’ambiente circostante il Centro è ottima, secondo gli standard normativi vigenti.

Questa l'altra campana, che si oppone a quelle degli Ambientalisti, prima, e della Magistratura poi.
A noi non resta, ancora una volta, che aspettare.
All'AD di ENI mi viene spontaneo chiedere: " Ma quanti altri 20 anni i Lucani devono attendere per intravedere le
auspicate " opportunità di crescita e relativo benessere"?

 
 
 
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