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PRIMARIE PDL: L'IMMAGINARIO POLLAIO

Post n°252 pubblicato il 21 Novembre 2012 da chinasky2006
 




Foto di chinasky2006



Giorni di gran fermento democratico, in seno al Pdl. O quello che rimane del partito idolatria dopo la dipartita dell’idolo, disperso tra lifting e viaggi intercontinentali a Malindi. Perché laddove il duce colonizzò faccette nere con rapide guerre di conquista fazista, il nostro invece pare voler intraprendere monumentali opere di bonifica lussuosa, esportando uno stile di vita inebriante. Già pronti tre nuovi canali: “teleabissinia libera 1, 2 e 3”. E l’acquisto di una squadra di calcio, il “Malindi Fc”, cui far dominare il globo terracqueo pallonaro.  
Gli orfani si guardano attorno, cercando goffi appigli. Montezemolo scende in campo, ma senza candidarsi, per sostenere Monti, senza però che Monti si candidi. Chiaro, no?
In questo grottesco panorama in ridicolo divenire, ecco che ci si concentra sulle primarie Pdl. Fa ridere solo pensarle, ricordando quelle elettrizzanti elezioni per acclamazione del Monarca. Con tanto di trono, scettro, corona e discorsi all’adorante plebe. Un partito azienda senza regole democratiche e fondato da un Re-Padrone, da chi altri può essere retto? Da nessuno. O da qualche disperato sucida, inconsapevole di voler guidare qualcosa che non c’è. Svetta quindi il favorito del nulla: Alfano. “Il leader che tutti ci invidiano”, disse il monarca nella storica consegna dei galloni di capitano. Il niente più assordante. Contro di lui, esaltatissima, la Saltamiquì. Una delle fervorose amazzoni, da più parti indicata quale portavoce dei farneticanti pensieri ultimi del messia, come Ambra. Prontissima una campagna elettorale a base di insulti a Maometto, inni alla certezza della pena, ed extracomunitari violentatori da ricacciare in patria suon di maschie schioppettate. Malgrado le ultime notizie di cappellani che violentano extracomunitari carcerati, abbiano fatto venire meno il 97% del programma elettorale. Il tutto nella più strisciante demagogia che cavalca il terrore, da far giungere all’elettorato dai salotti della D’Urso, tra gracchianti urla di approvazione delle massaie novantenni nel pubblico. Sulla stessa lunghezza d’onda si muove la Mussolini, nipote del duce. E già pregusto un acceso dibattito tra le due menti, nel trionfo della più classica moderazione.
Soddisfacendo i miei istinti più masochistici, con tempismo sbalorditivo, Vittorio Sgarbi annuncia la sua candidatura. La sua presenza già accende la fantasia. L’elettorato non sta nella pelle prefigurandosi quei roboanti “capra!” che riempiranno di contenuti il dibattito. E qui i ricordi non possono non tornare all’epocale sfida tra la nipote d’arte e il critico d’arte (uh, che bel calambour). Tra lirismi e delicate odi, rutti, peti e poetici botta e risposta: “Stronza! Coglione! Fascista! Impotente!”. Obbligato anche il format della sfida televisiva: “la pupa e il secchione”, quasi sicuro anche lo sponsor “carta da culo pulisci ben”. Tra Sgarbi, Mussolini, Santanchè, nel ring non sfigura certo la Biancofiore. Fulgido esempio del berlusconismo più riconoscibile: presenza da velonza, favella  d’isterica e bizzosa maestrina che ha imparato la cantilenante nenia a memoria e contenuti invisibili, attorno alla piroettante difesa del sommo indifendibile. Candidata perfetta, la cui freschezza inebrierà gli elettori liberi.
Non c’è però solo una briosa essenza da trasmissione immondezzaio, in queste primarie fantoccio. Ci sono anche profondi contenuti politici: in extremis giunge la candidatura di Giorgia Meloni. Giovane cresciuta a pane e “giovinezza, eja-eja” nelle sezioni missine della Garbatella. Il carattere ce l’ha, indubbiamente. Anche la faccia bronzea di considerare il mausoleo al criminale di Guerra Graziani come “un monumento dei giovani, costruito sulla storia di giovani”. Graziani, ribadisco: inserito dall’Onu tra i criminali di guerra per gli orrori commessi in Etiopia, e che tentò di ricreare in Italia un esercito filo-nazista. Ottime credenziali, considerarlo un esempio per i giovani. La verace romana è stata anche Ministro della Gioventù, così brava che per strada si vedevano 81enni ringraziare il cielo di non avere più vent’anni. I suoi sostenitori iniziano col giusto piglio: “vogliamo orgia”.
Colpo di scena finale, ecco il coniglio dal cilindro tirato fuori all’ultimo istante: tal Samorì. Doppio petto gessato, faccia unta e vischiosa da Duca Conte Barambani Megalom. Imprenditore modenese delle libertà, sconosciuto ai più distratti ma creato ed infiocchettato alla bell’e meglio. Buono per ogni uso. Quello di neo rottamatore. Una specie di Renzi quasi sessantenne, utile per sedurre qualche cencioso di passaggio con mirabolanti promesse di “patrimoniale” ai ricchi. Splendida e onnicomprensiva, la scelta dello slogan: “La rivoluzione moderata”. Quando si supera l’ossimoro, sfociando accocchi da internamento. Inizia alla grandissima portandosi come claque tre pullman di ignari anziani pellegrini diretti a qualche santuario. Gran successone, il suo. Avevate dubbi?
Sottotraccia passano le candidature di due miti personaggi destinati alla sconfitta in partenza: Galan e Crosetto. Il primo fu sostituto di Bondi, come Ministro delle Cultura. E al posto di Bondi avrebbe fatto bella figura anche una pianta di ginepro secca. Il secondo passa per essere il migliore di tutti. Forse lo è. Per quale motivo? Sdegna le auto blu andando in giro in Smart e scrisse un divertentissimo tweet tempo fa. Ecco, se per trovare il migliore basta un tweet, capite bene il livello del resto.  Il quadro è completo.
Ben undici candidati. “Il Pdl ha più candidati che elettori”, dice Feltri che ormai dietro queste stilettate, inizia a guardarsi attorno, folgorato e voluttuosamente avvinto dal grillismo. Il dramma per questi candidati sarà la raccolta di firme. Anche facendo valere le “ics” semplificando la vita al medio elettore pidiellino, pare impresa disperata .
E’ una lotta contro il tempo anche l’organizzazione. Da Malindi, il vecchio monarca fa sapere d’esser pronto a bordo campo. Come vecchio centrattacco che scalda muscoli e vene varicose. L’estremo sacrifizio. Disponibile a ridiscendere le scale come Wanda Osiris con dorso della mano sulla fronte. Il suo ri-ri-ritorno in campo, ormai simile a tragicomica centoventiduesima replica delle “Corazzata Potemkin”, soddisferebbe però molte vergini orfane, smarrite e larmanti. Basti sentire un estatico Sandro Bondi che con occhio implorante invoca il salvico ritorno del monarca sovrannaturale. Colui che tutto puote, anche sovvertire l'umano. Ecco allora che quell’election-day con l’anticipazione delle elezioni nazionali si riveste di nuovi, clamorosi, significati: impedire una nuova leggere elettorale, garantendo il pareggio e l’ingovernabilità in primis. Poi, in quello splendido scenario senza padroni, farebbe venire meno le primarie fantasma per questioni di tempo, consentendo una ridiscesa in campo quasi sovrannaturale e mistica dell’unto. Che la sua faccia rimodellata con pelle di varano albino potrebbe anche mettercela, su un pareggio in corner. Continuando a decidere tutto dietro le quinte, col fantoccio Monti buono per l’Europa.


 
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