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In the death car

 

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IO STO CON MARCO. CHE STA PER TUTTI, IGNORATO DA TUTTI

Post n°258 pubblicato il 19 Dicembre 2012 da chinasky2006
 



Foto di chinasky2006


Stamattina, alle 6,23, ho concluso indubitabilmente che noi ci meritiamo Andreotti senatore a vita. E, mentre lasciano morire Marco Pannella, riusciremo a vedere quella nomina per un Dell’Utri.
Da 8 giorni l’82enne leader Radicale ha intrapreso uno sciopero totale della fame e della sete. Sete di giustizia e legalità, nel paese dell’illegalità e dell’“ex costituzione”. Da anni impegnato nella battaglia degli ultimi, contro il degrado delle carceri italiane, simbolo visivo di un’Italia da tempo retrocessa, se non radiata, nel dimenticato campo dei diritti umani. Dando ancora per buone credito alle parole di quel folle pensatore per cui “la civiltà di una paese si nota dallo stato delle carceri”, quelle italiane non sono altro che la fotografia di un paese inumano e insensibile ai diritti degli ultimi, ma parco di chirurgiche disposizioni per le abbienti caste intoccabili.
Eppure di fronte alla forza dell’ultra ottantenne gigante, rimani scosso. Vorresti urlargli di smettere, tanto non c’è verso, in questo stato malato d’ingiustizie ed illegalità, di portare un cono di luce, uno spiraglio. Poi però passa quel momento, tipico di chi è privo della sua lungimiranza, e pensi che davvero, ancora una volta, abbia ragione lui.
Una sensazione mista di ammirazione, rabbia e impotenza ti coglie, di fronte all’ostinazione di Marco Pannella, nel portare avanti la sua battaglia. E lui continua, senza ascoltare ragioni, miti consigli medici e bollettini che ne attestano il pericolo di vita. “Non posso fermarmi ora, senza aver raggiunto l’obiettivo”, o "mollare", come gli chiedono. E non puoi dirgli nulla. Continua, nel silenzio circostante, ad invocare quella lista di “Amnistia, Giustizia e Libertà”, facendo appello a personalità di spicco del nostro paese, qualche laica anima libera che emerga dalle macerie del nulla. Qualcosa che consenta a chi si batte per queste tematiche, di sopravvivere ancora, nell’orrido guazzabuglio parlamentare. Un po’ come nel 1976, quando l’appello di Pietro Nenni fu sottoscritto, tra gli altri, da Alberto Moravia, Giuseppe Saragat, Ignazio Silone, Ferruccio Parri, Elena Croce, Aldo Visalberghi.
Ma continua anche il silenzio, simbolicamente agghiacciante di ciò che è diventata la politica nel nostro paese, a braccetto con la cultura. Culla di personalismi, rendiconti ed illegalità legalizzata. Dell’amnistia e delle condizioni inumane cui versano carcerati ammassati come bestie da soma, di suicidi ed abbruttimenti morali perpetrati da uno stato che avrebbe invece l’obbligo (imposto dalla legge) di rieducare, non può interessare a nessuno. Chi ha il potere, risolve alla radice: fa leggi per evitarselo, quel carcere. I restanti rimangono appiattiti, forse per necessità, a combattere solo per l’ovvio.
Pannella seguita a metterci il proprio corpo, in modo estremo, come unica arma che rimane ai piccoli di voti, ma dall’animo di gigante. Senza violenza e ferocia, ma con la protesta non violenta, da sempre strumento politico Radicale, per far sentire la propria voce nel costante oblio dei media e del potere.
A nessuno sembra importare qualcosa, nemmeno di lui. Soprattutto di lui. Agli indegni personaggi dello scenario politico, presi nella loro fame di indecente potere, non frega un cazzo di questo teatrale e logorroico "rompicoglioni," che ha sete di legalità da una vita e non vuole smetterla di battersi per gli obsoleti diritti civili, con metodi ridicolmente non-violenti. “Cosa vuole, ancora?” sembrano ripetere. Raggelante vuoto, interrotto appena dalle visite istituzionali di Monti e del Ministro Severino, che paiono guardarlo e domandare: “Cos’è che chiedi? Bevi meh, che tutto s’aggiusta”. Per il resto, quasi derisione. Tg di stato e giornali sono zeppi di stronze idiozie enfatiche: dalla fidanzatina dello pseudo-tiranno da cabaret, alle lacrime di Misseri. Dal Pd che riesuma cariatidi impresentabili nelle sue liste, al boccheggiante Di Pietro che ancora rintronato da “Report” si rialza. Poi ovviamente Grillo, certo, che con maggiore veemenza e forza propulsiva ha portato al successo ciò che il leader Radicale dice da decenni sulla partitocrazia e il finanziamento pubblico, pur trincerandosi inesorabilmente in un  tombale “no comment-non me ne fott” i diritti civili. Solo in coda l’altro ieri, una svogliata notiziola, a mo’ di pietosa nota Ansa: “Il leader Radicale Pannella rischia la vita, a seguito del suo sciopero della fame e della sete”. Questi gran cazzi, chioserei. Nessun accenno alle motivazioni dello sciopero. Non si vuole far conoscere la battaglia che porta avanti, come succede da sempre. Tombali censure di chi invece mette la propria sofferenza per una nobile battaglia, ben precisa, che riguarda tutti. E’ forse proprio questo che spaventa i personalismi ormai consuetudine politica, e le partigiane foghe da ultras. 
Muto Bersani, leader di una sinistra che emargina i Radicali come portatori di peste eretica. Tace il neofidanzato Berlusconi, in luna di fard. Vicino a Montecarlo gli ex missini proclamatisi “neoliberali” inorridiscono, amen. Il resto è vacuo schiamazzo cattolico, inutilmente retorico, come sempre. Scontato. Siamo quel meraviglioso paese in cui un devoto come Casini può divorziare grazie all’eretico Pannella, per poi indossare il vestito buono e recarsi al “FamilyDay”. 
Che meraviglia, questo paese, che Pannella sta mostrando in tutta la sua nuda ignavia. Scoprendolo ormai privo delle personalità di un tempo. Non c’è più Montanelli che lo definì politico “che profuma di bucato pulito”, descrivendolo come “..un figlio discolo e protervo, un giamburrasca devastatore…scappato di casa per correre le sue avventure in prateria. In caso di pericolo o di carestia, lo vedremo tornare portandosi al seguito mandrie di cavalli e di bufali selvaggi, quali noi non ci sogneremo mai di catturare e domare…”, abbiamo invece il silenzio dei Travagli e tanti pennivendoli che si nascondono dietro un parolame demagogico dell’ovvio, lasciando perire i nobili diritti dei Caini e degli ultimi. Perché la legalità è un drappo che val bene quando si grida “la legge è uguale per tutti”, ma passa in secondo piano nel dimenticato “La funzione della pena è rieducare il condannato”. Eppure è sempre Costituzione. Non c’è più Montale, che lo definì “uomo che sorge dove il potere nega”, e nemmeno quello Sciascia per cui è “L’unico politico italiano che costantemente dimostra di avere il senso del diritto, della legge e della giustizia”, ma ci ritroviamo la trascurata negligenza di della cultura italiana. Ci prova lo straordinario Benigni che proprio ieri in diretta su Rai1 celebrava la nostra Costituzione. E quanto sarebbe stato giusto dopo la lodevole disamina sull’orrore carcerario, impreziosire il suo intervento con una citazione di chi si sta schiantando su di essa. Con l’unica arma che gli rimane.
All’ottavo giorno di sciopero, piovono sempre appelli di gente comune e qualche giornalista, mica dei politici. Né di destra, né di sinistra. Mal sopportato dai presunti amici, inviso dai nemici. Ignorato da tutti. Chiaro, finiscono così, nel dimenticatoio, gli unici politici italiani sopravvissuti ai quarant’anni di ruberie che hanno spazzato via due intere classi di politici. E che in quei quarantanni di “sfascismo” (cit.d’obbligo), contro le destre e i vaticanismi del cattocomunismo pavido e succube del regime ecclesiastico, sono riusciti a portare in Italia gli unici diritti di libertà vera, come divorzio e l’aborto.
L’ennesima irriducibile battaglia di Pannella è ancora in corso, ma un risultato l’ha già portato: mettere a nudo l’oscena indifferenza della politica e della cultura italiana.


 
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