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L'ULTIMA THULE DI GUCCINI, OLTRE IL MONDO CONOSCIUTO

Post n°250 pubblicato il 11 Novembre 2012 da chinasky2006
 




Foto di chinasky2006





Rimango lì, incollato con lo sguardo volto al niente assoluto, ascoltando l’anticipazione dell’ultimo giro che ci regala il Maestro Guccini. In silenzio, al solito. Da soli, come spesso capita. Mescolando parole è capace di creare istantanee d’esistenze lontane, ma clamorosamente nitide. Ha fatto centro anche stavolta. Qualche nota genuina e versi ricercati, di una poesia antica. Parole lievi e pesanti come macigno allo stesso tempo. E’ quello il segreto che fa nascere la magia dell’attimo. Racconta la sua storia, semplice come sempre. Con la capacità di renderla complessa, tipica dei grandi. Un poderoso getto d’acqua che schizza, in zampilli di malinconia che ognuno prova a fare propri. E noi ci abbeveriamo, di vino e malinconie. Poche cazzate, poeti si nasce. Puoi pensare solo questo, nel momento di riflessione ad alta gradazione alcolica. Anche se mai dirà che “a canzoni si fan rivoluzioni”, e neppure poesie. Non è l’algebra o una teoria pazza di schiappettanti filosofi greci. Con quell’arte che pulsa nelle vene ci nasci, ti fa ridere, piangere, riflettere e sgorgare passione nel giro di pochi minuti. “Ridere senza muovere il viso”, o “Piangere senza un grido, quando invece vorrei urlare”
Ascolto ancora quelle note, piene di un garbo emozionante. Intatto, cambiato e sempre uguale a se stesso, quasi dall’alto cavalcasse gli inevitabili mutamenti. E gli occhi vigliacchi non smettono d’inumidirsi, rendendomi simile a donnicciola alticcia. Mi commuovo incrociando gli occhi di un cane dimenticato e larmo ascoltando le canzoni di Guccini. Dovrei farmi analizzare da un freudiano che in una notte di luna piena copula avidamente con uno junghiano? Probabile. Intanto ingollo il quarto bicchiere, e rimetto "l'ultima volta". Che già so, sarà l’ultima per un migliaio di volte. Perso nelle mie quotidiane brutture d’ingrigito cemento, non avevo colto ufficiali dichiarazioni circa il suo ritiro dalle scene. Ma in quella“Ultima Volta”, che anticipa l’uscita dell’album “L’ultima Thule”, veleggia malinconica l’idea dell’addio. Il più delicato e consapevole approdo. Come poderosa locomotiva d’un tempo, trasformata in elegante veliero che si allontana disperdendosi nella brumosa alba di vallata. 
“L’ultima volta” è un flash all’indietro in cui scorgere immagini ingiallite, una storia che passa e scorre, prendendo forma tra diapositive impolverate. Gemma che va ad impreziosire le altre di una carriera mirabile, coerente, vera, tra ironie taglienti, furibonde frustate dell’animo e carezze delicate. Unica, per dirla tutta. 
Guccini non è più quel robusto e barbuto anarchico nato per essere contro, “perché a vent’anni è ancora tutto intero…a vent’anni si è stupidi davvero” come dirà ricordando un Eskimo. Non è il narratore d’amore con quel miscuglio di amabile ironia, invettiva, cinismo sfumato e malinconia, che ne fanno artista unico. Non sarà più nemmeno il cantore di follie, utopie e locomotive diventate manifesto dell’anarchia o disincantato e divertito fustigatore di costumi sociali e antisociali, di “fusti carrozzati, vuoti e pieni di sussiego se il vestito non fa un piego”. Non vorrà più scagliarsi contro qualche riciclato “musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete, a sparare cazzate” su di lui. Non se la sentirà più nemmeno di gridarci in faccia d’avere ancora la forza. 
Il guerriero sembra stanco, ma non domo. Grazie al rosso saggio che continua a svelare “i suoi perché”. E' approdato alla sua Isola non trovata, nell'ultimo viaggio scoprendola come mitologico posto oltre ogni cosa nota all'uomo. Quasi sberleffo all'affannarsi di chi cerca verità assolute. 
Il singolo "L'ultima volta" è solo aperitivo, ma l'impressione è che abbia voluto chiudere il cerchio, in modo mirabile e completo. Ogni stagione si riempie delle le sue inevitabili colorazioni. Vivide, intense, tenui, ammalianti, furenti, malinconiche. E non puoi farci niente, se non vestirle amabilmente. Col vigore e la grandezza morale di chi riesce a farlo. La ridicolaggine di truccarsi in quello che non si è, con parrucchini ed orpelli, lasciamole ai nani. I guitti di questi tempi d'atroce menzogna. Fili bianchi e rughe non spaventano chi non cambia dentro. Qui c’è verità. Brutale all’apparenza, dolce nell’essenza. Ogni storia ed il suo “niente” finisce, rimanendo immortale. Non puoi che riviverne il ricordo, come canzone che rimetti nell’ormai obsoleto jukebox tornando a “picchiettare un indù in latta di una scatola di té”, sorvolando un innocente pensiero d’amore abortito che sgorga in poesia. 
Ma si resta inebetiti, stavolta. Con la straziante sensazione d’impotenza, pensando che sia l’ultima. Inumidisce i tuoi stronzi ed indegni occhi di cinico sciocco, che per una volta non vuole vedere la realtà. Ci prova anche, il vino scadente, a suggerirmi le sue strampalate verità di una mezza notte autunnale. Ma è scadente, appunto. Poche ciance, mi dico, non fatevi fregare dall'istrione divertito. Guccini non può ritirarsi, non può smettere. I poeti non si ritirano. McEnroe non si è ritirato, ha solo smesso di giocare. Che col compiaciuto sadismo che è massima sublimazione della poesia, ci stia solo mettendo alla prova? Perché il lirismo della tristezza è per pochi, pazzi come noi. 
Col bicchiere ormai vuoto mi convinco che non sia un tramonto, ma il commovente albeggiare nelle vallate dove scorre l’amato Limentra, di cui s’avverte lo scroscio discreto all’interno della canzone. 
I versi, ed il placido scrosciare d’acqua di torrente, lasciano però la sensazione opposta: triste, struggente, coerente. Un delicato sipario che si chiude con la stessa verità con cui si era aperto. Diverso, ma vero allo stesso modo, cavalcando quelle stagioni di cui si cianciava sopra. Approda alfine All'Ultima Thule, oltre ogni umana conoscenza. Il vino, e le folli teorie sono finite. Puoi solo aspettare di ascoltare il resto della sua ultima opera, e sperare che l’ultima volta si protragga a lungo, contentandoti dei suoi versi in romanzi, e magari immaginare un tour. Che anche nella fiera lezione di coerenza che ci sta insegnando da Maestro, ci sia spazio per venature d’utopia antica. Altri happening, tra musica, vino rosso a pacare il gozzo e inebriare la mente, libertà, parole masticate e mescolate a quel “rosso saggio” che ritorna sempre, e mentre riecheggiano epiche musicalità. Assiepati e doverosamente “a sedere!” per godere dello spettacolo in quell’angolo libero, zona franca da tutto il resto da regole e brutture contaminate. 
Non avrà più la forza, si diceva. O ne ha ancora talmente tanta da dire “L’ultima volta”, con la stessa immutata grandezza coerente in cui disse “a culo tutto il resto”. La grandezza è lì.


 
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