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SE IL PAPA SI DIMETTE

Post n°29 pubblicato il 10 Marzo 2013 da john_may
Foto di john_may

Benedetto XVI annuncia le sue dimissioni da Pontefice della Chiesa Cattolica, e tutti a prodursi in svenevoli, melliflui elogi della sua presunta “umiltà”. Non io.

Una premessa è d’obbligo. Siamo di fronte ad evento eccezionale, essendosi verificato una volta (due, con questa) in duemila anni: e dal fatto che questa eccezionalità riguardi il Vaticano, cioè la più “misteriosa” delle istituzioni politiche della Terra, facilmente si deduce che noi comuni mortali non conosceremo mai la “verità nascosta”… almeno nel breve/medio periodo. Quindi, un’idea bisogna farsela sulla base di quello che ci viene concesso di conoscere.

Ebbene, quello che appare a me (da cattolico) è differentemente inquadrabile, a seconda che la prospettiva sia quella del bicchiere “mezzo pieno” o “mezzo vuoto”.

Volendo vedere il bicchiere “mezzo pieno”, le dimissioni di Papa Ratzinger mi sembrano ispirate da un necessario intervento della Divina Provvidenza, ormai anch’Essa esasperata dalla sua inadeguatezza.

Volendolo vedere “mezzo vuoto”, mi appaiono come la prova definitiva delle difficoltà attuali della Chiesa, e come l’inquietante conferma degli allarmi lanciati dalla Vergine Maria nei suoi messaggi da Medjugorije.

Affrontando il “merito” della questione, è evidente come la Chiesa Cattolica sia sotto assedio già da un po’ di tempo. Non a caso, proprio la necessità di un “integralista” che si ponesse a strenua difesa della Fede fu tra i principali motivi alla base della scelta del Cardinale Ratzinger come nuovo Pontefice. La Storia recente, purtroppo, ha dimostrato che non basta essere un sommo studioso per essere un altrettanto valido “uomo d’azione”.

Innanzitutto, si è di fronte ad un attacco massiccio (di diversa natura) da parte dell’Islam. Purtroppo, non fanno nemmeno più notizia le innumerevoli carneficine perpetrate in giro per il mondo da gruppi armati a vario titolo legati all’integralismo islamico (anche nella maniera più vile ed odiosa, gettando bombe nelle Chiese durante la funzione natalizia…). È di ieri la notizia dell’incendio appiccato (a Lahore, nel Punjab) a centinaia di case di cristiani (con conseguenti innumerevoli vittime innocenti) da parte dei “soliti noti”.

Né è il caso di ricordare come non si provi nemmeno a proporre (non dico ad imporre…) in materia religiosa il “principio di reciprocità”: ragion per cui, mentre in Italia si fa a gara per costruire moschee, nei paesi islamici non è nemmeno ipotizzabile pensare di poter costruire una Chiesa.

Ma Benedetto XVI non è mai andato aldilà di un tiepido “risentimento” per l’accaduto… nemmeno si fosse trattato di una zuffa tra scolari.

Nell’occasione del pandemonio scatenato dal film “Innocence of Muslims”, il Vaticano si è affrettato a dichiarare che “devono essere rispettati i simboli di tutte le Religioni, per non offendere la sensibilità dei rispettivi fedeli”. Giustissimo e sacrosanto. Peccato che il Vaticano non abbia sentito il dovere di tutelare la sensibilità anche dei SUOI fedeli quando, in occasione della Mostra del Cinema di Venezia del 2012, sia stato presentato il film “Paradise Faith”, nella cui scena clou una donna (di cui si voleva sottolineare, manco a dirlo, l’ossessione religiosa) si masturbava con un Crocifisso. Nessuna sorpresa che tale “opera” abbia “meritato” il premio della critica…  senza meritare però alcuna reazione, da parte del Vaticano.

E volessimo parlare del relativismo e/o del progressismo imperanti? Anche di fronte a queste mortali minacce alla cristianità, il Papa “emerito” si è dimostrato “coniglio bianco in campo bianco”.

Come valutare altrimenti il fatto che non sia stata considerata meritevole di reazione, da parte del sommo “garante della cristianità”, la progressiva diffusione (in quell’Europa le cui oggettive radici cristiane evidentemente non sono ritenute degne di attenzione e tutela) dell’equiparazione del matrimonio omosessuale a quello “naturale”, tra uomo e donna? Come se non fosse abbastanza palese che tale riconoscimento prelude alla “battaglia finale”: quella della possibilità dell’adozione di minori da parte di coppie gay? È evidente che Joseph Ratzinger era troppo preso dalle sue letture, per potersi occupare di certe “quisquilie”.

Né mi pare che il “Papa emerito” abbia aperto bocca in occasione dell’adozione, da parte della “civilissima” Danimarca (non a caso tra i paesi più “democratici” al mondo, secondo il “Democracy Index” pubblicato da The Economist), di un programma (sostanzialmente di “eugenetica pura”), avente ad oggetto la gratuità dell’aborto per le donne incinte che scoprano che il feto è affetto da sindrome di Down. L’obiettivo (dichiarato) è quello di rendere la Danimarca un paese “Down syndrome free” entro il 2030. …E il Papa “emerito”? Stava leggendo… non poteva essere disturbato.

Nessuna sorpresa, pertanto, che nessuna voce si sia levata a difesa dell’Ungheria, vessata dalla democraticissima UE dopo il riconoscimento esplicito, nella sua Costituzione nazionale, delle proprie radici cristiane.  Ungheria cui la sempre democraticissima UE ha imposto l’eliminazione della Croce dalle monete Euro di proprio conio in quanto iconograficamente non rispettosa delle altrui opinioni religiose.

Ed è preferibile tacere sull’ulteriore affermazione di Benedetto (absit iniuria verbis) XVI secondo cui “un ateo inquieto è più vicino al cuore di Dio di un fedele per abitudine”: affermazione che, implicitamente, seppellisce sia quel “beati i poveri di spirito” che è uno dei cardini della fede cristiana, sia quella predisposizione all’abbandono espresso dal “sia fatta la Tua volontà” contenuto nella preghiera principale della cristianità.

Senza considerare l’assordante silenzio di fronte alle molteplici prese di posizione relativista del fu Cardinal Martini, che un serio tutore della Fede cristiana non avrebbe esitato a bollare secondo la loro esatta qualificazione: ERESIE.

Tanto considerato, credo davvero frutto dell’intervento della Divina Provvidenza il “passo indietro” compiuto da Benedetto XVI. D’altronde, di fronte ad eccezionali emergenze occorrono eccezionali misure.

Dal punto di vista “procedurale”, invece, non so se le dimissioni del Pontefice siano prese in considerazione dall’Ordinamento Canonico. E neanche mi pongo il problema.

Le trovo però coerenti con il personaggio, che di fronte alle dette problematiche, da epigono di Schettino, da comandante della “barca di Pietro”, la abbandona in balìa di quei “venti avversi” che pure lui aveva esplicitamente riconosciuto. Complimenti!

A poco rileva l’acquisita consapevolezza della sua sopraggiunta inadeguatezza “fisica” (ammesso che questa sia la verità). Ben altra “inadeguatezza” avrebbe dovuto motivare le sue dimissioni…

Le sfide opposte alla Chiesa sono esattamente le stesse di quando lui fu eletto. Forse la lotta è diventata più aspra, ma i nemici hanno acquistato maggior vigore anche (e soprattutto) per la sua costante ignavia.

Il Papa non è un amministratore condominiale, o un Sindaco, che si dimette perché non è più “in pieno vigore fisico”. Il Papa, quale “garante della Cristianità”  e della Comunità Cristiana,  è il Vicario di Cristo sulla Terra. Ed il Vicario di Cristo “non scende dalla Croce”, come ha ben detto l’Arcivescovo di Cracovia con implicito riferimento al Pontificato di Giovanni Paolo II.

Anche Cristo, uomo tra gli uomini, ebbe un momento di cedimento, quando disse “Padre, se puoi allontana da me questo calice…”. Ma fu un attimo, dopodiché tornò ad abbracciare il Suo destino. Certo, si dirà, il Pontefice è il Vicario di Cristo ma resta pur sempre un uomo. Benissimo, allora si valuti il suo comportamento secondo parametri umani: un atto di viltà, o di resa, o di fuga dalle responsabilità.

Atteggiamento esemplificato dal “pregate per me” indirizzato ai fedeli nel suo ultimo Angelus. Ci fosse stato Totò, gli avrebbe urlato di rimando: “e per me… chi prega?”.

È molto grave che un pensatore acuto, sensibile, e cristiano come Marcello Veneziani abbia “giustificato” tali dimissioni sulla base dell’assunto che “non è stato il Papa a scendere dalla Croce, ma è stato il Mondo che ha dismesso la Croce”.  E no, caro Marcello: sta scritto che il Pastore ha a cuore anche l’ultima delle sue pecore… ed allo stesso modo, finchè su questa Terra esisterà anche un solo cristiano che quella Croce non ha intenzione di dismetterla, il Vicario di Cristo ha il dovere (morale ed istituzionale) di restare a lottare per la difesa di quell’unico fedele. Ed oggi, di cristiani che la Croce non l’hanno dismessa, né hanno intenzione di dimetterla, ce n’è ancora più di uno.

Ed oggi non abbiamo bisogno di un Benedetto XVI. Abbiamo bisogno di un altro Leone Magno. O, meglio ancora, di un altro Marco d’Aviano.

 

 
 
 

SICILIA 2012: L'EPITAFFIO DELLA DEMOCRAZIA

Post n°28 pubblicato il 29 Ottobre 2012 da john_may

Per le elezioni regionali siciliane del 2012, si è recato alle urne il 47,2% degli elettori.

Nei prossimi giorni, a prescindere da quello che sarà il dettaglio dei risultati, coloro che, da autentici "minus habentes", concentreranno lo sguardo "sul dito, anzichè sulla luna indicata dal dito", si produrranno in elucubrazioni circa "le ragioni dell'astensionismo", circa le modalità di "intercettazione del voto dei delusi dalla politica", eccetera.

Quelli che, invece, guarderanno alla luna anzichè al dito che la indica, dovranno convenire che, dopo appena due secoli di vita (più o meno), la democrazia (anche semplicemente intesa come metodo, alla maniera - esatta - in cui la vedevano Kelsen e Schumpeter) è ufficialmente morta. Almeno in Italia.

Come quelle star dello spettacolo che scelgono di uscire di scena scegliendo la maniera più clamorosa, l'emergere della volontà della minoranza, e non già della maggioranza, è la definitiva dimostrazione di incoerenza "genetica" fornita dalla democrazia. Con buona pace di Popper, Fukuyama, Bobbio, e compagnia.

La prossima volta che qualcuno manifesterà il "pensiero unico", badate che rispetti le modalità di conferimento della raccolta differenziata.

John May Lives

 

 
 
 

CHI PECORA SI FA, IL LUPO SE LO MANGIA.

Post n°27 pubblicato il 28 Ottobre 2012 da john_may

Copio e incollo da "Libero" del 12/9/2012, a firma di Antonio SOCCI.

- Chissà se Corrado Augias e Vito Mancuso, che su "Repubblica" denunciano l'"operazione anestesia" della Chiesa sul cardinal Martini (specie sul "modo in cui Martini ha chiesto di morire", dice Augias), saranno sobbalzati ieri, al titolo di "Avvenire" che recitava "Accudimento non 'accanimento'".
Il direttore del giornale della Cei, Tarquinio – senza nominare Martini – negava che l'applicazione del sondino gastrico in caso di grave malattia incurabile sia "accanimento terapeutico" e negava che si tratti di cure "sproporzionate rispetto ai risultati attesi".
Aggiungeva: "so bene che qualcuno considera 'accanimento' dare da mangiare e da bere con un sondino a chi ne ha bisogno (e può ricevere utilmente cibo e acqua), ma non può provvedere da solo", ma "io sono tra coloro che giudicano questo gesto di cura e di amore del nutrire e idratare semplicemente l'esercizio di un assoluto dovere di umanità e di solidarietà".
Era la risposta a un lettore con moglie malata di Alzheimer, quindi non un commento sul caso del cardinale, ma quelle parole ora potrebbero essere lette in riferimento alla sua vicenda che ha fatto tanto clamore.
Infatti il medico che curava Martini, dopo la morte ha subito spiegato che egli, affetto da Parkinson, da questa estate "non è più stato in grado di deglutire nulla" e "non ha voluto alcun altro ausilio: né la Peg, il tubicino per l'alimentazione artificiale... né il sondino naso-gastrico. E' rimasto lucido fino alle ultime ore e ha rifiutato tutto ciò che ritiene accanimento terapeutico".
Dunque è accanimento o accudimento?
Non c'è solo questa diatriba sull'alimentazione e idratazione. Mancuso denuncia l'"operazione-anestesia" che la Chiesa starebbe facendo su tutta la figura di Martini: "A partire dall'omelia di Scola per il funerale, sulla stampa cattolica ufficiale si sono susseguiti una serie di interventi la cui unica finalità è stata svigorire il contenuto destabilizzante delle analisi martiniane per il sistema di potere della Chiesa attuale".
Dunque un "figlio spirituale" del cardinale, come Mancuso, lo elogia per il "contenuto destabilizzante" dei suoi pronunciamenti e protesta perché la Chiesa, sottolineando la fede cattolica di Martini, li starebbe anestetizzando.
Come stanno le cose?
In effetti, visto il coro scatenato dalla stampa laica per celebrare il prelato in chiave polemica, la Chiesa ha cercato di valorizzare Martini per le cose buone, ma – come ogni madre farebbe con un proprio figlio – ha steso un pietoso velo sui pronunciamenti più "destabilizzanti".
Tuttavia – sommessamente – ha messo pure dei punti fermi. Per esempio su "Avvenire" del 1° settembre è uscita un'intervista al cardinale Ruini dove la giornalista, Marina Corradi notava che su temi come fecondazione artificiale o unioni omosessuali "Martini sembrava più aperto alle ragioni di certa cultura laica" e "ha espresso pubblicamente posizioni chiaramente lontane da quelle della Cei".
Il Cardinal Ruini ha risposto: "Non lo nego, come non nascondo che resto intimamente convinto della fondatezza delle posizioni della Cei, che sono anche quelle del magistero pontificio e hanno una profonda radice antropologica".
Poche parole, ma pesanti e significative. Ricordano che nella Chiesa va seguito e ubbidito il magistero pontificio, non questo o quel vescovo che dice cose diverse.
Nel resto dell'intervista Ruini ha elogiato l'arcivescovo defunto per altre cose e ha sottolineato che dentro la Cei "non sono mai emerse divergenze profonde", concludendo che "Martini è stato un grande figlio della Chiesa; cercare di giocare la sua eredità contro di essa sarebbe un'operazione assai misera".
Come si vede c'è stato quell'atteggiamento di grande pietà e di amore che la Chiesa ha verso tutti, tanto più verso un suo alto ecclesiastico che ha dedicato la vita a Gesù Cristo, pur dicendo talora (anche) cose discutibili o controverse.
Per esempio l'ultima intervista di Martini, uscita postuma, come testamento spirituale, è stata lanciata dal "Corriere della sera" con questo titolo "Chiesa indietro di 200 anni". Erano parole del prelato.
Il vaticanista Sandro Magister ha notato che "le alte gerarchie della Chiesa l'hanno passata sotto silenzio".
A me questo silenzio pare un gran gesto di carità. Infatti è imbarazzante che un cardinale di Santa Romana Chiesa decida di congedarsi dal mondo con quello che forse nelle sue intenzioni era un grido di dolore sulla Chiesa, ma che ai più è sembrato in realtà un atto d'accusa.
Dove Martini sale in cattedra e prescrive a tutti, a partire dal Papa, cosa devono fare: "la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi".
Così oltretutto misconosce la straordinaria opera di purificazione della Chiesa che Benedetto XVI con immenso coraggio ha intrapreso fin da quando era cardinale.
Martini – oltreché cardinale – era anche gesuita e il connotato specifico dei gesuiti è proprio il voto di obbedienza al Papa, a difesa di Pietro e della Chiesa. Ma questa difesa non si è vista molto.
S. Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, nei suoi famosi "Esercizi spirituali", prescrive loro, per "avere l'autentico sentire della Chiesa militante", queste regole: "Deposto ogni giudizio, dobbiamo tenere l'animo disposto e pronto per obbedire in tutto alla vera sposa di Cristo nostro Signore che è la nostra santa madre Chiesa gerarchica. Lodare finalmente tutti i precetti della Chiesa, tenendo l'animo pronto a cercare ragioni in sua difesa e in nessuna maniera in sua offesa".
E ancora: "Dobbiamo essere più pronti ad approvare e lodare tanto le disposizioni e raccomandazioni quanto i comportamenti dei nostri superiori".
Ognuno può vedere cosa rimane di queste regole... Del resto, quando Martini denuncia che "la Chiesa è indietro di 200 anni", pretendendo che si adegui ai tempi e si omologhi al mondo, dimentica che compito della Chiesa è guardare indietro di duemila anni, convertendosi continuamente non alle mode mondane, ma alla Verità fatta carne. Venuta nel mondo duemila anni fa.
Diceva un grande convertito, Gilbert K. Chesterton: "Non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che muova il mondo".
Infatti quelle confessioni protestanti europee che sono andate dietro al mondo (con tutte le sue fissazioni: dal sacerdozio femminile al matrimonio dei preti) sono diventate irrilevanti o si estinguono.
C'è pure un "dettaglio" dottrinale che ha fatto discutere. Martini, nell'intervista-testamento, sostiene che "tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti".
Giudizio che il professor De Marco definisce "equivoco" perché "un formula del genere" oggi ha "una recezione soggettivistica: il dogma (quello trinitario, ad esempio) sarebbe dato per 'chiarire' la voce della coscienza individuale".
Questa approssimazione equivoca galvanizza Mancuso fino a fargli scrivere che tale "centralità della coscienza personale" sulla Chiesa e sui dogmi corrisponderebbe all' "insegnamento del Vaticano II (vedi Gaudium et spes 16-17)".
Ma quei passi della Gaudium et spes dicono cose ben diverse e – ad esempio – sottolineano l'esistenza di "norme oggettive della moralità" e il problema della "coscienza erronea".
Sulle pagine dei giornali la teologia lascia il posto alle chiacchiere da salotto giornalistico. Che alimentano divisioni, mentre Benedetto XVI fa un titanico sforzo per evitare alla Chiesa lacerazioni, conflitti e (in certi casi europei) perfino rischi di scismi.
I salotti non capiscono la carità del Papa: "La carità è paziente, è benigna la carità... non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (1Cor 13) -.
FIN QUI ANTONIO SOCCI.

E' evidente che il fatto che oggi possa essere considerato un teologo Vito Mancuso prova in maniera definitiva l'esattezza della teoria evoliana della "regressione delle caste". 

Ma ciò detto.... caro Antonio, stavolta non ci siamo. Non ci siamo proprio.

Come sarebbe a dire che la Chiesa ha "steso un velo pietoso sui pronunciamenti più destabilizzanti" del Card. Martini "come ogni madre farebbe con un proprio figlio"?

La madre (qualsiasi madre) di un figlio "discolo" non ha semplicemente il compito di "coprirne le marachelle". Ha, prima e soprattutto, il compito di educarlo. Ed "educarlo" significa indicarglie una direzione: non una direzione qualsiasi, ma quella che la madre considera (a torto o a ragione) giusta.

E l'educazione, talvolta, può pure richiedere qualche sonoro sganassone: sganassone tanto più opportuno (e legittimo) nel caso in cui il "discolo" non sia "figlio unico", percui la persuasività dell'insegnamento educativo, col suo carattere "esemplare", educhi indirettamente anche gli altri figli.

E dal momento che i comportamenti "destabilizzanti" posti a suo tempo in essere dal Card. Martini, concretandosi in vere e proprie E-R-E-S-I-E, non possono essere considerati l'equivalente di "adolescenziali marachelle", la "tiepidezza" della reazione della Chiesa si rivela essere tutt'altro che la manifestazione di una "pietà materna". Volendo essere indulgenti, dovrà concludersi che la "mamma" in questione è venuta clamorosamente meno al suo dovere di educatrice dei figli. Per troppo amore? Sarà. Ma ciò può valere (forse) solo come attenuante. Non come esimente. Anzi.

Altrimenti, se nemmeno la Chiesa ha più la forza di difendere i pilastri della propria costruzione in un momento storico come quello presente, poi non si è più legittimati a chiedersi i perchè dell'ostentato relativismo etico, della dilagante cristianofobia, della crisi delle vocazioni... Di fronte a situazioni come i "comportamenti destabilizzanti" del fu Card. Martini la Chiesa dovrebbe cancellare dal proprio vocabolario operativo l'avverbio "sommessamente".

Ci sono situazioni in cui ci si incazza. Ci si DEVE incazzare.

Nostro Signore ha scarificato se stesso per tutti noi: ma ciò non gli impedì, al momento opportuno, di cacciare a calci in culo i mercanti dal tempio.

Nè San Giovanni Battista (di cui Cristo disse: "non c'è al mondo uomo migliore di lui") era la persona più accondiscendente che si potesse incontrare.

Ed oggi, caro Antonio, dobbiamo capire che siamo sotto attacco.

E allora ci serve un nuovo Marco d'Aviano, che brandendo il Crocifisso incitava i viennesi a resistere all'invasore. Come diceva mio nonno... "chi pecora si fa, il lupo se lo mangia".

John May lives

 
 
 

L'UOMO CHE CADDE SULLA TERRA

Post n°26 pubblicato il 26 Settembre 2012 da john_may
Foto di john_may

 
 
 

VOX POPULI, VOX DEI

Post n°25 pubblicato il 21 Settembre 2012 da john_may

FRANCO FIORITO

FRANCESCO BELSITO

LUIGI LUSI

FILIPPO PENATI

ECCO PERCHE' LA DEFINIZIONE DI "MAGNONI" E' ESATTISSIMA...

 
 
 
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