Creato da s_bidetti il 03/04/2013

Quel poco da dire

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Inverni...

Post n°14 pubblicato il 26 Ottobre 2014 da s_bidetti
 

E' arrivato l'inverno. Improvvisamente, la temperatura è scesa di buoni 10 gradi, per cui si è passati dal fare il bagno al mare al mettersi la sciarpa di lana. Almeno a Roma eravamo un po' in ritardo da questo punto di vista, ma anche a Milano lo scorso weekend si stava in maglietta a mezze maniche.

E' arrivato l'inverno, la mattina e la sera si gela, anche se il sole durante il giorno ancora riesce a scaldarci. Da un mese siamo in autunno, ma l'arrivo del freddo è proprio coinciso col caldo dell'autunno della manifestazione generale tenuta a Roma contro la riforma del lavoro ipotizzata dal governo Renzi. In realtà di caldo se ne sente poco, arriva - nonostante la rabbia - una gelida sensazione di ineluttabilità  di certi percorsi che ormai non tengono conto delle problematiche reali delle persone che vivono in questo paese. La sensazione è che si continui ad inseguire obiettivi, parametri, coefficienti e percentuali come se la soluzione, la svolta, fosse sempre subito dietro l'angolo. Il paradosso è quello di pensare che il capitalismo possa realmente essere governato e - soprattutto - possa continuare a dare a tutti l'illusione di uno sviluppo reale e condiviso.  Non esiste più, in realtà, e probabilmente non è mai esistita, una soluzione facile, una panacea che "toglie i peccati del mondo".

Ma veramente c'è qualcuno convinto che una situazione, non dico di benessere, ma di decente sopravvivenza per tutti sia garantita attraverso il rispetto dei parametri o il mantenimento del livello di PIL previsto? Pensiamo veramente che coloro che fanno fatica ad arrivare a metà mese (non dico alla fine) possano trovare sollievo se lo spread rimane al di sotto del limite previsto, se i fatturati non crollano e il paese non va in default?

Personalmente penso che ormai da anni il capitalismo stia mostrando tutti i suoi limiti, che pretendere di pensare che una continua crescita del PIL e dei fatturati equivalga realmente allo sviluppo di un paese sia una follia. Perchè questo porta necessariamente a pensare soltanto, per le micro realtà economiche così come per le grandi, ad aumentare i propri profitti, a guadagnare ogni anno più del precedente. E per fare questo occorre sempre pensare di migliorare le produttività e le efficienze, a ritmi e dimensioni inimmaginabili rispetto alla velocità di uno sviluppo possibile. Così diventa necessario forzare la mano, o arrivare a barare nel sistema perché i conti tornino, magari anche a discapito degli altri. E tutto questo, in un sistema-paese che, a partire dai livelli politici, ha fatto sempre più negli ultimi anni del vantaggio personale il karma cui ispirarsi, annulla costantemente la possibilità di operare in termini generali, di comunità, di società.

La società, appunto, scompare dietro gli interessi e gli egoismi individuali, ormai eletti a sistema. Questo ci hanno insegnato con metodo gli ultimi 20-25 anni di storia italiana, tanto da portarci alla meraviglia, allorquando sentiamo che su una determinata questione o situazione vi è stata la reazione o la partecipazione della gente. Magari, al di là di stare lì solo a brontolare e a lamentarsi, ciascuno dovrebbe pensare un po' di più alla necessità di operare come corpo collettivo, come insieme di esigenze, spesso molto simili, da portare in modo più pressante sul fronte pubblico.

Di contro, le scelte fatte dai governi sono sempre al ribasso, sempre più tendenti a togliere, ad equiparare chi stava un poco meglio a chi fa fatica e mai il contrario: non vince mai il principio del un po' di meno, ma un po' per tutti, bensì il mal comune mezzo gaudio. Così il popolo è contento, la pancia tace, anche se non si mangia, e fra poco magari rimetteranno le fiere dentro il Colosseo...

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