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Guido Ghisilieri

Post n°903 pubblicato il 25 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

Guido Ghisilieri

Troppo lungo riuscirebbe il riferire le parole d' elogio che scrissero di Guido Ghisilieri i raccoglitori delle notizie biografiche circa gli esordi di nostra lingua. Ne parlò infatti Leandro Alberti nella descrizione dell'Italia, cui fece eco il Jacobilli da Foligno: ne ragionò Pellegrino Orlandi ne' suoi appunti sugli scrittori bolognesi, lo Zoppio nella Poetica sopra Dante, il Crescimbeni nella storia della Volgar Poesia; ed il Bembo, e il Montalbani, e il Gobbi ed altri ancora, che salutarono il Ghisilieri fra i padri e maestri più benemeriti dell'italiana favella. Di questi dunque non riferiremo le parole; tanto più che alcun di essi incorse talvolta in errori, o per difetto di notizie o per troppo facile credenza: ma ci staremo invece col diligente e laborioso Fantuzzi, che tiene il primato degnamente fra quanti diedero contezza degli scrittori bolognesi.

Da tipizzino di Lorenzo e da Naviglia de' Fantuzzi nacque il nostro Guido circa l'anno 1244 e non prima, perocché del 1268, avendo già perduto il padre, occorrevagli l'autorità d'un curatore per la validità de' suoi contratti: il che più non accadeva nell'anno appresso, essendo uscito di minorità: e ciò avveniva in que' tempi all'età di 25 anni.

Avea frattanto menato in moglie Gisla o Ghisilla d'Arimondo dei Romanzi, che il fece padre d'una fanciulla di nome Riguliosa, la quale andò poi a marito con Ugolino dei Torelli. Nel 1273, il 28 d'agosto, essendo Guido gravemente infermo, fece testamento, e lasciò una somma al suo Paroco dei Santi Fabiano e Sebastiano a favore de' poveri: d' onde apparisce che già fin d'allora i Ghisilieri avevano le case loro in via Pietrafitta, d'onde poi cacciati vennero a furor di popolo nel 1445, quando, per ira di parte ed ambizione di signorìa, ebbero ucciso a tradimento Annibale I. Bentivoglio che tenea il primato in Bologna. Della quale scelleraggine essi ed i Ganetoli raccolsero il mal frutto coll'esilio, e perdettero per confiscazione le loro terre, e, per sempre, le orgogliose loro stanze, ridotte dall'irata moltitudine in un monte di rovine. Allora fu che una parte de' Ghisilieri riparò nell'ospitale Piemonte, dove poi ebbe la culla quell'illustre che fu il Pontefice Pio V. II. qual Pontefice intercedette dal Senato bolognese il ritorno in patria de' suoi congiunti, ed ottenne che fosse riaperta quella porta maledetta di sant'Isaia, d'onde uscirono centovent' anni prima gli assassini del Bentivoglio fuggendo di Bologna: anzi, in segno di grato animo, riedificolla tutta nuova a spese proprie, e gli fu dato di poterla chiamar Porta Pia dal nome suo.

Ma troncando la digressione a cui ci ha spinto la memoria de' Ghisilieri turbolenti, noteremo che il nostro Guido non soccombette a quella grave malattia che l' ebbe tratto in fin di morte; rilevandosi dagli archivi de' notai, sotto l'anno 1277, come fosse presente ad alcuni testamenti e codicilli, qual testimonio, un Frate Guido Ghisilieri dell'Ordine dei Minori, il quale, giusta le indagini scrupolose dell'erudito letterato e sagace critico dottor Gaetano Monti, era il poeta bolognese di cui finora abbiam tenuto discorso. Ei pare che, rimasto vedovo di Gisla ed allogata la figliuola, vestisse l'abito regolare de' Minori, e chiudesse la vita in quel Convento de' Francescani, dove per certo avea riparato il fratel suo Bartolommeo che vi morì in sull'entrare del quartodecimo secolo. E sembra che Guido l'avesse preceduto nel sepolcro, poichè nell'anno 1299 la madre di lui, dettando un legato a favore dell'Ordine Serafico, si dichiara genitrice del solo frate Bartolommeo e non di Guido, il quale era ito a cantar versi laddove s'innalza al sommo Amore un'armonia sempiterna.

Visse dunque il Ghisilieri poco più di cinquantanni, lasciando senza dubbio lodatissimi versi, se (per tacere di Dante) quell'illustre poeta che fu il Petrarca, l'ebbe in gran pregio, insiem con Onesto e coll'insigne Guinicelli. Il Gravina, il Redi, il Fontanini e il Crescimbeni si diffusero in larghi encomi del nostro rimatore: e il Gorbinelli (come Pier Jacopo Martelli asserisce) attribuì al Guinicelli alcune eleganti rime dell' altro Guido.

Noi però, senza discutere se le rime stampate dal Gorbinelli fossero piuttosto dell'uno che dell'altro bolognese, daremo qui un sonetto assai raro, che Guido Ghisilieri indirizzava all'esimio verseggiatore Bonaggiunta Urbiciani da Lucca.

Uomo che è saggio, non corre leggiero,
Ma guarda e pensa come vuol misura:
Poichè ha pensato ritien suo pensiero
Insino a tanto che il ver l'assicura.

Uom non ne deve andar mai troppo altero,
Ma dee guardar suo fato e sua natura:
Folle chi crede veder sol lo vero,
Se non pensa che altrui vi ponga cura.

Volati per l'aria augelli in strane guise,
Ed hanno lor diversi operamenti,
Nè tutti d'un volar nè d'un ardire.

Dio, natura e lo mondo in grado mise,
E fé' dispari senni e intendimenti;...
Perciò il primo pensier niun deve dire.

Certamente nè questi versi nè quelli del Guinicelli son tutto oro, ma sentono però di tal bontà di concetto e di forma, che tuttavia debbono aversi in gran pregio, perchè dimostrano che la nuova favella d'Italia era già vigorosa in Bologna, mentre in altre plaghe della Penisola o non era ancor nata, o giacevasi in culla, o cominciava allora allora a muovere il passo vacillante ed incerto.

"I primi bolognesi che scrissero versi italiani: memorie storico-letterarie e saggi poetici", Salvatore Muzzi, Speirani, 1863 - 51 pagine.

 
 
 
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