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Il Dittamondo (2-24)

Post n°873 pubblicato il 21 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

Il Dittamondo
di Fazio degli Uberti

LIBRO SECONDO

CAPITOLO XXIV

Era vivuto un anno men di venti 
questo nobil signor con la mia insegna, 
quando la morte il morse coi suoi denti. 
Arrigo primo apresso di lui regna 
(il primo, dico, che me prima tenne) 
con la sua Cunegonda santa e degna. 
Mille e tre anni correan, quando venne 
di Baviera a me questo mio Arrigo 
per la corona e per le sacre penne. 
Poi fece tanto costui ch’io ti dico, 
che Stefan, ch’era re in Ungaria, 
credette in Cristo e dispregiò il nimico. 
E vidi allor tra la mia chericia 
la discordia tal, che funno eletti 
piú papi, di che nacque gran resia. 
E perché il mio dir piú ti diletti, 
dico che allora Fiorenza disfece 
Fiesole tutta di mura e di tetti. 
Questo signor, del qual parlar mi lece, 
in Buemme, in Sansogna e ne la Magna 
molte battaglie con vittoria fece. 
Al fin colei, che niuno non sparagna, 
dopo li dodici anni e alcun mese 
prese e chiuse costui ne la sua ragna. 
Currado primo, poi, a me discese, 
lo qual non per ricchezza ad Aquisgrani, 
ma per valore la corona prese. 
Costui, trovando i Melanesi strani, 
orgogliosi e superbi, gli assalio 
guastando la cittá e i suoi bei piani. 
Odi miracol che di questo uscio: 
che lá, dov’era, incoronato Augusto, 
folgor cadere e forti tuon s’udio. 
E fu veduto col volto robusto 
Santo Ambruogio in contro a lui venire 35 
e minacciarlo col capo e col busto. 
Con gran podere e con molto ardire 
passâr su la Calavra i Saracini, 
quando per forza li fece fuggire. 
Costui vidi da’ suoi e da’ Latini 40 
essere amato e temuto sí forte 
e io per lui ne le mie confini. 
Due volte diece tenne la mia corte 
e dèi saper che molto trista fui, 
quando detto mi fu de la sua morte. 45 
Arrigo il secondo apresso lui 
seguio; e se sapessi, quando nacque, 
perché Currado il diede in mano altrui, 
e poi udissi dir sí come ei giacque, 
mandato per morir, con la sua sposa, 50 
ben potresti veder quanto a Dio piacque. 
Non è qui da tacere un’altra cosa, 
che si vide nel tempo ch’io favello, 
ch’assai parve fra noi miracolosa: 
che fu trovato intero in uno avello 55 
un gigante di sí fatta statura, 
che ne vidi segnare questo e quello. 
E non solo al gigante ponean cura, 
ma perché ne la tomba ardeva un lume, 
che parea incantamento e non natura. 60 
Per gran franchezza e per nobil costume 
e per larghezza ti dico che degno 
è da notare in ciascun bel volume. 
Costui Campagna, Puglia e tutto il Regno 
per forza vinse e prese Pandolfo, 65 
che ne la Magna tenne poi per pegno. 
Costui, veggendo tra’ cherici il zolfo 
acceso per tre papi, ne fe’ uno, 
cacciando quei tre via per ogni golfo. 
Cinque con cinque e sette anni aduno 70 
che questo imperadore visse meco 
e che la morte il punse col suo pruno. 
Arrigo terzo a la mente ti reco, 
figliuol del primo Arrigo, col qual poi 
mi vidi assai contenta viver seco. 
Al tempo suo si racquistò per noi 
la Terra santa, dove tal cristiano 
fu Gottifré, che ’l par non so ancoi. 
Fedele a Dio, pietoso, umile e piano 
e in arme tal, che fece spessamente 80 
con Corboran lacrimare il Soldano. 
Sopra costui, pregando molta gente 
Iddio d’un re, una colomba scese 
dal ciel, che vista fu visibilmente. 
Per lo miracol grande allor si prese 85 
una corona d’or per farlo re, 
la qual del tutto di portar contese, 
dicendo lor: – Non si convene a me 
portar corona d’oro, dove Cristo 
d’aguti spin la portò sopra sé –. 90 
Ancora in questo tempo avresti visto 
Ruberto Guiscardo, che d’argento 
ferrò i cavai per fare il bel conquisto. 
E come fu sottil ne l’argomento, 
cosí veduto l’avresti pietoso 95 
e pien contro a’ nimici d’ardimento. 
E se sapessi sí come il lebbroso 
si puose in groppa e poi in su la sella 
e nel suo letto per darli riposo, 
molto ti piacerebbe la novella. 100 
Similemente Matelda contessa 
vivea, di cui tanto si favella. 
La madre fu, per quel che si confessa, 
figliuola d’uno imperador di Grezia, 
ch’al suo piacer prese marito in pressa. 105 
E se ben vuoi saper quanto si prezia 
Matelda per valore e intelletto, 
e perché col marito prese screzia, 
iscritto il truovi ov’è San Benedetto 
in Mantovana e quivi il corpo giace". 110 
Allor diss’io fra me: Il ver m’ha detto,
ché il vidi giá; ma ’l come qui si tace.

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